LA RAGGI AFFIDA I CONTI DI ROMA AD UNA NOTA ASSOCIAZIONE ANTI-BANCHE, ADESSO LE LOBBY TREMANO

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martedì 18 aprile 2017

Il sindaco di Roma Virginia Raggi  avrebbe  annunciato di voler controllare tutti i contratti bancari del comune di Roma, chiedendo l’aiuto della Deciba, l’ associazione anti-banche attiva in Italia.

Sotto la lente della Deciba potrebbero finire tutti i contratti bancari del comune di roma, come anticipato in precedenza e le municipalizzate come ATAC.

Se ciò dovesse avvenire, sarà una vera e propria svolta per il comune di Roma che negli ultimi anni ha accumulato debiti che vanno oltre il miliardo di euro.

La Deciba si dice disponibile a mettere in atto tutte le procedure e a fornire la massima disponibilità per far venire a galla tutte le irregolarità che sono state compiute negli ultimi anni e far pagare chi fino ad ora ha sfruttato il comune di roma solo per i propri interessi.

L’associazione Deciba infatti ha offerto la propria disponibilità per controllaregratuitamente i contratti bancari delle amministrazioni comunali che ne facessero richiesta, con particolare riferimento proprio alle nuove amministrazioni M5s, che sono le uniche che possono farlo. Da quelle del sistema nessuno si aspetta una mossa di questo tipo, alla luce delle commistioni con gli ambienti bancari. Ma da chi si propone di rappresentare il popolo e gli interessi dei cittadini, è lecito aspettarselo. Ma il dibattito sul Comune di Roma in questi giorni, anziché vertere su questioni importanti per una città abbandonata al degrado e al diffuso malaffare, è dedicato al mancato saluto alla neosindaco Raggi da parte di alcuni elementi del governo. Si inizia con la fuffa e le distrazioni di massa.

Elias è un ragazzo rumeno, napoletano d’adozione. 

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Elias era un ospite della nostra terra, oggi si può dire che ne è un cittadino vero, un partenopeo mancato. Il suo sogno è cantare, ed è di questo che vive. Dopo canzoni strimpellate ed improvvisate, a mo’ di artista di strada, ieri è uscito il suo primo, vero singolo. Come si chiama? Neanche a dirlo: “Napule dint”o core“.

“Sono rumeno ma Napoli mi ha accolto come un figlio. Canto con una chitarra per raccontare il mio amore per questa terra e finalmente ho realizzato un sogno. Questa terra rende suoi figli tutti quelli che l’amano, senza distinzioni di razza, paese, lingua e religione. Questo è il mio amore per te, Napoli nel cuore”, scrive sulla sua pagina Facebook

La canzone, quasi interamente in napoletano, è accompagnata dalla voce del rapper di Scampia, Mikone.

IL VIDEO

https://www.facebook.com/plugins/video.php?href=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Feliascantanteofficial%2Fvideos%2F1307355422667057%2F&show_text=0&width=560

Scuola, quella italiana è la più ansiogena del mondo. E gli studenti sono i meno soddisfatti della loro esistenza

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A fare questa fotografia dei ragazzi adolescenti è il rapporto sul benessere dei quindicenni pubblicato dall’Ocse sulla base delle risposte date al questionario somministrato agli scolari in occasione del test Pisa 2015, il programma di valutazione internazionale degli studenti

I quindicenni italiani sono più ansiosi dei coetanei europei e meno soddisfatti della loro esistenza proprio a causa della scuola. A salvarli sono solo il sostegno dei genitori che è persino superiore alla media Ocse e le amicizie a scuola. A patto che non si parli degli studenti immigrati di prima e seconda generazione che si sentono ancora oggi esclusi.

A fare questa fotografia dei ragazzi adolescenti è il rapporto sul benessere dei quindicenni pubblicato proprio dall’Ocse sulla base delle risposte date al questionario somministrato agli scolari in occasione del test Pisa 2015, il programma di valutazione internazionale degli studenti.

