La sanità può contare su 59 parlamentari.

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Tra conferme e new entry troviamo 37 medici, 10 farmacisti, 4 biologi, 3 psicologi, 2 fisioterapisti, 2 infermieri, 1 assistente sociale ed 1 operatore sanitario. Di questi, 35 siederanno a Montecitorio e 24 a Palazzo Madama. Il partito più rappresentativo è il M5S con 28 parlamentari tra i due rami del Parlamento. A seguire, Forza Italia con 10 e la Lega con 9. Il PD, invece, si ferma a solo a quota 6. Ecco l’elenco di tutti i nomi.

24 MAR – Ha preso ufficialmente il via la XVIII Legislatura. Tra conferme e new entry, abbiamo trovato 59 parlamentari che provengono dalla sanità. Di questi, 35 siederanno tra i banchi della Camera, mentre 24 prenderanno posto al Senato. In questa nutrita ‘pattuglia’ troviamo  37 medici, 10 farmacisti, 4 biologi, 3 psicologi, 2 fisioterapisti, 2 infermieri, 1 assistente sociale ed 1 operatore sanitario. A livello di schieramenti, il partito più rappresentativo per la sanità è il M5S con  28 parlamentari tra i due rami del Parlamento. A seguire, Forza Italia con 10 e la Lega con 9. Il Partito Democratico, invece, si ferma a solo a quota 6.

Ecco i nomi di medici, farmacisti e professionisti della salute eletti in Parlamento

CAMERA
Medici

• Rossana Boldi (Lega)
• Fabiola Bologna (M5S)
• Mario Alejandro Borghese (MAIE)
• Guido De Martini (Lega)
• Graziano Delrio (PD)
• Paolo Ficara (M5S)
• Giulia Grillo (M5S)
• Nicola Grimaldi (M5S)
• Marco Marin (FI)
• Rosa Menga (M5S)
• Silvana Nappi (M5S)
• Nicola Provenza (M5S)
• Paolo Russo (FI) 
• Doriana Sarli (M5S)
• Paolo Siani (PD) 
• Giorgio Trizzino (M5S)
• Manuel Tuzi (M5S)
• Leda Volpi (M5S)
• Alberto Zolezzi (M5S)

Farmacisti

• Roberto Bagnasco (FI)  
• Giuseppe Chiazzese (M5S)
• Marcello Gemmato (FdI)
• Caterina Licatini (M5S)
• Andrea Mandelli (FI)
• Carlo Piastra (Lega)

Altre Professioni Sanitarie

• Massimo Enrico Baroni (M5S) (Psicologo)
• Maria Teresa Bellucci (FdI) (Psicologa)
• Elena Carnevali (PD) (Fisioterapista)
• Andrea Cecconi (M5S) (Infermiere)
• Giuseppe D’Ambrosio (M5S) (Fisioterapista)
• Ilaria Fontana (M5S) (Biologa)
• Elena Lucchini (Lega) (Biologa)
• Stefania Mammì (M5S) (Infermiera)
• Francesca Troiano (M5S) (Psicologa)
• Lorenzo Viviani (Lega) (Biologo)

SENATO

Medici

• Antonio Barboni (FI)
• Paola BInetti (NcI)
• Caterina Biti (PD)
• Roberto Calderoli (Lega)
• Maria Domenica Castellone (M5S)
• Luigi Di Marzio (M5S)
• Emilio Floris (FI)
• Albert Laniece (Autonomie-PSI-MAIE)
• Giuseppe Mangialavori (FI)
• Gaspare Antonio Marinello (M5S)
• Raffaele Mautone (M5S)
• Pino Pisani (M5S)
• Gianni Pittella (PD)
• Maria Rizzotti (FI)
• Rosellina Sbrana (Lega)
• Marco Siclari (FI)
• Pierpaolo Sileri (M5S)
• Laura Stabile (FI)

Farmacisti

• Elena Cattaneo (MAIE)
• Gianfranco Rufa (Lega)

Altre Professioni Sanitarie

• Elena Fattori (M5S) (Biologa)
• Laura Garavini (PD) (Assistente sociale)
• Barbara Guidolin (M5S) (Operatore socio sanitario)
• Raffaela Fiormaria Marin (Lega) (Psicologa)

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Autovelox e tutor: cartelli di avviso troppo vicini

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Contravvenzioni: la segnaletica con l’avviso di controllo elettronico della velocità deve  essere collocata con adeguato anticipo rispetto alla postazione della polizia.

