Spese doganali: come funzionano

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Il commercio internazionale è un’attività che può essere esercitata non soltanto dalle imprese e dalle aziende del settore che svolgono il lavoro di import – export a livello professionale, ma anche dai singoli privati. Chiunque, infatti, specialmente al giorno d’oggi grazie agli strumenti informatici, alla tecnologia e ad internet, può con facilità decidere di procedere con l’acquisto di un bene, di una merce, di un capo, che sia prodotto fuori dal proprio paese, o dall’Unione Europea, e che da tale paese extra Europa venga spedito. L’acquisto naturalmente può essere dovuto a ragioni lavorative e d’impresa oppure a motivazioni personali (il prodotto non è venduto in Italia, si vuole pagare un prezzo inferiore per fare un regalo, magari per riuscire in questo modo a risparmiare un po’). È quindi importante conoscere le modalità non soltanto di spedizione dello stesso prodotto, ma anche le eventuali tasse ed imposte da pagare per evitare che il pacco venga fermato alla dogana e non venga recapitato al destinatario nei tempi e nelle modalità previste. Tra queste spese, rientrano anche le spese doganali: vediamo assieme come funzionano.

Spese doganali: cosa sono e a cosa servono

Ogni volta che si decide di importare un bene o prodotto, e quindi di farlo entrare nel nostro paese attraverso una spedizione dall’estero, ci sono dei costi da sostenere.

Quando si parla di spese doganali ci si riferisce a quelli che sono noti anche comunemente come dazi doganali, cioè quelle tariffe, previste per legge, il cui pagamento è previsto unicamente per le ipotesi di importazione da paesi che siano al di fuori dell’Unione Europea.

Occorre dunque tenere bene a mente che le spese doganali non vanno confuse con le spese di spedizione del pacco o dei pacchi, e nemmeno con le eventuali ulteriori tassazioni che possono gravare su quanto viene importato. L’imposta sul valore aggiunto, ad esempio, non sostituisce le spese doganali, ed anzi va calcolata dopo aver sommato il dazio alle spese complessive per la consegna, come vedremo. Il calcolo della spesa doganale da versare può inoltre effettuarsi preventivamente in autonomia rispetto all’arrivo della merce, e questa verifica ha notevoli risvolti sotto il profilo di un corretto sviluppo delle risorse economiche a disposizione, soprattutto se si è a capo di un’attività imprenditoriale, magari alle prime armi. Perchè è quindi importante sapere a quanto ammontano i dazi doganali da pagare?

Spese doganali: strategie aziendali preventive

Aldilà delle questioni pratiche legate al calcolo della cifra da versare e delle verifiche preventive da fare, essere a conoscenza del preciso ammontare della spesa doganale che dovrà versarsi non è un aspetto da sottovalutare, soprattutto sotto il profilo economico finanziario e strategico di un’azienda, magari di un’impresa agli inizi. A seconda di quale sia il prodotto e la tariffa del dazio applicabile, infatti, la cifra da sostenere per l’importazione potrebbe anche essere notevole, arrivando in alcuni casi a non essere per nulla vantaggiosa in un’ottica concorrenziale di mercato. Effettuare le dovute verifiche preventive quindi ha una valenza molto rilevante in relazione alla valutazione dei costi e dei ricavi di un bilancio aziendale, nel breve come nel lungo periodo.

È altresì importante considerare che i prezzi variano a seconda che la transazione commerciale intercorra fra privati oppure tra un commerciante ed un privato.

Spese doganali: strumenti e modi per calcolarle

Naturalmente è sempre regola di prudenza ricordare che i prodotti importati devono essere conformi agli standard della normativa europea e dotati dei certificati necessari per rendere legale l’importazione, perchè in caso contrario il pacco potrebbe essere sequestrato dagli uffici doganali.

L’importo della tassa doganale non viene lasciato al caso, ma è specificamente calcolato in base al tariffario integrato comunitario, con la previsione puntuale di varie percentuali da pagare, e che cambiano in relazione alla tipologia merceologica ed al valore della categoria di bene importato. L’aggiornamento delle percentuali è effettuato dall’agenzia italiana delle dogane e dei monopoli, ed il tariffario integrato comunitario (denominato con l’abbreviazione Taric) è verificabile sull’apposito sito internet dell’agenzia delle dogane. Non solo, ma attraverso un apposito programma, sempre disponibile online sul sito dell’agenzia delle dogane, è possibile effettuare una simulazione, inserendo i dati della merce che si vuole importare ed ottendendo così i dazi e gli importi previsti da pagare, a seconda della merce e della provenienza.

