Debiti: come uscirne con la procedura da sovraindebitamento?

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La procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento consente un forte abbattimento dell’esposizione debitoria e la possibilità di un pagamento rateale anche dei debiti fiscali

Con la crisi economica dell’ultimo decennio, il fenomeno dell’eccessivo indebitamento è diventato sempre più diffuso. Non solo imprese e operatori commerciali, ma anche lavoratori che avendo perso il posto di lavoro non sono più stati in grado di far fronte ai propri debiti. Non sono rari i casi di quei padri di famiglia che, ad esempio, perso il lavoro, non sono stati più in grado di pagare il mutuo alla propria banca, o di quei piccoli imprenditori in crisi i quali, volendo continuare a pagare i dipendenti della propria azienda, in attesa di tempi migliori abbiano scelto di non pagare alcuni tributi, con la inevitabile conseguenza di maturare una esposizione debitoria (maggiorata di interessi, sanzioni e aggio) nei confronti del fisco.

Talvolta, queste situazioni di indebitamento incontrollato hanno condotto i protagonisti a decisioni estreme come quella di togliersi la vita. Per cercare di porre un argine a questa situazione è stata pensata la legge del 2012 [1], in proposito ribattezzata dalla stampa come “salva suicidi”. L’intento della legge in commento è quello di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento: il debitore non soggetto a fallimento, infatti, può concludere un accordo con i creditori nell’ambito di una procedura denominata «Composizione della crisi da sovraindebitamento», che soddisfa i creditori senza trascurare i bisogni della famiglia del debitore e delle sue reali capacità di pagamento. In concreto la legge consente ad alcuni soggetti non fallibili in gravi difficoltà economiche (come professionisti, pensionati, piccoli imprenditori)  di avviare una procedura diretta a conseguire la liberazione integrale dai propri debiti (anche fiscali), mediante un pagamento rateale concordato nonché con una forte riduzione dell’esposizione debitoria complessiva.

La legge in questioneprevede in realtà tre diverse procedure:

  • l’accordo del debitore.
  • la liquidazione dei beni.
  • il piano del consumatore.

Sebbene in tutti e tre i casi la procedura sia abbastanza snella, nell’applicazione pratica la legge ha creato, sin dal suo nascere, una serie di problemi e di dubbi interpretativi sia per gli operatori del diritto che per i cittadini e gli imprenditori. Qual è la procedura da seguire, i documenti da presentare? Vediamone meglio i contenuti e i dettagli.

Sovraindebitamento: che vuol dire?

Una corretta analisi della legge in commento deve per forza di cose partire dal significato di sovraindebitamento. Con esso, infatti, ci si riferisce ad una situazione di perdurante squilibrio tra i debiti contratti e il patrimonio per farvi fronte, nonchè la definitiva incapacità del debitore ad adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.  Infatti, possono fare ricorso alle procedure previste da questa legge i consumatori che non hanno più la possibilità di pagare o le imprese non soggette a fallimento, che non possono dichiarare fallimento e sono costrette a fronteggiare le pretese dei creditori.

Sovraindebitamento: quali benefici dalla procedura?

Dalla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, i soggetti ammessi possono trarre numerosi vantaggi. In primo luogo la possibilità di ridurre i debiti, pagarli ratealmente ed in proporzione alle reali possibilità del debitore ed ai fabbisogni della sua famiglia. Allo stesso tempo il beneficiario della legge può ottenere dal giudice anche la cancellazione delle segnalazioni sfavorevoli eventualmente comparse nelle banche dati del sistema creditizio, avendo così  la possibilità di accedere di nuovo ai finanziamenti.