A cosa serve il cartello con cui viene comunicato agli automobilisti l’imminente «controllo elettronico della velocità»? Non certo a consentire loro di decelerare ed evitare la multa, ma a impedire che, vedendo all’ultimo minuto il dispositivo con la telecamera, possano frenare sul più bello, costituendo un pericolo per le auto provenienti da dietro. A ciò si aggiunga che la pubblica amministrazione – in base a quanto stabilisce la Costituzione – deve agire secondo trasparenza: un principio che ne garantisce l’imparzialità e il buon andamento. Questo significa che l’ente locale non può giocare sull’effetto sorpresa solo per fare cassa. Alla luce di questi principi, la normativa impone alle autorità, tutte le volte che intendono eseguire controlli elettronici della velocità tramite autoveloxtutor telelaser, di apporre un avviso preventivo e ben visibile, ai margini della strada. Ma quanto spazio ci deve essere tra tale avviso e la postazione? È questo un argomento che è stato trattato da più magistrati, ivi compresa la Cassazione; da ultimo, una sentenza del giudice di pace di Sessa Aurunca avverte che, in materia di autovelox e tutor, i cartelli di avviso sono troppo vicini. Vediamo quando e quali riflessi ha ciò sulle multe.

Nel 2016 la Cassazione aveva stravolto le convinzioni di molti automobilisti stabilendo che non esiste una distanza minima, prescritta per legge, tra il cartello di avviso e l’apparecchio di controllo elettronico della velocità (tutor, autovelox e telelaser). Tutto dipende dalla strada e dalla velocità che sulla stessa è possibile raggiungere. Chiaramente laddove i limiti sono più stretti non v’è ragione di apporre la segnaletica con ampio anticipo; invece nei tratti autostradali sarà necessario dare all’automobilista il tempo di adeguarsi all’avviso. La Corte parla di un obbligo di installazione del cartello con adeguato anticipo rispetto al luogo di rilevamento della velocità. In passato, invece, si era sempre parlato di 400 metri tra il segnale e l’autovelox come una distanza fissa, valida ovunque. La conseguenza è che, non potendosi parlare di un metraggio predefinito, lo spazio tra i segnali stradali e la postazione di rilevamento elettronico della velocità va valutato in relazione allo stato dei luoghi.

La Cassazione non avrebbe avuto ragione di esprimere questo principio se avesse ritenuto che il limite minimo dei 400 metri tra cartello e postazione fosse stato più che sufficiente. Il che farebbe credere che, in un centro urbano, dove si deve guidare a massimo 50 km/h, l’autovelox si potrebbe trovare anche a una distanza inferiore.

Ebbene, nel caso di specie, il giudice di pace non fa che prendere atto di tale interpretazione e trarne le dovute conseguenze. Per cui, in un tratto extraurbano con un limite di velocità a 80 km/h (in luogo dei 90 previsti di norma dal codice della strada), non ci può essere una distanza inferiore a 1 km tra il cartello e l’autovelox.

Sono le caratteristiche della strada (oltre che la quantità delle sanzioni inflitte) a convincere il giudice dell’inadeguatezza della segnalazione.

Anche il numero delle sanzioni inflitte sullo stesso tratto di strada non è, per il giudice, una coincidenza ma dimostra le ragioni degli automobilisti, non messi nella condizione di adeguarsi alla segnaletica. Segnaletica che, evidentemente, non è in grado di avvisare in modo adeguato i conducenti che è in atto il controllo elettronico della velocità.

C’è, infine, un altro aspetto da tenere in considerazione e da non trascurare. Se l’apparecchio è omologato e utilizzato per il rilevamento delle infrazioni su entrambi i sensi di marcia, ma il cartello è posto su di un solo lato e non da un segnale a doppia faccia visibile dalle due direzioni, le multe restano sempre impugnabili.

In sintesi, una norma che detti precise distanze minime tra il cartello di avviso e l’autovelox non esiste. Né è ricavabile dalle raccomandazioni ministeriali. C’è però da dire che, con la direttiva Minniti della scorsa estate, sono state emanate regole ancora più stringenti. Ad esempio non è sufficiente il semplice avviso di controllo elettronico posto in modalità “fissa” al margine della strada se il rilevamento della velocità avviene sporadicamente: la polizia deve apporre un ulteriore cartello mobile con il simbolo del vigile.

fonte

[1] GdP di Sessa Aurunca (in provincia di Caserta; magistrato onorario Paola De Biasio).