Una volta stabilito cosa si desidera acquistare ed accettate le condizioni di vendita ed il relativo prezzo della merce richiesto dal venditore, ci saranno altri costi da considerare. Oltre alle spese di spedizione, infatti, ed alle spese doganali, va calcolato anche il valore dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). È importante tenere a mente che l’importo definitivo e quindi il prezzo finale saranno dati dalla somma di questi valori, e soprattutto non dimenticare che il calcolo dell’IVA viene fatto sulla cifra totale, comprensiva delle spese del dazio applicato.

Spese doganali: mezzi e modalità di pagamento

Per quanto riguarda il pagamento delle spese doganali, anzitutto, come abbiamo detto, la provenienza della merce deve essere diversa dai paesi dell’Unione Europea, per cui i dazi saranno applicati solo per gli altri Stati, come ad esempio Stati Uniti d’America o Cina; una volta arrivata la merce alla dogana, non va però considerato il momento preciso in cui la merce ed i prodotti entrano nel nostro paese. Il calcolo dell’importo viene in concreto fatto dagli addetti alla dogana, calcolando il dazio in relazione al valore della merce e della provenienza, ed in genere il valore del prodotto è indicato nella dichiarazione del venditore-esportatore, e si può ricavare dai documenti di accompagnamento (come ad esempio dalla fattura). Il pagamento avviene al momento del ritiro della merce da parte del destinatario, che nella maggior parte dei casi si serve di un corriere incaricato della spedizione. Il corriere prescelto consegnerà la merce, ed il valore complessivo del pagamento da effettuare includerà le spese per l’acquisto dal venditore, le spese di spedizione, l’IVA, ed il corrispettivo dazio da applicare.

2 novembre: il giorno dei morti e il significato della poesia ‘a Livella’ di Totò

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La Livella è la poesia di Totò più nota in assoluto, dopo il testo della celebre canzone Malafemmena. E ci insegna che la morte allinea ogni differenza sociale.

Antonio De Curtis, il principe della risata Totò, compose per il 2 novembre, il giorno dei morti, una poesia che poi si è rivelata un vero e proprio best seller letterario: ‘La Livella‘, infatti, ha dato il titolo alla raccolta di poesie di Totò più conosciuta e ancor oggi acquistata. Basti pensare che a Napoli è fiorito addirittura un mercato di versioni ‘taroccate’ del libricino del Principe De Curtis.

‘A Livella è dunque la poesia più nota di Totò, dopo il testo della celebre canzone ‘Malafemmena’. Di cosa parla e cosa significa?? Presto detto: è una poesia ambientata in un cimitero dove resta chiusa una persona, viva e assiste al litigio fra due morti: il povero Gennaro, netturbino e il marchcese ‘nobilissimo’. La morale è quella che la morte è, appunto, una ‘livella’ capace di appiattire ogni differenza sociale. Nel corso degli anni numerosi artisti hanno declamato la poesia, fra loro ricordiamo le versioni di Enzo Avitabile e Giacomo Rondinella.

Il testo della poesia ‘A livella’ di Totò
Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.
Ogn’anno, puntualmente,in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch’io ci vado, e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza.

St’anno m’é capitato ‘n’ avventura…
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! Si ce penzo,e che paura!,
ma po’ facette un’anema e curaggio.

‘O fatto è chisto, statemi a sentire:
s’avvicinava ll’ora d’à chiusura:
io,tomo tomo, stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

“Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l’11 maggio del’31”.

‘O stemma cu ‘a curona ‘ncoppa a tutto
sotto ‘na croce fatta ‘e lampadine;
tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto:
cannele,cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata ‘a tomba ‘e stu signore
nce stava ‘n ‘ata tomba piccerella,
abbandunata, senza manco un fiore;
pe’ segno, sulamente ‘na crucella.