I dati ci consegnano un identikit che ogni insegnante farebbe bene a tenere a portata di mano. I ragazzi italiani hanno riportato livelli di ansia scolastica più elevati della media Ocse: mentre solo il 37% dei coetanei europei diventa nervoso quando si prepara ad un test, nel nostro Paese la percentuale sale al 56% e persino chi si dichiara preparato, il 70%, prova molta preoccupazione (14 punti percentuali in più rispetto agli altri Stati).
I ragazzi italiani sono terrorizzati dai test (il 66% si preoccupa spesso di avere difficoltà a farli contro il 59% della media Ocse) e dai compiti a scuola. A far tremare le gambe agli studenti sono ancora i voti: l’85%, infatti, si preoccupa di prendere un quattro o un cinque mentre solo il 66% dei compagni europei ha lo stesso pensiero. Secondo i ricercatori i nostri teenagers più stanno sui libri più si preoccupano: “In Italia – cita il rapporto – l’ansia scolastica è più frequente nelle scuole i cui studenti studiano per oltre 50 ore a settimana a scuola e fuori scuola”.
Paure che si ripercuotono sulla vita di questi giovani: su una scala da 0 a 10 che misura quanto si sentono soddisfatti dalla loro esistenza, gli italiani hanno riportato un livello di 6,9 contro il 7,3 della media Ocse. Ad aiutare l’esercito dei quindicenni tra i banchi sarebbero proprio i professori di matematica e scienze: “Le scuole – secondo l’Ocse – i cui studenti si ritengono maggiormente soddisfatti della vita sono quelle dove gli insegnanti delle materie scientifiche si interessano all’apprendimento di ciascuno studente e aiutano i ragazzi nell’apprendimento”.
Ma se sul fronte studio siamo messi male almeno ce la caviamo dal punto di vista dei rapporti: l’83%, superando di cinque punti la media Ocse, dichiara di far amicizia facilmente a scuola anche se solo il 67% si sente nel proprio ambiente in un’aula. Ancora lontana, rispetto all’Europa, invece la reale inclusione dei giovani di cittadinanza non italiana: solo il 63% degli studenti immigrati di prima generazione e il 71% di seconda generazione (contro l’83% dei coetanei degli altri Paesi esaminati) ritiene di piacere agli altri studenti.
Regge, invece, la famiglia: mamma e papà continuano ad essere un punto di riferimento per i nostri adolescenti. Il 96% dei nostri quindicenni afferma che i genitori sono interessati alla loro attività scolastica e l’87% si sente persino sostenuto quando affronta delle difficoltà a scuola. Resta, infine, un ultimo dato che esce dalla ricerca: il 23% degli studenti di casa nostra usa Internet per oltre sei ore al giorno: in media in Italia sono collegati 165 minuti al giorno contro i 145 del resto dei Paesi Ocse.

DENUNCIA SHOCK del deputato 5 Stelle Di Battista. Guardate cosa hanno fatto..

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martedì 18 aprile 2017

Ecco quanto scrive il deputato dei 5 stelle attraverso i profili social. Prende di mira il Ministro Poletti e fa queste dichiarazioni:

POLETTI AVEVA RAGIONE, IN QUESTO PAESE NON LAVORI SE NON CONOSCI QUALCUNO, SOLO CHE DOVEVA DIRLA TUTTA: IN QUESTO PAESE NON LAVORI SE NON CONOSCI QUALCUNO DEL PD!1. Abbiamo Farinetti con la sua Eataly che prende appalti su appalti (e con la folle direttiva Bolkestein potrebbe scippare fette di mercato agli ambulanti che lavorano nei mercati rionali) che è un ottimo amico di Renzi.2. Abbiamo Buzzi di Mafia Capitale che finanziava il PD ed otteneva appalti in cambio.3. Abbiamo le cooperative rosse che sostengono da decenni prima i DS e poi il PD e ottengono appalti in tutte le grandi opere italiane.4. E poi abbiamo Pessina, un costruttore, che diventa azionista di maggioranza de L’Unità (portato secondo Report da Bonifazzi, tesoriere del PD) e, “magicamente” ottiene appalti in Italia, in Kazakistan e importantissimi agganci in Iran.Il Ministro della Disoccupazione Poletti diceva la verità. E’ più facile trovare lavoro giocando a calcetto che con un ottimo CV, solo che devi giocare a calcetto con qualcuno del PD…

 Photo by fabiolopiccolo:

NAPOLITANO NON MOLLA I SUOI PRIVILEGI: QUASI 1 MILIONE DI EURO DI PENSIONE OGNI ANNO!