Sovraindebitamento: dove e come attivare la procedura

Il ricorso per attivare la procedura per la composizione della crisi da sovraindebitamento va presentato presso il Tribunale del luogo di residenza del debitore. Nel corso della procedura, il debitore può essere affiancato da appositi Organismi di composizione della crisi (detti Occ). Questi sono promossi da Enti pubblici, Camere di commercio o Ordini professionali e hanno le competenze professionali necessarie ad accompagnare il debitore nella redazione della proposta di composizione della sua situazione di sovraindebitamento e nell’esecuzione della stessa. Allo stato questi organismi non sono presenti in tutte le città d’Italia, per cui per quei posti in cui non sono ancora stati costituiti, il Tribunale provvede alla nomina di un professionista (avvocato, commercialista o notaio) che ne svolge il ruolo.

Sovraindebitamento: i metodi per comporre la crisi

Come anticipato i metodi per comporre la crisi da sovraindebitamento sono 3 ed in particolare:

  • accordo del debitore (riservato a debitori con partita iva non soggetti a fallimento);
  • piano del consumatore (riservato al consumatore stesso);
  • liquidazione del patrimonio del debitore (riservato sia ai debitori con partita iva non soggetti a fallimento, che al consumatore).

Sovraindebitamento: l’accordo del debitore

L’imprenditore, l’azienda non soggetta a fallimento ed il consumatore, possono proporre ai creditori un accordo per ristrutturare e definire i debiti sulla base di un piano che tenga conto delle loro effettive reali capacità di pagamento e del fabbisogno della famiglia. In concreto il piano consiste in stralcirateazioni, cancellazione degli interessi ecc. Per la redazione del piano possono essere assistititi da un Organismo di composizione della crisi.

La proposta di accordo per la ristrutturazione del debito, è attuabile quando ci sia il consenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti [2]. Alla domanda di ammissione alla procedura per la composizione della crisi da sovraindebitamento vanno allegati una serie di documenti tra cui:

  • elenco dei creditori con l’indicazione delle somme dovute;
  • elenco dei beni del debitore;
  • elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni;
  • copia delle ultime 3 scritture contabili con attestazione di autenticità agli originali;
  • attestazione della fattibilità della proposta (a cura dell’Occ);
  • elenco delle spese necessarie per il sostentamento della famiglia del debitore;
  • stato di famiglia del debitore.

Il Giudice, accertata preliminarmente la sussistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge fissa l’udienza di omologazione dell’accordo con decreto. Attraverso questo decreto il giudice ordina una serie di prescrizioni per consentire la pubblicità della proposta e l’adesione alla stessa da parte dei creditori. Non tutti i creditori, però, hanno diritto di esprimersi sulla proposta. Ad esempio i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta. Pertanto, ai fini dell’omologazione, l’accordo si ritiene raggiunto, quando la proposta ottenga il consenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti ammessi ad esprimersi. Il giudice, entro 6 mesi dalla presentazione dell’istanza, deve provvedere in ordine all’omologazione.

Accordo del debitore: effetti dell’omologazione

L’accordo del debitore omologato diventa vincolante sia nei confronti del debitore sia nei confronti di tutti i creditori sorti precedentemente alla data di pubblicazione del decreto di ammissione alla procedura. Ulteriore effetto dell’omologazione dell’accordo del debitore è che i creditori con titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto dell’accordo/piano, quantomeno fino alla completa esecuzione del piano e che risultano tutti gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo/piano.

Durante il periodo di esecuzione dell’accordo l’Organismo di composizione della crisivigila sul suo corretto adempimento, mentre il Giudice si occupa di supervisionare la procedura, garantendo un controllo di legalità all’attuazione del piano.

note

[1] L. n. 3/2012.

[2] Art. 18 D. l. n. 179/2012.

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Cos’è la pace fiscale

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Pace fiscale: in arrivo il maxi-condono delle cartelle Equitalia. Vediamo come funzionerà in concreto la pace fiscale; quali saranno gli sconti sui debiti fiscali e quanto bisognerà effettivamente pagare

Lo avevamo già preannunciato in Debiti con il fisco: è in arrivo la pace fiscale. Buone notizie, dunque, per chi ha molti debiti con il fisco e non può o non riesce a farvi fronte. La cosiddetta pace fiscale sarà uno dei primi provvedimenti del nuovo Governo. Cerchiamo allora di comprendere meglio cos’è la pace fiscale; come funzionerà in concreto il maxi-condono delle cartelle; quali saranno gli sconti sui debiti fiscali e quanto bisognerà effettivamente pagare.

