Agnelli condannato a un anno di inibizione dal tribunale Figc.

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Un anno di inibizione e 20mila euro di multa. E’ questa la sanzione inflitta dal Tribunale federale nazionale della Figc al presidente della Juventus, Andrea Agnelli, per i rapporti non consentiti con i tifosi e la vicenda biglietti. “Non è fatto mistero che l’intero management fosse votato a ricucire i rapporti con gli ultras e ad addolcire ogni confronto con i club, al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti pur di non urtare la suscettibilità dei tifosi”, si legge nelle motivazione della sentenza. Al club bianconero è stata inflitta invece un’ammenda di 300mila euro, escludendo tuttavia la chiusura dell’Allianz Stadium come invece chiesto dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro.

Il procedimento sportivo nasce dopo l’inchiesta penale ‘Alto Piemonte‘ della Procura di Torino sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva della Juventus. Agnelli, secondo l’accusa, ha favorito il bagarinaggio, partecipando a diversi incontri in violazione dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva. Il procuratore Pecoraro aveva chiesto due anni e mezzo di inibizione per il presidente bianconero e che la squadra giocasse due partite a porte chiuse. Tuttavia il Tribunale federale ha escluso che da parte della dirigenza juventina ci fosse la “consapevolezza” di trattare con soggetti malavitosi infiltrati nella tifoseria. “Tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati”, si legge nella sentenza.

Le motivazioni della sentenza – Il Tribunale federale nazionale della Figc parla di “gesti accondiscendenti posti in essere in favore della tifoseria che si ritiene siano stati quanto meno tacitamente accettati dalla Presidenza”. “In tale contesto devono, pertanto, essere inquadrate anche le condotte contestate ad Agnelli che nulla ha fatto per evitare il perpetrarsi di tali gravissime condotte”, prosegue il Tribunale Federale. Secondo il quale, inoltre, “non vi è agli atti alcuna delega formale attribuita al Dott. Calvo in ordine alle attività che si afferma siano state allo stesso delegate, né in atti emerge alcuna attività di controllo e di verifica effettuata da Agnelli in ordine all’operato dei soggetti delegati”. Pertanto il Tribunale ritiene che il presidente bianconero  “abbia agevolato e in qualche modo avallato o comunque non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite poste in essere da Calvo […] al dichiarato fine di mantenere rapporti ottimali con la tifoseria”.

“Non sapeva dei capi ultras ‘ndranghetisti” – Il Tribunale Figc esclude invece che Agnelli sapesse dell’appartenenza di alcuni capi ultras alla ‘ndrangheta. Nella sentenza si legge che non appena appresa la notizia della presunta appartenenza di alcuni soggetti a cosche illecite, “ogni contato ebbe immediato termine” tra la dirigenza e quella frangia della tifoseria. Il Tribunale non ritiene quindi “sufficientemente provato che una simile frequentazione fosse dotata della contestata “consapevolezza” riferita allo status di quei tifosi”.

“Confidavamo nel proscioglimento del presidente, ovviamente la sentenza ci delude, anche se ha ridimensionato le accuse della Procura. Ora non possiamo nascondere la delusione. Certamente presenteremo appello, ora parlerò della sentenza con il mio collega Chiappero e con il presidente Agnelli”, ha detto a LaPresse Franco Coppi, legale del presidente della Juventus.

In primo grado è stato inoltre condannato Francesco Calvo, ex capo marketing dei bianconeri e ora al Barcellona, a un anno di inibizione e 20mila euro di ammenda. Ma anche Stefano Marulla e Alessandro Nicola D’Angelo, due dirigenti tesserati, rispettivamente a un anno di inibizione e a un anno e 3 mesi di inibizione. Anche per loro un ammenda da 20mila euro.

Se trovate questo codice di 4 lettere sulla vostra carta d’imbarco, ecco cosa vi aspetta

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La sigla sta per “Secondary Security Screening Selection” e viene assegnata in maniera casuale: dunque, può capitare a chiunque di ritrovarsela

 

Apparentemente non desta alcuna preoccupazione. Eppure potrebbe, in un certo senso, rovinarci la partenza. I viaggiatori che trovino sulla carta d’imbarco il codice “SSSS”dovrebbero essere consapevoli di ciò a cui vanno incontro, ovvero ulteriori controlli e accertamenti in aeroporto. La sigla sta per Secondary Security Screening Selection” e viene assegnata in maniera casuale: dunque, può capitare a chiunque di ritrovarsela sul biglietto.

