Banche, istruttoria Antitrust su Intesa, Unicredit e Bnl: “Modalità aggressive per indurre clienti a accettare anatocismo”

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Il sospetto è anche che abbiano continuato ad applicare gli interessi sugli interessi fino all’entrata in vigore del decreto che ha ribadito il divieto salvo autorizzazione preventiva del titolare del conto. L’autorità ha fatto ispezioni nelle sedi degli istituti insieme al Nucleo speciale della Guardia di Finanza

La pratica delle banche di far pagare ai clienti interessi sugli interessi finisce sotto la lente dell’Antitrust. L’Autorità garante della concorrenza e del mercato ha aperto tre istruttorie su Intesa Sanpaolo, Unicredit e Bnl per presunte pratiche commerciali scorrette legate proprio a quello che in gergo si definisce anatocismo bancario. I suoi funzionari hanno eseguito martedì ispezioni nelle sedi degli istituti, con l’ausilio del Nucleo speciale Antitrust della Guardia di Finanza.
Il sospetto, da provare, è che fino all’entrata in vigore dell’articolo 17-bis del decreto 18/2016, che ha ribadito il divieto di anatocismo salvo autorizzazione preventiva del cliente, le tre banche abbiano continuato ad applicare l’anatocismo nonostante l’espresso divieto contenuto nella legge di stabilità 2014. Dopo la riforma del 2016, i tre istituti avrebbero poi adottato – secondo l’ipotesi che l’authority dovrà ora verificare – “modalità aggressive” per indurre i propri clienti consumatori a dare l’autorizzazione all’addebito su conto degli interessi sugli interessi, appunto. Tutto questo configurerebbe una violazione del Codice del consumo.
Lo scorso ottobre sono entrate in vigore le nuove norme sull’anatocismo contenute nel decreto del ministro dell’Economia dell’agosto 2016 in attuazione del Testo unico bancario. In generale, secondo il decreto, “gli interessi debitori maturati non possono produrre interessi, salvo quelli di mora“. Che diventano esigibili dal creditore l’1 marzo dell’anno successivo a quello in cui sono maturati. Per i contratti già in corso, però, era previsto che dovesse essere richiesta l’autorizzazione del cliente all’addebito.

UNA MONTAGNA DI SOLDI IN LUSSEMBURGO E ISRAELE: ECCO IL “TESORO” DI MATTEO RENZI, REGALATO IN QUESTI ANNI DAI SUOI “PADRONI”

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martedì 11 aprile 2017

Il premier Matteo Renzi oggi salirà al Colle per confrontarsi con il Capo dello Stato sulle nomine dei vertici militari. La partita delle nomine è fondamentale, per sbloccare la casella a cui tiene di più, quella dell’intelligence informatica, di Marco Carrai. Ma chi c’è dietro Carrai? Quali sono i suoi soci? E soprattutto: perché Renzi non può rinunciare alla sua nomina? La risposta è proprio nella rete di rapporti, soldi e uomini, legati a doppio filo con Carrai. Una rete che il Fatto Quotidiano è in grado di rivelare. Grandi imprenditori delle infrastrutture pubbliche, consiglieri di Finmeccanica, capi di importanti gruppi bancari, ex agenti dei servizi segreti israeliani, uomini legati ai colossi del tabacco. Oltre al solito fedelissimo renziano Davide Serra, finanziere trapiantato a Londra e creatore del fondo Algebris. Persino un commercialista accusato di riciclaggio.

Una rete che si snoda intorno a Carrai proprio dal 2012: negli stessi giorni in cui Renzi avvia la scalata al Pd e poi al governo. Una rete che arriva sino a oggi, alla Cys4, la società di Carrai per la cybersicurezza. La stessa società a cui il governo si è aggrappato per giustificare le competenze di “Marchino”, come lo chiamano gli amici, per guidare il comparto dell’intelligence. Persino il ministroMaria Elena Boschi ne ha dovuto rispondere in aula. Eppure, è proprio la presenza sul mercato della Cys4 a rendere Carrai un uomo in pieno conflitto di interessi.


Quell’estate calda in Lussemburgo. Torniamo quindi al giugno 2012. Renzi annuncia la sua candidatura alle primarie contro Pier Luigi Bersani. Due mesi dopo Carrai vola in Lussemburgo. È il primo agosto. Il Richelieu del premier crea una società, la Wadi Ventures management capital sarl, con poche migliaia di euro e un pugno di soci. C’è la Jonathan Pacifici & Partners Ltd, società israeliana del lobbista Jonathan Pacifici, magnate delle start up che dalla “silicon valley” di Tel Aviv stanno conquistando il mondo.

