Il recupero crediti può venire a casa?

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Hai ricevuto una telefonata dal call center di recupero crediti. Non hai pagato le ultime rate della finanziaria e ora un operatore dal tono minaccioso ti ha dato 7 giorni di tempo per regolarizzare gli arretrati. «Che succede se non pago?» gli hai chiesto, già intuendo la sua risposta. «Vi mandiamo il recupero crediti a casa» ha risposto lui. L’idea di un ufficiale giudiziario che possa fare un pignoramento nell’appartamento ti atterrisce, non fosse altro per il valore di alcuni elettrodomestici da poco acquistati (e di cui non potresti fare a meno) e per la vergogna nei confronti dei vicini di casa. Ti chiedi allora se la minaccia del telefonista sia frutto di una esagerazione rivolta solo a farti pagare oppure se sia effettivamente fondata. Dove sta la verità? Il recupero crediti può venire a casa? Cerchiamo di fare chiarezza sul punto e di fugare gli equivoci che spesso vengono alimentati da una certa propensione al “terrorismo psicologico” da parte degli operatori del call center.

Recupero crediti a casa: di cosa si tratta?

Prima di spiegarti se il recupero crediti può venire a casa, voglio chiarirti che natura hanno tali soggetti. Si tratta di società che, al pari di qualsiasi altra azienda, svolgono il loro lavoro come privati. Non hanno quindi alcun potere pubblico o coercitivo. Sono mandatari del creditore, incaricati da questi di tentare la riscossione con i mezzi consentiti dalla legge. Quasi sempre però queste aziende si limitano a inviare una diffida scritta (a volte con lettera semplice) e a farla seguire da una o più telefonate. Una volta terminato il periodo di validità del mandato ricevuto, riconsegnano la pratica al creditore riferendogli l’esito del tentativo. Se il credito è stato recuperato, la società del call center prende una percentuale di cui una parte viene riconosciuta all’operatore telefonico.

Dunque, le società di recupero crediti sono cosa ben diversa dall’ufficiale giudiziario del tribunale il quale è un soggetto pubblico ed è un pubblico ufficiale, dotato di poteri riconosciutigli dalla legge e che può farsi accompagnare – laddove vi siano le resistenze del debitore – anche dalle autorità come la polizia o i carabinieri.

Recupero crediti a casa: è possibile?

La natura privata delle società di recupero crediti non toglie che queste possano inviare un delegato a casa del debitore, così come qualsiasi persona (ad esempio un amico, un parente, un agente di commercio) può far visita a un’altra. Ma qui subentrano i normali limiti che la legge pone a tutela del domicilio privato. Trattandosi di un soggetto non pubblico, questi può limitarsi a bussare al domicilio del debitore e attendere l’apertura della porta. Apertura che non è obbligatoria, né sono previste conseguenze in caso di rifiuto a prestare collaborazione.

Dunque, in buona sostanza, il recupero crediti può – al pari di qualsiasi altro soggetto privato o pubblico – presentarsi alla porta del debitore e chiedere, educatamente, di essere aperto bussando al campanello. A volte si presenta come “procuratore stragiudiziale”, per dare un tono di ufficialità alla visita a casa tua. La parola però sta a significare che è un mandatario che nulla ha a che vedere col tribunale e quindi, nonostante la parola altisonante, non ha alcun potere pubblico.

Peraltro, l’esattore – lo chiamiamo in questo modo solo per semplicità anche se il termine è improprio – non può, in rispetto dell’altrui privacy, chiedere informazioni sul debitore ai suoi vicini di casa rivelando loro la finalità della visita; allo stesso tempo non può lasciare avvisi sulla porta del debitore che potrebbero essere letti da altri.

In base al codice di autodisciplina del recupero crediti, l’esattore non può presentarsi a casa altrui in orari di riposo (ad esempio dopo le 8 di sera o prima delle 8 di mattina) o durante le feste (ad esempio sabato e domenica, alla vigilia di Natale, ecc.).