Sovraindebitamento: cosa fare se ho troppi debiti?

Con la crisi economica il fenomeno del sovraindebitamento è diventato argomento quotidiano, giungendo a far parlare di sé in situazioni persino disperate in cui molti contribuenti, non potendo far fronte ai propri debiti, sono giunti persino a togliersi la vita. Il fenomeno del sovraindebitamento è una situazione che riguarda moltissimi soggetti, imprenditori o semplici lavoratori e contribuenti che, a causa della crisi, non sono riusciti a far fronte all’imponente mole di debiti accumulata. Debiti con l’erario, debiti con i fornitori, debiti con Equitalia, debiti con le banche: ci vuole poco e l’esposizione debitoria diventa incontrollabile. Non sono rari i casi di quei padri di famiglia che, ad esempio, perso il lavoro, non sono stati più in grado di pagare il mutuoalla propria banca, o di quei piccoli imprenditori in crisi i quali, volendo continuare a pagare i dipendenti della propria azienda, in attesa di tempi migliori abbiano scelto di non pagare alcuni tributi, con la inevitabile conseguenza del veder maturare un’imponente esposizione debitoria (maggiorata di interessi, sanzioni e aggio) nei confronti del fisco. Proprio in questo contesto si è inserita la cosiddetta legge sul sovraindebitamento, conosciuta anche come legge salva suicidi [1], che ha segnato un importante punto fermo nell’ordinamento per la tutela e la regolamentazione di quella che viene chiamata insolvenza civile.

Troppi debiti con il fisco: è in arrivo la pace fiscale

C’è di nuovo, inoltre, che sul  tema è in arrivo anche la cosiddetta pace fiscale. La “pace fiscale” è una delle novità previste nel contratto firmato dal neonato Governo Conte ed è rivolta a tutti coloro che hanno contratto debiti con Equitalia fino al 2014 e non riescono a farvi fronte.  Buone notizie, dunque, per chi ha maturato debiti con Equitalia, poi sostituta dall’Agenzia delle Entrate Riscossione: sono in arrivo, infatti, importantissime agevolazioni per quanto concerne tutte le cartelle Equitalia emesse sino al 2014. Ma procediamo con ordine. Vediamo allora, più nel dettaglio, in cosa consiste la pace fiscale e quali saranno le agevolazioni per chi ha molti debiti con il fisco; come funzionerà in concreto il maxi-condono delle cartelle; quali saranno gli sconti sui debiti fiscali e quanto bisognerà effettivamente pagare.

Pace fiscale: cos’è

Come anticipato, la cosiddetta “pace fiscale” è una delle novità previste dal nuovo contratto di governo. Lega e M5S, infatti, intendono avviare il lungo cammino delle annunciate novità fiscali con quello che è stato ribattezzato come il nuovo grande condono delle cartelle Equitalia.

Molti commentatori, infatti, hanno definito la pace fiscale come un “condono estremo”, che consentirà ai contribuenti di regolarizzare debiti su imposte o contributi non pagati. All’interno del Contratto di Governo, tuttavia, è chiaramente previsto che l’obiettivo della pace fiscale non sarà quello di condonare i debiti agli evasori ma di aiutare chi, per problemi economici, non è stato in grado di pagare le tasse e non lo è tutt’ora, attraverso un meccanismo di saldo e stralcio.

Dunque, la pace fiscale consisterà, in sostanza, in un saldo e stralcio previsto a favore dei piccoli contribuenti in difficoltà economiche e che, pur volendo, non riuscirebbero a far fronte ai debiti contratti con il fisco.

La misura, dunque, non consisterà in un condono, ma in una agevolazione per i contribuenti, vale a dire uno sconto sulle cartelle Equitalia, che sarà tanto maggiore quanto più forti sono le difficoltà economiche del contribuente.

