L’identikit del nuovo parlamento

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Tre poli contrapposti 2018, Politiche 2018

Il parlamento più giovane e con più donne della storia repubblicana. Il boom di 5stelle e Lega porta a un nuovo ricambio generazionale, oltre il 30% degli eletti non ha mai fatto politica.

La tornata del 4 marzo ha eletto il più giovane parlamento della nostra storia repubblicana. Sia alla camera che al senato si registrano infatti valori record. A Montecitorio già nella XVII legislatura l’età media si era abbassata di circa 5 anni, ma nel nuovo parlamento il dato scenderà ancora di più, fino ad arrivare a 44,33. La contrazione è particolarmente significativa se la si confronta con il trend delle ultime legislature. Rispetto alla XV (dal 2006 al 2008) in cui era stata eletta la camera con l’età media più alta, la media si è abbassata del 13,58%.

Le carriere politiche dei neo eletti

Un tema particolarmente caldo riguarda la carriera politica dei nei eletti.
Un primo dato che emerge è che il tasso di ricambio parlamentare (percentuale di neo eletti che non hanno fatto parte della scorsa legislatura) è al 65,91% alla camera e al 64,26% al senato. Questo vuol dire che la stragrande maggioranza dei deputati e senatori sono cambiati rispetto alle politiche del 2013. Dalla seconda legislatura a oggi, è il valore più alto mai registrato. Analizzando l’andamento nel tempo di questo indicatore, è evidente quanto la XVII e la XVIII legislatura abbiano contribuito a variare gli equilibri parlamentari del nostro paese.

2018-03-19 12_23_18-Tre poli contrapposti 2018, l'identikit del nuovo parlamento - Openpolis--Luigi

Lega e Movimento 5 stelle però si differenziano molto nella carriera politica dei nei eletti in parlamento. Quanti deputati e senatori della XVIII legislatura sono al primo incarico politico? Alla camera il 35% dei parlamentari non ha mai avuto un incarico politico, né al livello locale, né a quello nazionale ed europeo. Percentuale leggermente più bassa al senato, dove infatti si ferma al 30,16%. Spicca in questa speciale classifica il dato del Movimento 5 stelle, partito in cui il 65% dei nuovi parlamentari non ha mai avuto un incarico politico, dato di gran lunga superiore a qualsiasi altra delle maggiori forze parlamentari della XVIII legislatura.

65% dei nei eletti del Movimento 5 stelle sono al primo incarico politico, di qualsiasi livello.

Per la Lega, continuando il confronto, la percentuale è infatti al 16% a Montecitorio e al 12% a Palazzo Madama. Questi dati raffrontati segnano una differenza forte tra le 2 forze politiche considerate. Da un lato il Movimento 5 stelle, partito politico giovane a livello nazionale, che visto il grande successo ha sia un forte ricambio rispetto la scorsa legislatura, sia un numero elevato di parlamentari nuovi alla politica. Dall’altro la Lega che, oltre all’exploit elettorale, mette in campo deputati e senatori con già una carriera politica alle spalle. In particolare, tra gli eletti del Carroccio, compaiono numerosi esponenti con incarichi a livello comunale, o come consigliere o come assessore. Nello specifico parliamo del 40% dei deputati e il 30% dei senatori. Un dato molto alto considerando che la percentuale media di eletti che vengono da amministrazioni comunali è del 12,92% alle camera e del 10,82% al senato.

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Le pluricandidature limitano la parità di genere

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XVIII legislatura

Nel parlamento con la percentuale più alta di donne, le pluricandidature hanno pesantemente depotenziato il tentativo di inserire quote di genere nella legge elettorale. Ecco il perché.

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Le donne nel parlamento italiano

Già nella scorsa legislatura avevamo testimoniato un’impennata delle donne in entrambi i rami. Alla camera l’aumento era stato del 50%, passando dal 20,41% della XVI legislatura al 30,7% della XVII. Con l’arrivo della XVIII legislatura la percentuale è destinata a crescere ancora, sino al 34,62%. Per capire quanto sono cambiati i numeri, basta pensare che solamente 10 anni fa, nella XV legislatura (2006-2008), le donne erano la metà, il 17,2%.

2018-03-19 12_12_44-Quando le pluricandidature limitano la parità di genere - Openpolis--Luigi

Il problema delle pluricandidature

Sulla carta quindi il tentativo del legislatore di assicurare una rappresentanza omogenea dei due sessi è chiara. Ciò ha portato molti giornali in queste settimane a considerare un “fallimento” il non aver raggiunto quota 40% di donne nel parlamento italiano. Purtroppo però, per come è strutturata la legge elettorale, le regole sulle quote di genere sono fortemente depotenziate dalle pluricandidature. Un candidato nei collegi plurinominali può presentarsi in 5 diversi collegi al livello nazionale. In aggiunta a questi può anche correre in un collegio uninominale.

