Cartelle sotto 100mila euro cancellate?

Views: 1

Condono per chi ha debiti non superiori a centomila euro con l’ex Agente della riscossione Equitalia.

È l’idea di Matteo Salvini: chiudere subito tutte le cartelle esattoriali di Equitalia per cifre inferiori ai 100 mila euro, per liberare milioni di italiani incolpevoli ostaggi e farli tornare a lavorare, sorridere e pagare le tasse». Il riferimento è quindi a chi ha già contratto debiti con l’ex Agente della Riscossione e ancora non è riuscito a pagarli, nonostante le due rottamazioni. Un condono insomma, ribatte la sinistra. Salvini ama invece chiamarla «pace fiscale». Di coperture però non è stato parlato.

Di Maio ribatte «Bisogna abolire il sistema Equitalia di nome e di fatto» forse dimenticando che Equitalia non esiste più già da circa un anno. 

Il Ministro ha poi aggiunto «Dodicimila evasori totali sconosciuti al fisco e grandi evasori che hanno rubato una media di 2 milioni di euro a testa – ha detto – onore alla Guardia di Finanza che li ha scovati, ora tocca al governo ridurre le tasse e semplificare il sistema fiscale».

Chi sono gli italiani graziati dalla sanatoria?

La platea interessata dalla proposta del ministro degli interni è enorme: ben il 94% dei crediti fiscali dello Stato, notificati già ai contribuenti, è al di sotto di centomila euro. Il che significa che quasi tutti i contribuenti che hanno ancora un debito aperto con l’erario saranno graziati. 

«Chiudere da subito tutte le cartelle esattoriali di Equitalia per cifre inferiori ai 100 mila euro»

I crediti di Equitalia, lo ricordiamo, sono ormai passati ad Agenzia Entrate Riscossione che – bisogna ammetterlo – non ha dimostrato tentennamenti nel riprendere le azioni che aveva già intrapreso il suo predecessore nella riscossione. La proposta di Salvini ha quindi destato il massimo interesse in molti contribuenti che, in passato, non hanno pagato le cartelle esattoriali. 

Cosa comporta la nuova pace fiscale?

Per il momento si tratta di una semplice affermazione. Sembrerebbe tuttavia che il Governo voglia aprire le porte non a una nuova rottamazione, ma a una vera e propria sanatoria, un’abolizione del debito o qualcosa di molto simile. Bisognerà vedere i successivi sviluppi per comprendere cosa intende Salvini. E soprattutto comprendere che impatto avrà questa affermazione sulle rottamazioni in corso che potrebbero a questo punto essere ritenute non più convenienti e abbandonate dai contribuenti.

D’accordo con Salvini sulla necessità di «un approccio fondato sulla semplificazione fiscale, sulla buona fede e sulla cooperazione tra le parti» è il Comandante generale della Guardia di Finanza, Giorgio Toschi, che ieri nel corso dei festeggiamenti del Corpo ha rimarcato l’impegno della Gdf nel «sostenere convintamente il cambiamento nei rapporti tra amministrazione finanziaria e contribuente». In sostanza occorre intervenire per «favorire l’adeguamento spontaneo e ridurre al minimo, dove possibile, l’invasività dei controlli».

FONTE

La sinistra annega nell’Aquarius

Views: 1

La sinistra, Italiana ed Europea, è allo sbando. Anzi, per usare le parole di Fassina (ottimo analista, timido politico) nel quadro attuale la sinistra è morta. Tanto quella liberale (il PD) quanto le varie formazioni “radicali”, prive di qualsiasi presa tra la gente e/o punto fermo ideologico.

La vicenda della nave Aquarius rappresenta l’ultimo psicodramma della sinistra che procede in direzione ostinata e contraria rispetto a quello che dovrebbe essere il suo popolo. Varie umanità “sinistre”, capeggiate da presunti intellettuali, si sono lanciate in considerazioni che coprono tutto lo spettro della cialtroneria dal disonesto (Saviano) all’imbarazzante (Albinati).

Dal punto di vista tattico, la scelta mi sembra anche logica. Da quarant’anni la sinistra ha sacrificato la difesa del lavoro sull’altare del mercatismo global-€uropeista. La base sociale si è quindi svuotata di operai e riempita di esponenti di classe medio/alta con pretese intellettualoidi. I temi fondamentali sono diventati quelli di un grande partito radicale: le libertà:

– Libertà di comprare ciò che si vuole (figli compresi)
– Libertà di unirsi con chi si vuole
– Libertà di drogarsi come si vuole
– etc.

È del tutto naturale quindi che il mondo della sinistra come un sol uomo si sia scagliato contro il Ministro dell’Interno. Reo, non di aver messo in pericolo i naufraghi soccorsi dall’Acquarius con l’aiuto della Marina Italiana (nessuno a bordo ha mai rischiato nulla), ma di aver limitato la libertà dei migranti di scappare dalla guerra (!?) e sbarcare in Italia.

Mi sta benissimo. Quello che i sinistri si rifiutano di capire però, è che il liberalismo dei costumi è filosoficamente propedeutico al liberalismo economico. Sostenendo la libertà di chiunque di andare dove gli pare nel mondo è difficile opporsi alla libera pretesa dei padroni di pagare i lavoratori 4 euro l’ora. O forse questo a sinistra lo si sa benissimo?

Ma torniamo alla nave Acquarius e proviamo a analizzare il tema migratorio da un punto di vista marxiano. In quest’ottica destra e sinistra sono semplicemente due categorie borghesi, che si differenziano solo per un diverso atteggiamento rispetto alla sovrastruttura dei rapporti di classe. Entrambe sono quindi un nemico da sconfiggere per il raggiungimento della società socialista internazionale.

Questo per quanto riguarda la strategia e l’obiettivo finale. D’altra parte qualsiasi risposta marxiana a un problema concreto non può che tenere conto della prassi dei rapporti di forza tra capitale e lavoro. In particolare un vero marxiano sosterrà tatticamente, ma senza indugi, qualsiasi azione concreta possa arrecare danno all’architettura del capitalismo liberista imperante.

Alla luce di tutto questo, non può esserci alcun dubbio riguardo la posizione da prendere nella dialettica Salvini vs. Aquarius-ONG. Al netto delle reazioni isterico/scomposte della sinistra (anche e soprattutto radicale), il vero marxista sa benissimo come interpretare il fenomeno migratorio.

L’immigrazione è un mero strumento del capitale. Serve a spezzare il fronte dei lavoratori creando un esercito industriale di riserva disposto a sostituire i lavoratori attuali a condizioni contrattuali peggiori.
Chiarissima in questo senso è la lettera di Marx a Meyer e Vogt del 1870 riguardo i rapporti tra Irlanda e Inghilterra:

Per quanto riguarda la borghesia inglese questa ha in primo luogo in comune con l’aristocrazia inglese l’interesse a trasformare l’Irlanda in pura e semplice terra da pascolo che fornisce carne e lana ai prezzi più bassi possibili per il mercato inglese. Essa ha lo stesso interesse a ridurre la popolazione irlandese al minimo mediante esproprio e emigrazione forzata; in modo che il capitale inglese possa funzionare in questo paese con sicurezza.

Ma la borghesia inglese ha interessi ancora più notevoli nell’attuale economia irlandese. Attraverso la continua e crescente concentrazione dei contratti di affitto l’Irlanda fornisce il suo sovrappiù al mercato del lavoro inglese e in tal modo comprime i salari nonché la posizione materiale e morale della classe operaia inglese.