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Ecco ciò che potrebbe capitare: un accertamento approfondito sull’identità e uno sguardo, a fondo, ai bagagli. La procedura, secondo i funzionari della sicurezza Usa, permette di tracciare persone potenzialmente pericolose in ingresso o in uscita dagli Stati Uniti.

C’è un modo per evitare l’assegnazione di questo codice? Solitamente accade più di frequente a chi, entrando negli Usa, compra il biglietto pochi giorni prima della partenza, oppure lo paga in contanti e si “dimentica” di acquistare il ritorno. Questo genere di comportamenti desta preoccupazioni e sospetti su terrorismo e mette in moto la macchina della sicurezza. Salvi coloro che viaggiano abitualmente sugli aerei e chi compra la prima classe.

Arrestati i maghi della chiave bulgara: 85 colpi in pochi mesi

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I carabinieri hanno arrestato 28 persone in Italia e in Germania, tutti legate ad un gruppo criminale georgiano

Pubblicato il 25/09/2017

Erano così beffardi e sicuri di sé che un giorno, uscendo da un condomino appena derubato, hanno alzato il dito medio di fronte alle telecamere di sorveglianza, consegnando quel gesto di sfida all’impianto di registrazione. Ma con la loro spavalderia hanno collezionato una serie di errori, che hanno permesso ai carabinieri di identificarli e arrestarli. Con l’accusa di aver messo a segno almeno 85 furti in diverse regioni italiane, i carabinieri della compagnia di Chivasso hanno arrestato 28 persone in Italia e in Germania, tutte legate ad un gruppo criminale georgiano, specialisti in colpi con la chiave bulgara, in grado di aprire un gran numero di serrature e violare porte blindate in pochi minuti.

Dal dicembre 2015, la banda ha messo a segno una raffica di furti in abitazioni o uffici assicurativi nelle province di Torino, Savona, Alessandria, Cuneo e Pavia.

 

 

LE INDAGINI

Stando alle indagini, coordinate dal pm Roberto Sparagna, il gruppo criminale costituisce una diramazione locale del più ampio clan di Kutaisi, sorto nell’omonima città georgiana, attivo in tutta Europa nella commissione di reati contro il patrimonio. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno scoperto a Reggio Emilia il deposito della banda, dove veniva stoccata la refurtiva prima di essere spedita in Georgia. All’interno dell’edificio c’era anche una sorta di «palestra dello scasso», dove i membri della banda si potevano allenare a migliorare i tempi di apertura delle serrature di porte e casseforti. Gli arresti, in considerazione della ramificazione del gruppo criminale, sono scattati in collaborazione con vari reparti territoriali e con lo Scip, il Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di ricettazione e associazione per delinquere finalizzata al furto in abitazione.

Esonero Canone Rai: a chi spetta?

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I casi di esenzione dal pagamento dell’imposta sulla tv: non possesso di televisione e soggetti poveri.

Da quando il cosiddetto Canone Rai – ossia l’imposta sulla detenzione di apparecchi televisivi – viene riscosso tramite addebito in bolletta della luce, l’unico modo per non pagare è autocertificare all’Agenzia delle Entrate che, all’interno del nucleo familiare, c’è già una persona che sta pagando (ad esempio per un’altra casa di cui ha intestato il contratto della luce) o che, in casa, non si dispone di una televisione o di altro apparecchio atto a ricevere le onde tv. Al di là però dei casi di non addebito sulla bolletta della luce, esistono a monte delle ipotesi di esonero canone Rai: a chi spetta? L’esonero è concesso solo alle persone con ridotte capacità economiche, per come qui di seguito si vedrà. Brutte notizie, invece, per ciechi e anziani che stanno in ospizi: devono pagare il canone Rai anche i non vedenti e gli anziani ricoverati in case di riposo o di cura (per questi ultimi, un tempo, era prevista un’apposita esenzione che è stata ora cancellata). Ma procediamo con ordine e vediamo a chi spetta l’esonero del Canone Rai.