Per spiegarlo facciamo un esempio concreto. Come noto Maria Elena Boschi era la candidata del centrosinistra nel collegio uninominale di Bolzano. Allo stesso tempo però è stata candidata, come permesso dalla legge, in 5 diversi collegi plurinominali: Lazio 1-03, Lombardia 4-02, Sicilia 1-02, Sicilia 2-01 e Sicilia 2 -03. In tutti questi collegi Maria Elena Boschi era capolista, implicando che il secondo in lista fosse un uomo, sempre come richiesto dalla legge. In 4 dei 5 collegi plurinominali in questione il Partito democratico ha ottenuto un solo seggio, assegnato quindi a Maria Elena Boschi. Essendo però vincitrice del collegio uninominale di Bolzano, questi 4 seggi sono andati ai secondi in lista, ovviamente tutti uomini. In pratica, candidando la stessa persona in 5 collegi plurinominali, a cui si può anche aggiungere la candidatura in un collegio uninominale, le quote di genere vengono di fatto aggirate. Solo nel collegio Lazio 1-03, avendo il Pd ottenuto 2 seggi, è rientrata comunque una donna, in quanto l’esclusione della sottosegretaria ha fatto eleggere il secondo (uomo) e terzo candidato (donna) in lista.

È chiaro quindi che tutte le discussioni sulle quote rosa, la parità di genere e simili rischiano di diventare sterili se poi nel concreto ci sono modi per ovviare ai paletti legislativi. 

Comuni più piccoli Campania

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Comuni più piccoli Campania

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Comuni più piccoli per Popolazione
Pos
Comune
Popolazione
Superficie (kmq)
Densità per kmq
1 Valle dell’Angelo (SA) 248 37,00 6,7
2 Cairano (AV) 326 13,83 23,6
3 Serramezzana (SA) 331 7,21 45,9
4 Petruro Irpino (AV) 349 3,11 112,2
5 Romagnano al Monte (SA) 368 9,67 38,1
6 Montaguto (AV) 423 18,21 23,2
7 Ciorlano (CE) 426 27,86 15,3
8 Campora (SA) 439 28,97 15,2
9 Santomenna (SA) 443 8,80 50,3
10 Rocchetta e Croce (CE) 460 12,91 35,6
11 Chianche (AV) 475 6,81 69,8
12 Ginestra degli Schiavoni (BN) 476 14,84 32,1
13 Sacco (SA) 492 23,71 20,8
14 Tortorella (SA) 523 49,65 10,5
15 Pietraroja (BN) 545 35,60 15,3
16 Torrioni (AV) 549 4,21 130,4
17 Salvitelle (SA) 560 9,50 58,9
18 Monteforte Cilento (SA) 564 22,05 25,6
19 Cuccaro Vetere (SA) 573 17,59 32,6
20 Sant’Arcangelo Trimonte (BN) 573 9,85 58,2

I comuni più piccoli d’Italia

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Ultimi 100 comuni italiani per popolazione

Un elenco dei comuni meno popolosi d’Italia, in ordine crescente di popolazione aggiornato al 31 marzo 2017[fonte].