E ncoppa ‘a croce appena se liggeva:
“Esposito Gennaro – netturbino”:
guardannola, che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! ‘ncapo a me penzavo…
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s’aspettava
ca pur all’atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s’era ggià fatta quase mezanotte,
e i’rimanette ‘nchiuso priggiuniero,
muorto ‘e paura annanze ‘e cannelotte.

Tutto a ‘nu tratto, che veco ‘a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse ‘a parte mia…
Penzaje:stu fatto a me mme pare strano…
Stongo scetato, dormo, o è fantasia?

Ate che fantasia; era ‘o Marchese:
c’o’ tubbo,’a caramella e c’o’ pastrano;
chill’ato apriesso a isso un brutto arnese;
tutto fetente e cu ‘nascopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro
‘o muorto puveriello ‘o scupatore.
‘Int ‘a stu fatto je nun ce veco chiaro:
so’ muorte e se ritirano a chest’ora?

Putevano sta’ ‘a me quase ‘nu palmo,
quanno ‘o Marchese se fermaje ‘e botto,
s’avota e tomo tomo, calmo calmo,
dicette a don Gennaro: “Giovanotto!

Da Voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va sì rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava sì inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d’uopo, quindi,che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente”

“Signor Marchese, nun è colpa mia,
i’nun v’avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie è stata a ffa’ sta fesseria,
i’ che putevo fa’ si ero muorto?

Si fosse vivo ve farrei cuntento,
pigliasse ‘a casciulella cu ‘e qquatt’osse
e proprio mo,obbj’…’nd’a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n’ata fossa”.

“E cosa aspetti,oh turpe malcreato,
che l’ira mia raggiunga l’eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!”

“Famme vedé! Piglia sta violenza!
‘A verità marché, mme so’ scucciato
‘e te senti; e si perdo ‘a pacienza,
mme scordo ca so’ muorto e so mazzate!

Ma chi te cride d’essere, nu ddio?
Ccà dinto, ‘o vvuo capi, ca simmo eguale?
Muorto si’tu e muorto so’ pur’io;
ognuno comme a ‘na’ato é tale e quale”.

“Lurido porco! Come ti permetti
paragonarti a me ch’ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?”.

“Tu qua’ Natale, Pasca e Ppifania!!!
T”o vvuo’ mettere ‘ncapo ‘int’a cervella
che staje malato ancora e’ fantasia?
‘A morte ‘o ssaje ched”e? È una livella.

‘Nu rre,’nu maggistrato,’nu grand’ommo,
trasenno stu canciello ha fatt’o punto
c’ha perzo tutto,’a vita e pure ‘o nomme:
tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò,stamme a ssenti, nun fa”o restivo,
suppuorteme vicino, che te ‘mporta?
Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive:
nuje simmo serie. Appartenimmo à morte!”

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Matrimoni: “dare soldi agli sposi diventa reato”

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E’ stato approvato a larga maggioranza qualche giorno fa il decreto che pone fine ad una diffusa pratica di riciclaggio di denaro.
Grazie al voto congiunto dei partiti di maggioranza ed opposizione, passa senza colpo ferire il decreto “Buste ai matrimoni”. Vi spieghiamo nel dettaglio il tutto.
In molte regioni d’Italia, è usanza comune donare somme in denaro agli sposini in occasione del loro matrimonio. Somme che variano a volte dal grado di parentela degli ospiti, a volte dalle possibilità economiche degli stessi. In molte regioni del Sud Italia si è giunti addirittura ad organizzare fastose cerimonie infinite con pranzi da ristorante stellato. Il tutto preparato avendo prima fatto due conti iniziali in modo da rientrare delle spese sostenute e più frequentemente guadagnarci.

 Risultati immagini per sposi

Questi scambi di denaro sino ad oggi venivano effettuati senza alcun tipo di controllo da parte del Fisco e quindi non sottoposti a tassazione. Per arginare il fenomeno e dunque spingere sempre di più le coppie in procinto di sposarsi ad optare per una più normale lista-nozze, a partire dal 2018 verranno effettuati serrati controlli al fine di recuperare il sommerso.