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L SIG. GIORGIO NAPOLITANO (PROFESSIONE: EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) NON MOLLA I SUOI PRIVILEGI: 880.000 EURO L’ANNO SOLO DI PENSIONE

Nonostante i tagli annunciati nel 2007, per i presidenti emeriti della Repubblica rimane una lunga lista di benefit: una segreteria di almeno una decina di persone, un assistente “alla persona”, una serie di linee telefoniche dedicate. Ridurre i privilegi? Il suo ufficio stampa: “Ha avuto impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia”
Avrà di che consolarsi con il trattamento straordinario che lo aspetta: segreteria, guardarobiere, scorta. Con le dimissioni e l’uscita anticipata dal Quirinale, Giorgio Napolitano perderà la suprema carica, con un annuncio in arrivo probabilmente il 14 gennaio, ma non certo i servizi e i confort che hanno scandito la sua vita quirinalizia. Per lui, come da regolamenti in vigore, non si lesineranno mezzi e benefit, a cominciare dai telefoni satellitari, i collegamenti televisivi e telematici, lo staff nutritissimo e persino l’«addetto alla persona», sì, avete capito bene, propriol’assistente-inserviente che alla corte inglese di Buckingam Palace più prosaicamente definirebbero “maggiordomo”. Insomma, un trattamento da vero monarca repubblicano al quale è riservato pure il diritto ad utilizzare un’auto con autista, privilegio che spetta anche alle vedove o ai primogeniti degli ex presidenti. Davvero niente male. E se ne era accorto lo stesso Napolitano che, nel 2007, tra le polemiche per le spese quirinalizie e le rivelazioni dei giornali sul trattamento degli ex annunciò tagli solenni. Ma, come Ilfattoquotidiano.it ha potuto verificare, quelle sforbiciate non sono mai arrivate e anche lui potrà dunque tranquillamente continuare a godere di sorprendenti agi e privilegi tra le compassate stanze di Palazzo Madama.*

Padoan adesso vuota il sacco e svela la stangata che sta per arrivare: scatta l’aumento.

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lunedì 17 aprile 2017

L’Iva aumenterà. E a dirlo è proprio il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Uno scambio con il taglio del cuneo fiscale”

In un’inrtervista al Messaggero, il titolare di via xx settmbre non usa giri di parole e di fatto vuota il sacco sulla stangata che presto potrebbe abbattersi sulle tasche degli italiani. L’idea è quella di scambiare l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto con un taglio al cuneo fiscale: “Lo scambio tra Iva e cuneo fiscale è una forma di svalutazione interna che beneficia le imprese esportatrici, che sono anche le più competitive, le quali non possono più avvantaggiarsi del tasso di cambio. Si tratta di una ricetta classica e siccome io sono un tecnico ricordo che nelle scelte politiche non si possono ignorare gli aspetti tecnici, e viceversa. Diciamo che è un’opzione sostenuta da buone ragioni”. E dopo le parole del ministro sono arrivate le reazioni delle opposizioni che accusano il governo di voler alzare le tasse. A queste accuse, Padoan risponde così: “Intanto ci sono alcuni elementi di metodo. Il primo è riconoscere che il sentiero tra questi due vincoli è effettivamente stretto. Poi su singole misure ci possono essere idee diverse, io ho le mie ma sono pronto a discutere su temi specifici. Infine c’è il metodo del fuoco amico. Ma su questo non faccio commenti”. Infine sul quel taglio all’Irpef promesso da Renzi e disperso nel Def, Padoan prova a guadgnare tempo: “L’ipotesi non è del tutto esclusa”. Ma potrebbe essere l’ultima promessa vana del governo delle chiacchiere…

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/pier-carlo-padoan-pi-iva-e-meno-tasse-sul-lavoro-1386642.html

Photo by fabiolopiccolo:

ORRORE IN ARGENTINA – “È UN INFILTRATO”, MUORE TIFOSO GETTATO NEL VUOTO DAGLI ULTRÀ – SI E’ COSTITUITO IL RESPONSABILE: AVEVA UCCISO 5 ANNI FA IL FRATELLO DELLA VITTIMA – SECONDO IL “CLARÌN” I DUE SI SONO RIVISTI SABATO IN CURVA: IL PRESUNTO ASSASSINO HA AIZZATO GLI ALTRI TIFOSI ADDITANDO L’ALTRO COME ULTRA’ DELLA SQUADRA RIVALE

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ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO

 

Carlos Passerini per il Corriere della Sera

 

Il dettaglio più tremendo, quello che gela il sangue, sono gli altri tifosi che assistono all’ esecuzione senza muovere un dito: non sono decine ma centinaia, forse migliaia, tutta la curva, tutti immobili come se fossero lì per caso, come se non fossero affari loro. La sentenza di morte viene applicata in mezzo alla gente che osserva, fra i gradoni di cemento della popular norte dello stadio Mario Alberto Kempes di Cordoba, 700 chilometri a nordovest di Buenos Aires.

