Caro Andrea Bocelli,

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Chiara Rossini
29.07.20

“Caro Andrea #Bocelli, ti scrivo da #Brescia, la provincia che, con la sfortunata sorella Bergamo, ha dato la metà dei contagiati totali della Lombardia e dei morti per Sars-cov2.
La quarta città in Europa per numero di vittime (rapportato alla popolazione), e, guarda caso, al primo posto c’è Bergamo. Ti scrivo dalla città che a marzo e aprile aveva il più grande covid hospital al mondo.
Ti scrivo dopo aver lavorato in un reparto che doveva essere covid free, ma che, sorpresa, non lo era. Ti scrivo dopo aver perso un parente, morto in pochi giorni, solo, a 71 anni e dopo che io e i miei figli ci siamo ammalati e, per fortuna, siamo guariti.
Ti scrivo dopo che ho scoperto che qui, a Bs e Bg non esiste più nessuno che non abbia incontrato il coronavirus, direttamente o indirettamente. Ti scrivo dopo aver lavorato per turni di 12 ore, dopo aver lavorato con camice, sovracamice, calzari, mascherina, visiera, due paia di guanti e cuffia, dopo essermi disinfettata le braccia, le mani con il cloro ogni giorno dopo la svestizione. Ti scrivo dopo che ho visto uomini di 56 anni ridotti a vegetali per encefalite da covid (e senza patologie pregresse), uomini di 48 anni colpiti da danni neurologici da #covid, donne che stavano bene uscire dopo 105 giorni di ospedale con danni polmonari permanenti e la bombola di ossigeno per sempre, persone in salute che non hanno più sensibilità ai piedi, per danni da covid. Uomini morire in 3 giorni, ventilatori accesi giorno e notte, dopo aver imparato cosa sia una tracheotomia cuffiata o scuffiata per tante che ne ho viste, sempre e solo per danni da covid. Ti scrivo perché l’immobilità dovuta alla terapia intensiva o all’astenia terribile da covid, ha aperto piaghe da decubito di quarto grado in persone molto giovani oltre che negli anziani. Ti scrivo perché ho visto due gemellini di 4 anni piangere di gioia abbarbicati alle gambe del loro papà che non vedevano da 120 giorni, a causa del virus.
Ti scrivo perché ho visto un reparto cambiarmi sotto gli occhi di giorno in giorno, barriere e muri creati ad hoc per isolare, nuovi percorsi, nuove barriere, nuovi sgabuzzini, nuovi modi di lavorare, vestiti da astronauti, col visus ridotto, senza fare pipì, bere o mangiare per tutto un turno. Ti scrivo dopo che per due mesi non ho potuto dormire, dal terrore, nonostante fossi così stanca da non reggermi in piedi. Ti scrivo dopo che la mia positività al coronavirus non è stata diagnosticata se non a posteriori, a spese mie. Ti scrivo perché ho visto persone di 30 anni aver bisogno di riabilitazione perché due settimane di terapia intensiva riducono la massa muscolare del 40%. Ti scrivo perché ho negli occhi e nel cuore le storie di decine di malati, ricoverati da più di 100 giorni, soli.
Ti scrivo perché sono stata assunta per l’emergenza e poi, a emergenza placata, lasciata a casa, precaria come prima.
Ti scrivo perché il silenzio e il deserto di Brescia in marzo ed aprile erano angoscianti, rotti solo dal suono delle ambulanze. Ti scrivo perché ho pianto di sollievo a rivedere mia madre e le attività commerciali riaprire. Ti scrivo, col cuore offeso e sanguinante dalle tue luride parole. E perché mi prende il panico e l’ansia ogni volta che leggo articoli sulla pandemia. E piango. Di paura, dolore e stanchezza.
E quindi, caro Andrea Bocelli, vaffanculo.
Di cuore”
(Chiara Rossini)

Le scuse di Bocelli

🇮🇹
Da sempre mi sono speso per combattere la sofferenza e l’ho fatto anche recentemente con l’avvento di questa sciagurata pandemia, come molti sanno.

Perciò se il mio intervento al Senato ha generato sofferenza, di questo io chiedo sinceramente scusa, perché proprio non era nelle mie intenzioni.

Così come nelle mie intenzioni non era di offendere chi dal Covid è stato colpito.