A Carrai e Pacifici si uniscono la società Sdb Srl di e i manager e . I cinque della Wadi Sarl sono gli stessi che oggi controllano il 33 per cento della Cys4, la società di intelligence di Carrai. Un dato che in questa storia non bisogna mai dimenticare. Ma perché Carrai crea in Lussemburgo la Wadi sarl? La risposta arriva dalle visure camerali lussemburghesi. Fine principale: sottoscrivere e acquisire le , omonima e sempre lussemburghese, che in quel momento ancora non esiste: . Nasce nel novembre 2012. Renzi è in piena campagna elettorale. Il 27 novembre l’amico Serra, già finanziatore della Fondazione Big Bang di Renzi, versa i primi 50 mila euro nella Wadi Sca. E nelle stesse settimane Carrai, in Italia, pone le basi della futura Cys4.

A Carrai e Pacifici si uniscono la società Sdb Srl di Vittorio Giaroli e i manager Renato Attanasio Sica eGianpaolo Moscati. I cinque della Wadi Sarl sono gli stessi che oggi controllano il 33 per cento della Cys4, la società di intelligence di Carrai. Un dato che in questa storia non bisogna mai dimenticare. Ma perché Carrai crea in Lussemburgo la Wadi sarl? La risposta arriva dalle visure camerali lussemburghesi. Fine principale: sottoscrivere e acquisire le partecipazioni di un’altra società, omonima e sempre lussemburghese, che in quel momento ancora non esiste: Wadi Ventures Sca. Nasce nel novembre 2012. Renzi è in piena campagna elettorale. Il 27 novembre l’amico Serra, già finanziatore della Fondazione Big Bang di Renzi, versa i primi 50 mila euro nella Wadi Sca. E nelle stesse settimane Carrai, in Italia, pone le basi della futura Cys4.

Il 26 ottobre “Marchino” crea l’embrione della sua futura creatura, quella dedita alla cybersecurity, e che vede Renzi, proprio oggi, impegnato ad affidargli il settore informatico della nostra intelligence.

La ramificazione israeliana. L’embrione della Cys4 si chiama Cambridge management consulting labs. È una società di consulenza aziendale, iscritta alla Camera di commercio il 6 novembre, un mese prima delle primarie. I soci della Cambridge? Gli stessi della Wadi Sarl lussemburghese. Che così controllano anche la cassaforte Wadi Sca. Nella quale, dopo Serra, entra la Fb group Srl, di Marco Bernabé, già socio della Cambridge.

Stessi uomini, società diverse, che dal Lussemburgo portano anche in Israele. Bernabè è socio di un’altra Wadi Ventures, con sede a Tel Aviv, al 10 di Hanechoshet street. È la stessa sede israeliana dell’italianissima Cambridge. Il 2 dicembre Renzi perde le primarie. Le società lussemburghesi legate a Carrai conquistano invece nuovi soci. Non dimentichiamo la squadra: gli uomini della Cambridge, sono gli stessi della Wadi sarl, che controlla la Wadi Sca. E in pochi mesi arriva un altro milione. Con quali soci?

A marzo 2013, nel capitale sociale, entra la Equity Liner con 100 mila euro, creata nel 2006 da tre società (Global Trust, Finstar Holding srl, Regent Sourcing Ltd) rappresentate da AnnalisaCiampoli. La Finstar Holding, è del commercialista e faccendiere romano Bruno Capone. La signora Ciampoli, pur non essendo indagata, è definita, in alcuni atti d’indagine – quelli su un’associazione per delinquere dedita al riciclaggio transnazionale – la collaboratrice di Capone. Capone, invece, è indagato dalla Procura di Roma per riciclaggio in relazione a ingenti trasferimenti di denaro in Lussemburgo che non riguardano la Wadi.

Nel marzo 2012, dunque, il nuovo socio del gruppo di Carrai è un presunto riciclatore, tuttora indagato. Sei mesi dopo, la Equity Liner riconducibile a Capone, viene venduta a un’altra società, la Facility Partners Sa. E Renzi torna a candidarsi per le primarie.