[2] Cass. sent. n. 9770/16 del 12.05.2016.

PRESCRIZIONE NEI TERMINI DI RECUPERO DEI FURTI DI ENERGIA

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LEGGE DI STABILITÀ 2018 – COMMI DA 4 A 10

4. Nei contratti di fornitura di energia elettrica e gas, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni, sia nei rapporti tra gli utenti domestici o le microimprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, o i professionisti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e il venditore, sia nei rapporti tra il distributore e il venditore, sia in quelli con l’operatore del trasporto e con gli altri soggetti della filiera. Nei contratti di fornitura del servizio idrico, relativi alle categorie di cui al primo periodo, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce le misure in materia di tempistiche di fatturazione tra gli operatori della filiera necessarie all’attuazione di quanto previsto al primo e al secondo periodo. Nei contratti di cui al primo e al secondo periodo, in caso di emissione di fatture a debito nei riguardi dell’utente per conguagli riferiti a periodi maggiori di due anni, qualora l’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato abbia aperto un procedimento per l’accertamento di violazioni del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, relative alle modalita’ di rilevazione dei consumi, di esecuzione dei conguagli e di fatturazione adottate dall’operatore interessato, l’utente che ha presentato un reclamo riguardante il conguaglio nelle forme previste dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, ha diritto alla sospensione del pagamento finche’ non sia stata verificata la legittimita’ della condotta dell’operatore. Il venditore ha l’obbligo di comunicare all’utente l’avvio del procedimento di cui al periodo precedente e di informarlo dei conseguenti diritti. E’ in ogni caso diritto dell’utente, all’esito della verifica di cui al quarto periodo, ottenere entro tre mesi il rimborso dei pagamenti effettuati a titolo di indebito conguaglio.

5. Le disposizioni di cui al comma 4 non si applicano qualora la mancata o erronea rilevazione dei dati di consumo derivi da responsabilita’ accertata dell’utente.

6. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, con propria deliberazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce misure a tutela dei consumatori determinando le forme attraverso le quali i distributori garantiscono l’accertamento e l’acquisizione dei dati dei consumi effettivi.

7. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, puo’ definire, con propria deliberazione, misure atte a incentivare l’autolettura senza oneri a carico dell’utente.

8. Entro il 1° luglio 2019, il soggetto gestore del Sistema informatico integrato per la gestione dei flussi informativi relativi ai mercati dell’energia elettrica e del gas, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129, provvede agli adeguamenti necessari per permettere ai clienti finali di accedere attraverso il Sistema medesimo ai dati riguardanti i propri consumi, senza oneri a loro carico. Le disposizioni per l’attuazione del primo periodo sono adottate con deliberazione dell’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali, sentito il parere del Garante per la protezione dei dati personali.

9. L’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce le modalita’ tecniche e operative che il servizio postale deve osservare per assicurare la certezza della data di spedizione delle fatture agli utenti da parte dei soggetti gestori di servizi di pubblica utilita’.

10. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano alle fatture la cui scadenza e’ successiva:

a) per il settore elettrico, al 1° marzo 2018;

b) per il settore del gas, al 1° gennaio 2019;

c) per il settore idrico, al 1° gennaio 2020.

Bollette luce, gas e acqua: nuova prescrizione

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Bollette per conguagli non oltre due anni; possibilità di sospensione del pagamento anche in presenza di un procedimento aperto davanti all’Agcom.

Se ricevi una bolletta della luce, acqua o gas riferita a consumi di oltre due anni fa non devi più pagare. Il debito infatti si è ormai prescritto. E se, ciò nonostante, la società fornitrice insiste nel richiederti somme non dovute – e magari ti minaccia di interrompere l’utenza – hai diritto a esigere la sospensione della bolletta. A cambiare i termini di prescrizione delle bollette della luce, gas e acqua è stata la legge di bilancio del 2018 [1]: la nuova norma contiene una deroga al codice civile [2] che, invece, stabilisce una prescrizione di cinque anni tutti per i debiti da pagarsi con cadenza annuale o frazioni inferiori (ad esempio ogni mese, ogni bimestre, ecc.). Resta quindi di cinque anni la prescrizione delle bollette del telefono e di tutte le altre utenze (ad esempio quelle per pay-tv, abbonamenti alla rete internet, abbonamenti alla televisione in streaming e online come Netflix, ecc.).