E ora la cosa più importante! In tutti i centri industriali e commerciali dell’Inghilterra vi è adesso una classe operaia divisa in due campi ostili, proletari inglesi e proletari irlandesi. L’operaio comune inglese odia l’operaio irlandese come un concorrente che comprime il suo tenore di vita. Egli si sente di fronte a quest’ultimo come parte della nazione dominante e proprio per questo si trasforma in strumento dei suoi aristocratici e capitalisti contro l’Irlanda, consolidando in tal modo il loro dominio su se stesso. L’operaio inglese nutre pregiudizi religiosi, sociali e nazionali verso quello irlandese. Egli si comporta all’incirca come i bianchi poveri verso i negri negli Stati un tempo schiavisti dell’unione americana. L’irlandese lo ripaga con la stessa moneta. Egli vede nell’operaio inglese il corresponsabile e lo strumento idiota del dominio inglese sull’Irlanda.

Sostituite pure l’Irlanda con un qualsiasi paese africano e la borghesia inglese con la borghesia transnazionale cosmopolita contemporanea e avrete una fotografia fedele dei rapporti tra Africa e mondo occidentale.

La migrazione è quindi al tempo stesso:

un prodotto dell’oppressione predatoria del capitale verso determinate regioni del mondo.
un mezzo per spezzare il fronte internazionale dei lavoratori mettendo gli uni contro gli altri.
Ora, aristotelicamente, chi vuole i mezzi per ottenere una cosa e le conseguenze di questa qual cosa vuole anche la cosa stessa. Se voglio la bomba atomica e il fall-out radioattivo, ne consegue che voglio anche il bombardamento di Hiroshima. Fuor di metafora, chi oggi appoggia il fenomeno migratorio (per di più gestito da ONG che rispondono a interessi privati) appoggia il capitale. È quindi un nemico del lavoro.

Punto.

Autore: thomasmuntzerblog
Omnia sunt communia
Autore thomasmuntzerblog
Scritto il giugno 19, 2018

Governo, nominati 45 tra viceministri e sottosegretari:

Views: 2

IL COMUNICATO DI PALAZZO CHIGI

Presidenza del Consiglio dei ministri
on. Guido Guidesi, sen. dott. Vincenzo Santangelo, on. Simone Valente (Rapporti con il Parlamento e democrazia diretta);
on. dott. Mattia Fantinati (Pubblica amministrazione);
on. Stefano Buffagni (Affari regionali e autonomie);
on. dott.ssa Giuseppina Castiello (Sud);
sig. Vincenzo Zoccano (Famiglia e disabilità);
pres. Luciano Barra Caracciolo (Affari europei);
sen. Vito Claudio Crimi (Editoria);
on. Vincenzo Spadafora (Pari opportunità e giovani);

Affari esteri e cooperazione internazionale
on. dott. Emanuela Claudia Del Re
on. dott. Manlio Di Stefano
sen. dott. Ricardo Antonio Merlo
on. dott. Guglielmo Picchi

Interno
sen. Stefano Candiani
dott. Luigi Gaetti
on. dott. Nicola Molteni
on. dott. Carlo Sibilia

Giustizia
on. dott. Vittorio Ferraresi
on. avv. Jacopo Morrone

Difesa
on. dott Angelo Tofalo
on. Raffaele Volpi

Economia e finanze
on. dott Massimo Bitonci
on. dott.ssa Laura Castelli
on dott. Massimo Garavaglia
on. dott Alessio Mattia Villarosa

Sviluppo Economico
sen. dott Andrea Cioffi
on. Davide Crippa
on. dott Dario Galli
prof. Michele Geraci

Politiche Agricole alimentari e forestali
on. dott. Franco Manzato
dott.ssa Alessandra Pesce

Ambiente, tutela del territorio e del mare
on. Vannia Gava
on. Salvatore Micillo

Infrastrutture e Trasporti
sig. Michele Dell’Orco
on. dott. Edoardo Rixi
sen. Armando Siri

Lavoro e le politiche sociali
on. Claudio Cominardi
on. Claudio Durigon

Istruzione, Università e Ricerca
prof. on. Lorenzo Fioramonti
prof. Salvatore Giuliano

Beni e attività Culturali e il turismo
sen. dott.ssa Lucia Borgonzoni
on. dott. Gianluca Vacca

Salute
prof. Armando Bartolazzi
on.  dott .Maurizio Fugatti

Debiti: come uscirne con la procedura da sovraindebitamento?

Views: 1

La procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento consente un forte abbattimento dell’esposizione debitoria e la possibilità di un pagamento rateale anche dei debiti fiscali

Con la crisi economica dell’ultimo decennio, il fenomeno dell’eccessivo indebitamento è diventato sempre più diffuso. Non solo imprese e operatori commerciali, ma anche lavoratori che avendo perso il posto di lavoro non sono più stati in grado di far fronte ai propri debiti. Non sono rari i casi di quei padri di famiglia che, ad esempio, perso il lavoro, non sono stati più in grado di pagare il mutuo alla propria banca, o di quei piccoli imprenditori in crisi i quali, volendo continuare a pagare i dipendenti della propria azienda, in attesa di tempi migliori abbiano scelto di non pagare alcuni tributi, con la inevitabile conseguenza di maturare una esposizione debitoria (maggiorata di interessi, sanzioni e aggio) nei confronti del fisco.

Talvolta, queste situazioni di indebitamento incontrollato hanno condotto i protagonisti a decisioni estreme come quella di togliersi la vita. Per cercare di porre un argine a questa situazione è stata pensata la legge del 2012 [1], in proposito ribattezzata dalla stampa come “salva suicidi”. L’intento della legge in commento è quello di porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento: il debitore non soggetto a fallimento, infatti, può concludere un accordo con i creditori nell’ambito di una procedura denominata «Composizione della crisi da sovraindebitamento», che soddisfa i creditori senza trascurare i bisogni della famiglia del debitore e delle sue reali capacità di pagamento. In concreto la legge consente ad alcuni soggetti non fallibili in gravi difficoltà economiche (come professionisti, pensionati, piccoli imprenditori)  di avviare una procedura diretta a conseguire la liberazione integrale dai propri debiti (anche fiscali), mediante un pagamento rateale concordato nonché con una forte riduzione dell’esposizione debitoria complessiva.

La legge in questioneprevede in realtà tre diverse procedure:

  • l’accordo del debitore.
  • la liquidazione dei beni.
  • il piano del consumatore.

Sebbene in tutti e tre i casi la procedura sia abbastanza snella, nell’applicazione pratica la legge ha creato, sin dal suo nascere, una serie di problemi e di dubbi interpretativi sia per gli operatori del diritto che per i cittadini e gli imprenditori. Qual è la procedura da seguire, i documenti da presentare? Vediamone meglio i contenuti e i dettagli.

Sovraindebitamento: che vuol dire?

Una corretta analisi della legge in commento deve per forza di cose partire dal significato di sovraindebitamento. Con esso, infatti, ci si riferisce ad una situazione di perdurante squilibrio tra i debiti contratti e il patrimonio per farvi fronte, nonchè la definitiva incapacità del debitore ad adempiere regolarmente le proprie obbligazioni.  Infatti, possono fare ricorso alle procedure previste da questa legge i consumatori che non hanno più la possibilità di pagare o le imprese non soggette a fallimento, che non possono dichiarare fallimento e sono costrette a fronteggiare le pretese dei creditori.

