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di Marco Travaglio
sul Fatto Quotidiano del 4 ottobre:
Lo sconfinato affetto che nutrivamo per Alessandro Sallusti si sta tramutando, giorno dopo giorno, in autentica idolatria. Mista a un pizzico di compassione. Mettetevi nei suoi panni: dopo anni di onorato servizio, nel vero senso della parola, gli tocca improvvisare. Per mancanza di ordini. Prima era tutto semplice: il padrone dettava e lui scriveva, tipo Totò e Peppino con la lettera alla malafemmina. Il padrone lanciava l’osso e lui scattava a riportarlo indietro. “Sallusti, un caffè!”, “Sallusti, i giornali!”, “Sallusti, le pantofole!”, “Sallusti, è finita la carta igienica!”. E lui, fedele e felice, eseguiva. “Sallusti, la Minetti è un’igienista dentale e Ruby la nipote di Mubarak!”, e lui prendeva buona nota. “Sallusti, mi raccomando, niente bungabunga ma solo cene eleganti!”, e lui ci apriva la prima pagina. Ora il padrone alterna brevi momenti di lucidità a lunghi periodi di mancamento. Più che parlare, biascica e vai a capire cosa dice. C’è e non c’è. E, le rare volte che c’è, non si capisce bene cosa voglia. Oppure lo si capisce benissimo, ma purtroppo è l’esatto opposto di quel che voleva il giorno prima. Provate voi a tradurre tutto questo in un giornale, anzi nel Giornale che fu di Montanelli, e capirete il dramma di Sallusti. Ieri, per dire, se l’è presa con Claudio Borghi, il deputato leghista anti-euro che, ogni volta che apre bocca, crolla qualche mercato, almeno rionale. L’altro giorno il buontempone aveva fatto una battuta delle sue sul ritorno alla lira, come se allo spread e ai mercati non bastassero i toni alti di Moscovici e quelli alticci di Juncker. Sallusti l’ha subito rimesso in riga: o è “idiota” o è “terrorista” o “tutti e due”.
Il bello è che Borghi, fino a poco fa, era un editorialista economico del Giornale, dove sparava sull’euro e rimpiangeva la lira un giorno sì e l’altro pure. Le stesse cose che ora dice dalla presidenza della commissione Bilancio. Solo che prima a Sallusti piacevano un sacco, tant’è che gliele pubblicava. Adesso invece gli fanno orrore, da quando la Lega sta al governo senza B. Dunque Borghi non ha mai cambiato idea. È Sallusti che la pensa diversamente, o meglio: gli è parso che la pensi diversamente B., e si adegua. Il guaio supplementare è che pure B. la pensava come Borghi: il primo a dipingere l’euro come causa di tutti i nostri mali fu proprio lui, e da presidente non di una commissione, ma del Consiglio. “L’euro di Prodi ci ha fregati tutti” (28.7.2005), anzi no “L’euro è stato assolutamente positivo e riconosco il merito a Prodi” (4.9.2005), anzi no “Prodi ha svenduto la lira all’euro con un cambio sfavorevole” (24.1.2006). Non solo: “L’euro è un grande imbroglio”. .
E ancora: “Se la Germania uscisse dall’euro non sarebbe una tragedia. Io sono sempre stato isolato in Europa nella battaglia contro le politiche di austerity che portano l’economia al collasso e a una spirale recessiva” (presentazione de Il grande imbroglio di Renato Brunetta, 27.9.2012). Quelli sì che erano ordini: chiari, perentori, impegnativi per tutti, almeno per Sallusti che tuonava un giorno sì e un altro pure contro l’euro (“ora tutti capiscono che era un grande imbroglio”), l’Europa, l’austerità e pure il complotto dello spread. Roba tipicamente tedesca, lasciò vagamente intendere nel suo tipico stile british del dire e non dire: “La caduta di Berlusconi: è stata la culona” (31.12.2011), “Ciao ciao culona” (29.6.2012). Ora invece B. è tornato amico della culona, a sua volta ridiventata Angela Merkel. Ma non è mai detta l’ultima parola, infatti ora l’europeista retrattile diserta la tre giorni di FI organizzata dalla Gelmini per volare a Mosca dall’amico Putin. Ma cosa pensi dello spread, dell’austerità e dell’euro non è più dato sapere. E a Sallusti, povero tapino, tocca fare tutto di testa sua (mai usata, fra l’altro). Lo spread non è più un complotto per rovesciare i governi, ma una cosa seria che “da venerdì ci è costata 5.700 milioni” a causa del “governo kamikaze”. L’Europa non è più un’accozzaglia di sanguisughe anti-italiane, ma un nobile simposio di gentiluomini dediti al bene comune. E chi dice il contrario è un terrorista o un idiota. Segue un penoso autodafé: “Borghi ha sedotto anche me e l’ho aiutato a diffondere il suo originale pensiero, pure ospitandolo su questo Giornale in tempi non sospetti”: cioè quando il padrone la pensava ancora come lui.
Lo stesso è accaduto con Marcello Foa: giornalista conservatore, estimatore di Putin, già capo degli Esteri al Giornale, titolare di un seguitissimo blog sul sito del Giornale, avrebbe tutte le carte in regola per piacere a B., e dunque – per la proprietà transitiva – a Sallusti. Ma un brutto giorno di mezza estate viene designato dalla Lega come presidente della Rai senza chiedere il permesso a B. A quel punto diventa un paria, un appestato, un lebbroso infrequentabile anche per il suo direttore, che lo attacca più del Pd e della sinistra. “Foa – tuona Sallusti – è una trappola di Salvini per mettere Berlusconi ulteriormente all’angolo del ring. Se FI, dopo essere stata umiliata, accetta l’imposizione si autocondanna alla subalternità irrilevante e definitiva”. E lo invita a ritirarsi. Due mesi dopo, B. cambia idea: FI vota Foa presidente della Rai. E il Giornale, anziché insistere sulla subalternità irrilevante e definitiva, festeggia la bella “ricucitura” perché Foa ora ha elogiato “il pluralismo” (due mesi prima era contrario). Ora Sallusti vive nel terrore che B. batta la testa in Russia, esca dal coma vigile, torni in Italia e si rimetta a dire quel che diceva prima: viva Putin abbasso la culona, viva la lira abbasso l’euro, e magari pure viva il reddito di cittadinanza (lo diceva fino a dicembre). Nel qual caso, comunque, nessun problema: Sallusti nominerà Borghi vicedirettore del Giornale e ricorderà che il famoso idiota/terrorista già ci scriveva. “In tempi non sospetti”.