Nuova prescrizione per bollette di luce acqua e gas

A partire dal 1° gennaio 2018, le bollette della luce, dell’acqua e del gas si prescrivono in 2 anni. La prescrizione riguarda solo quelle che verranno emesse a partire da questa data e non per quelle precedenti già emesse.

La riforma dei termini di prescrizione delle bollette di luce, acqua e gas non tocca solo i conguagli, ma anche le bollette per consumi ordinari, quelle cioè che arrivano a casa ogni mese o bimestre.

Inoltre il nuovo termine di due anni riguarda sia i consumatori (le famiglie e gli utenti privati) chee le microimprese, i professionisti e le società [3].

Il governo ha così inteso tutelare gli utenti dalle richieste di pagamento che, spesso, intervengono a molti anni di distanza rispetto all’anno di gestione.

Con il cambiamento della prescrizione per le bollette non pagate di luce, acqua e gasci sono non solo tre anni in meno, rispetto al passato, per il recupero dei crediti(avranno meno da lavorare i call center), ma anche tre anni in meno per i tempi di conservazione delle ricevute di pagamento. Difatti, l’obbligo di archiviare le bollette pagate, per poter dimostrare l’adempimento, permane solo fino a quando il credito non è prescritto; una volta che si è verificata la prescrizione, infatti, il debitore non è più tenuto a dimostrare il versamento degli importi al fornitore, ma può limitarsi a sollevare la contestazione della prescrizione.

La prescrizione della bolletta opera solo se, prima della scadenza del termine (2 anni per le bollette di luce, acqua e gas; 5 anni per le bollette del telefono e di tutte le altre utenze) non si è ricevuto un sollecito di pagamento con raccomandata a/r o con posta elettronica certificata (Pec). Difatti l’invio della diffida comporta l’interruzione della prescrizione e il decorso del termine nuovamente da capo. Attenzione però: fa fede la data di consegna della lettera e non quella di spedizione. Per cui, se la società erogatrice spedisce la diffida prima della scadenza delle prescrizione ma il postino la consegna dopo, il debito è ormai caduto in prescrizione.

Quali sono le conseguenze della nuova prescrizione? Se, ad esempio, non paghi una bolletta della luce, dell’acqua e del gas e, nei due anni successivi, non ricevi alcun sollecito di pagamento (sollecito inviato con raccomandata a/r o posta elettronica certificata), il debito si prescrive e la società della luce, dell’acqua o del gas non può più chiederti nulla. Allo stesso modo, se ricevi una diffida per il pagamento di una bolletta di oltre due anni fa, non devi alcunché.

Prescrizione dei conguagli

La modifica del termine di prescrizione riguarda anche i conguagli: anche queste bollette non potranno più essere pretese dopo più di due anni dall’anno di riferimento, anche se l’accertamento del conguaglio avviene in un momento successivo. .In pratica, le aziende avranno due anni di tempo per “allineare” quanto pagato dall’utente e il consumo effettivo rilevato dal contatore, superando la pratica dei maxi conguagli. In caso di emissione di fatture a debito per conguagli riferiti a periodi maggiori a due anni, l’utente che ha presentato un reclamo ha diritto alla sospensione del pagamento.

Furti di energia

Cambia anche la possibilità per le società della luce e del gas di recuperare gli eventuali furti determinati dal comportamento di chi bypassava il contatore con strumenti tecnici. Fino a ieri veniva recupero il credito stimando il consumo presunto degli ultimi 5 anni. Ora le società potranno agire solo con riferimento agli ultimi 2 anni e dovranno peraltro affrettarsi a contestare le condotte fraudolente per non vedersi prescrivere subito il proprio credito.

La sospensione del pagamento

Una seconda modifica introdotta con la legge di bilancio 2018 riguarda il diritto dell’utente a chiedere la sospensione del pagamento della bolletta in attesa della verifica della legittimità della condotta dell’operatore.