Pace fiscale: come funziona?

È chiaro che per avere a disposizione tutti i dettagli su come funzionerà la pace fiscale  sarà necessario attendere, seppur sia stato annunciato che Lega e M5S intendano inserirla tra le prime leggi da approvare. Per il momento, ad aiutarci a comprendere come funziona la pace fiscale sono le indiscrezioni rilasciate negli scorsi giorni da molti esponenti della Lega e, soprattutto, da Armando Siri: potranno essere condonate le cartelle Equitalia notificate fino al 2014 e il risparmio conseguibile sarà notevole. In media, secondo i calcoli effettuati, si pagherà il 15% del totale del debito ammesso alla pace fiscale e gli sconti, che mirano ad agevolare i contribuenti in difficoltà economiche e falliti, saranno fondamentali per consentire al nuovo Governo di finanziare l’altra grande novità fiscale: la flat tax.

Pace fiscale: quali sconti

Come detto la pace fiscale consisterà in un forte sconto a favore dei piccoli contribuenti in difficoltà economiche. Più nel dettaglio le aliquote previste sono tre:

  • la prima percentuale sarà del 25% e riguarderà la più ampia platea dei contribuenti;
  • la seconda percentuale sarà del 10%;
  • l’ultima del 6%.

Le aliquote del 25, 10 e 6% si applicheranno  a seconda del profilo del debitore: maggiore è la difficoltà nell’assolvere il pagamento all’erario, maggiore sarà lo sconto.  In sostanza, le somme da pagare non saranno uguali per tutti: il calcolo andrà fatto in base al reddito dichiarato e alle difficoltà economiche del contribuente. A tal proposito, si considerano quali parametri: la presenza di figli minori, il possesso dell’abitazione o l’affitto, nonché ovviamente l’attività lavorativa e l’eventuale stato di disoccupazione o cassa integrazione.

I contribuenti che hanno debiti con Equitalia, dunque, potranno aderire alla pace fiscale pagando una percentuale minima della cartella. L’importo sarà calcolato in base alla specifica situazione economica di ciascun soggetto ammesso alla procedura. Come già sottolineato, le aliquote di pagamento stabilite saranno tre: 25%, 10% e 6%, applicate in base al reddito, e potranno beneficiare della pace fiscale i contribuenti con debiti fino a 200 mila euro.

Pace fiscale: quanto si pagherà e quanto si risparmia

Per comprendere quanto si pagherà e quanto si risparmierà con la pace fiscale, facciamo un esempio pratico.

Ipotizziamo allora un debito di 100 mila  euro ammesso alla procedura di pace fiscale con ciascuna delle tre aliquote, pari al 6%, al 10% ovvero al 25%.

Nel primo caso, su un debito complessivo di 100 mila euro si dovranno pagare 6mila euro; nel secondo caso 10 mila euro e nel terzo caso 25 mila euro.

È evidente, dunque, che chi potrà aderire alla pace fiscale risparmierà moltissimo. Ricordiamo che sarà possibile aderire al “condono” delle cartelle emesse fino al 2014 per importi massimi di 200 mila euro.

Pace fiscale e rottamazione delle cartelle: quali differenze

A differenza della rottamazione, il saldo e stralcio previsto dalla pace fiscale funzionerà diversamente: l’importo da pagare sarà calcolato in base alla specifica situazione economica del contribuente con aliquote che andranno dal 6% al 25%.

Mentre, dunque, la sanatoria introdotta dal Governo Renzi per le cartelle emesse fino al mese di settembre 2017, tagliava soltanto sanzioni e interessi di mora, restando pieno l’importo netto dei debiti fiscali maturati; con la nuova manovra l’intero importo dovuto sarà calcolato tenendo presente la condizione economica del contribuente (come detto, tra le variabili considerate si terrà conto anche del possesso o meno della casa di proprietà e della composizione del nucleo familiare).

Pace fiscale: a quali voci si applicherà?