Pos. Comune Regione Provincia o Città metropolitana Abitanti
1 Moncenisio-Stemma.png Moncenisio Piemonte Piemonte Torino Torino 30
2 Morterone-Stemma.png Morterone Lombardia Lombardia Lecco Lecco 34
3 Briga Alta-Stemma.png Briga Alta Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 39
4 Pedesina-Stemma.png Pedesina Lombardia Lombardia Sondrio Sondrio 42
5 Ingria (Italia)-Stemma.png Ingria Piemonte Piemonte Torino Torino 45
6 Valmala-Stemma.png Valmala Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 48
6 Ribordone-Stemma.png Ribordone Piemonte Piemonte Torino Torino 48
8 Cervatto-Stemma.png Cervatto Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 50
8 No-Stemma.png Massello Piemonte Piemonte Torino Torino 50
10 Torresina-Stemma.png Torresina Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 52
11 Macra-Stemma.png Macra Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 57
12 Castelmagno-Stemma.png Castelmagno Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 61
13 Marmora-Stemma.png Marmora Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 62
14 Rondanina-Stemma.png Rondanina Liguria Liguria Genova Genova 63
15 Rassa-Stemma.png Rassa Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 66
16 Bergolo-Stemma.png Bergolo Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 67
17 Igliano-Stemma.png Igliano Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 71
18 Blello-Stemma.png Blello Lombardia Lombardia Bergamo Bergamo 72
18 Pietraporzio-Stemma.png Pietraporzio Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 72
20 Maccastorna-Stemma.png Maccastorna Lombardia Lombardia Lodi Lodi 73
21 Carcoforo-Stemma.png Carcoforo Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 75
21 Fascia (Italia)-Stemma.png Fascia Liguria Liguria Genova Genova 75
23 Argentera-Stemma.png Argentera Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 76
23 Olmo Gentile-Stemma.png Olmo Gentile Piemonte Piemonte Asti Asti 76
23 Salza di Pinerolo-Stemma.png Salza di Pinerolo Piemonte Piemonte Torino Torino 76
26 Zerba-Stemma.png Zerba Emilia-Romagna Emilia-Romagna Piacenza Piacenza 77
26 Villa Biscossi-Stemma.png Villa Biscossi Lombardia Lombardia Pavia Pavia 77
28 Monasterolo Casotto-Stemma.png Monasterolo Casotto Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 79
29 Canosio-Stemma.png Canosio Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 80
29 Isasca-Stemma.png Isasca Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 80
29 Malvicino-Stemma.png Malvicino Piemonte Piemonte Alessandria Alessandria 80
29 No-Stemma.png Meugliano Piemonte Piemonte Torino Torino 80
33 Marcetelli-Stemma.png Marcetelli Lazio Lazio Rieti Rieti 81
33 Ostana-Stemma.png Ostana Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 81
35 Baradili-Stemma.png Baradili Sardegna Sardegna Oristano Oristano 83
35 Montelapiano-Stemma.png Montelapiano Abruzzo Abruzzo Chieti Chieti 83
37 Carrega Ligure-Stemma.png Carrega Ligure Piemonte Piemonte Alessandria Alessandria 84
38 Oncino-Stemma.png Oncino Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 86
38 Piazzolo-Stemma.png Piazzolo Lombardia Lombardia Bergamo Bergamo 86
38 Rocca de' Giorgi-Stemma.png Rocca de’ Giorgi Lombardia Lombardia Pavia Pavia 86
41 Cissone-Stemma.png Cissone Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 87
41 Sambuco (Italia)-Stemma.png Sambuco Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 87
43 Carapelle Calvisio-Stemma.png Carapelle Calvisio Abruzzo Abruzzo L'Aquila L’Aquila 88
43 Rhêmes-Notre-Dame-Stemma.png Rhêmes-Notre-Dame Valle d'Aosta Valle d’Aosta Valle d'Aosta Valle d’Aosta 88
45 Cursolo-Orasso-Stemma.png Cursolo-Orasso Piemonte Piemonte Verbano-Cusio-Ossola Verbano-Cusio-Ossola 90
45 Mollia-Stemma.png Mollia Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 90
45 Spriana-Stemma.png Spriana Lombardia Lombardia Sondrio Sondrio 90
48 Collobiano-Stemma.png Collobiano Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 91
49 Castellania-Stemma.png Castellania Piemonte Piemonte Alessandria Alessandria 92
49 Montebello sul Sangro-Stemma.png Montebello sul Sangro Abruzzo Abruzzo Chieti Chieti 92
51 Elva-Stemma.png Elva Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 94
52 Bonvicino-Stemma.png Bonvicino Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 96
53 Gorreto-Stemma.png Gorreto Liguria Liguria Genova Genova 97
54 Celle di Macra-Stemma.png Celle di Macra Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 98
54 Chamois-Stemma.png Chamois Valle d'Aosta Valle d’Aosta Valle d'Aosta Valle d’Aosta 98
56 Velezzo Lomellina-Stemma.png Velezzo Lomellina Lombardia Lombardia Pavia Pavia 99
57 Roascio-Stemma.png Roascio Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 100
58 Monteleone Rocca Doria-Stemma.png Monteleone Rocca Doria Sardegna Sardegna Sassari Sassari 101
59 Stroppo-Stemma.png Stroppo Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 102
60 Roio del Sangro-Stemma.png Roio del Sangro Abruzzo Abruzzo Chieti Chieti 103
60 Rosazza-Stemma.png Rosazza Piemonte Piemonte Biella Biella 103
60 San Benedetto in Perillis-Stemma.png San Benedetto in Perillis Abruzzo Abruzzo L'Aquila L’Aquila 103
60 Valprato Soana-Stemma.png Valprato Soana Piemonte Piemonte Torino Torino 103
64 Roaschia-Stemma.png Roaschia Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 104
65 No-Stemma.png Intragna Piemonte Piemonte Verbano-Cusio-Ossola Verbano-Cusio-Ossola 105
65 Massimino (Italia)-Stemma.png Massimino Liguria Liguria Savona Savona 105
67 Caprauna-Stemma.png Caprauna Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 106
67 Rittana-Stemma.png Rittana Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 106
67 No-Stemma.png Sali Vercellese Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 106
70 Bellino-Stemma.png Bellino Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 107
70 Castelverrino.gif Castelverrino Molise Molise Isernia Isernia 107
70 Poggiodomo-Stemma.png Poggiodomo Umbria Umbria Perugia Perugia 107
73 Canevino-Stemma.png Canevino Lombardia Lombardia Pavia Pavia 108
73 La Magdeleine-Stemma.png La Magdeleine Valle d'Aosta Valle d’Aosta Valle d'Aosta Valle d’Aosta 108
73 Villa Santa Lucia degli Abruzzi-Stemma.png Villa Santa Lucia degli Abruzzi Abruzzo Abruzzo L'Aquila L’Aquila 108
76 No-Stemma.png Aurano Piemonte Piemonte Verbano-Cusio-Ossola Verbano-Cusio-Ossola 109
77 Armo (Italia)-Stemma.png Armo Liguria Liguria Imperia Imperia 110
77 Bard-Stemma.png Bard Valle d'Aosta Valle d’Aosta Valle d'Aosta Valle d’Aosta 110
77 Santo Stefano di Sessanio-Stemma.png Santo Stefano di Sessanio Abruzzo Abruzzo L'Aquila L’Aquila 110
80 Ligosullo-Stemma.png Ligosullo Friuli-Venezia Giulia Friuli-Venezia Giulia Udine Udine 111
80 Valloriate-Stemma.png Valloriate Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 111
82 Cassiglio-Stemma.png Cassiglio Lombardia Lombardia Bergamo Bergamo 112
83 Brumano-Stemma.png Brumano Lombardia Lombardia Bergamo Bergamo 114
84 Balme-Stemma.png Balme Piemonte Piemonte Torino Torino 115
84 Castelnuovo di Ceva-Stemma.png Castelnuovo di Ceva Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 115
86 Perlo-Stemma.png Perlo Piemonte Piemonte Cuneo Cuneo 116
86 Provvidenti-Stemma.png Provvidenti Molise Molise Campobasso Campobasso 116
88 Balmuccia-Stemma.png Balmuccia Piemonte Piemonte Vercelli Vercelli 117
88 Bema-Stemma.png Bema Lombardia Lombardia Sondrio Sondrio 117
90 Olivola-Stemma.png Olivola Piemonte Piemonte Alessandria Alessandria 118
90 Serole-Stemma.png Serole Piemonte Piemonte Asti Asti 118
92 Calvignano-Stemma.png Calvignano Lombardia Lombardia Pavia Pavia 119
93 Montegrosso Pian Latte-Stemma.png Montegrosso Pian Latte Liguria Liguria Imperia Imperia 120
93 San Giorgio Scarampi-Stemma.png San Giorgio Scarampi Piemonte Piemonte Asti Asti 120
95 Trausella-Stemma.png Trausella Piemonte Piemonte Torino Torino 121
95 Drenchia-Stemma.png Drenchia Friuli-Venezia Giulia Friuli-Venezia Giulia Udine Udine 121
95 Soddì-Stemma.png Soddì Sardegna Sardegna Oristano Oristano 121