Sarà ancora possibile donare somme in denaro, ma fino ad un massimo di 85 euro ad invitato. Superato l’importo di 85 euro, verrà applicata una ritenuta di legge del 15%.
Il compito di raccogliere eventuali somme in denaro e compilare il modulo da consegnare successivamente alle Agenzie delle Entrate del territorio, sarà affidato agli ex dipendenti di Equitalia.

Il Ministero dell’Economia ha già messo in campo quasi 2500 uomini che, incrociando le informazioni ricevute da diocesi e sale ricevimenti, potranno presidiare senza dare all’occhio i festini matrimoniali.
Le sanzioni per i trasgressori sono pesantissime con multe da 1000 a 15000 euro.
Fate attenzione! Fate girare…

Si capisce già dal tenore del pezzo che si tratta di una trovata per farsi due risate, una citazione di Dario Fo: “Un popolo senza satira e senza senso dell’ironia è un popolo morto”.     GRANDE BUFALA

Lettera all’amante del marito

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La protagonista è Giulia, una donna di affari costretta a viaggiare, spesso a causa del suo lavoro, in uno dei suoi viaggi si renderà conto di quanto in realtà la sua esistenza sia “sospesa” e legata ad un uomo “fantasma” perennemente assente ma che lei è sempre pronta a giustificare, nonostante tutto.

L’insoddisfazione però aumenta con il passare degli anni e la vita di Giulia diventa sempre più grigia, in uno dei suoi viaggi incontra un uomo speciale, Francesco, che le spalanca le porte del suo cuore e che inizia finalmente ad amarla come lei meritava e aspettava da una vita. Ed è così che, dopo essersi resa conto del tradimento del marito con una giovane trentenne (che durava ormai da tempo), la mitica Giulia scrive una lettera all’amante del marito:

ecco la missiva di risposta estratta del libro di Manuela Buzzerra.

Cara signora, le scrivo per chiederle come le sia venuto in mente di indurre mio marito in tentazione. Lui, un’anima così fragile, tanto da non aver saputo dirle di no. Lui, con un cervello così mal funzionante, tanto da aver scelto come luogo del tradimento il nostro letto. Lui, così frustrato dall’avanzare dell’età, tanto da aver iniziato a vestirsi in modo giovanile da quando conosce lei. Lui, così inconsapevole, perchè non si rendeva conto di quanto sembrasse ridicolo vestito in quel modo anacronistico per la sua età. Ma dopo queste riflessioni mi chiedo anche come sia riuscita ad innamorarsi di un tipo simile!? Io me ne innamorai trent’anni fa, quando eravamo entrambi giovani e privi di esperienze, quando il suo corpo era aitante e vigoroso e la sua mente brillante e piena di iniziative.

tradimento-come-si-scopre

Quando passavamo le notti a parlare e a far l’amore nonostante il giorno dopo la sveglia tuonasse presto. Ora lei, gentile signora, si è “innamorata”, se di amore vogliamo parlare, di un uomo sulla cinquantina, pieno di complessi e di acciacchi, perennemente stanco, con la voglia solo di sentirsi più giovane e immortale, di un uomo con una calvizie oramai in stato avanzato, col culo rinsecchito e le rughe sul viso e sul collo, con la pancia prorompente di chi non sa rinunciare alle ottime pietanze che la moglie, me medesima, gli ha sempre preparato per far gioire la sua gola, unico senso rimastogli…e per cosa cara signorina trentenne? Per sesso? Non credo proprio, visto che oramai il suo standard si è abbassato di molto causa un affanno e una fisiologia che solo gli uomini di una certa età conoscono. Forse per il fascino dei suoi racconti? Non credo, cara signorina, ha passato la vita a lavorare per poter pagare quel mutuo che insieme, tra mille sacrifici abbiamo contratto per l’acquisto della nostra casa. Forse per sfizio, per fare un’esperienza in più, una diversa.