Signori del tabacco e delle banche. In quei mesi, la lobby del tabacco è impegnata nella battaglia sulle accise. Il collegato alla Legge di stabilità prevede un aumento di 40 centesimi sui pacchetti più economici. L’operazione però salta. Renzi in quel momento non è ancora al governo. Ma è in corsa per le primarie, stavolta può vincere. Il presidente della Manifattura italiana tabacco, in quel momento, si chiama Francesco Valli. È lo stesso Valli che, fino al 2012, è stato a capo della British American Tobacco Italy. Non è di certo un uomo legato al Pd. Anzi. Presiede per tre anni, dal 2009 al 2012, la Fondazione Magna Charta creata dal senatore allora Pdl Gaetano Quagliarello. È lui il prossimo uomo ad aprire il portafogli. È il nuovo socio della Wadi Sca e del gruppo Carrai. Che la lobby della nicotina avesse finanziato Renzi, attraverso la fondazione Open, diventa noto nel luglio 2014, quando la British American Tobacco versa 100mila euro. Il Fatto può rivelare che l’interesse della lobby risale a un anno prima: tra aprile e settembre, Valli versa 150 mila euro alla Wadi Sca, diventando anch’egli socio di Carrai e Serra. Valli, contattato dal Fatto, ha preferito non commentare.

In pochi giorni si aggiunge anche Luigi Maranzana, che acquista azioni per 100 mila euro. È lo stesso Maranzana che oggi riveste la carica di presidente della Intesa San Paolo Vita, ramo assicurativo del gruppo bancario guidato da Giovanni Bazoli. Interpellato, non se n’è accorto: “Socio di Carrai e di Serra? Non ne so niente, Carrai non lo conosco, sono sempre stato lontano dalla politica – risponde al Fatto –. Ho solo fatto un investimento”. Chi gliel’ha suggerito? Clic.

Alla fine del 2013, quando Renzi diventa segretario del Pd e si avvicina a scalzare Enrico Letta, è il caso di fare qualche conto. Nella Wadi Sca, in un solo anno, sono entrati un milione e 50 mila euro e cinque nuovi soci. A controllare il tutto c’è Carrai. Non solo. Gli stessi soci di Carrai in Lussemburgo – Moscati, Bernabé, Pacifici, Sica e Giaroli – sono già attivi da un anno, in Italia, nella Cambridge, che a fine 2013 matura un utile di appena 46 mila euro. È destinato a salire vorticosamente nell’anno successivo. Quando Renzi diventa premier. Ed è proprio il 2014 a segnalare le novità più interessanti sul fronte lussemburghese.

Nominato in Finmeccanica, arriva il nuovo socio. Nella primavera del 2014, dopo aver conquistato la segreteria del Pd e varcato la soglia di Palazzo Chigi, Renzi è già impegnato nella sua prima tornata di nomine per le aziende di Stato. E nel cda di Finmeccanica entra un uomo che l’ha sostenuto sin dall’inizio: Fabrizio Landi, esperto del settore bio-medicale, tra i primi finanziatori della Leopolda con 10 mila euro. “Ma lei pensa che con 10 mila euro ci si compra un posto nella società più tecnologica del Paese?”, dice Landi all’Huffington Post. In effetti, tre mesi dopo la sua nomina in Finmeccanica, Landi versa altri 75 mila euro comprando altrettante azioni della Wadi Sca.

Non è l’unico a incrementare il capitale della Wadi e, soprattutto, a diventare socio del gruppo legato a Carrai. C’è anche un importante imprenditore che, proprio in quelle settimane, fatica a farsi ascoltare dall’ex ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi, nonostante gestisca appalti pubblici per miliardi. Il suo nome è Michele Pizzarotti, costruttore.

“Sostegno all’estero” per l’uomo delle strade. Ad aprile Pizzarotti ha un problema: riuscire a parlare con l’ex ministro Maurizio Lupi. Per riuscirci, deve passare attraverso tale FrancoCavallo, detto “zio Frank”, amico di Lupi, che organizza tavoli con visione del ministro, annesso dialogo e strette di mano, in cene da 10mila euro: “Inizia alle 7? A che ora finirà? Si cena in piedi?”, chiede Pizzarotti a “zio Frank”, il 19 marzo 2014, annunciandogli la sua presenza. Dodici giorni dopo – il primo aprile 2014 – “zio Frank” gli fissa un appuntamento telefonico con Emanuele Forlani, della segreteria di Lupi, ma l’aggancio non funziona. “Mi ha detto ‘devo vedere’…”, spiega Pizzarotti a zio Frank, “per l’amor di Dio sarà impegnatissimo, però, ragazzi, stiamo parlando di un’impresa che ha in ballo 4 miliardi di opere bloccate per motivi burocratici assurdi”. Ecco, nell’aprile 2014, Pizzarotti ha un problema: tenta di parlare con Lupi perché vede le sue “opere bloccate per assurdi motivi burocratici”. Cinque mesi dopo, versa 100 mila euro in Lussemburgo, alla Wadi Sca, diventando socio degli uomini più vicini a Renzi. Eppure il business delle start up non è mai stato il suo core business. Due mesi dopo questo versamento Renzi è a Parma, nell’azienda Pizzarotti, dove lo accolgono il patron Paolo con i figli Michele ed Enrica: “Occorre far ripartire l’edilizia”, dice davanti alle tv, “il governo vuol sostenere le imprese italiane all’estero”.