Sovraindebitamento: quali benefici dalla procedura?

Dalla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, i soggetti ammessi possono trarre numerosi vantaggi. In primo luogo la possibilità di ridurre i debiti, pagarli ratealmente ed in proporzione alle reali possibilità del debitore ed ai fabbisogni della sua famiglia. Allo stesso tempo il beneficiario della legge può ottenere dal giudice anche la cancellazione delle segnalazioni sfavorevoli eventualmente comparse nelle banche dati del sistema creditizio, avendo così  la possibilità di accedere di nuovo ai finanziamenti.

Sovraindebitamento: dove e come attivare la procedura

Il ricorso per attivare la procedura per la composizione della crisi da sovraindebitamento va presentato presso il Tribunale del luogo di residenza del debitore. Nel corso della procedura, il debitore può essere affiancato da appositi Organismi di composizione della crisi (detti Occ). Questi sono promossi da Enti pubblici, Camere di commercio o Ordini professionali e hanno le competenze professionali necessarie ad accompagnare il debitore nella redazione della proposta di composizione della sua situazione di sovraindebitamento e nell’esecuzione della stessa. Allo stato questi organismi non sono presenti in tutte le città d’Italia, per cui per quei posti in cui non sono ancora stati costituiti, il Tribunale provvede alla nomina di un professionista (avvocato, commercialista o notaio) che ne svolge il ruolo.

Sovraindebitamento: i metodi per comporre la crisi

Come anticipato i metodi per comporre la crisi da sovraindebitamento sono 3 ed in particolare:

  • accordo del debitore (riservato a debitori con partita iva non soggetti a fallimento);
  • piano del consumatore (riservato al consumatore stesso);
  • liquidazione del patrimonio del debitore (riservato sia ai debitori con partita iva non soggetti a fallimento, che al consumatore).

Sovraindebitamento: l’accordo del debitore

L’imprenditore, l’azienda non soggetta a fallimento ed il consumatore, possono proporre ai creditori un accordo per ristrutturare e definire i debiti sulla base di un piano che tenga conto delle loro effettive reali capacità di pagamento e del fabbisogno della famiglia. In concreto il piano consiste in stralcirateazioni, cancellazione degli interessi ecc. Per la redazione del piano possono essere assistititi da un Organismo di composizione della crisi.

La proposta di accordo per la ristrutturazione del debito, è attuabile quando ci sia il consenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti [2]. Alla domanda di ammissione alla procedura per la composizione della crisi da sovraindebitamento vanno allegati una serie di documenti tra cui:

  • elenco dei creditori con l’indicazione delle somme dovute;
  • elenco dei beni del debitore;
  • elenco degli atti di disposizione compiuti negli ultimi 5 anni;
  • copia delle ultime 3 scritture contabili con attestazione di autenticità agli originali;
  • attestazione della fattibilità della proposta (a cura dell’Occ);
  • elenco delle spese necessarie per il sostentamento della famiglia del debitore;
  • stato di famiglia del debitore.

Il Giudice, accertata preliminarmente la sussistenza dei presupposti e dei requisiti previsti dalla legge fissa l’udienza di omologazione dell’accordo con decreto. Attraverso questo decreto il giudice ordina una serie di prescrizioni per consentire la pubblicità della proposta e l’adesione alla stessa da parte dei creditori. Non tutti i creditori, però, hanno diritto di esprimersi sulla proposta. Ad esempio i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca dei quali la proposta prevede l’integrale pagamento non sono computati ai fini del raggiungimento della maggioranza e non hanno diritto di esprimersi sulla proposta. Pertanto, ai fini dell’omologazione, l’accordo si ritiene raggiunto, quando la proposta ottenga il consenso dei creditori che rappresentino almeno il 60% dei crediti ammessi ad esprimersi. Il giudice, entro 6 mesi dalla presentazione dell’istanza, deve provvedere in ordine all’omologazione.

Accordo del debitore: effetti dell’omologazione

L’accordo del debitore omologato diventa vincolante sia nei confronti del debitore sia nei confronti di tutti i creditori sorti precedentemente alla data di pubblicazione del decreto di ammissione alla procedura. Ulteriore effetto dell’omologazione dell’accordo del debitore è che i creditori con titolo posteriore non possono procedere esecutivamente sui beni oggetto dell’accordo/piano, quantomeno fino alla completa esecuzione del piano e che risultano tutti gli atti dispositivi dei beni posti in essere in violazione dell’accordo/piano.

Durante il periodo di esecuzione dell’accordo l’Organismo di composizione della crisivigila sul suo corretto adempimento, mentre il Giudice si occupa di supervisionare la procedura, garantendo un controllo di legalità all’attuazione del piano.

note

[1] L. n. 3/2012.

[2] Art. 18 D. l. n. 179/2012.

fonte

Cos’è la pace fiscale

Views: 1

Pace fiscale: in arrivo il maxi-condono delle cartelle Equitalia. Vediamo come funzionerà in concreto la pace fiscale; quali saranno gli sconti sui debiti fiscali e quanto bisognerà effettivamente pagare

Lo avevamo già preannunciato in Debiti con il fisco: è in arrivo la pace fiscale. Buone notizie, dunque, per chi ha molti debiti con il fisco e non può o non riesce a farvi fronte. La cosiddetta pace fiscale sarà uno dei primi provvedimenti del nuovo Governo. Cerchiamo allora di comprendere meglio cos’è la pace fiscale; come funzionerà in concreto il maxi-condono delle cartelle; quali saranno gli sconti sui debiti fiscali e quanto bisognerà effettivamente pagare.

Sovraindebitamento: cosa fare se ho troppi debiti?

Con la crisi economica il fenomeno del sovraindebitamento è diventato argomento quotidiano, giungendo a far parlare di sé in situazioni persino disperate in cui molti contribuenti, non potendo far fronte ai propri debiti, sono giunti persino a togliersi la vita. Il fenomeno del sovraindebitamento è una situazione che riguarda moltissimi soggetti, imprenditori o semplici lavoratori e contribuenti che, a causa della crisi, non sono riusciti a far fronte all’imponente mole di debiti accumulata. Debiti con l’erario, debiti con i fornitori, debiti con Equitalia, debiti con le banche: ci vuole poco e l’esposizione debitoria diventa incontrollabile. Non sono rari i casi di quei padri di famiglia che, ad esempio, perso il lavoro, non sono stati più in grado di pagare il mutuoalla propria banca, o di quei piccoli imprenditori in crisi i quali, volendo continuare a pagare i dipendenti della propria azienda, in attesa di tempi migliori abbiano scelto di non pagare alcuni tributi, con la inevitabile conseguenza del veder maturare un’imponente esposizione debitoria (maggiorata di interessi, sanzioni e aggio) nei confronti del fisco. Proprio in questo contesto si è inserita la cosiddetta legge sul sovraindebitamento, conosciuta anche come legge salva suicidi [1], che ha segnato un importante punto fermo nell’ordinamento per la tutela e la regolamentazione di quella che viene chiamata insolvenza civile.