Ad ogni modo la ringrazio, perché mi ha aperto gli occhi, perchè ora vedo chiaramente “l’involuzione” di quell’uomo a cui promisi amore eterno trent’anni fa, ma adesso capisco che promettere amore eterno è una grande, grossa, immensa bugia, perchè nel momento in cui ci si sposa si ignora che spesso possono capitare degli incidenti di percorso, e lei per me rappresenta questo, per cui ci si può ricredere. Questo è successo a me. Le scrivo appunto per ringraziarla e per fare un atto di generosità, quindi si tenga pure mio marito, se lei sa apprezzare più di me tutte le caratteristiche elencate prima allora è giusto che lo tenga lei, ma si ricordi che ogni due giorni ha bisogno che le mutande gli vengano lavate e le camicie stirate, inoltre gli ricordi ogni giorno di prendere la pillola per la pressione e quella contro l’acidità di stomaco. Ah, dimenticavo, a fine mese ha l’appuntamento col dentista per fissare i denti provvisori che ha ora nella sua esperta bocca. Ora smetto di scrivere questa missiva perché devo andare in palestra e poi a fare shopping con le mie amiche. Con stima, da una moglie grata.

E allora dio creo’ il papa’…..Leggetela e’ bellissima

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Quando Dio creò il papà cominciò disegnando una sagoma piuttosto robusta e alta… Un angelo che svolazzava sbirciò sul foglio e si fermò incuriosito.. Dio si girò e l’angelo “scoperto” arrossendo gli chiese:

 

– Cosa stai disegnando?

– Questo è un grande progetto… Rispose Dio.

– Che nome gli hai dato? …Chiese l’angelo…

– L’ho chiamato PAPA’… Rispose Dio continuando a disegnare lo schizzo del papà su un foglio….

– P – A – P – A’…. pronunciò l’angelo
– E a cosa servirebbe un papà?
– Un papà interviene per dare aiuto ai propri figli… saprà incoraggiarli nei momenti difficili… saprà coccolarli quando si sentono tristi… giocherà con loro quando tornerà dal lavoro… saprà educarli insegnando cosa è giusto e cosa no…
…………

Dio lavorò tutta la notte dando al padre una voce ferma e autorevole, e disegnò ad uno ad uno ogni lineamento. L’angelo che si era addormentato accanto a Dio, si svegliò di soprassalto e girandosi vide Dio che ancora stava disegnando.
– Stai ancora lavorando al progetto del papà? chiese curioso.
– Sì… rispose Dio con voce dolce e calma – Richiede tempo…
L’angelo sbirciò ancora una volta sul foglio e disse:
– Ma non ti sembra troppo grosso questo papà se poi i bambini li hai fatti così piccoli?
Dio abbozzando un sorriso rispose:
– E’ della grandezza giusta per farli sentire protetti… ma anche per incutere quel po’ di timore perchè non se ne approfittino troppo e lo ascoltino quando insegnerà loro ad essere onesti e rispettosi…
L’angelo proseguì con un’altra domanda:
– Non sono troppo grosse quelle mani?…
– No… rispose Dio continuando il suo disegno… – Sono grandi abbastanza per poterli prendere tra le braccia e farli sentire al sicuro.
– E quelli sono i suoi occhi? Chiese ancora l’angelo indicandoli sul disegno.
– Esatto… rispose Dio… – Occhi che vedono e si accorgono di tutto pur rimanendo calmi e tolleranti…
L’angelo storse il nasino e aggiunse:
– Non ti sembrano un po’ troppo severi…?
– Guardali meglio…. rispose Dio.
Fu allora che l’angioletto si accorse che gli occhi del papà erano velati di lacrime mentre guardava con orgoglio e tenerezza il suo piccolo bambino….
DEDICHIAMO QUESTO RACCONTO A TUTTI I PAPA’. FALLO ANCHE TU PER IL TUO EROE SPECIALE…

Allarme di“Altroconsumo”: Batteri resistenti ad antibiotici nell’84% della carne di pollo. ATTENZIONE

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Alcuni batteri possono sviluppare un pericoloso meccanismo di resistenza agli antibiotici, usati in quantità massicce anche negli allevamenti di animali. Con la diffusione di batteri resistenti, percorrendo la catena alimentare dagli allevamenti sino alla tavola, il rischio è che gli antibiotici perdano il loro effetto curativo anche negli uomini. I risultati dell’inchiesta di Altroconsumo dimostrano la gravità del fenomeno nel settore.