Di certo, in quel momento, c’è che è proprio Pizzarotti a sostenere un’azienda all’estero, per la precisione la Wadi sca. Contattato dal Fatto, l’imprenditore spiega che i problemi sono rimasti anche con l’arrivo al posto di Lupi di Graziano Delrio che però, a differenza del predecessore, almeno l’ha ricevuto. “Ci ha accolto, sì, ma senza alcun vantaggio per i nostri lavori”. Chi l’ha invitata – chiediamo – a investire nella Wadi? “Pacifici. Non sapevo fosse controllata da Carrai”. E sono due. Poi aggiunge: “L’ho scelta perché investe in start up in Israele, Paese più innovativo assieme alla California, dove peraltro la mia impresa lavora, nella convinzione di fare un affare azzeccato. Pacifici mi invia periodicamente report sull’andamento dei nostri investimenti”. E Israele, in questa storia, è davvero centrale.

Dal Mossad agli affari. Alla Wadi Sarl, nell’estate del 2014, si aggiunge un’altra società, la Leading Edge, riconducibile a Reuven Ulmansky, veterano della unità 8200 dell’esercito israeliano, creata nel 1952, equivalente alla National security agency (Nsa) degli Usa, dedita da sempre alla guerra cibernetica e alla “raccolta dati” per l’intelligence israeliana. Ulmansky è socio di Carrai e degli stessi uomini che, pochi mesi dopo, nel dicembre 2014, partecipano con il 33 per cento alla neonata Cys4 che, guarda caso, vanta tre sedi in Italia e una a Tel Aviv.

Chi sono i soci della Cys4? Per il 33 per cento, appunto, sono Sica, Moscati, la Fb di Bernabè, Pacifici e Carrai. Quali sono i soci della lussemburghese Wadi Sarl? Sica, Moscati, Bernabé, Pacifici, Carrai. E Sica, Moscati e Carrai, amministrano la cassaforte Wadi sca, dove hanno investito i loro soldi Serra, il futuro capo di San Paolo Vita, Maranzana, il futuro consigliere di Finmeccanica Landi, l’uomo della lobby del tabacco Valli, il grande imprenditore Pizzarotti.

Con i nuovi soci si cresce. Il 30 novembre 2014 la società porta il capitale a 1,5 milioni e delibera aumenti fino a 3 milioni. Gestiti dagli stessi uomini che controllano, attraverso la Cambridge, il 33 per cento della Cys4. E sul fronte italiano? La Cambridge, amministrata dallo stesso gruppo, nel 2014 vede esplodere l’utile da 46 mila euro a 1,5 milioni.

Ieri Il Fatto ha contattato Carrai, che ha preferito non rispondere alle nostre domande. È per lui che il premier Renzi sta ridisegnando l’intelligence del Paese, ridistribuendo poteri e rischiando disequilibri e frizioni con il Quirinale. Il tutto solo per creare un ruolo chiave da assegnare a Marco Carrai.

fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/2016/03/21/carrai-la-rete-occulta-dello-007-di-renzi-tra-soldi-allestero-e-faccendieri/2566729/

STREPITOSO DAVIGO! UMILIA IL LECCHINO DE “L’UNITA'”

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Piercamillo Davigo (Candia Lomellina, 20 ottobre 1950) è un magistrato italiano, Presidente della II Sezione Penale presso la Corte suprema di cassazione. Dall’aprile 2016 all’aprile 2017 è Presidente dell’associazione nazionale magistrati.


Dopo essersi laureato in giurisprudenza all’Università degli Studi di Genova è entrato in Magistratura nel 1978. Ha iniziato la sua carriera come giudice presso il Tribunale di Vigevano; poi dal 1981 è divenuto Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Milano, dove si è occupato prevalentemente di reati finanziari, societari e contro la Pubblica Amministrazione.

In questo contesto ha fatto parte, nei primi anni Novanta, del pool Mani pulite, insieme ai colleghi Antonio Di Pietro, Francesco Saverio Borrelli, Gerardo D’Ambrosio, Ilda Boccassini, Gherardo Colombo, Francesco Greco, Tiziana Parenti e Armando Spataro. È stato eletto nel parlamentino dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM), nella corrente di “Magistratura indipendente”. Successivamente è divenuto Consigliere della Corte d’Appello di Milano.