 

Sabato scorso, partita Belgrano-Talleres, uno dei derby storici della serie A argentina. Le immagini non lasciano nulla all’ immaginazione: intorno gli ultrà tutti vestiti con la loro bella maglietta azzurra, qualcuno con birra e hotdog in mano, e in mezzo i quattro farabutti che inseguono e colpiscono quel poveraccio fino alla balaustra. La vittima, braccata, la scavalca ed è la fine.

 

ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 1 ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 1

Da quel volo di dieci metri Emanuel Balbo non si riprenderà più: aveva 26 anni ed è morto ieri dopo due giorni d’ agonia e un intervento al cervello. L’ hanno ammazzato i tifosi della sua stessa squadra. In fondo la banalità del male è questo: un po’ di codardia, un po’ di menefreghismo.

 

E pensare che giusto qualche giorno fa, durante la pomposa cerimonia del suo insediamento a presidente della federcalcio di Buenos Aires, Claudio Chiqui Tapia con una certa baldanza aveva assicurato che «il fùtbol argentino è cambiato»: visto quanto avvenuto sabato, l’ impressione è che trovare un nuovo c.t. dopo il licenziamento di Bauza non sia la sua unica incombenza, forse nemmeno la principale.

ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 4 ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 4

 

Una vicenda terribile, tra le peggiori della già vastissima letteratura della violenza delle terribili barras bravas , le frange del tifo estremo dove delinquenza sportiva e comune si fondono.

 

L’ uomo chiave qui è un certo Oscar Gomez detto il Rospo, ancora ricercato, un disgraziato che cinque anni fa aveva ucciso il fratello di Balbo durante una corsa clandestina. Secondo la ricostruzione del Clarin, confermata dagli inquirenti, i due sabato si sono rivisti in curva e questo Gomez, forse per evitare di affrontarlo, a un certo punto ha aizzato gli altri tifosi additando l’ altro come un ultrà del Talleres infiltrato: «È qui per rubare». Da lì la follia collettiva, le botte e il volo fatale. Il giudice Liliana Sanchez ha confermato di aver arrestato «quattro persone». Fra loro, un padre e un figlio.

 

ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO SEQUENZA ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO SEQUENZA

La strage di Bronte dell’Agosto 1860: per non dimenticare le vergogne di Garibaldi e Nino Bixio

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Time Sicilia

di Ignazio Coppola

Sembra incredibile che, ancora oggi, la Sicilia non si sia ancora liberata dal ricordo di questi due assassini. Ancora oggi le statue (soprattutto di Garibaldi) campeggiano in tante città della nostra Isola. E ancora oggi scuole e vie portano i nomi di questi due gaglioffi. Ricordiamo, in questo articolo, una strage che ancora oggi brucia

Dal 6 al 10 Agosto del 1860 esattamente 156 anni fa, a Bronte, Nino  Bixio, su mandato di Giuseppe Garibaldi, si rendeva protagonista di un atto scellerato ed infame che la storia quella vera e non quella paludata della storiografia ufficiale e scolastica ci ha tramandato e condannato come “l’eccidio di Bronte”.

Ciò val bene per ricordare e non diminticare su come i “liberatori” alla Nino Bixio intendevano trattare i siciliani e soprattutto, i contadini illusi dalla promesse dei decreti garibaldini sulla assegnazione delle terre, convinti che, finalmente, con l’arrivo di Garibaldi e delle camicie rosse potessero legittimamente essere garantiti i principi di libertà e di giustizia sociale.

In quel maledetto e torrido Agosto del 1860 ai siciliani ed ai brontesi, speranzosi che per loro le cose sarebbero cambiate in meglio, mal gliene incolse. A farli ravvedere dalle loto aspettative provvide alla bisogna il paranoico generale garibaldino – il già citato Bixio – che certo dei siciliani non aveva gran considerazione e stima, se è vero che, alla moglie Adelaide, durante l’impresa dei mille, così ebbe tra l’altro testualmente  a scrivere a proposito della Sicilia e dei siciliani:

“Un paese che bisognerebbe distruggere e gli abitanti mandarli in Africa a farsi civili”.

E’ con questo stato d’animo e questa predisposizione nei confronti dei siciliani che Bixio si presentò a Bronte prendendo, per tre giorni, alloggio al collegio Capizzi. La mattina del 6 agosto, con due battaglioni di bersaglieri, Bixio decise di ristabilire l’ordine che era stato turbato nei giorni precedenti dai popolani e dai contadini-vassalli della ducea di Nelson che, illusi, si erano ribellati rivendicando il diritto all’assegnazione delle terre ed al riscatto sociale promesso loro dai truffaldini decreti garibaldini.