Il test: analizzati a livello europeo 250 campioni di petti di pollo per valutare la presenza di batteri (famiglia Enterobatteriacea) più inclini di altri a sviluppare un meccanismo di resistenza agli antibiotici. Trovati E. Coli resistenti nell’84% dei 45 campioni comprati in Italia, a Milano e a Roma. Segnalati i risultati al ministero della Salute.

In seguito al trattamento degli animali con antibiotici, usati per cura delle malattie, i batteri che vivono nel loro tratto gastrointestinale possono diventare resistenti al farmaco e contaminare il cibo e l’ambiente. Non necessariamente questi microrganismi possono farci ammalare, il vero problema è che possono trasmettere il loro meccanismo di resistenza ad altri batteri presenti nel nostro organismo: senza seri provvedimenti, dunque, – che ne limitino l’uso negli allevamenti – gli antibiotici potrebbero, tra una decina di anni, non riuscire a sconfiggere la maggior parte dei batteri, anche negli uomini.

I risultati del test dimostrano che il problema della resistenza del pollo agli antibiotici è molto diffuso ed è strettamente legato al tema della sicurezza alimentare: occorre migliorare il monitoraggio dell’uso di questi medicinali in ambito veterinario con sistemi di sorveglianza più severi. Serve un sistema che lavori maggiormente sulla prevenzione delle malattie animali, per ridurre la necessità di usare gli antibiotici. Non solo: visto i rischi per l’uomo, sarebbe opportuno conservare una classe di antibiotici da usare solo per gli animali e non per le persone, in modo da limitare i danni. Queste le richieste girate al ministero della Salute da cui ci si aspetta interventi chiari e maggiore informazione ai consumatori.

Affinché gli antibiotici continuino a essere efficaci è utile adottare alcune precauzioni, agendo su due fronti: il corretto uso di antibiotici quando ci si cura e l’igiene in cucina.
I consigli di Altroconsumo:  

  • Solo il medico può decidere se prescrivere un antibiotico. Se ne hai in casa, non prenderlo senza il suo parere.
  • Se prescritto, assumilo per il periodo indicato e agli orari prestabiliti.
  • Se hai dimenticato di prendere una dose di antibiotico, assumi subito la successiva, ma mai una dose doppia.
  • Non interrompere la cura antibiotica troppo presto, magari solo perché sono scomparsi i sintomi: potrebbero essere stati eliminati solo i batteri meno resistenti.
  • In cucina lavati bene le mani, prima e dopo aver toccato il cibo.
  • L’unico modo efficace di uccidere i microrganismi è cuocere bene la carne: al centro deve raggiungere una temperatura di almeno 70 °C.
  • Lava posate, stoviglie e superfici che sono state a contatto con la carne cruda.
  • Non mettere mai la carne cotta nello stesso piatto in cui l’avevi appoggiata cruda e, anche in frigo, separa gli alimenti crudi da quelli cotti.

Fonte altroconsumo.it

Da Sudditi a Briganti, l’etichetta che ci hanno assegnato da oltre un secolo

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Ho voluto riprendere già nel titolo le parole dette da Beppe Grillo nel 2011 a Napoli “da Sudditi a Briganti, è così che vi hanno iniziato a chiamare quando scese il generale Cialdini e vi considerano ancora oggi come Briganti perché è questo il gioco sporco del sistema, distorcere la verità” quando ricordò inoltre che “l’emergenza” del sud Italia è iniziata dal 1861.

di La Verità di Ninco Nanco

Tutti parlano di Risorgimento ma chi l’ha fatta questa Italia?  Chi erano i Mille? Popolani? No, al popolo sia del Nord che del Sud non interessava nulla di questa “Unità Nazionale” anzi se il popolo allora aveva qualche simpatia era per l’ideologia anarchica di Bakunin, ad impugnare le armi in realtà e ad affiancare Garibaldi fu la classe dirigente, non c’era un muratore, un contadino o un qualsiasi operaio, erano tutti avvocati, medici ecc.

Risorgimento, questa parola fa effetto ancora oggi ma in realtà non esiste parola più sbagliata per ricordare l’Unità d’Italia, a tal proposito voglio ricordare le parole di “Franceschiello” (Re delle Due Sicilie): “Lo chiamano Risorgimento ma per risorgere bisogna essere già sorti. L’Italia non c’è mai stata, il mio Regno esiste da secoli  ma l’Italia unita fin dai tempi dei Romani non è mai esistita”. 