La pace fiscale, conformemente a quanto detto sopra, si applicherà su tutte le voci della cartella e dunque su dovuto, interessi, sanzioni e aggi. Sarà omnibus.

Pace fiscale: a quali cartelle si applica?

Come anticipato,  la pace fiscale riguarderà tutte le cartelle Equitalia emesse fino al 2014 e, dunque, i ruoli emessi fino al 2014.

note

 [1] L. n. 3 del 27.01.2012.

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Cosa fare in pensione

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Come si riempie la giornata quando si lascia il lavoro? Volontariato, attività fisica e intellettuale, viaggi, famiglia: si può essere più impegnati di prima.

Il primo segnale arriva la mattina presto: la sveglia non suona più alle 6 del mattino. Ci si può girare nel letto dall’altra parte: non bisogna alzarsi di colpo, andare sotto la doccia, prendere un caffè al volo e intrufolarsi nel traffico cittadino o correre a prendere i mezzi pubblici per andare al lavoro. È arrivato il giorno della pensione. Tanto atteso quanto, a volte, temuto. Ci si alza più tardi, si fa colazione con calma in compagnia della famiglia. E mentre si inzuppano i biscotti nel caffè, si pensa: «E oggi, che cosa faccio? Come passo la giornata?». Di cose da fare in pensione ce ne sono un’infinità. Di solito si parte da quelle che il lavoro ci ha sempre impedito di realizzare e che abbiamo sempre «parcheggiato»: i lavoretti in casa, il giardino, l’orto per chi ne ha lo spazio e la passione, la chiacchierata con gli amici, la passeggiata con la moglie o con il marito. Poi, però, si sente la necessità di riempire le giornate in un altro modo, di continuare a rendersi utili, come quando si era al lavoro. Per non avere la sensazione di essere arrivati al capolinea. Per affrontare quella che si chiama «crisi da pensionamento», che genera uno stress a volte più forte di quello avvertito quando si andava in ufficio. Insomma, per non cadere nella depressione o nella noia. Cosa fare in pensione, allora?

Gli effetti di andare in pensione

Non sottovalutate il momento in cui si smette di lavorare. Se si affronta nel modo giusto, specialmente da chi non ha mai avuto un rapporto ottimale con il lavoro, la pensione può essere l’anticamera del Paradiso. Altrimenti, si entra in un vortice che può rivelarsi piuttosto pericoloso. Si arriva a quella che prima chiamavamo la «crisi da pensionamento». Non si tratta di una malattia vera e propria ma di una reazione umanamente comprensibile che, però, può sfociare in depressione, apatia e mancanza di autostima e di motivazione. È facile pensare in questo caso che tutto ciò che si fa non sia mai abbastanza.

C’è un altro aspetto non indifferente: quello del rapporto di coppia. Pensateci bene: quando si va al lavoro, quanto tempo si dedica al proprio coniuge? La sera, il fine settimana, i giorni delle vacanze. Quando si va in pensione, invece, la presenza è continua, 24 ore su 24. Forse è proprio in quel momento che si esperimenta la vera convivenza. Il che non sempre è positivo: qualche autorevole studio conferma che, dopo un certo tempo di pensionamento, salta fuori la crisi coniugale. Soprattutto se chi è abituato a stare a casa rimprovera il neopensionato di non essere attivo come prima. Benzina sul fuoco, si chiama dalle mie parti.

Non per mettere tutto sul piano negativo, per carità (la spinta di vita sta per arrivare, tranquilli). Ma giusto per non trascurare alcunché, bisogna pensare anche alla salute. Fate pure le corna, se lo volete, ma migliaia di lavoratori andati in pensione – soprattutto all’età stabilita e non prima – soffrono di effetti piuttosto preoccupanti sulle loro capacità cognitive. È come se «rilassassero» il cervello, come se quell’abilità che hanno sempre avuto venisse meno perché non è più necessaria.