Troppi debiti con il fisco: è in arrivo la pace fiscale

C’è di nuovo, inoltre, che sul  tema è in arrivo anche la cosiddetta pace fiscale. La “pace fiscale” è una delle novità previste nel contratto firmato dal neonato Governo Conte ed è rivolta a tutti coloro che hanno contratto debiti con Equitalia fino al 2014 e non riescono a farvi fronte.  Buone notizie, dunque, per chi ha maturato debiti con Equitalia, poi sostituta dall’Agenzia delle Entrate Riscossione: sono in arrivo, infatti, importantissime agevolazioni per quanto concerne tutte le cartelle Equitalia emesse sino al 2014. Ma procediamo con ordine. Vediamo allora, più nel dettaglio, in cosa consiste la pace fiscale e quali saranno le agevolazioni per chi ha molti debiti con il fisco; come funzionerà in concreto il maxi-condono delle cartelle; quali saranno gli sconti sui debiti fiscali e quanto bisognerà effettivamente pagare.

Pace fiscale: cos’è

Come anticipato, la cosiddetta “pace fiscale” è una delle novità previste dal nuovo contratto di governo. Lega e M5S, infatti, intendono avviare il lungo cammino delle annunciate novità fiscali con quello che è stato ribattezzato come il nuovo grande condono delle cartelle Equitalia.

Molti commentatori, infatti, hanno definito la pace fiscale come un “condono estremo”, che consentirà ai contribuenti di regolarizzare debiti su imposte o contributi non pagati. All’interno del Contratto di Governo, tuttavia, è chiaramente previsto che l’obiettivo della pace fiscale non sarà quello di condonare i debiti agli evasori ma di aiutare chi, per problemi economici, non è stato in grado di pagare le tasse e non lo è tutt’ora, attraverso un meccanismo di saldo e stralcio.

Dunque, la pace fiscale consisterà, in sostanza, in un saldo e stralcio previsto a favore dei piccoli contribuenti in difficoltà economiche e che, pur volendo, non riuscirebbero a far fronte ai debiti contratti con il fisco.

La misura, dunque, non consisterà in un condono, ma in una agevolazione per i contribuenti, vale a dire uno sconto sulle cartelle Equitalia, che sarà tanto maggiore quanto più forti sono le difficoltà economiche del contribuente.

Pace fiscale: come funziona?

È chiaro che per avere a disposizione tutti i dettagli su come funzionerà la pace fiscale  sarà necessario attendere, seppur sia stato annunciato che Lega e M5S intendano inserirla tra le prime leggi da approvare. Per il momento, ad aiutarci a comprendere come funziona la pace fiscale sono le indiscrezioni rilasciate negli scorsi giorni da molti esponenti della Lega e, soprattutto, da Armando Siri: potranno essere condonate le cartelle Equitalia notificate fino al 2014 e il risparmio conseguibile sarà notevole. In media, secondo i calcoli effettuati, si pagherà il 15% del totale del debito ammesso alla pace fiscale e gli sconti, che mirano ad agevolare i contribuenti in difficoltà economiche e falliti, saranno fondamentali per consentire al nuovo Governo di finanziare l’altra grande novità fiscale: la flat tax.

Pace fiscale: quali sconti

Come detto la pace fiscale consisterà in un forte sconto a favore dei piccoli contribuenti in difficoltà economiche. Più nel dettaglio le aliquote previste sono tre:

  • la prima percentuale sarà del 25% e riguarderà la più ampia platea dei contribuenti;
  • la seconda percentuale sarà del 10%;
  • l’ultima del 6%.

Le aliquote del 25, 10 e 6% si applicheranno  a seconda del profilo del debitore: maggiore è la difficoltà nell’assolvere il pagamento all’erario, maggiore sarà lo sconto.  In sostanza, le somme da pagare non saranno uguali per tutti: il calcolo andrà fatto in base al reddito dichiarato e alle difficoltà economiche del contribuente. A tal proposito, si considerano quali parametri: la presenza di figli minori, il possesso dell’abitazione o l’affitto, nonché ovviamente l’attività lavorativa e l’eventuale stato di disoccupazione o cassa integrazione.

I contribuenti che hanno debiti con Equitalia, dunque, potranno aderire alla pace fiscale pagando una percentuale minima della cartella. L’importo sarà calcolato in base alla specifica situazione economica di ciascun soggetto ammesso alla procedura. Come già sottolineato, le aliquote di pagamento stabilite saranno tre: 25%, 10% e 6%, applicate in base al reddito, e potranno beneficiare della pace fiscale i contribuenti con debiti fino a 200 mila euro.

Pace fiscale: quanto si pagherà e quanto si risparmia

Per comprendere quanto si pagherà e quanto si risparmierà con la pace fiscale, facciamo un esempio pratico.

Ipotizziamo allora un debito di 100 mila  euro ammesso alla procedura di pace fiscale con ciascuna delle tre aliquote, pari al 6%, al 10% ovvero al 25%.

Nel primo caso, su un debito complessivo di 100 mila euro si dovranno pagare 6mila euro; nel secondo caso 10 mila euro e nel terzo caso 25 mila euro.

È evidente, dunque, che chi potrà aderire alla pace fiscale risparmierà moltissimo. Ricordiamo che sarà possibile aderire al “condono” delle cartelle emesse fino al 2014 per importi massimi di 200 mila euro.

Pace fiscale e rottamazione delle cartelle: quali differenze

A differenza della rottamazione, il saldo e stralcio previsto dalla pace fiscale funzionerà diversamente: l’importo da pagare sarà calcolato in base alla specifica situazione economica del contribuente con aliquote che andranno dal 6% al 25%.

Mentre, dunque, la sanatoria introdotta dal Governo Renzi per le cartelle emesse fino al mese di settembre 2017, tagliava soltanto sanzioni e interessi di mora, restando pieno l’importo netto dei debiti fiscali maturati; con la nuova manovra l’intero importo dovuto sarà calcolato tenendo presente la condizione economica del contribuente (come detto, tra le variabili considerate si terrà conto anche del possesso o meno della casa di proprietà e della composizione del nucleo familiare).

Pace fiscale: a quali voci si applicherà?

La pace fiscale, conformemente a quanto detto sopra, si applicherà su tutte le voci della cartella e dunque su dovuto, interessi, sanzioni e aggi. Sarà omnibus.

Pace fiscale: a quali cartelle si applica?

Come anticipato,  la pace fiscale riguarderà tutte le cartelle Equitalia emesse fino al 2014 e, dunque, i ruoli emessi fino al 2014.

note

 [1] L. n. 3 del 27.01.2012.

fonte

Cosa fare in pensione

Views: 1

Come si riempie la giornata quando si lascia il lavoro? Volontariato, attività fisica e intellettuale, viaggi, famiglia: si può essere più impegnati di prima.

Il primo segnale arriva la mattina presto: la sveglia non suona più alle 6 del mattino. Ci si può girare nel letto dall’altra parte: non bisogna alzarsi di colpo, andare sotto la doccia, prendere un caffè al volo e intrufolarsi nel traffico cittadino o correre a prendere i mezzi pubblici per andare al lavoro. È arrivato il giorno della pensione. Tanto atteso quanto, a volte, temuto. Ci si alza più tardi, si fa colazione con calma in compagnia della famiglia. E mentre si inzuppano i biscotti nel caffè, si pensa: «E oggi, che cosa faccio? Come passo la giornata?». Di cose da fare in pensione ce ne sono un’infinità. Di solito si parte da quelle che il lavoro ci ha sempre impedito di realizzare e che abbiamo sempre «parcheggiato»: i lavoretti in casa, il giardino, l’orto per chi ne ha lo spazio e la passione, la chiacchierata con gli amici, la passeggiata con la moglie o con il marito. Poi, però, si sente la necessità di riempire le giornate in un altro modo, di continuare a rendersi utili, come quando si era al lavoro. Per non avere la sensazione di essere arrivati al capolinea. Per affrontare quella che si chiama «crisi da pensionamento», che genera uno stress a volte più forte di quello avvertito quando si andava in ufficio. Insomma, per non cadere nella depressione o nella noia. Cosa fare in pensione, allora?