Il comune più piccolo del Mondo

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Ecco a voi il comune più piccolo del Mondo per numero di abitanti: HUM [Colmo] ,in Croazia,che conta appena 18 Abitanti.

Stato: Croazia
Regione: Regione Istriana
Altitudine: 0 m s.l.m.
Abitanti : 18 (2008)
CAP: 52425
Prefisso tel: 052
Targa: PU
Status: comune

Consonno, il fascino di un paese fantasma che rivive un giorno alla settimana

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Da antico borgo Las Vegas della Brianza a città fantasma. Ecco la breve storia di Consonno, una cittadina sul Monte di Brianza, frazione del Comune di Olginate(Lecco) di cui resta solo una chiesetta, la chiesa di San Maurizio, con l’annessa casa del cappellano e il cimitero.

Doveva essere l’ambizioso progetto di un eccentrico industriale brianzolo, il Conte Mario Bagno che, nel 1962, voleva trasformare questo luogo immerso tra il verde di prati e colline nella mecca del gioco e della perdizione. Via tutti gli abitanti (300), giù i pochi edifici: un gruppo di case raggruppate attorno alla chiesa, il comune, l’osteria, l’unica bottega del paese. Largo alle slot machine.

Il progetto prevedeva la costruzione di edifici dalle forme più strambe, una galleria commerciale arabeggiante con minareto, una pagoda cinese, un castello medievale, una balera (dove qualcuno è riuscito ad andare a ballare per un po’), fontane multipiano e un hotel di lusso. Doveva esserci addirittura un circuito automobilistico.

L’imprenditore, però, non aveva fatto i conti con la natura che, nel 1976, con una frana, isolò Consonno dal resto del mondo. Oggi è una città fantasma.

Per raggiungere il luogo si percorre una strada in salita attraverso un bosco che sembra rappresentare la porta d’accesso a un altro mondo. Sullo sfondo compare una sbarra: un parcheggio e un silenzio irreale.

L’atmosfera che si respira è surreale, le strane costruzioni e la vegetazione spontanea invadono gli edifici mai completati e gli archi arrugginiti e decadenti.

Ora, però, un’associazine formata dagli ex abitanti del paese e dai loro figli, gli Amici di Consonno, ha deciso di prendere in mano le redini della città e di farla rinascere dalle ceneri. Ogni domenica Consonno prende vita. Il villaggio è aperto da Pasquetta a ottobre. Il bar ‘La spinada’, oltre a servire caffè e gelati, funge da ufficio informazioni per i turisti.