Ricopre il ruolo di Consigliere alla Corte suprema di cassazione, II Sezione Penale, dal 28 giugno 2005.

Ha scritto vari libri, di taglio prevalentemente scientifico. Fra i testi di divulgazione, si ricordano in particolare La Giubba del Re – Intervista sulla corruzione, scritto in collaborazione con Davide Pinardi, La corruzione in Italia – Percezione sociale e controllo penale, scritto a quattro mani con Grazia Mannozzi e Processo all’italiana con Leo Sisti.

Nel 2012 è stato insignito del Premio Giovenale[1].

Nel febbraio 2015 insieme un gruppo di magistrati esce da MI e fonda Autonomia e Indipendenza che lo elegge presidente.[2]

Il 9 aprile 2016 viene eletto presidente dell’Associazione nazionale magistrati, per la durata di un anno.[3]

Il 30 maggio 2016 è stato nominato presidente di sezione presso la Corte suprema di cassazione con 18 voti favorevoli dal plenum del Consiglio superiore della magistratura (CSM).

“CON IL SUO CURRICULUM NON VERREBBE ASSUNTO NEMMENO A SERVIR COLAZIONI”: POLETTI MASSACRATO DA UN GIOVANE AVVOCATO COSTRETTO AD EMIGRARE ALL’ESTERO.

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martedì 11 aprile 2017

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Questa ė la lettera scritta da un ragazzo barese al ministro Poletti:
“Sig. Perito agrario Poletti (eh si,/ in un Paese che richiede la laurea/ anche per servire caffè in un bar, Lei e’ l’ennesimo caso di non laureato che raggiunge poltrone d’oro, vertici di rappresentanza delle istituzioni e stipendi pazzeschi), ho dato un’occhiata al suo curriculum e le garantisco che lei non verrebbe assunto neanche all’Arlington Hotel della mia Dublino a servire colazioni come io, giovane avvocato laureatomi in Italia, ho fatto per pagare le spese di sopravvivenza in un Paese straniero che mi ha dato una possibilità che il Suo Paese mi ha negato.
Lei, ministro del lavoro, il lavoro non sa neanche cosa sia, lei che non ha lavorato neanche un giorno della sua vita (il suo cv parla chiaro). Lei, che si rallegra di non avere tra i piedi gente come me, non ha la piu’ pallida idea di quanto lei sia un miracolato. Lei non sa, perito agrario Poletti, che dietro ogni ragazzo che si trasferisce all’estero, ci sono una madre e un padre che piangono QUOTIDIANAMENTE la mancanza del figlio, c’e’ una sorella da vedere solo un paio di volte all’anno, degli amici da vedere solo su “facetime” e i cui figli probabilmente non ti riconosceranno mai come “zio”, c’e’ una sofferenza lancinante con la quale ci si abitua a convivere e che diventa poi quasi naturale e parte del tuo benessere/malessere quotidiano.
Il Suo, perito agrario Poletti, e’ un paese morto, finito, senza presente ne’ tanto meno futuro e lo e’ anche per colpa sua e di chi l’ha preceduto. Chi e’ Lei per parlare a noi, figli e fratelli d’Italia residenti all’estero, con arroganza, con spocchia, con offese e mancando del più basilare rispetto che il suo status di persona, oltre al suo status di ministro, richiederebbe?! O forse pensa che le sue pensioni d’oro, i suoi stipendi da favola possano consentirle tutto questo nei confronti di ragazzi, in molti casi più titolati, preparati e competenti di lei?!
Ha mai provato a sostenere un colloquio in inglese? Ha mai scoperto quanto bello, duro e difficile sia conoscere tre lingue e lavorare in realtà multiculturali? Ha mai avuto la sensazione di sentirsi impotente quando le parlano in una lingua che non e’ sua e ha difficoltà a comprenderla al 100%? Questo lei, perito agrario Poletti, non lo sa e non lo saprà mai. E’ per questo che il suo ego le permette di offendere 100.000 ragazze e ragazzi che l’unica cosa che condividono con lei e’ la cittadinanza italiana.
Lei e’ l’emblema di una classe politica e partitica totalmente sconnessa con la realtà, totalmente avulsa dal tessuto sociale che le porcate sue e dei suoi amici “compagni” hanno contribuito a generare. Io, e gli altri 99.999 ragazzi che siamo scappati all’estero dovremmo essere un problema che dovrebbe toglierle il sonno, lei dovrebbe fare in modo che questa gente possa tornare a casa, creare condizioni di lavoro e di stabilita’ economica che possano permettere a 100.000 mamme di non piangere più per la lontananza dei figli.
Lei, perito agrario Poletti, padre dei voucher e del precariato, e’ il colpevole di questo esodo epocale e quasi senza precedenti di questa gente che lei vorrebbe fuori dalle palle.
Si sciacqui la bocca, perito agrario Poletti, prima di parlare di gente che parla piu lingue di lei, che ha avuto il coraggio di non accontentarsi, e di cercare altrove ciò che uno stato che fa davvero lo stato avrebbe dovuto garantire al proprio interno.
E si tolga rapidamente dai coglioni per favore, prima lo farà e prima questo paese, visto dalla fredda e super accogliente Irlanda, sembrerà più bello e gentile. Firmato da uno di quelli che lei vorrebbe fuori dalle palle”.
Dedicato ai Paraculi, figli di Papà e porta borse della Politica italiana .
Domenico Gatti