Gli effetti di andare in pensione

Non sottovalutate il momento in cui si smette di lavorare. Se si affronta nel modo giusto, specialmente da chi non ha mai avuto un rapporto ottimale con il lavoro, la pensione può essere l’anticamera del Paradiso. Altrimenti, si entra in un vortice che può rivelarsi piuttosto pericoloso. Si arriva a quella che prima chiamavamo la «crisi da pensionamento». Non si tratta di una malattia vera e propria ma di una reazione umanamente comprensibile che, però, può sfociare in depressione, apatia e mancanza di autostima e di motivazione. È facile pensare in questo caso che tutto ciò che si fa non sia mai abbastanza.

C’è un altro aspetto non indifferente: quello del rapporto di coppia. Pensateci bene: quando si va al lavoro, quanto tempo si dedica al proprio coniuge? La sera, il fine settimana, i giorni delle vacanze. Quando si va in pensione, invece, la presenza è continua, 24 ore su 24. Forse è proprio in quel momento che si esperimenta la vera convivenza. Il che non sempre è positivo: qualche autorevole studio conferma che, dopo un certo tempo di pensionamento, salta fuori la crisi coniugale. Soprattutto se chi è abituato a stare a casa rimprovera il neopensionato di non essere attivo come prima. Benzina sul fuoco, si chiama dalle mie parti.

Non per mettere tutto sul piano negativo, per carità (la spinta di vita sta per arrivare, tranquilli). Ma giusto per non trascurare alcunché, bisogna pensare anche alla salute. Fate pure le corna, se lo volete, ma migliaia di lavoratori andati in pensione – soprattutto all’età stabilita e non prima – soffrono di effetti piuttosto preoccupanti sulle loro capacità cognitive. È come se «rilassassero» il cervello, come se quell’abilità che hanno sempre avuto venisse meno perché non è più necessaria.

Tutto ciò può essere compensato da un solo pensiero: «Sono in pensione ed il tempo e le mie attività me le gestisco io senza rendere conto a nessuno». Cosa vuoi di più dalla vita (a parte l’amaro)? La risposta è capire cosa fare in pensione per tenersi attivi da ogni punto di vista. Cose come queste.

Cosa fare in pensione: porsi degli obiettivi

I tempi in pensione si dilatano e, ora che il lavoro non c’è più, la prima cosa da fare è porsi degli obiettivi. Creare, ad esempio, un elenco di tutte quelle cose che si è sempre voluto fare ma che, per mancanza di occasioni, sono rimaste inconcluse. È un modo piuttosto efficace per essere impegnati fin dal primo giorno. Obiettivi che non devono, per forza, essere immediati, come sistemare finalmente il giardino, svuotare il solaio o andare in palestra o in piscina per recuperare un po’ di forma. Ci sono dei traguardi da tagliare a medio o lungo termine che possono tenere impegnato per più tempo chi va in pensione e che daranno un senso ad ogni giornata: imparare una lingua (mai è tardi e, ora che si può viaggiare di più, può essere sempre utile), iscriversi ad un’associazione di volontariato, frequentare l’università della terza età. O aiutare un figlio nella sua attività, se magari è un artigiano o un piccolo imprenditore.

Cosa fare in pensione: il volontariato

Il volontariato è, sicuramente, l’attività più adatta per chi va in pensione e non sa che cosa fare o come impegnare il proprio tempo. Forse perché è il modo più efficace per dare valore alle proprie capacità e metterle al servizio della società senza, per forza, doverci guadagnare dei soldi: in questi casi, la soddisfazione di ciò che si fa per gli altri ripaga più di uno stipendio.

Infatti, il pensionato che si dedica al volontariato ha la possibilità di:

  • essere coinvolto nella vita della comunità a cui appartiene;
  • offrire il proprio contributo a migliorare la qualità della vita degli altri attraverso le proprie competenze (che si tratti di abilità manuali o intellettuali);
  • avere una vita sociale più allargata, con nuove conoscenze che aiutano a tenere anche la mente attiva, oltre ad evitare di cadere nella depressione o nella routine di frequentare sempre le stesse persone;
  • essere valorizzati per quello che si è e per quello che si fa.

Di associazioni di volontariato l’Italia è piena, in qualsiasi settore. Ci sono, ad esempio, quelle che si occupano di aiutare gli anziani non autosufficienti portando i pasti o la spesa nelle loro case, pagando le bollette per loro o accompagnandoli a fare una visita medica o a trovare un parente. Ci sono quelle che si dedicano ai bambini, specialmente a quelli che sono ricoverati per diverso tempo in ospedale e che hanno bisogno di un sostegno. Ma c’è anche la scuola materna privata del paese, che non ha le risorse per assumere una persona che si dedichi a tenere pulito e sistemato il giardino o il parco giochi. E ancora: i volontari del sangue, quelle che si occupano dei canili, le associazioni che raccolgono vestiti usati o cibo per chi ne ha bisogno, la Protezione civile, la parrocchia, la Pro Loco e tante altre realtà piene di cose da fare in pensione.

Cosa fare in pensione: conoscere il mondo

Altra attività che, lavorando per anni a tempo pieno, è stata impossibile o, quanto meno, molto limitata è quella di farsi ogni tanto un viaggio per conoscere una città o un Paese di cui si è sempre rimasti affascinati ma che ancora non si ha avuto l’occasione di visitare. Prendere zaino e valigia per partire verso una qualsiasi destinazione significa per chi va in pensione mantenere viva la curiosità di vedere e di imparare delle cose nuove, incontrare delle persone diverse. Se quella vacanza la si fa in coppia, lo stimolo è ancora maggiore: sarà il pensionato a dover trovare la città ideale, l’albergo, il mezzo di trasporto più adatto (e più economico), i luoghi da visitare. Tuttavia, anche il viaggio organizzatoda un tour operator con altre persone della stessa età stimola la capacità di interagire con gli altri e dà la possibilità di aumentare la cerchia di conoscenti e di amici.

Cosa fare in pensione: il tempo per la famiglia

Quante volte ci si è sentito dire: «Non ci sei mai, sei sempre al lavoro». Bene, la pensioneconcede la possibilità di dedicare alla famiglia il tempo sottratto durante gli anni lavorativi. Certo, i figli saranno cresciuti e magari, a loro volta, avranno messo su famiglia anche loro. E allora, perché non dare una mano a loro con i nipotini, come probabilmente abbiamo chiesto noi ai nostri genitori quando avevamo dei bambini piccoli e non potevamo permetterci una baby-sitter? Il pensionato-nonno è quello che può portare i nipoti a scuola, andare a prenderli all’ora di pranzo, mangiare e giocare con loro, portarli al parco. Che ci guadagna il nonno? Molto più di quello che può immaginare. Intanto, si sente parte attiva della famiglia, rendendosi utile sia verso i figli sia verso i nipoti. Inoltre, si sente un punto di riferimento importante, il che fa crescere la propria autostima. E poi, vuoi mettere la soddisfazione di vedere un nipote che gioca e che passa il tempo volentieri con te anziché con la Playstation?