Il calendario procede con i tre giorni di festa di San Maurizio (22 settembre), patrono della frazione di Olginate. Una festa di paese in piena regola, con processione, musica e mercatini. A Pasquetta riapre il bar, si tiene un mercatino degli hobbisti e dei prodotti tipici e sono previsti eventi per grandi e bambini. La stagione si chiude a ottobre con la ‘Burrolata‘ e si saluta l’arrivo dell’autunno con castagne e vin brulé.

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Cause vinte contro il Ministero della Salute

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Ci sono episodi di malasanità che coinvolgono un singolo medico, altri in cui la responsabilità è di una struttura sanitaria. Ci sono, però, dei casi in cui a dover rispondere in prima persona è direttamente il Ministero della Salute. E il cittadino che ha subìto un danno non deve avere il timore di denunciare e di pretendere il risarcimento di un danno dal Ministero: di cause vinte contro il Ministero della Salutece ne sono state diverse. Quindi, non è detto che sia sempre il più potente ad avere la meglio. Ogni tanto, più spesso di quello che si pensa, l’utente ottiene giustizia.

Certo, bisogna armarsi di pazienza. Le cause vinte contro il Ministero della Saluteevidenziano nella maggior parte dei casi che i tempi per ottenere un risarcimento sono tutt’altro che immediati. Ma vale la pena tentare e attendere. Lo dimostrano le sentenze che riportiamo in queste articolo. Sono solo alcune in cui il Ministero è stato condannato a risarcire il danno di chi, ad esempio, è stato contagiato da epatite C con una trasfusione sbagliata o di chi è riuscito a convincere un tribunale delle conseguenze negative avute da un vaccino.

Vediamo, intanto, quali sono le responsabilità del dicastero che gestisce la sanità pubblica ed una carrellata di cause vinte contro il Ministero della Salute. Sono solo alcune, dicevamo. Ma servono a far capire a chi legge che ci sono dei precedenti favorevoli e che, quindi, vincere una causa è possibile.

Ministero della Salute: quali responsabilità sulle trasfusioni

Con una sentenza piuttosto recente [1], la Corte d’Appello di Roma ha stabilito che è competenza del Ministero della Salute l’esercizio del controllo e della vigilanza sulla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e sull’uso degli emoderivati. Significa che il Ministero si rende responsabile di eventuale errori in materia e, dunque, spetta a lui l’eventuale risarcimento dei danni di epatite e di infezione da Hiv per omesso controllo.

I giudici hanno, dunque, respinto il ricorso con cui il Ministero aveva attribuito alle singole Regioni ogni responsabilità in materia di sanità.

C’è da aggiungere che sul tema dell’accertata omissione delle attività di controllo e di vigilanza si era già espressa la Cassazione [2]. Per la Suprema Corte, con riferimento all’epoca di produzione del preparato, la conoscenza oggettiva ai più alti livelli scientifici della possibile veicolazione di virus attraverso sangue infetto e l’esistenza di una patologia in un soggetto emotrasfuso, tale omissione può ritenersi causa dell’insorgenza della malattia. Quindi, conclude la Cassazione, solo se il Ministero controlla o vigila la pratica può evitare il verificarsi dell’evento.

Causa vinta contro il Ministero della Salute per epatite da emotrasfusione

Ci sono voluti 35 anni, ma alla fine ce l’ha fatta a vincere la causa contro il Ministero della Salute un cittadino del Napoletano che, nel 1982, fu sottoposto ad un’emotrasfusione e, dopo poco tempo, iniziò a manifestare i sintomi di epatite C.

L’uomo decise di rivolgersi al tribunale per avviare una causa contro il Ministero e pretendere il risarcimento del danno.

In primo grado la sua richiesta venne respinta [3] (ed eravamo già nel 2008), così l’utente presentò ricorso alla Corte d’Appello. Qui ebbe più fortuna: i giudici accolsero la richiesta [4] e condannarono il Ministero della Salute al pagamento di 162.014,40 euro, oltre alla rivalutazione, gli interessi e le spese di giudizio. Era il 2014.

Questa volta fu il dicastero a puntare i piedi e a rivolgersi alla Cassazione alludendo ad un mancato nesso di causalità tra l’emotrasfusione e la malattia. In sostanza, il Ministero sosteneva che non era dimostrabile il legame tra l’insorgere dell’epatite C e la trasfusione. Tuttavia, la Suprema Corte [5] decise di condannare il Ministero al pagamento del risarcimento riconosciuto dalla Corte d’Appello e delle spese di giudizio (altri 2.600 euro). Perché? Lo abbiamo spiegato poco fa: perché, come più volte stabilito dalla giurisprudenza, il Ministero della Salute è tenuto ad esercitare l’attività di controlloe di vigilanza in ordine alla pratica terapeutica della trasfusione del sangue e dell’uso di emoderivati. Inoltre, lo stesso Ministero risponde in base al Codice civile [6] per omessa vigilanza dei danni derivanti da epatite e da infezione Hiv contratte da soggetti emotrasfusi.