Del resto, come sapete, la mia famiglia non è stata risparmiata dal virus: siamo stati tutti quanti contagiati e tutti abbiamo temuto il peggio; perché nessuno può conoscere l’andamento di una malattia come questa, che è ancora oggi sconosciuta.

Lo scopo del mio intervento al Senato era quello di sperare in un prossimo futuro in cui i bambini soprattutto, possano ritrovare la normalità, possano sperare di vivere “da bambini”, giocando tra loro, abbracciandosi, come devono fare i bambini per poter crescere sani e sereni.
Questo solo era il senso del mio intervento ed a tutti quelli che a causa del modo in cui mi sono espresso – sicuramente non il più felice – e dalle mie parole hanno trovato ragioni per sentirsi offesi o hanno sofferto per quello che ho detto, a loro chiedo sinceramente scusa, perché le mie intenzioni erano tutt’altre, erano esattamente il contrario.

Andrea


🇬🇧
I have always endeavored to fight suffering and did so also with the arrival of this unfortunate pandemic, as many of you know.

Therefore, if my speech to the Italian Senate caused suffering, I wish to extend my sincere apologies, because my intention could not have been more different.

Just as it was not my intention to offend those who have been struck by COVID.

In fact, my family was not spared by the virus: we all caught it and we all feared for the worst, because no one can know the course a disease such as this will take, which is still partially unknown to us.

The intent of my speech to the Italian Senate was to send a message of hope for a near future in which – children first and foremost – can find again a sense of normality and can hope to live “as children”, playing with and hugging one another, as they should at their age, and to be able to grow up happy and healthy.
This, and this alone, was the meaning I intended to convey with my speech. To all those people who felt offended or suffered because of how I expressed myself – undoubtedly not in the best possible way – and the words I used, I ask that they accept my sincerest apologies, as my intention was quite the opposite.

Andrea

Fonte

Caro Andrea Bocelli,

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Chiara Rossini
29.07.20

“Caro Andrea #Bocelli, ti scrivo da #Brescia, la provincia che, con la sfortunata sorella Bergamo, ha dato la metà dei contagiati totali della Lombardia e dei morti per Sars-cov2.
La quarta città in Europa per numero di vittime (rapportato alla popolazione), e, guarda caso, al primo posto c’è Bergamo. Ti scrivo dalla città che a marzo e aprile aveva il più grande covid hospital al mondo.
Ti scrivo dopo aver lavorato in un reparto che doveva essere covid free, ma che, sorpresa, non lo era. Ti scrivo dopo aver perso un parente, morto in pochi giorni, solo, a 71 anni e dopo che io e i miei figli ci siamo ammalati e, per fortuna, siamo guariti.
Ti scrivo dopo che ho scoperto che qui, a Bs e Bg non esiste più nessuno che non abbia incontrato il coronavirus, direttamente o indirettamente. Ti scrivo dopo aver lavorato per turni di 12 ore, dopo aver lavorato con camice, sovracamice, calzari, mascherina, visiera, due paia di guanti e cuffia, dopo essermi disinfettata le braccia, le mani con il cloro ogni giorno dopo la svestizione. Ti scrivo dopo che ho visto uomini di 56 anni ridotti a vegetali per encefalite da covid (e senza patologie pregresse), uomini di 48 anni colpiti da danni neurologici da #covid, donne che stavano bene uscire dopo 105 giorni di ospedale con danni polmonari permanenti e la bombola di ossigeno per sempre, persone in salute che non hanno più sensibilità ai piedi, per danni da covid. Uomini morire in 3 giorni, ventilatori accesi giorno e notte, dopo aver imparato cosa sia una tracheotomia cuffiata o scuffiata per tante che ne ho viste, sempre e solo per danni da covid. Ti scrivo perché l’immobilità dovuta alla terapia intensiva o all’astenia terribile da covid, ha aperto piaghe da decubito di quarto grado in persone molto giovani oltre che negli anziani. Ti scrivo perché ho visto due gemellini di 4 anni piangere di gioia abbarbicati alle gambe del loro papà che non vedevano da 120 giorni, a causa del virus.
Ti scrivo perché ho visto un reparto cambiarmi sotto gli occhi di giorno in giorno, barriere e muri creati ad hoc per isolare, nuovi percorsi, nuove barriere, nuovi sgabuzzini, nuovi modi di lavorare, vestiti da astronauti, col visus ridotto, senza fare pipì, bere o mangiare per tutto un turno. Ti scrivo dopo che per due mesi non ho potuto dormire, dal terrore, nonostante fossi così stanca da non reggermi in piedi. Ti scrivo dopo che la mia positività al coronavirus non è stata diagnosticata se non a posteriori, a spese mie. Ti scrivo perché ho visto persone di 30 anni aver bisogno di riabilitazione perché due settimane di terapia intensiva riducono la massa muscolare del 40%. Ti scrivo perché ho negli occhi e nel cuore le storie di decine di malati, ricoverati da più di 100 giorni, soli.
Ti scrivo perché sono stata assunta per l’emergenza e poi, a emergenza placata, lasciata a casa, precaria come prima.
Ti scrivo perché il silenzio e il deserto di Brescia in marzo ed aprile erano angoscianti, rotti solo dal suono delle ambulanze. Ti scrivo perché ho pianto di sollievo a rivedere mia madre e le attività commerciali riaprire. Ti scrivo, col cuore offeso e sanguinante dalle tue luride parole. E perché mi prende il panico e l’ansia ogni volta che leggo articoli sulla pandemia. E piango. Di paura, dolore e stanchezza.
E quindi, caro Andrea Bocelli, vaffanculo.
Di cuore”
(Chiara Rossini)