Il debitore è quindi libero di aprire o non aprire la porta. Ma cosa succede nell’uno o nell’altro caso?

Che succede se apro la porta al recupero crediti?

Il delegato del recupero crediti, come abbiamo detto, non è l’ufficiale giudiziario e non può eseguire un pignoramento: non può quindi prelevare beni per metterli all’asta. Non devi quindi temere che, se apri al recupero crediti, ne subirai qualche conseguenza o esproprio. Non deriva alcun effetto giuridico da tale atto, né si interrompe ad esempio la prescrizione del debito. L’esattore può solo sollecitare verbalmente il debitore al pagamento ricordandogli i propri obblighi: né più, né meno di ciò che ha già fatto il telefonista del call center. Se anche gli dovesse chiedere di firmare un verbale, il debitore non è tenuto a farlo, né dall’omissione deriverebbe alcuna conseguenza. Anzi, è sempre meglio non firmare nulla.

Che succede se non apro la porta al recupero crediti?

Solo l’ufficiale giudiziario può intimare l’apertura della porta di casa al debitore e, in caso di resistenza, farsi accompagnare dalla forza pubblica. Il dipendente del recupero crediti non è un pubblico ufficiale e, quindi, non gli si deve alcuna obbedienza. Non si deve aprire la porta per forza e questi non può gridare dall’esterno alcuna frase che possa far intuire ai vicini la sua funzione; diversamente violerebbe l’altrui privacy. Dovrà quindi rassegnarsi e andare via. Potrà tutt’al più lasciare un avviso in busta chiusa nella cassetta delle lettere.

Eventuali insulti ed offese all’esattore non sono oltraggi a pubblico ufficialeperché si tratta, come detto, di un soggetto privato. Né c’è diffamazione perché le offese vengono proferite a due (potrebbe tutt’al più parlarsi di ingiuria, che però è stata ormai depenalizzata).

Che fare se il recupero crediti cerca di entrare?

Se l’esattore del recupero crediti vuole entrare o non si sposta dallo spazio antistante l’uscio (quello dove c’è lo zerbino), commette violazione di domiciliocosì come chiarito dalla giurisprudenza. Per cui puoi denunciarlo.

Non gli è consentito bussare ripetutamente alla porta se gli viene detto che non si intende aprire. Commetterebbe atti persecutori che potrebbero, anche in questo, essere denunciati. Ne sarebbe responsabile anche se dovesse presentarsi tutti i giorni allo stesso domicilio per “stressare” il debitore.

Tra l’altro, non tutti sanno che il codice deontologico delle società di recupero crediti prevede che l’esattore ti telefoni per concordare un appuntamento, se sei d’accordo ad incontrarlo, in una fascia oraria ben determinata.

Secondo la giurisprudenza [1], del comportamento scorretto e contrario a buona fede tenuto dalla società di recupero crediti risponde tanto quest’ultima quanto il creditore che se ne è valso (per es.: la banca, la società di telefonia, ecc.). E ciò perché grava su quest’ultimo l’obbligo di controllare l’operato dei propri collaboratori.

Il creditore non può neanche agire subito dopo con il pignoramento a meno che non abbia in mano una sentenza di condanna del giudice, un decreto ingiuntivo, un contratto di mutuo firmato davanti al notaio, un assegno o una cambiale scaduti. Solo in questi ultimi casi, infatti, esiste il cosiddetto “titolo esecutivo” che consente l’esecuzione forzata. Negli altri casi, invece, la strada ordinaria è la richiesta di un decreto ingiuntivo. Ma anche qui bisogna fare la distinzione. Quando infatti ci si vale di recupero crediti, a volte è perché l’entità del debito è talmente bassa da rendere poco conveniente la procedura giudiziale.

fonte

[1] Trib. Chieti, sent. n. 883/2012.