Concludendo: dopo 35 anni il cittadino ha vinto la causa contro il Ministero della Salute perché quest’ultimo non ha dimostrato di avere assunto i compiti imposti dalla legge. La struttura sanitaria in cui sono avvenute le trasfusioni (in questo caso l’Università Federico II di Napoli) non ha alcuna responsabilità in quanto le sacche di sangue utilizzate provenivano dal Ministero e non sono state contestate delle negligenze da parte del personale sanitario.

Causa vinta contro il Ministero della Salute: il maxirisarcimento per sangue infetto

Non arrendersi mai. Con questo spirito un gruppo di cittadini che hanno ricevuto sangueemoderivati infetti hanno presentato un ricorso a Strasburgo per chiedere giustizia. E la tenacia è stata (in parte) premiata: la Corte europea per i diritti umani ha condannato lo Stato italiano (e quindi si parla di causa vinta contro il Ministero della Salute) al pagamento complessivo di 10 milioni di euro a 371 pazienti italiani infettati da epatite B e C e dal virus dell’Hiv per trasfusioni contaminate tra gli anni ’70 e gli anni ’90.  C’è da dire, però, che in tutti questi anni circa 4.500 persone sono decedute senza vedere un soldo. E che nel nostro Paese sono 120mila i pazienti viventi infettate da una trasfusione di sangue.

Quasi 900 pazienti infettati si sono rivolti tra il 2012 ed il 2013 alla Corte di Strasburgo dopo avere chiesto invano un risarcimento al Ministero della Salute tra il 1999 ed il 2008. Lamentavano il mancato accesso al riconoscimento del danno, le procedure troppo lunghe e la mancata applicazione delle sentenze in materia. I ricorsi accolti sono stati, come detto, 371, nella maggior parte per la violazione da parte dello Stato italiano del diritto alla vita dei ricorrenti a causa dell’eccessiva durata dei procedimenti. A ciascuno di loro spetta un risarcimento per danni morali compreso tra i 20mila ed i 35mila euro.

Causa vinta contro il Ministero della Salute: si può chiedere il pignoramento?

Un episodio simile a quello accaduto a Napoli ha fatto vincere una causa contro il Ministero della Salute ad un uomo della provincia di Pescara che, nel 1983, contrasse l’epatite C in seguito ad un’emotrasfusione praticata all’ospedale di Chieti. La Commissione medica ospedaliera accertò le responsabilità nel 2004 e nel 2007 si avviò il processo per la richiesta di un risarcimento del danno. Il Tribunale dell’Aquila [7]condannò l’Asl di Chieti ed il Ministero al pagamento di 103.110 euro (il 50% a testa). L’uomo ha ottenuto anche una pensione di invalidità.

Il problema si presentò nel momento in cui al cittadino non venne corrisposto quanto determinato dal giudice. L’Asl, attraverso la compagnia di assicurazione, pagò il dovuto ma non così il Ministero, nonostante la sentenza fosse passata in giudicato senza alcuna impugnazione. All’avvocato del danneggiato non è rimasto che presentare un atto di pignoramento per tentare di recuperare quanto dovuto presso la Banca d’Italia.

E se il Ministero dicesse che non ci sono i soldi? Non sarebbe una giustificazione valida: sarebbe possibile avviare un giudizio di non ottemperanza al Tar e chiedere la nomina di un commissario ad acta a cui affidare la gestione del risarcimento.

Causa vinta contro il Ministero della Salute per danni da vaccino

Tra le polemiche più infuocate tra un settore della società ed il Ministero della Salute c’è sicuramente quella che riguarda le vaccinazioni obbligatorie. Il pugno di ferro imposto dall’ex ministro Beatrice Lorenzin per ammettere nelle scuole dell’obbligo solo bambini e ragazzi che abbiano rispettato il piano sulla distribuzione dei sieri ha sollevato un coro di proteste da parte di chi ritiene che i vaccini siano dannosi per i propri figli. Ma è vero che quella puntura può pregiudicare la salute di una persona?

A quanto pare può succedere, almeno secondo quanto determinato da alcune sentenze. C’è, ad esempio, quella riguardante una causa vinta contro il Ministero dalla Salutedalla famiglia di un bambino affetto da autismo ed al quale era stato un vaccino esavalente prodotto da una multinazionale. Il Tribunale di Milano [8] ha condannato il Ministero a versare a vita un assegno bimestrale in quanto sarebbe stata stabilita la sussistenza di un nesso causale tra la vaccinazione e la malattia. Sulla perizia del medico legale incaricato dal Tribunale, si legge che probabilmente il disturbo autistico sia stato concausato dal vaccino, sulla base di un polimorfismo che lo ha reso suscettibile alla tossicità di uno o più ingredienti.

Anche in questo caso la famiglia aveva chiesto in vano un risarcimento al Ministero. Da qui la decisione di rivolgersi ai giudici. I responsabili legali del dicastero non hanno presentato ricorso in appello e, quindi, la sentenza è diventata definitiva.