FONTE

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Photo by fabiolopiccolo:

​Sono un Avvocato.

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Sono quello da cui vieni quando sei nei guai, quando sei arrabbiato, quando hai un problema e non sai dove sbattere la testa.
Sono quello che ti apre la porta di studio quando non ne puoi più del tuo matrimonio, quando lui/lei ti ha lasciato, quando ti pignorano casa, quando non paghi i tuoi debiti e quando i tuoi debitori non pagano te.
Sono quello che viene svegliato alle tre del mattino perché ti sei fatto fermare in stato di ebbrezza, che salta la comunione del nipotino perché ti hanno fissato l’interrogatorio il sabato mattina, che non vede il saggio di danza della figlia perché la tua udienza finisce alle dieci di sera.
Sono quello che sta dalla tua parte quando gli altri ti vorrebbero linciare, che ascolta le tue cazzate quando nemmeno tua madre ne vuole più sapere di te.
Sono quello che per fare il suo lavoro ha studiato tanti anni, poi ha fatto una pratica faticosa e spesso gratuita, e dopo di nuovo l’esame, la gavetta, l’incertezza, la paura, la responsabilità e l’aggiornamento continuo.
Sono quello che per andare a lavoro ogni giorno paga: l’affitto, le bollette, la macchina, la segretaria, la carta, le marche da bollo, il caffè per stare svegli a studiare.
Sono quello che ti fa uscire da studio anche se non hai versato quanto dovuto, mentre nemmeno al discount ti fanno portare via un litro di latte senza averlo pagato.
Sono quello che quando gli sparano alle spalle in un tribunale, in una mattina di inizio primavera, lo pensano solo gli altri Avvocati, perché sono tutti preoccupati del magistrato e delle misure di sicurezza.
Sono un Avvocato, forse lo sono sempre stato, anche prima di cominciare a esercitare, e sicuramente lo sarò tutta la vita, anche quando non metterò più piede in tribunale.
Sono un Avvocato, e prima di usare questa parola senza sapere quanta sostanza c’è dentro, quanta fatica e passione c’è dietro, ecco prima di usare questa parola devi pensare.

Poi magari taci che è meglio.

(Cit. Avv. Sara Fusi Serangeli )

Martin Schulz: ‘Senza l’euro la Germania dovrebbe temere l’Italia, non la Cina’

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Martin Schulz, Presidente del Parlamento Europeo, potrebbe diventare il nuovo cancelliere tedesco.

Il suo pensiero, però, non è in linea con quelli che sono gli interessi del nostro Paese, perciò è giusto che i cittadini siano informati. Vocidallestero.it ha tradotto un’intervista rilasciata nel 2012 da Schulz al Der Spiegel in cui emerge appunto il suo pensiero: l’Europa è vitale per gli interessi nazionali della Germania, e soprattutto lo è l’euro.
Senza la moneta unica l’industria automobilistica tedesca, fiore all’occhiello del paese, sarebbe molto meno competitiva, a tutto vantaggio di paesi come Italia e Francia.
A dirlo è Schulz stesso. Ecco i passaggi fondamentali dell’intervista:
“SPIEGEL: Nemmeno la maggioranza dell’opinione pubblica tedesca è d’accordo su una condivisione del debito.
Schulz: Purtroppo questa affermazione è assolutamente vera, e mi preoccupa molto. Ciò di cui abbiamo bisogno è di spiegare alla gente quali sono le alternative.
Schulz: Reintrodurre il marco tedesco. Sarebbe una valuta estremamente forte, che renderebbe le esportazioni tedesche molto più costose. L’industria automobilistica tedesca dovrebbe temere non più la Cina, ma la Francia e l’Italia, la Peugeot, la Citroën e la FIAT. La Germania diventerebbe troppo grande per l’Europa ma troppo piccola per il mondo. A questo dovrebbero pensare quelli che chiedono un’uscita della Grecia dall’eurozona.
Schulz: Se continuiamo ad andare nella direzione in cui stiamo andando è difficile. Imponendo tagli non otterremo nessuna crescita in Grecia. Sarebbe preferibile una zona economica speciale per la Grecia.
Schulz: Ma non lo è. Le aziende investiranno in Grecia solo se ci saranno tre condizioni. Primo, ci deve essere un chiaro impegno verso l’euro. Nessuna azienda investirà se ha il timore che a un certo punto la Grecia uscirà dall’euro. Secondo, il governo greco deve essere pronto a lavorare insieme alle istituzioni europee per la ristrutturazione del paese”.
Martin Schulz è presidente dell’Europarlamento, ma prima di tutto, per lui, vengono gli interessi di Berlino.