All’avanzata di Garibaldi in Sicilia e con l’illusoria promessa di una più equa distribuzione delle terre furono molti, infatti, i paesi della Sicilia che, come Bronte, insorsero al grido “Abbassu li cappeddi, vulimi li terri”. Tra questi, Regalbuto, Polizzi Generosa, Tusa, Biancavilla, Racalmuto, Nicosia, Cesarò, Randazzo, Maletto, Petralia, Resuttano, Montemaggiore, Capaci, Castiglione di Sicilia, Centuripe, Collesano, Mirto, Caronia, Alcara Li Fusi, Nissoria, Mistretta, Cefalù, Linguaglossa, Trecastagni e Pedara.

Le aspettative del popolo e dei contadini nei confronti dei “cappeddi” ( i latifondisti ed i ricchi proprietari terrieri) furono represse in quei paesi con il piombo e nel sangue da quei garibaldini che avevano promesso loro terre, libertà e giustizia. Quello stesso piombo che, 34 anni dopo, nel 1894, l’ex garibaldino Francesco Crispi, che era stato prima segretario di Stato e teorico della spedizione dei Mille e successivamente, dopo l’Unità, divenuto presidente del Consiglio, ordinò di scaricare sui contadini siciliani che rivendicavano le terre e reprimendo così nel sangue con centinaia di vittime innocenti l’epopea dei Fasci Siciliani.

A distanza di anni con pedissequa ferocia, di fatto, si riproponeva, ancora una volta, in un bagno di  sangue, la logica della difesa del privilegio e della conservazione perché nell’ottica gattopardiana nulla cambiasse, prima con Garibaldi e poi con Crispi

Ma torniamo ai fatti e al grido di libertà dei contadini e dei cittadini di Bonte. Su pressione del console inglese di Catania, John Goodwin, a sua volta sollecitato dai fratelli Thovez amministratori della ducea per conto  della baronessa Bridport, Garibaldi, costi quel che costi, per reprimere la rivolta di quei brontesi che avevano avuto l’impudenza di ribellarsi agli inglesi suoi protettori e finanziatori dell’impresa dei Mille, invia per risolvere la questione ed assolvere questo sporco lavoro, come era nelle sue attitudini ed abitudini, il suo fedele luogotenente Nino Bixio.

Appena giunto, come primo atto, il “liberatore” (degli interessi degli inglesi e non dei contadini e dei siciliani), Bixio decretò lo stato d’assedio e la consegna delle armi imponendo una tassa di guerra, dichiarando il paese di Bronte colpevole di “lesa umanità” dando inizio a feroci rappresaglie senza concedere alcuna minima garanzia e guarentigia  alla cittadinanza. I nazisti ottant’anni dopo prenderanno lezioni da questi metodi dei “liberatori” garibaldini.

Bisognava dimostrare ai “padroni” inglesi che nessuno poteva toccare impunemente i loro interessi. E il paranoico “servo” con i suoi metodi criminali li accontentò appieno. Si passò ad una farsa di processo e tutto fu liquidato in poco tempo senza riconoscere alcun diritto alla difesa discutendo e dibattendo il tutto in appena quattro ore.

Alla fine, alle 8 di sera del 9 Agosto, calpestando ogni simulacro  di garanzia, era già tutto deciso con la condanna a morte di cinque cittadini che niente avevano avuto a che fare con i tumulti e le rivolte delle precedenti giornate che avevano turbato la tranquillità ed il sonno degli inglesi in quel di Bronte.

I cinque, la mattina del giorno dopo il 10 agosto, nella piazzetta della chiesa di San Vito, finirono vittime innocenti dinanzi al  plotone d’esecuzione. L’avvocato Nicolò Lombardo notabile del paese che, da vecchio liberale, con tanta speranza aveva atteso lo sbarco garibaldino sognando un futuro migliore per la sua terra dovette ricredersi in quell’attimo che la scarica di fucileria spense quel suo sogno e per l’avvenire il sogno di tanti siciliani. Con lui morirono Nunzio Spitaleri Nunno, Nunzio Samperi Spiridione, Nunzio Longhitano Longi, Nunzio Ciraldo Fraiunco. Quest’ultimo era lo scemo del paese che sopravvisse alla scarica di fucileria e invocando vanamente la grazia fu finito cinicamente con un colpo di pistola alla testa dall’ufficiale che aveva comandato il plotone

Dopo la feroce esecuzione, a monito per la popolazione di Bronte, i corpi delle vittime rimasero esposti ed insepolti per parecchio tempo.