Conquistato il Regno, (tralascio i dettagli perchè ho già trattato questo argomento in diversi articoli ) è giusto oggi ricordare che in realtà Cavour aveva delle idee “diverse” per questa nuova Nazione. Cavour voleva dividere l’appena nata Italia in tre  grandi regioni (Nord, Centro, Sud) e delegare piena autonomia ad ognuna di esse, al governo centrale toccava solo l’esercito, la polizia e la difesa in genere. Questo non avvenne perché evidentemente a qualcuno questa idea non era gradita, e nello stesso 1861 “improvvisamente” Cavour morì. Lo sviluppo sarebbe stato del tutto  diverso se questa idea andava in porto (anche magari se dal principio ognuno si avesse fatto i fatti suoi sarebbe stato meglio)  perché tutti oggi sappiamo che il Meridione non era un paese abbandonato come lo racconta la storia. Così non fu, il Sud venne depredato e schiacciato dai “nordisti”, gli fu impedito di crescere ed è venuto fuori quel che venuto fuori. Ovvio il popolo resta fuori da quest’ottica, meridionale o settentrionale non ha colpe in tutto questo gioco. Oggi siamo ancora in emergenza è vero, si fa fatica ad uscire da questa situazione soprattutto quando succedono ancor oggi delle brutte storie a questa terra, prendiamo il caso dei rifiuti solo come esempio, colpa della mafia, certo, colpa di politici corrotti, si, colpa dello Stato che secreta i verbali e lascia seppellire i rifiuti, anche, colpa delle grosse società S.P.A e di “società occulte” che non hanno avuto scrupoli (tutt’ora) a fare affari illegali con i rifiuti speciali. I nostri eroi quando hanno provato a fare chiarezza, quando hanno indagato e hanno trovato! quando si sono ribellati credendo in fondo e forse ingenuamente nello Stato e hanno chiesto Giustizia! in un modo o nell’altro li avete ammazzati.

Briganti ancora oggi si, ritornando all’introduzione, e fieri di esserlo se Brigante significa lottare per giustizia, diritti, libertà e verità, tutti visto tempi che corrono dovremmo esserlo.

 

L’Abero dei Patriarca 

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di La verità di Ninco Nanco

“ERA LADRO GIA’ IL CONTE DI CAVOUR” …

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“ Dico che il mondo è una lega di birbanti contro gli uomini da bene, e di vili contro i generosi. Quando due o più birbanti si trovano insieme la prima volta, facilmente e come per segni si conoscono tra loro per quello che sono, subito si accordano; o se i loro interessi non patiscono questo, certamente provano inclinazione l’uno per l’altro, e si hanno gran rispetto…” (Giacomo Leopardi, Pensieri)

Tratto da Blondet & Friends

E’ noto che Giacomo Leopardi non era propriamente quello che si chiama un uomo di mondo, ma nonostante ciò, nella sua breve vita, aveva capito molto dell’animo umano. Qualche decennio più tardi, alla fine dell’Ottocento, un altro signore di nome Gaetano Mosca scriveva: “una minoranza ben organizzata avrà sempre ragione di una maggioranza disorganizzata”.

Che la storia sia scritta dai vincitori è cosa nota. Oggi si esporta democrazia, anche a chi non la vuole, oltre 150 anni fa una minoranza ben organizzata, ovvero quella élite nobiliare-massonico-affarista che rappresentava uno zero virgola della penisola italiana trovò il nome Risorgimento per coprire i propri fini, la conquista del potere.

Una volta conquistato il potere occorreva gettare sulle dinastie degli stati che avevano appena abbattuto il maggior discredito possibile, facendoli passare per biechi reazionari che tenevano i propri sudditi in condizioni miserevoli di orrendo malgoverno.

Prendiamo la Toscana, ad esempio. Il 27 Aprile 1859 rimane una data epocale nella storia della Toscana segnando di fatto la fine di 122 anni di governo della dinastia degli Asburgo Lorena, che arrivò a Firenze dopo la morte dell’ultimo Granduca di casa Medici nel 1737.