Cosa fare in pensione: lavorare

Ma come: 40 e passa anni (secondo la riforma Fornero) ad andare in ufficio e quando si va in pensione si va avanti a lavorare? E perché no? Pensiamo al pensionato che non ha famiglia e che, quindi, non può dedicarsi a figli o nipoti. E che, per una serie di motivi, non riesce ad accettare l’idea di lasciare definitivamente il lavoro. Ci sono alcune delle attività che abbiamo elencato prima che si possono fare anche in cambio di un guadagno economico, poco o tanto che sia, magari per arrotondare la pensione. Per esempio:

  • chi è andato in pensione ha maturato sicuramente l’esperienza necessaria per fare il consulente in qualche società o azienda. Oltre a garantire la propria professionalità, ha modo di insegnare alle nuove leve i trucchi del mestiere imparati nel tempo;
  • chi ha passato tutta la vita in ufficio può aprire un negozietto e diventare commerciante oppure prendere in gestione un bar. Si tratta di un’attività completamente diversa da quella svolta in passato che può dare delle nuove soddisfazioni;
  • chi ha un po’ di confidenza con le cose della casa può buttarsi su un mestiere non molto diffuso in Italia ma utile ad arrotondare la pensione: si chiama house sitter e consiste nel curare la casa di un altro durante la sua assenza (per vacanza o per un lavoro che lo terrà lontano dalla propria abitazione per un certo periodo di tempo). Il pensionato si occuperà di mantenerla pulita, di annaffiare le piante, di pagare le bollette, di portare a spasso il cane e dargli da mangiare, ecc. Lo stesso vale per chi ci sa fare con l’orto e decide di curare l’insalata ed i pomodori altrui. Solo che in questo caso si chiamerà «vegetable garden sitter». Non suona male.

Cosa non fare in pensione

Ci sono tante cose da fare in pensione. Ma ci sono anche alcune da non fare, errori che si possono evitare per vivere questo nuovo periodo della propria vita nel modo più sereno possibile. Da escludere, quindi:

  • l’isolamento in casa, specialmente se accompagnati dalla solitudine e dalla sensazione di sentirsi vecchi e finiti;
  • rifiutare qualsiasi proposta per fare delle cose nuove e vivere delle esperienze sconosciute. È il modo migliore per «accomodarsi» in eterno nella propria poltrona, attorno alla quale ci sarà sempre meno gente, stanca di sentirsi dire sempre di no;
  • passare le giornate dal dottore. È vero che ad una certa età gli acciacchi si sentono più spesso ma diventare ipocondriaci perché «andare in pensione vuol dire che, ormai, mi resta poco da vivere» ha una duplice conseguenza: accorcia la vita e fa perdere la pazienza al medico di famiglia.

fonte

Bonus Resto al Sud: come funziona

Views: 1

Mezzogiorno e giovani imprenditori: vediamo in cosa consiste il Bonus Resto al Sud, quali sono le attività finanziate, come fare domanda e le ultime novità

Sono disponibili, a partire da gennaio 2018, le somme stanziate dal Governo per incentivare i giovani che vogliono fare impresa nel Mezzogiorno. Il finanziamento ammonta ad un massimo di 50mila euro a soggetto. Nel caso di più richiedenti, già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, l’importo massimo del finanziamento è di 50mila euro per ciascun soggetto richiedente, per un totale di 200mila euro. Di seguito tutti i dettagli. Vediamo, dunque, in cosa consiste il Bonus “Resto al Sud”, quali sono le attività finanziate, quali le agevolazioni, chi può usufruirne e come inviare la domanda. Di recente, inoltre, il Ministero dello Sviluppo Economico ha aggiornato le Faq sul Bonus Resto al Sud, per creare una sorta di guida online in grado di rispondere ai dubbi più comuni. Vediamo allora tutte le novità.

Bonus Resto al Sud: cos’è?

Resto al Sud è un progetto a sostegno dell’imprenditoria giovanile [1]. Questo incentivo mira, quindi, a sostenere ed incoraggiare la nascita di nuove attività imprenditoriali avviate da giovani nelle regioni del Mezzogiorno (AbruzzoBasilicataCalabriaCampaniaMolisePugliaSardegna e Sicilia). La somma stanziata dal Governo per Resto al Sud è di 1.250 milioni di euro; la sua gestione è stata affidata a Invitalia. Come anticipato, il finanziamento ammonta ad un massimo di 50mila euro a soggetto. Nel caso di più richiedenti, già costituiti o che intendano costituirsi in forma societaria, l’importo massimo del finanziamento è di 50mila euro per ciascun soggetto richiedente, per un totale di 200mila euro.

Resto al Sud: quali sono le attività finanziate?

Le attività che l’incentivo Resto al Sud mira a finanziare sono quelle di produzione di beni e servizi. Sono, invece, escluse dal finanziamento le attività libero professionali e il commercio. In particolare le spese ammissibili sono:

  • le spese per la ristrutturazione manutenzione straordinaria di beni immobili;
  • le spese per l’acquisto di impianti, macchinariattrezzature e programmi informatici e per le principali voci di spesa utili all’avvio dell’attività.

Resto al Sud: quali sono le agevolazioni?

Il finanziamento garantito da Resto al Sud copre il 100% delle spese ammissibili e consiste in:

  • contributo a fondo perduto pari al 35% dell’investimento complessivo;
  • finanziamento bancario pari al 65% dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese (Pmi).

Gli interessi del finanziamento sono coperti per intero da un contributo in conto interessi.

Resto al Sud: chi può usufruirne?

Possono usufruire dell’agevolazione Resto al Sud i giovani tra 18 e 35 anni in possesso dei seguenti requisiti:

  • residenza in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia al momento della presentazione della domanda. Qualora la residenza sia altrove, è possibile trasferirla nelle Regioni appena ricordate entro 60 giorni dalla comunicazione dell’esito positivo dell’istruttoria oppure entro 120 giorni nell’eventualità in cui il giovane risieda all’estero. L’incentivo, infatti, mira anche ad incoraggiare i ragazzi che siano fuori sede a tornare al Sud;
  • non beneficiari, nell’ultimo triennio, di ulteriori misure a livello nazionale a favore dell’autoimprenditorialità [2].

Durante tutta la durata del finanziamento i beneficiari non possono essere titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso un altro soggetto.

Resto al Sud: chi può richiedere il finanziamento?

Possono presentare domanda di finanziamento i soggetti sopra menzionati che siano già costituiti al momento della presentazione o si costituiscano, entro 60 giorni (o entro 120 giorni, in caso di residenza all’estero) dalla data di comunicazione del positivo esito dell’istruttoria nelle seguenti forme giuridiche:

  • impresa individuale;
  • società, ivi incluse le società cooperative.

soggetti beneficiari della misura devono mantenere la residenza in Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia per tutta la durata del finanziamento. Le imprese e le società devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e operativa nelle regioni appena ricordate [3].

Resto al Sud: come si presenta la domanda?

Le domande di finanziamento sono valutate secondo l’ordine cronologico di presentazione e finanziate fino all’esaurimento delle risorse disponibili. Le domande devono essere compilate esclusivamente per via telematica, utilizzando la procedura informatica messa a disposizione nel sito internet di Invitalia, sezione Resto al Sud.