 

Non paga il canone Rai chi non possiede una televisione

A non pagare il canone Rai è, innanzitutto, chi non ha una televisione in casa. Per «televisione» si intende un apparecchio dotato di ricevere le onde della televisione. Questo significa che:

  • non paga il canone chi ha un monitor del computer o un tablet sul quale vede la televisione in streaming o i programmi sulla televisione via internet (come ad esempio Netflix);
  • paga invece il canone chi ha una televisione ma non la accende;
  • paga altresì il canone chi ha la televisione ma non riceve (o non vuol vedere) i canali Rai: l’imposta è dovuta sull’apparecchio e non sulla visione delle reti pubbliche;
  • paga l’imposta chi si trova in casa in affitto e l’apparecchio televisivo è di proprietà del padrone di casa. In tale ipotesi: a) se l’inquilino è intestatario del contratto di luce e presso l’immobile in questione è fissata la sua residenza, si vedrà addebitare il canone sulla bolletta elettrica; b) se il contratto della luce è intestato al padrone di casa, l’inquilino dovrà versare il canone con F24;
  • anche se l’apparecchio televisivo è unico, paga un distinto canone tv ogni persona che vive dentro l’appartamento se si tratta di soggetti non appartenenti allo stesso nucleo familiare. Ad esempio alcuni colleghi di lavoro o di università che dividono le stanze, devono pagare distinti canoni Rai a prescindere dal fatto che l’apparecchio sia stato comprato solo da uno di questi (a meno che non lo ha “chiuso” nella propria camera, rendendolo inaccessibile agli altri).

In questi casi, per non pagare il canone Rai devi inviare il nuovo modello di autocertificazione in via telematica all’Agenzia delle Entrate.

Non si paga il canone se, nel nucleo familiare, c’è già chi lo paga

Il canone Rai va pagato una sola volta per nucleo familiare – a prescindere dal numero di abitazioni possedute e dal numero di tv – a condizione che i componenti abbiano la stessa residenza nel medesimo luogo.

Pertanto:

  • se nella stessa abitazione ci sono 5 tv, si paga una sola volta il Canone Rai;
  • se moglie e marito hanno la stessa residenza nella medesima casa, ma uno dei due (o entrambi) è intestatario di un’altra abitazione (seconda casa) e in essa è attivata la luce, in essa non si dovrà pagare il Canone Rai. In buona sostanza, si prescinde dal numero di abitazioni possedute;
  • se però moglie e marito hanno la residenza in case differenti e in ciascuna di esse vi è un autonomo contratto della luce intestato l’uno al marito e l’altro alla moglie, bisogna pagare due Canoni. In buona sostanza, nel caso in cui i coniugi, pur avendo entrambi lo stesso domicilio perché conviventi sotto lo stesso tetto, hanno invece una residenza diversa, sono tenuti a pagare due distinti abbonamenti Rai;
  • se il figlio si distacca dai genitori e va a vivere da solo cambiando residenza deve pagare il proprio Canone Rai;
  • se il figlio si stacca dal nucleo familiare dei genitori deve pagare un proprio Canone Rai.

Non paga il canone Rai chi è povero

Non paga infine il Canone Rai chi ha ridotte capacità economiche. In particolare, le condizioni per avere l’agevolazione fiscale sono le seguenti:

  • bisogna avere almeno 75 anni di età entro il termine per il pagamento del canone di abbonamento Rai (attualmente il 31 gennaio e 31 luglio di ciascun anno). Chi, pertanto, ha 74 anni o meno non può usufruire dell’esenzione, anche se versa in condizioni economiche di disagio;
  • non bisogna dichiarare un reddito superiore a 6.713 euro annui (ossia 516,46 euro per 13 mensilità). In tale reddito è sommato anche quello del coniuge. Vuol dire che si deve tenere conto non solo del reddito del contribuente richiedente ma anche quello del marito o della moglie e se quest’ultimo guadagna bene, non si ha più diritto alla esenzione. Dunque la somma dei redditi dei coniugi non deve sforare i 6.713 euro. In verità, la legge di stabilità 2016 ha elevato tale limite a 8.000 euro, subordinando però l’efficacia della disposizione a un decreto ministeriale che ancora non è stato emanato. La modifica, dunque, non è ancora operativa e il limite di reddito resta, pertanto, ancora quello precedente (6.713 euro);
  • salvo il coniuge, il contribuente non deve convivere con altri soggetti titolari di un reddito proprio. Pertanto, per esempio, se il padre – in possesso delle condizioni di reddito sopra indicate – convive coi figli disoccupati e con la moglie, ha diritto all’esenzione. Se invece i figli hanno un lavoro, egli non ha diritto all’esenzione anche se il reddito proprio e quello della moglie è al di sotto del limite di 6,713 euro annui.

Come calcolare il limite di reddito per l’esonero canone Rai?