Questa misura è prevista in due casi:

  • nel caso di emissione di fatture a debito nei riguardi dell’utente per conguagli riferiti a periodi maggiori di due anni»
  • nel caso in cui «l’Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia aperto un procedimento per l’accertamento di violazioni del codice del consumo, di cui al d.l. n. 206/2005, relative alle modalità di rilevazione dei consumi, di esecuzione dei conguagli e di fatturazione adottate dall’operatore interessato».

Peraltro, al verificarsi di quest’ultima ipotesi – certamente nota all’operatore siccome destinatario dell’avvio del procedimento – «il venditore ha l’obbligo di comunicare all’utente l’avvio del procedimento di cui al periodo precedente e di informarlo dei conseguenti diritti».

Se dunque l’utente ha presentato un reclamo riguardante il conguaglio nelle forme previste dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico «ha diritto alla sospensione del pagamento finché non sia stata verificata la legittimità della condotta dell’operatore».

Il rimborso degli indebiti conguagli

«È in ogni caso diritto dell’utente, all’esito della verifica di cui al quarto periodo, ottenere entro tre mesi il rimborso dei pagamenti effettuati a titolo di indebito conguaglio».

Quanto previsto, sia con riferimento alla prescrizione sia con riferimento alla procedura sulla sospensione del pagamento e al rimborso degli indebiti conguagli, non si applica qualora la mancata o erronea rilevazione dei dati di consumo derivi da responsabilità accertata dell’utente.

Una terza misura, infine, è composta da quel gruppo di disposizioni che prevedono la definizione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), di misure a tutela dei consumatori, di misure atte a incentivare l’autolettura, nonché di norme per l’accesso dei clienti finali ai dati riguardanti i propri consumi.

note

[1] Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205, G.U. n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ordinario n. 62).

[2] Art. 2948 cod. civ.

[3] La riforma, infatti, indica che il termine di prescrizione di due anni si applica sia agli utenti domestici e alle microimprese (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003), sia ai professionisti (come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206).

Chi rilascia l’autorizzazione sanitaria?

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Quando si intraprende un’attività commerciale in cui si trattano alimenti occorre ottenere l’autorizzazione sanitaria: vediamo cos’è e chi la rilascia.

Intraprendere un’attività commerciale richiede una preparazione su più fronti, sia dal punto di vista delle competenze ed esperienze di coloro che decidono di percorrere questa strada professionale che sotto il profilo degli adempimenti burocratici necessari per ottenere tutte le autorizzazioni indispensabili e previste per legge. Informarsi per tempo in modo da sapere come essere in regola con le pratiche amministrative è dunque imprescindibile per organizzarsi con i tempi di apertura dell’esercizio commerciale, e questo discorso vale specialmente per coloro che intendono aprire un esercizio commerciale che preveda la produzione, il confezionamento e la vendita di generi alimentari. In questi casi infatti occorre ottenere, tra le altre licenze, anche un’autorizzazione sanitaria. Cosa significa autorizzazione sanitaria, e chi rilascia questa autorizzazione sanitaria?

Autorizzazione sanitaria: cosa significa

L’autorizzazione sanitaria è un provvedimento della pubblica amministrazione, rilasciato a richiesta degli interessati, che comporta il superamento di una verifica sulle condizioni igienico sanitarie di particolari tipi di attività commerciali: quelle che trattano – con varie modalità e con differenti finalità, come vedremo – le sostanze alimentari. Ottenere l’autorizzazione sanitaria è necessario per tutti coloro che intendano iniziare un’attività commerciale in cui vengano trattati alimenti, sia che questi vengano preparati, manipolati, confezionati, oppure consegnati (anche nel caso in cui siano preconfezionati) o immagazzinati.

Ottenere questa autorizzazione è fondamentale in quanto la produzione, gestione e messa in vendita di sostanze alimentari riguarda la salute pubblica e l’igiene pubblica, la cui garanzia deve essere adeguatamente assicurata e monitorata per tutelare i cittadini acquirenti dei prodotti alimentari e prevenire, evitandoli, danni ai consumatori.

Autorizzazione sanitaria: chi la deve richiedere

Il rilascio dell’autorizzazione sanitaria è necessario per l’esercizio di laboratori di produzione, preparazione, confezionamento, somministrazione e deposito di sostanze alimentari, ed è condizionato dall’accertamento dell’effettiva esistenza – verificata attraverso apposito controllo dall’autorità competente – dei requisiti igienico sanitari, funzionali e di quelli relativi agli impianti previsti dalla normativa nazionale e dai regolamenti vigenti.