Salvataggio l’Unità, Di Maio: ‘Minaccia di querela non può essere la risposta, Renzi deve spiegare’

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Eni ha smentito “lo scambio tra salvataggio l’Unità e appalti in Kazakistan”, che ci sarebbe stato secondo un’inchiesta di Report, mentre Matteo Renzi ha minacciato querele.

La mossa dell’ex-premier non bastano, però, secondo Luigi Di Maio. Il deputato 5 Stelle nella tarda serata di ieri ha pubblicato un messaggio su Facebook in cui chiede a Renzi e al dem Bonifazi di spiegare se c’è correlazione tra i due fatti e ha annunciato che il M5S oggi terrà una conferenza stampa per porre a Renzi alcune domande sulla vicenda.
Di seguito il post di Di Maio:
“Avete visto Report? Allucinante!

Dopo il caso Consip, la trasmissione apre lo scandalo del salvataggio de l’Unità. Da Romeo a Pessina. Da Tangentopoli a Renzopoli. Gli interrogativi posti non possono avere come risposta una minaccia di querela. Renzi e Bonifazi hanno il dovere di spiegare. Come hanno convinto Pessina a finanziare l’Unità sapendo che gli sarebbe costato una perdita secca di 400.000 euro al mese? C’entrano gli appalti in Kazakistan? C’entrano altri appalti? Sono stati commessi atti di corruzione? Che qualcosa non torni é chiaro. Domani faremo una conferenza stampa per porre a Renzi queste e altre domande. Renzopoli è durata fin troppo”.

“Siamo tra il maggio del 2014 e il gennaio del 2015. A fine 2014 prende forma la società che salverà l’Unità e diventerà il nuovo editore del quotidiano. La società si chiama Unità Srl, il nuovo socio finanziatore è il costruttore milanese Massimo Pessina, proprietario della Pessina Costruzioni Spa, insieme al suo braccio destro e amministratore delegato Guido Stefanelli. Altra quota di Unità Srl è del Partito Democratico attraverso la fondazione Eyu.
Come cambiano le sorti della Pessina Costruzioni da quando i suoi proprietari sono diventati soci del Partito Democratico?

Report ha ricostruito la storia di alcuni lavori ottenuti da Pessina a partire da allora. Proprio mentre era in corso la trattativa per il salvataggio de l’Unità, la Pessina Costruzioni – secondo quanto riportato da Report – apre una filiale in Kazakhistan, nella cittadina di Aksai, nel nord-ovest del paese, un piccolo centro nato e sviluppatosi attorno a uno dei più grandi giacimenti di gas e petrolio, quello di Karachaganak. Lo sfruttamento del giacimento è gestito dal consorzio Kpo, del quale Eni è socio principale insieme a Shell. Che tipo di lavori ha svolto ad Aksai la Pessina Costruzioni KZ? – si chidee Report che poi prosegue: «Eni ci scrive che il consorzio KPO non ha mai assegnato lavori alla Pessina KZ e la Pessina precisa che Pessina Costruzioni KZ è una società inattiva. Eppure da quanto risulta alla camera di commercio kazaka, la Pessina KZ è dotata di un consistente capitale sociale, di dipendenti e di mezzi». (Ciò non vuol dire che la società sia comunque necessariamente attiva)”.