Onde ottenere l’esonero dal Canone Rai, come detto, non bisogna avere un reddito annuo superiore a 6.173 euro. A tal fine è necessario sommare il reddito del soggetto che chiede l’esenzione e quello del suo coniuge. Vanno conteggiati i redditi riferiti all’anno precedente a quello per il quale si intende fruire dell’agevolazione in esame.

Il reddito da tenere in considerazione ai fini di tale calcolo, onde poter godere dell’agevolazione fiscale in commento, è dato dalla somma:

– del reddito imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi presentata per l’anno precedente. Per coloro che sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione, si assume a riferimento il reddito indicato nel modello Cud;

  • dei redditi soggetti a imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, quali, ad esempio, gli interessi maturati su depositi bancari, postali, Bot, Cct e altri titoli di Stato, nonché i proventi di quote di investimenti;
  • delle retribuzioni corrisposte da enti o organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica;
  • dei redditi di fonte estera non tassati in Italia.

Sono esclusi dal calcolo:

  • i redditi esenti da Irpef (ad esempio pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni erogate ad invalidi civili);
  • i trattamenti di fine rapporto e relative anticipazioni;
  • il reddito della casa di abitazione principale e relative pertinenze; i redditi soggetti a tassazione separata.

Entro quando va inviata la richiesta di esenzione Canone Rai?

La richiesta va spedita o consegnata entro il 30 aprile dell’anno di riferimento, da parte di coloro che per la prima volta fruiscono del beneficio.

Come chiedere l’esonero dal Canone Rai?

Per chiedere l’esonero dal pagamento del Canone Rai è necessario presentare una dichiarazione sostitutiva, attestante il possesso dei requisiti per godere dell’agevolazione. Questa potrà essere:

  • spedita a mezzo del servizio postale in plico raccomandato, senza busta, al seguente indirizzo: AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TORINO 1 S.A.T. – SPORTELLO ABBONAMENTI TV – 10121 – TORINO. Ai sensi dell’articolo 38, terzo comma, del DPR n. 445 del 2000, alla dichiarazione sostitutiva va allegata copia fotostatica non autenticata del documento di identità del sottoscrittore;
  • consegnata dall’interessato presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Gli indirizzi degli uffici locali sono consultabili sul sito www.agenziaentrate.gov.it.

Canone Rai: moglie e marito con residenza diversa pagano due canoni?

Come anticipato nel testo, si paga un unico Canone Rai, a prescindere dal numero di televisori posseduti e dagli immobili in cui essi sono allocati, a condizione di:

  • rientrare nel medesimo stato di famiglia;
  • che i coniugi abbiano la stessa residenza.

Se quindi moglie e marito hanno residenza diversa, in due immobili separati, devono pagare due volte il Canone Rai.

Il non vedente paga il Canone Rai?

Sì, non sono previste agevolazioni.

L’inquilino paga il Canone Rai?

Sì, anche se la tv è di proprietà del padrone di casa. Egli pagherà in bolletta se la luce è a lui intestata; se invece il contratto è intestato al padrone di casa, deve pagare con F24.

L’anziano in casa di cura paga il Canone Rai?

Sì, la precedente agevolazione è stata cancellata.

Se vedo Netflix sulla televisione collegata a internet pago il Canone Rai?

Sì. L’imposta si paga sull’apparecchio tv a prescindere dall’uso.

Se vedo Netflix sul monitor del computer pago il Canone Rai?

No, in questo caso il video del pc non è equiparato alla tv perché non è in grado di ricevere onde video.

Se vedo la tv in streaming su internet pago il Canone Rai?

No, a condizione che lo si faccia sul monitor e non su un apparecchio tv collegato a internet.

Se sono disoccupato ma mia moglie guadagna bene posso avere l’esonero?

No. I redditi dei due coniugi si sommano ai fini del calcolo dell’agevolazione fiscale.

Se ho diritto all’esonero del Canone ma mio figlio, che convive, lavora, devo pagare?

Sì. L’esonero è concesso solo a condizione che, a parte il coniuge, non convivano con il contribuente altri soggetti percettori di reddito. Se il figlio fosse stato disoccupato si sarebbe potuto godere dell’esonero.

Se non guardo la Rai devo pagare il canone?

Sì. L’imposta è sulla televisione e non sui canali.

Se faccio suggellare la televisione devo pagare il Canone Rai?

Sì. Il suggellamento è stato ormai eliminato come causa di esenzione dal pagamento del Canone Rai.

note

Autore immagine: 123rf com

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