Per l’inoltro telematico della domanda è necessario essere in possesso di un sistema di identificazione digitale tramite il Sistema pubblico di identità digitale (Spid) o la Carta nazionale dei servizi (Cns) o, in alternativa, essere autenticati tramite il sistema di gestione delle identità digitali di Invitalia. Le domande devono essere firmate digitalmente dal legale rappresentante dell’impresa, o dalla persona fisica in caso di impresa da costituire, e devono essere corredate dal progetto imprenditoriale e dalla documentazione dettagliatamente indicata nella circolare. Le successive comunicazioni tra beneficiario e gestore avvengono esclusivamente a mezzo pec.

Resto al Sud: quali sono i criteri di valutazione?

Una volta accertata la presenza dei requisiti di ammissibilità viene compiuto un esame di merito delle domande. Questo, che può anche richiedere un colloquio con i proponenti, si basa su una serie di criteri di valutazione:

  • adeguatezza e coerenza delle competenze possedute dai soci rispetto all’attività prevista dal progetto imprenditoriale anche con riguardo a titoli e certificazioni possedute;
  • potenzialità del mercato di riferimento, vantaggio competitivo dell’iniziativa e relative strategie di marketing;
  • sostenibilità tecnico-economica dell’iniziativa, con particolare riferimento all’equilibrio economico, nonchè alla pertinenza e coerenza del programma di spesa;
  • verifica della sussistenza dei requisiti per la concedibilità della garanzia del Fondo centrale per le Pmi.

Bonus resto al Sud: ultime novità

Come anticipato, il Ministero dello Sviluppo economico ha appena aggiornato le Faq sul Bonus Resto al Sud, per rispondere alle domande più frequenti e chiarire i dubbi più ricorrenti. In particolare, il Mise con un recentissimo aggiornamento ha fornito risposta a tutta una serie di interrogativi concernenti il credito di imposta per gli investimenti nel Mezzogiorno. Sul punto, dunque, si consiglia la consultazione del seguente link

note

[1] Istituita dal D.l. 91/2017, convertito nella L. n. 123/2017.

[2] Art. 1, co II, D.l. 91/2017, convertito nella L. n. 123/2017.

[3] Art. 1, co VI, D.l. 91/2017, convertito nella L. n. 123/2017.

fonte

Bonus babysitter da 3600 euro

Views: 2

Bonus babysitter da 600 euro al mese col libretto famiglia: chi ne ha diritto, come si ottiene.

Un bonus pari a 3600 euro per pagare la babysitter, al posto del congedo parentale: nonostante l’abolizione dei voucher, i vecchi buoni lavoro, è ancora operativo, per tutto il 2018, il bonus babysitter, che consente di ottenere il pagamento da parte dell’Inps dei servizi di babysitting sino a un valore pari a 600 euro mensili. Il bonus è corrisposto per un massimo di 6 mesi, quindi per 3600 euro totali, come incentivo alla rinuncia al congedo parentale, cioè alla maternità facoltativa; si può ottenere in misura parziale se si rinuncia soltanto a una parte del congedo parentale.

Risultati immagini per bonus baby sitter inps 2018

Il bonus babysitter non è più erogato, però, sotto forma di voucher, ma per pagare la babysitter si deve utilizzare il nuovo libretto famiglia, l’unica modalità ora consentita per retribuire le prestazioni occasionali da parte dei datori di lavoro che non sono imprese o professionisti. Ad ogni modo, come dichiarato dall’Inps in un recente messaggio [1], non ci sono problemi per chi ha già richiesto il pagamento da parte dell’Inps dei servizi di baby sitting con i vecchi voucher, cioè con i buoni lavoro: questi infatti potranno essere utilizzati fino al 31 dicembre 2018.

Resta in piedi, inoltre, la possibilità di scegliere, al posto del bonus babysitter, il bonus per il pagamento dell’asilo nido da 3600 euro: in questo caso, tuttavia, l’Inps non riconosce dei buoni all’interessato che fruisce del servizio, ma paga la retta della struttura prescelta.

Ma come funziona il bonus babysitter da 3600 euro e chi ne ha diritto?

Bonus babysitter e bonus nido da 3600 euro

Il bonus baby sitter e asilo nido da 3600 euro è stato introdotto dalla legge Fornero di riforma del mercato del lavoro [2]: si tratta di un contributo riconosciuto dall’Inps alle madri lavoratrici che si trovano negli 11 mesi successivi al congedo obbligatorio di maternità, se rinunciano, almeno in parte, al congedo parentale (o maternità facoltativa).

Il contributo può essere erogato, per un massimo di 6 mesi (3 mesi per le lavoratrici autonome), per il pagamento della babysitter o utilizzato per pagare la retta dell’asilonido (in questo caso, come anticipato, l’Inps paga direttamente l’asilo prescelto, che deve essere convenzionato con l’istituto): in entrambi i casi, il suo valore è di 600 euro mensili, sino a un massimo, dunque, di 3600 euro.

In pratica, la lavoratrice, anziché fruire del congedo parentale (o maternità facoltativa) domanda all’Inps un contributo per pagare la retta mensile dell’asilo nido del bambino, oppure richiede i buoni lavoro, ora il libretto famiglia, per pagare la babysitter.

Il bonus asilo nido non deve essere confuso con la misura del buono nido: quest’ultimo infatti è un rimborso riconosciuto dall’Inps direttamente all’interessato a fronte della retta pagata per l’asilo nido, sino a un importo massimo di 1000 euro annuali, corrispondenti a 90,91 euro mensili erogati per 11 mensilità.

Chi può richiedere il bonus babysitter

Possono richiedere il bonus babysitter e asilo nido:

  • le lavoratrici dipendenti del settore pubblico o privato;
  • le lavoratrici iscritte alla gestione Separata, comprese le libere professioniste;
  • le lavoratrici autonome e le imprenditrici (iscritte alle gestioni degli artigiani e dei commercianti, dei coltivatori diretti etc.).

Per poter chiedere il bonus, la lavoratrice deve trovarsi, al momento di presentazione della domanda, negli 11 mesi successivi al termine del congedo obbligatorio di maternità; inoltre, non deve già aver interamente beneficiato delle assenze per congedo parentale (che non possono, nella generalità dei casi, essere superiori a 6 mesi per ciascun genitore).

L’agevolazione è riconosciuta anche a chi ha più figli, presentando una domanda per ogni figlio, mentre non è riconosciuta alle lavoratrici esentate totalmente dal pagamento dei servizi pubblici per l’infanzia o dei servizi privati convenzionati, nonché a quelle che hanno diritto ai benefici legati al Fondo per le Politiche delle pari opportunità.

A quanto ammonta il bonus babysitter

Il bonus babysitter o asilo nido, come abbiamo già detto, ha un valore pari a 600 euro mensili, ed è riconosciuto per un massimo di 6 mesi (3 per le lavoratrici autonome): può dunque arrivare sino a un massimo di 3600 euro per le dipendenti, e di 1800 euro per le autonome.

Se la lavoratrice ha già usufruito in parte del congedo parentale, può richiedere il contributo per un numero di mesi pari ai mesi di assenza non ancora utilizzati.

Per le lavoratrici part time, il contributo non è pari a 600 euro ma viene riproporzionato in ragione dell’orario di lavoro: ad esempio, se l’interessata lavora 20 ore alla settimana, con un part time del 50%, ha diritto a 300 euro di bonus mensile.