Nello specifico, sono tenuti a richiedere l’autorizzazione sanitaria:

  • hotel e agriturismo, nonché i ristoranti (di ogni genere, dalla trattoria alla pizzeria);
  • mense (aziendali, ospedaliere, scolastiche);
  • laboratori artigianali, come ad esempio pasticcerie, panifici, rosticcerie e via dicendo;
  • locali ed esercizi commerciali di ristorazione, inclusi gli esercizi ambulanti e quelli stagionali;
  • locali che prevedano un consumo al banco, come i bar o le birrerie e le enoteche;
  • chiunque venda o somministri alimenti su aree pubbliche, oppure all’interno di strutture ad altro finalizzate, come per esempio cinema o discoteche;
  • magazzini di deposito all’ingrosso di merci alimentari, che verranno poi vendute e distribuite agli esercizi commerciali al dettaglio.

Autorizzazione sanitaria: contenuto

Ottenere l’autorizzazione sanitaria è quindi un passaggio obbligatorio prima di procedere alla preparazione, produzione, vendita o somministrazione di sostanze alimentari. La procedura per avere questa autorizzazione è abbastanza semplice, e prevede che il titolare dell’esercizio commerciale si rivolga all’organo competente all’emanazione di questo provvedimento, cioè al comune. Occorre presentare un apposito modulo di richiesta, contenente i seguenti dati:

  • il nome e la ragione sociale e la sede dell’impresa;
  • l’indicazione dell’ubicazione dello stabilimento o del laboratorio di produzione, preparazione e confezionamento o del deposito all’ingrosso;
  • l’indicazione per generi merceologici delle sostanze alimentari che si intendono produrre, preparare, confezionare o tenere in deposito;
  • la descrizione e gli estremi di deposito degli eventuali marchi depositati che valgano ad identificare l’impresa;
  • l’eventuale carattere stagionale delle lavorazioni;
  • l’indicazione del presumibile termine di approntamento dello stabilimento o del laboratorio di produzione, preparazione e confezionamento o del deposito all’ingrosso.

Nella domanda, inoltre, il titolare dovrà dichiarare che l’immobile possiede tutti i requisiti previsti dalle normative in vigore per l’attività da esercitare nonché, in relazione ai locali dell’esercizio in cui verrà svolta l’attività, che sono stati rispettati:

  • i regolamenti locali di polizia urbana;
  • i regolamenti locali igienico-sanitari;
  • i regolamenti edilizi;
  • le norme urbanistiche e quelle relative alla destinazione d’uso.

Autorizzazione sanitaria: chi la rilascia

Il dirigente dell’ufficio comunale preposto, nel termine di 30 giorni dal ricevimento della domanda, rilascia l’autorizzazione dopo aver ottenuto parere favorevole da parte della ASL, che deve effettuare apposito accertamento delle condizioni igienico – sanitarie dei locali e degli impianti. È pertanto la ASL ad occuparsi della fase istruttoria tecnica, fornendo un parere tecnico di tipo sanitario il cui risultato (positivo o negativo) risulta essere di necessità vincolante per il Comune e per ottenere il rilascio dell’autorizzazione sanitaria.

Autorizzazione sanitaria e nulla osta sanitario

Bisogna fare attenzione a non confondere l’autorizzazione sanitaria con il nulla osta sanitario. Il nulla osta sanitario infatti riguarda l’idoneità igienica dei locali in cui viene esercitata l’attività commerciale, e deve essere ottenuto anche dagli esercizi in cui non viene preparato o confezionato alcun alimento. Il nulla osta consiste quindi in un parere di idoneità igienico – sanitaria che riguarda gli ambienti, gli arredi e le attrezzature di cui si compongono negozi di generi alimentari e supermercati, ed è parte integrante del provvedimento commerciale per esercitare l’attività stessa. Anche per ottenere il nulla osta sanitario, ad ogni modo, occorre presentare apposita domanda di rilascio del parere di idoneità igienico-sanitaria al comune, che inoltrerà la domanda del titolare dell’esercizio commerciale alla Asl competente per la verifica dei locali e degli impianti, la quale a sua volta dovrà poi quindi rilasciare parere favorevole e trasmetterlo al comune.

note

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Autore immagine: Pixabay.

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