Il made in Italy di Farinetti: operai romeni a tre euro l’ora

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Denuncia Cisl sulla ristrutturazione del teatro Smeraldo che ospiterà lo store di Eataly a Milano: “Lavori a una ditta di Suceatra. Stipendi da meno di 200 euro a settimana”

Milano – «Eataly» di nome. Oscar Farinetti apre martedì a Milano un nuovo tempio del gusto. A sentir lui, addirittura «un luogo dei miracoli».*Prenderà il nome dello storico Teatro Smeraldo che sorgeva nello stesso stabile di piazza XXV Aprile e l’inaugurazione è fissata (non a caso) il 18 marzo, inizio delle Cinque Giornate di Milano e del Risorgimento. «Non saremo noi a far risorgere l’Italia ma è un piccolo passo», ripete da giorni Farinetti, dispensa in tv e sui giornali l’elogio del made in Italy e le ricette per il rilancio del Belpaese. I sindacati leggono, ascoltano. E «fumano».
«Viene il nervoso a sentirlo professare l’eccellenza italiana e la cura del dettaglio…» protesta senza mezzi termini Fabio Del Carro, segretario generale della Filca Cisl di Milano. Ha seguito dall’inizio la trasformazione dell’ex teatro in polo del gusto. E puntualizza che a occuparsi della ristrutturazione non è stata un’impresa edile locale (benché il patron di Eataly professi un’«adorazione per i lombardi» e abbia persino fatto pace con il governatore leghista Roberto Maroni) ma la Cobetra Power di Suceatra, in Romania. Capitale sociale dichiarato: 500 ron, che equivalgono a circa 110,2 euro. Anche Farinetti ha raccolto l’occasione, sempre più diffusa tra le grandi aziende italiane, dei «distacchi». Si fa ricorso con i subappalti a imprese bulgare, romene, polacche che hanno filiali sul territorio. Per la legge, i contributi non vengono versati in Italia ma nel Paese d’origine. «Ma vengono versati?» è il grande punto interrogativo del sindacato, che sul caso Eataly ha interessato gli ispettori della Cassa Edile. Ma «a Milano sono una cinquantina, riescono a malapena verificare i contratti che hanno inizio e fine sul territorio figuriamoci avviare controlli in Romania».Dei 25 lavoratori edili che fanno capo a Cobetra e si sono occupati di demolire e ricostruire l’interno dell’ex teatro, come si legge sui contratti trasmessi alla Cassa edile, 23 sono «operai non specializzati in costruzioni», uno solo è esperto in restauri. C’è poi un addetto che nel 2012 ha firmato la «promozione» da amministratore della società a «operaio non specializzato». La legge europea recepita anche in Italia stabilisce che i lavoratori romeni in distacco debbano avere una busta paga non inferiore ai minimi contrattuali italiani. Ma è quello che la Cisl definisce un «grande buco nero». Perché «dietro al sistema dei distacchi si nascondono forme di sfruttamento, ed è quasi impossibile che gli operai stranieri facciano denuncia, c’è un’omertà assoluta». I contratti che hanno firmato i 25 operai con Cobetra mediamente si aggirano tra i 500 e gli 800 ron di stipendio base lordo (dunque tra i 110 e i 176 euro) per 40 ore settimanali di lavoro. Tradotto: tra i 2,75 e i 4,4 euro all’ora. Sul Libro unico del lavoro però, quella che possiamo equiparare a una normale busta paga, nella parte bassa dedicata ai contributi la cifra schizza a 2.100 euro. «Che non sarebbero male per un manovale non specializzato – rimarca il segretario Cisl – Anzi, se fossero davvero corrisposti verrebbe da chiedersi come mai non vengono assunti operai italiani, visto che sarebbero più economici dei romeni. Ma è proprio la parte �extra� che sfugge ai controlli italiani. Abbiamo il forte dubbio che al manovale straniero rimanga in tasca quanto ha firmato sul contratto».
Il modello di lavoro «Eataly» d’altra parte alimenta i sospetti. Di recente diversi precari che lavorano negli store del gusto già sparsi tra Torino, Roma, Firenze o Napoli hanno denunciato stipendi da fame, 800 euro al mese per quaranta ore settimanali, domeniche comprese. E si aggiunge la pratica delle perquisizioni a fine turno, raccontata nei negozi del Centro-Sud. I dipendenti vengono controllati prima di uscire, sai mai che abbiano infilato in borsa qualche conserva «doc».

La maggior parte dei dipendenti che da martedì prossimo serviranno i clienti in panetteria, macelleria, salumeria, formaggeria, pescheria, all’ortofrutta, nel bistrot e nella serie di ristoranti sparsi tra i tre piani di «Eataly Smeraldo» ha un contratto a tempo determinato. Ma «dopo due anni l’ottanta per cento verrà stabilizzato – garantisce Farinetti – Se un imprenditore ha i conti in ordine e non lo fa, è un bastardo». Da Milano partirà una svolta?


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