Il contributo per l’asilo nido è erogato dall’Inps, come abbiamo osservato, direttamente alla struttura prescelta, mentre per quanto riguarda il libretto famiglia o i buoni lavoro per il pagamento della babysitter la procedura per l’erogazione è telematica: deve comunque essere effettuata all’interno del portale web dell’Inps, in un’apposita piattaforma.

Per quanto concerne la procedura di attivazione dei buoni lavoro, che come abbiamo detto possono essere utilizzati, se già richiesti, entro il 31 dicembre 2018.

Per quanto riguarda, invece, la procedura di attivazione del libretto famiglia, in merito al bonus babysitter, vedremo tra poco gli adempimenti da effettuare.

Come si compila la domanda per il bonus babysitter

Per richiedere il bonus babysitter da 3600 euro bisogna innanzitutto accedere al portale web dell’Inps, area My Inps, utilizzando le proprie credenziali (pin dispositivo dell’Inps, identità digitale Spid almeno di 2° livello, Carta nazionale dei servizi).

Bisogna poi accedere alla prestazione. “Bonus Infanzia: domanda per il contributo asilo e voucher baby sitting (cittadino)”.

A questo punto si deve cliccare nel riquadro Nuova domanda.

Nella domanda per l’erogazione del contributo, la lavoratrice deve inserire:

  • i propri dati anagrafici, compresi residenza ed eventuale diverso domicilio;
  • il numero di telefono cellulare e l’indirizzo Pec (posta elettronica certificata) o email per la ricezione delle comunicazioni da parte dell’Inps;
  • i dati relativi al padre del minore per cui si chiede il beneficio, compreso il tipo di rapporto lavorativo, codice fiscale del datore di lavoro, periodi di congedo parentale fruiti;
  • i dati del minore per cui si richiede il beneficio;
  • i dati riguardanti il congedo di maternità relativo al minore indicato;
  • i periodi di congedo parentale già fruiti per il minore stesso;
  • il beneficio prescelto e mensilità di durata;
  • la struttura per l’infanzia, pubblica o privata accreditata, in caso di contributo per l’asilo nido;
  • i dati relativi al proprio datore di lavoro/committente ed al proprio rapporto lavorativo, oppure dichiarazione di non avere datori di lavoro o committenti.

La lavoratrice deve inoltre specificare di aver presentato la dichiarazione Isee e scegliere, in caso di part-time, il rapporto o i rapporti di lavoro per cui si chiede la concessione del beneficio.

Come si presenta la domanda per il bonus babysitter

La domanda, sia per quanto riguarda il bonus babysitter che il contributo per l’asilo nido,può essere presentata non solo attraverso la piattaforma web dell’Inps, ma anche:

  • tramite contact center, chiamando il numero 803.164, qualora la lavoratrice sia munita di Pin dispositivo dell’Inps;
  • tramite patronato.

Il termine per la presentazione delle istanze è il 31 dicembre 2018.

L’accoglimento della domanda da parte dell’Inps è comunicato tramite i seguenti canali telematici: indirizzo di posta elettronica certificata (Pec) indicato in domanda, oppure pubblicazione del provvedimento nella stessa procedura telematica alla quale si è acceduto per la presentazione della domanda.

Come si utilizza il libretto famiglia per il bonus babysitter

Per attivare il libretto famiglia bisogna in primo luogo, utilizzando l’apposita piattaforma telematica Inps, registrarsi preventivamente al servizio. Per accedere a questa piattaforma telematica, bisogna possedere le credenziali di accesso al sito web dell’Inps: è possibile accedere, in particolare, attraverso il Pin dell’Inps, l’identità unica digitale Spid o la Cns, la Carta nazionale dei servizi.

Al momento della registrazione nella piattaforma telematica è necessario scegliere di accedere al libretto famiglia e fornire le informazioni identificative necessarie per la gestione del rapporto di lavoro e degli adempimenti contributivi.

Bisogna poi aver cura che la lavoratrice, cioè la babysitter, si registri ai servizi telematici dell’Inps, e che indichi, sul suo profilo, l’Iban del conto corrente bancario o postale, il libretto postale o la carta di credito su cui l’Inps, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione, dovrà versare il compenso pattuito.

In caso di mancata indicazione dell’Iban, l’Inps verserà il compenso del bonus babysittercon bonifico bancario domiciliato alle Poste.

Una volta effettuata la registrazione al servizio, al termine della prestazione lavorativa, e comunque non oltre il 3° giorno del mese successivo a quello di svolgimento della prestazione stessa, si devono comunicare, attraverso la piattaforma telematica Inps o il contact center Inps Inail (raggiungibile, come già esposto, al numero 803.164):

  • i dati identificativi della lavoratrice;
  • il luogo di svolgimento della prestazione lavorativa;
  • il numero di titoli utilizzati per il pagamento della prestazione;
  • la durata della prestazione;
  • l’ambito di svolgimento della prestazione (nel caso della babysitter, assistenza ai bambini);
  • ulteriori informazioni per la gestione del rapporto, come l’appartenenza della lavoratrice a categorie svantaggiate (disoccupati, pensionati o studenti).

La comunicazione avviene attraverso l’utilizzo di un calendario giornaliero gestito attraverso la procedura Inps, in cui le ore di lavoro svolte devono essere indicate giorno per giorno.

Al momento dell’inserimento della prestazione bisogna selezionare l’apposita voce del menu a tendina presente nella procedura: “Acquisto di servizi di baby-sitting (L. 92/2012, art. 4, comma 24, lett.b)”.

Per tutelare la lavoratrice, la piattaforma telematica Inps le invierà, attraverso comunicazione di posta elettronica, sms o servizio My Inps, la dichiarazione trasmessa sullo svolgimento della prestazione lavorativa, con l’indicazione dei termini generali.

Quanto costa un’ora di lavoro della babysitter col libretto famiglia

Il libretto famiglia è composto da titoli di pagamento, dal valore di 10 euro, utilizzabili per pagare prestazioni di durata non superiore ad un’ora.

Il valore nominale di 10 euro è così suddiviso:

  • 8 euro per il compenso a favore del lavoratore;
  • 1,65 euro per i contributi previdenziali (che vanno alla gestione Separata Inps);
  • 0,25 euro per il premio assicurativo Inail (infortuni e malattie professionali);
  • 0,10 euro per il finanziamento degli oneri di gestione della prestazione di lavoro occasionale e dell’erogazione del compenso al prestatore.

Come pagare la babysitter col libretto famiglia

Una volta effettuata la registrazione nella procedura Prestazioni occasionali, si deve procedere all’acquisizione telematica del contributo per l’acquisto dei servizi di baby-sitting, cioè del bonus babysitter, erogato tramite libretto famiglia, entro 120 giorni dalla comunicazione di accoglimento della domanda da parte dell’Inps. Il superamento di questo termine si intende come rinuncia al bonus.

L’acquisizione telematica di solo una parte del bonus, entro il termine di 120 giorni, comporta l’automatica rinuncia alla restante parte.

Nella Guida al libretto famiglia per retribuire i lavori domestici sono presenti le ulteriori istruzioni per l’utilizzo di questo strumento [3].

note

[1] Inps Messaggio n.1428/2018.

[2] L.92/2012.

[3] Inps Circ. 107/2017.

fonte

Facebook2k
585
X (Twitter)5k
Visit Us
Follow Me