Tutto ciò può essere compensato da un solo pensiero: «Sono in pensione ed il tempo e le mie attività me le gestisco io senza rendere conto a nessuno». Cosa vuoi di più dalla vita (a parte l’amaro)? La risposta è capire cosa fare in pensione per tenersi attivi da ogni punto di vista. Cose come queste.

Cosa fare in pensione: porsi degli obiettivi

I tempi in pensione si dilatano e, ora che il lavoro non c’è più, la prima cosa da fare è porsi degli obiettivi. Creare, ad esempio, un elenco di tutte quelle cose che si è sempre voluto fare ma che, per mancanza di occasioni, sono rimaste inconcluse. È un modo piuttosto efficace per essere impegnati fin dal primo giorno. Obiettivi che non devono, per forza, essere immediati, come sistemare finalmente il giardino, svuotare il solaio o andare in palestra o in piscina per recuperare un po’ di forma. Ci sono dei traguardi da tagliare a medio o lungo termine che possono tenere impegnato per più tempo chi va in pensione e che daranno un senso ad ogni giornata: imparare una lingua (mai è tardi e, ora che si può viaggiare di più, può essere sempre utile), iscriversi ad un’associazione di volontariato, frequentare l’università della terza età. O aiutare un figlio nella sua attività, se magari è un artigiano o un piccolo imprenditore.

Cosa fare in pensione: il volontariato

Il volontariato è, sicuramente, l’attività più adatta per chi va in pensione e non sa che cosa fare o come impegnare il proprio tempo. Forse perché è il modo più efficace per dare valore alle proprie capacità e metterle al servizio della società senza, per forza, doverci guadagnare dei soldi: in questi casi, la soddisfazione di ciò che si fa per gli altri ripaga più di uno stipendio.

Infatti, il pensionato che si dedica al volontariato ha la possibilità di:

  • essere coinvolto nella vita della comunità a cui appartiene;
  • offrire il proprio contributo a migliorare la qualità della vita degli altri attraverso le proprie competenze (che si tratti di abilità manuali o intellettuali);
  • avere una vita sociale più allargata, con nuove conoscenze che aiutano a tenere anche la mente attiva, oltre ad evitare di cadere nella depressione o nella routine di frequentare sempre le stesse persone;
  • essere valorizzati per quello che si è e per quello che si fa.

Di associazioni di volontariato l’Italia è piena, in qualsiasi settore. Ci sono, ad esempio, quelle che si occupano di aiutare gli anziani non autosufficienti portando i pasti o la spesa nelle loro case, pagando le bollette per loro o accompagnandoli a fare una visita medica o a trovare un parente. Ci sono quelle che si dedicano ai bambini, specialmente a quelli che sono ricoverati per diverso tempo in ospedale e che hanno bisogno di un sostegno. Ma c’è anche la scuola materna privata del paese, che non ha le risorse per assumere una persona che si dedichi a tenere pulito e sistemato il giardino o il parco giochi. E ancora: i volontari del sangue, quelle che si occupano dei canili, le associazioni che raccolgono vestiti usati o cibo per chi ne ha bisogno, la Protezione civile, la parrocchia, la Pro Loco e tante altre realtà piene di cose da fare in pensione.

Cosa fare in pensione: conoscere il mondo

Altra attività che, lavorando per anni a tempo pieno, è stata impossibile o, quanto meno, molto limitata è quella di farsi ogni tanto un viaggio per conoscere una città o un Paese di cui si è sempre rimasti affascinati ma che ancora non si ha avuto l’occasione di visitare. Prendere zaino e valigia per partire verso una qualsiasi destinazione significa per chi va in pensione mantenere viva la curiosità di vedere e di imparare delle cose nuove, incontrare delle persone diverse. Se quella vacanza la si fa in coppia, lo stimolo è ancora maggiore: sarà il pensionato a dover trovare la città ideale, l’albergo, il mezzo di trasporto più adatto (e più economico), i luoghi da visitare. Tuttavia, anche il viaggio organizzatoda un tour operator con altre persone della stessa età stimola la capacità di interagire con gli altri e dà la possibilità di aumentare la cerchia di conoscenti e di amici.