Sempre a Milano, in tempi più recenti, c’è stata un’altra causa vinta contro il Ministero della Salute per simili motivi. Riguarda il caso di una donna della provincia di Pavia, vaccinata circa sei mesi dopo la nascita, nel 1975. Poco dopo, l’allora neonata cominciò ad accusare dei disturbi e ad avere delle crisi epilettiche sempre più frequenti, a cui si sono aggiunte altre forme di disabilità.

Solo nel 2009 è stato appurato che la forma di encefalopatia di cui soffre la paziente è da associare alla somministrazione del vaccino, circostanza che portò al padre, nel ruolo di amministratore di sostegno, a fare causa al Ministero della Salute. Dopo un primo round favorevole, anche la Corte d’Appello ha condannato il Ministero al versamento del risarcimento. Pure in questo caso la sentenza è passata in giudicato perché il Ministero non ha fatto ricorso in tempi utili.

note

[1] Corte Appello Roma, sent. n. 2270/2017.

[2] Cass. sent. n. 581/2008.

[3] Trib. Napoli, sentenza n. 6136/2008.

[4] Corte Appello Napoli, sent. del 03.05.2014.

[5] Cass. sent. n. 22832/2017.

[6] Ex. Art. 2043 cod. civ.

[7] Trib. L’Aquila, sent. del 20.05.2010.

[8] Trib. Milano, sent. del 23.09.2014.

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Fuoco e sigilli sulla Maddalena.

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Fuoco e sigilli alla Maddalena di Aversa

“Aversa è una città che sembra uscita da un racconto di Calvino. Fortezze al posto del cuore e nugoli di strade scarne che si piegano su sé stesse confondendo direzioni e traiettorie. Fai fatica ad orientarti e quando arrivi non sai mai bene da dove sei venuto”.

Aversa. Ci piace immaginarla così: una città che sembra uscita da un racconto di calvino. Chiese, arte, nugoli di strade che si piegano su sé stesse. Cittadella normanna, aragonese, angioina… Ma chi ha “rubato” la nostra cultura? Chi ci ha fatto dimenticare la nostra storia, la memoria? Chi chiude gl’occhi per non farci vedere che Aversa, con le adeguate infrastrutture, avrebbe tutte le potenzialità per diventare una piccola Firenze?

Quello che sta avvenendo all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria Maddalena è qualcosa di agghiacciante. Ti lascia con l’animo gelato.

Aversa, si sa, è nota per essere stata in passato una vera e propria “cittadella della follia”: la Casa della Santissima Annunziata, che nel XIV secolo fungeva da ricovero per malati, bisognosi e dissennati; l’OPG, da prima sito nella sede dell’antico castello aragonese e poi trasferito nell’ex palazzo della cavalleria, dove si trova tutt’ora; Il manicomio, istituito, nel 1813, da Gioacchino Murat nel ex convento di Santa Maria Maddalena, e successivamente ampliato, fu il primo manicomio dell’Italia meridionale istituzionalizzato. Ad Aversa si è tenuto, nel XIX secolo, il secondo Congresso dei freniatri Italiani. Aversani sono il noto alienista Gaspere Vigilio e il suo allievo Filippo Saporito. Persino il ben più noto criminologo Cesare Lombroso teneva conto degli studi di Virgilio sulle cause costituzionali che all’epoca si riteneva fossero alla base di alcune patologie mentali. Poi c’è stato il periodo basagliano: la liberazione, i “matti” finalmente, per legge, venivano dimessi da i manicomi, riacquistavano i diritti civili ed erano affidati ai servizi territoriali. Ma anche qui qualcosa non è andato come doveva: la legge Basaglia è nota per essere rimasta una legge monca. Ad Aversa solo sul finire degli anni ’90, ormai a quasi trent’anni dall’emanazione della suddetta legge, sono stati dimessi gli ultimi pazienti dalla Maddalena, che da allora versa in stato d’incuria e d’abbandono. Encomiabile è stato, in quel periodo, il lavoro fatto da Franco Rotili e Giovanna Del Giudice per l’organizzazione dei servizi territoriali della città; prezioso, indispensabile si è rivelato l’apporto di altri professionisti e delle associazioni che con il loro fare cultura, attività sociale, hanno favorito, accompagnato, il ritorno degli ex internati a una vita “normale”.