Ma non era finita. A questo primo processo sommario ne seguì un altro altrettanto persecutorio e vessatorio nei confronti di coloro che avevano arrecato oltraggio ai grossi proprietari terrieri e agli inglesi della ducea. Il processo che si celebrò presso la Corte di Assise di Catania si concluse nel 1863 con 37 condanne esemplari di cui  25 ergastoli. Giustizia era stata fatta. I poveracci non avrebbero più alzato la testa.

Il 12 Agosto, dopo avere fatto affiggere nei giorni precedenti, a suo nome, un proclama indirizzato ai Comuni della provincia di Catania con il quale invitava i contadini a stare buoni e a tornare al lavoro nei campi pena ritorsioni e feroci rappresaglie, Nino Bixio ribadiva:

“Gli assassini e i ladri di Bronte sono stati puniti e a chi tenta altre vie crede di farsi giustizia da sé, guai agli istigatori e ai sovvertitori dell’ordine pubblico. Se non io, altri in mia vece rinnoverà le fucilazioni di Bronte se la legge lo vuole”.

Proclami e avvisi tendenti ad rassicurare baroni, latifondisti, proprietari terrieri e soprattutto gli inglesi che, con Garibaldi e Bixio, non c’era alcun pericolo di rivolte sociali. La rivoluzione garibaldina aveva mostrato il suo volto. Gli interessi della borghesia, dei latifondisti, degli inglesi che facevano affari in Sicilia e di quei settentrionali che in nome di Vittorio Emanuele in futuro li avrebbero fatti erano salvi e salvaguardati dalle camicie rosse.

E dire che a questi personaggi, come Nino Bixio e Giuseppe Garibaldi, i siciliani con un masochismo degno di miglior causa, hanno dedicato una infinità di via strade, piazze, scuole, monumenti e quant’altro a significativa memoria che da sempre siamo affetti dalla sindrome di Stoccolma, ossia quella di innamoraci dei nostri carnefici.

E’ ora di finirla. Prendendo  coscienza e consapevolezza della nostra vera storia, è giunto il momento di buttare giù lapidi, e disarcionare dai monumenti questi personaggi che, dipinti come falsi eroi, ci hanno depredato della nostra economia, della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità. I tribunali della storia che per fortuna sicuramente non sono quelli dei processi sommari di Bronte alla fine certamente condanneranno per i loro crimini questi personaggi: anticipiamo sin da ora  le sentenze e buttiamoli giù dai loro piedistalli.

Per quanto riguarda infine Gerolamo Bixio detto Nino, pochi sanno che, alla fine la giustizia divina, per le sue malefatte, più di quella degli uomini, gli presentò un conto salato, facendolo morire tra atroci dolori, sofferenze e tormenti in preda alla febbre gialla ed al colera a bordo della sua nave (s’era dato ai commerci con l’Oriente) il 16 dicembre del 1873, a Banda Aceh, nell’isola di Sumatra, a quel tempo colonia olandese.

Il suo corpo infetto chiuso in una cassa metallica fu sepolto nell’isola di Pulo Tuan che nella lingua locale significa isola del Signore. Successivamente tre indigeni, credendo di trovare qualche tesoro, disseppellirono la cassa denudarono il cadavere e poi lo riseppellirono vicino ad un torrente. Due di loro, infettati dal colera morirono nel breve giro di 48 ore. Anche da morto Bixio era riuscito a fare delle vittime. Roba da Guinnes dei primati.

I pochi resti del suo corpo ed alcune ossa, grazie al terzo indigeno sopravvissuto alla maledizione, vennero ritrovati nel giugno del 1876. Il 10 maggio del 1877 quello che rimaneva dei resti del massacratore di Bronte veniva cremato nel consolato italiano di Singapore. Il 29 Settembre di quello stesso anno le ceneri giunsero a Genova e seppellite nel cimitero di Staglieno.

L’avvocato Nicolò Lombardo e le altre vittime di Bronte, per loro buona pace, si può dire che per la morte atroce del loro aguzzino e per ciò che ne conseguì, erano state vendicate, alla fine, dalla Giustizia divina. (Avvertiamo i nostri lettori che abbiamo iniziato a raccontare laControstoria dell’impresa dei Mille. 

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