La storiografia ufficiale ci ha tramandato la favoletta del tiranno costretto alla fuga dal popolo inferocito, il 27 Aprile 1859, evento ancor oggi ricordato da una via nella zona di San Marco, a Firenze. Ma le cose non andarono proprio così.

Nel tardo pomeriggio di quel mercoledì dopo Pasqua il Granduca Leopoldo II scelse volontariamente di abbandonare Firenze insieme alla sua famiglia con i soli abiti che aveva addosso invece di “assecondare la folla plaudente alla guerra contro l’Austria”.

Uomo pacifico, Leopoldo era completamente disinteressato alle cose militari tanto da far sì che il Granducato spendesse cifre irrisorie rispetto a quelle enormi stanziate dal Regno di Sardegna per il proprio esercito, così che le finanze dello stato erano non solo in ordine, ma godevano anche di un notevole surplus di bilancio.

Il Regno Sabaudo invece al 1859 risulta essere lo stato più indebitato d’Europa.

Così indebitato che non aveva altra scelta che attaccare gli altri stati italiani e trasferire al nascente Regno d’Italia il proprio deficit di bilancio ormai cronico, nonostante avesse il regime fiscale più gravoso ed esoso degli altri stati italiani, stati che avevano invece tutti il bilancio in attivo.

Ecco, in due parole, la nascita del debito pubblico italiano. Anche perchè i creditori del Regno di Sardegna non erano propriamente enti di beneficenza, ma i Loyds inglesi e il ramo francese dei banchieri Rothschild,  ca va sans dire.

A Firenze, quel 27 Aprile, il Piemonte aveva le sue pedine pronte, vari e ben noti esponenti della elite di cui si diceva prima, opportunamente affiancati da alcune centinaia di Carabinieri piemontesi giunti in città nei giorni precedenti e travestiti da civili che avevano il compito di aizzare le folle contro il Granduca, presenti in città da vari giorni.

L’obiettivo sperato era quello di far sì che il Granduca si barricasse in Palazzo Pitti e cominciasse a far sparare sulla folla radunata per (improbabili) “tumulti di piazza”, una specie di Piazza Maidan ante litteram.

Vana illusione, tant’è che anche l’ambasciatore d’Austria a Firenze scriverà in seguito in un rapporto segreto a Vienna sullo svolgimento dei fatti del 27 Aprile che il Granduca si era deciso di passare in rassegna, ed era per la prima volta, le proprie truppe solo alla metà di Aprile, e senza grande entusiasmo.

In realtà tutto ciò che accadde quel giorno fu una abile quanto semplice operazione di propaganda, ovvero l’esposizione dalla mattinata del tricolore italico alle finestre di qualche edificio già predisposto in precedenza da chi aveva organizzato la cosa, in modo di far credere al povero Leopoldo che la città era tutta dalla parte del Piemonte.

Che l’occulto macchinatore dietro le quinte fosse il Camillo Benso di Cavour attraverso il proprio ambasciatore a Firenze, il conte Boncompagni, era cosa nota a tutti, fino al punto che un fedele ufficiale superiore dell’esercito granducale si offerse di far arrestare tutti, ambasciatore e i vari nobili fiorentini

(Ricasoli in primis) che già si erano spartite le varie posizioni di potere una volta tolto di mezzo il Granduca, e trasferirli tutti nella fortezza di Volterra.

Ma il mite quanto indeciso Leopoldo non ebbe il coraggio di un rimedio tanto drastico per stroncare il golpe ormai alle porte e il resto è storia.

La “civilissima rivoluzione fiorentina” si concluse così senza che fosse sparato un solo colpo di fucile e i fiorentini si levarono il cappello al passare del convoglio di quattro carrozze granducali che imboccava la via Bolognese alla volta di Vienna. Anche il destino della Toscana, grazie ad una minoranza ben organizzata, era ormai segnato, e così per il resto d’Italia.

La minoranza ben organizzata continuerà la farsa con i plebisciti dell’anno seguente per l’unione al Regno Sabaudo, con percentuali bulgare di voti del SI all’Unione. Dopo aver opportunamente svuotato, in poche mesi, le casse dell’erario del Granducato.

 

Fonte maurizioblondet.it

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