Fuoco e sigilli alla Maddalena di AversaFuoco e sigilli alla Maddalena di Aversa

Questa è una memoria pesante da sostenere, difficile da guardare, ingombrante da gestire, facile da “cancellare”, che però potrebbe dare nuovo lustro e dignità alla città. Dicevamo: all’interno dell’ex ospedale psichiatrico di Santa Maria Maddalena negli ultimi giorni si è verificato l’ennesimo incendio, probabilmente di natura dolosa. La zona interessata è stata quella dell’ex falegnameria. Le fiamme sono divampate solo all’interno del pozzo, non hanno toccato le strutture. Pare che all’inizio a dare l’allarme sia stata una persona che abita nei pressi della Maddalena. Immediatamente sul posto sono arrivati i vigili del fuoco e alcuni membri del Comitato “la Maddalena che vorrei”. Tale Comitato, chiamato dalla stessa persona che ha dato l’allarme, da circa due anni tenta di accendere i riflettori sullo stato di abbandono in cui versa il complesso promuovendone la riqualifica socio-culturale. Una volta giunti in loco la scena che tutti i presenti si sono trovati davanti, è stata a dir poco paradossale: le autobotti dei vigili del fuoco non potevano accedere alla parte antica della struttura per andare a spegnere le fiamme a causa dei cancelli fatti ripristinare, per motivi di sicurezza, negli ultimi mesi, dall’ASL, proprietaria della struttura. I cancelli non potevano essere sfondati. Ci sono volute diverse ore per trovare le chiavi. Se l’incendio fosse stato più vasto probabilmente avrebbe devastato l’intero complesso. Sui giornali sono comparse immediatamente le prime confuse notizie di cronaca. Il mattino dopo sono arrivate sul posto tre volanti dei carabinieri e i vigili del fuoco per i normali accertamenti. Inizialmente si ipotizzava anche la possibile presenza di un cadavere nel pozzo, sono stati chiamati i corpi speciali che si sono calati all’interno della cisterna, nella quale c’erano, tra gli altri rifiuti, un divano ed un frigorifero bruciato; diversi locali della falegnameria, dopo la chiusura ordinaria dei cancelli, probabilmente prima che venisse appiccato il fuoco, sono stati intenzionalmente devastati: alcuni materiali ritrovati infondo al pozzo provenivano da lì. Le autorità presenti sul luogo con l’accordo dell’ente sanitario hanno messo i sigilli a una parte molto ampia dell’ex manicomio.

Ora, oltre a chiedersi chi ha fatto questo e perché, sarebbe utile domandarsi: chi ha permesso ciò e come si è arrivati a tale punto. La Maddalena è un pezzo di storia non solo della città, ma dell’intera nazione. Nei manicomi c’è passata tutta la storia d’Italia: umanità, sofferenza, ma anche sviluppo e prosperità. Gli ospedali psichiatrici erano organizzati come delle piccole cittadelle, pensate per funzionare in maniera totalmente autonoma. Il loro impatto sull’economia dell’area in cui sorgevano è paragonabile a quello che oggi, in altri luoghi, hanno grandi aziende come la FIAT. Molte persone del hinterland aversano trovavano impiego all’interno del frenocomio dove, grazie al lavoro degli internati, venivano anche lavorate materie prime e prodotte manifatture. L’ex manicomio di Santa Maria Maddalena, a pari di molte altre strutture che caratterizzano il contesto urbano, può essere, se viene adeguatamente utilizzato e riqualificato, con i suoi diciassette ettari, un volano per la cultura, l’economia e lo sviluppo del territorio.

Ieri siamo stati a lungo sul posto. Parlando con le persone che giravano lì intorno, o semplicemente con i curiosi che davano uno sguardo all’accaduto, ci siamo resi conto che tutti sapevano cos’è stata e cos’è la Maddalena. Molti suggerivano: “bisogna fare questo o quello”, poi con un briciolo d’amarezza aggiungevano: “è colpa dei politici, è colpa dell’ente proprietario, è colpa dello Stato”, ma cosa ha fatto, nel suo piccolo, ogni singolo cittadino per mantenere e preservare la memoria dell’ex manicomio e dell’intera città? Fino a quando si ragionerà con una logica secondo cui “sono solo cose vecchie” nulla cambierà. I cittadini e le istituzioni dovrebbero fare pace con la loro memoria, con la loro storia, con la loro identità. Il passato è importante. La Maddalena per troppo tempo, negli ultimi anni, è passata inosservata. Tutti vedevano, ma molti hanno preferito chiudere gli occhi, non vedere, non entrare, non capire.

La cultura è un volano per l’economia, se viene adeguatamente impiegata dalle giuste competenze, produce posti di lavoro, migliora la qualità della vita, crea, anche grazie alla ricerca, benessere, sviluppo sano e altra cultura. La memoria è costituita dalla storia e dal quotidiano. Si alimenta continuamente di fatti accaduti. Attraverso la memoria si fa cultura e la cultura migliora la qualità della vita. Troppe volte i genitori si lamentano che non c’è lavoro, che i propri figli sono costretti ad andare altrove: giovani e meno giovani perdono la speranza. Luoghi tangibili come la Maddalena non solo conservano tra le loro mura la storia e la memoria, ma sono contenitori di speranza e potenzialità; se venissero adeguatamente riqualificati, con attività socio-culturali che ne rispettino l’identità, potrebbero diventare un volano per lo sviluppo e dare nuova linfa al territorio.

La responsabilità di questo processo, di tali luoghi non è di questo o di quello, ma appartiene a tutti.

di Grazia Martin

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