Cosa fare in pensione: il tempo per la famiglia

Quante volte ci si è sentito dire: «Non ci sei mai, sei sempre al lavoro». Bene, la pensioneconcede la possibilità di dedicare alla famiglia il tempo sottratto durante gli anni lavorativi. Certo, i figli saranno cresciuti e magari, a loro volta, avranno messo su famiglia anche loro. E allora, perché non dare una mano a loro con i nipotini, come probabilmente abbiamo chiesto noi ai nostri genitori quando avevamo dei bambini piccoli e non potevamo permetterci una baby-sitter? Il pensionato-nonno è quello che può portare i nipoti a scuola, andare a prenderli all’ora di pranzo, mangiare e giocare con loro, portarli al parco. Che ci guadagna il nonno? Molto più di quello che può immaginare. Intanto, si sente parte attiva della famiglia, rendendosi utile sia verso i figli sia verso i nipoti. Inoltre, si sente un punto di riferimento importante, il che fa crescere la propria autostima. E poi, vuoi mettere la soddisfazione di vedere un nipote che gioca e che passa il tempo volentieri con te anziché con la Playstation?

Cosa fare in pensione: lavorare

Ma come: 40 e passa anni (secondo la riforma Fornero) ad andare in ufficio e quando si va in pensione si va avanti a lavorare? E perché no? Pensiamo al pensionato che non ha famiglia e che, quindi, non può dedicarsi a figli o nipoti. E che, per una serie di motivi, non riesce ad accettare l’idea di lasciare definitivamente il lavoro. Ci sono alcune delle attività che abbiamo elencato prima che si possono fare anche in cambio di un guadagno economico, poco o tanto che sia, magari per arrotondare la pensione. Per esempio:

  • chi è andato in pensione ha maturato sicuramente l’esperienza necessaria per fare il consulente in qualche società o azienda. Oltre a garantire la propria professionalità, ha modo di insegnare alle nuove leve i trucchi del mestiere imparati nel tempo;
  • chi ha passato tutta la vita in ufficio può aprire un negozietto e diventare commerciante oppure prendere in gestione un bar. Si tratta di un’attività completamente diversa da quella svolta in passato che può dare delle nuove soddisfazioni;
  • chi ha un po’ di confidenza con le cose della casa può buttarsi su un mestiere non molto diffuso in Italia ma utile ad arrotondare la pensione: si chiama house sitter e consiste nel curare la casa di un altro durante la sua assenza (per vacanza o per un lavoro che lo terrà lontano dalla propria abitazione per un certo periodo di tempo). Il pensionato si occuperà di mantenerla pulita, di annaffiare le piante, di pagare le bollette, di portare a spasso il cane e dargli da mangiare, ecc. Lo stesso vale per chi ci sa fare con l’orto e decide di curare l’insalata ed i pomodori altrui. Solo che in questo caso si chiamerà «vegetable garden sitter». Non suona male.

Cosa non fare in pensione

Ci sono tante cose da fare in pensione. Ma ci sono anche alcune da non fare, errori che si possono evitare per vivere questo nuovo periodo della propria vita nel modo più sereno possibile. Da escludere, quindi:

  • l’isolamento in casa, specialmente se accompagnati dalla solitudine e dalla sensazione di sentirsi vecchi e finiti;
  • rifiutare qualsiasi proposta per fare delle cose nuove e vivere delle esperienze sconosciute. È il modo migliore per «accomodarsi» in eterno nella propria poltrona, attorno alla quale ci sarà sempre meno gente, stanca di sentirsi dire sempre di no;
  • passare le giornate dal dottore. È vero che ad una certa età gli acciacchi si sentono più spesso ma diventare ipocondriaci perché «andare in pensione vuol dire che, ormai, mi resta poco da vivere» ha una duplice conseguenza: accorcia la vita e fa perdere la pazienza al medico di famiglia.

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