Le scuse di Bocelli

🇮🇹
Da sempre mi sono speso per combattere la sofferenza e l’ho fatto anche recentemente con l’avvento di questa sciagurata pandemia, come molti sanno.

Perciò se il mio intervento al Senato ha generato sofferenza, di questo io chiedo sinceramente scusa, perché proprio non era nelle mie intenzioni.

Così come nelle mie intenzioni non era di offendere chi dal Covid è stato colpito.

Del resto, come sapete, la mia famiglia non è stata risparmiata dal virus: siamo stati tutti quanti contagiati e tutti abbiamo temuto il peggio; perché nessuno può conoscere l’andamento di una malattia come questa, che è ancora oggi sconosciuta.

Lo scopo del mio intervento al Senato era quello di sperare in un prossimo futuro in cui i bambini soprattutto, possano ritrovare la normalità, possano sperare di vivere “da bambini”, giocando tra loro, abbracciandosi, come devono fare i bambini per poter crescere sani e sereni.
Questo solo era il senso del mio intervento ed a tutti quelli che a causa del modo in cui mi sono espresso – sicuramente non il più felice – e dalle mie parole hanno trovato ragioni per sentirsi offesi o hanno sofferto per quello che ho detto, a loro chiedo sinceramente scusa, perché le mie intenzioni erano tutt’altre, erano esattamente il contrario.

Andrea


🇬🇧
I have always endeavored to fight suffering and did so also with the arrival of this unfortunate pandemic, as many of you know.

Therefore, if my speech to the Italian Senate caused suffering, I wish to extend my sincere apologies, because my intention could not have been more different.

Just as it was not my intention to offend those who have been struck by COVID.

In fact, my family was not spared by the virus: we all caught it and we all feared for the worst, because no one can know the course a disease such as this will take, which is still partially unknown to us.

The intent of my speech to the Italian Senate was to send a message of hope for a near future in which – children first and foremost – can find again a sense of normality and can hope to live “as children”, playing with and hugging one another, as they should at their age, and to be able to grow up happy and healthy.
This, and this alone, was the meaning I intended to convey with my speech. To all those people who felt offended or suffered because of how I expressed myself – undoubtedly not in the best possible way – and the words I used, I ask that they accept my sincerest apologies, as my intention was quite the opposite.

Andrea

Fonte

Caro Andrea Bocelli,

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Chiara Rossini
29.07.20

“Caro Andrea #Bocelli, ti scrivo da #Brescia, la provincia che, con la sfortunata sorella Bergamo, ha dato la metà dei contagiati totali della Lombardia e dei morti per Sars-cov2.
La quarta città in Europa per numero di vittime (rapportato alla popolazione), e, guarda caso, al primo posto c’è Bergamo. Ti scrivo dalla città che a marzo e aprile aveva il più grande covid hospital al mondo.
Ti scrivo dopo aver lavorato in un reparto che doveva essere covid free, ma che, sorpresa, non lo era. Ti scrivo dopo aver perso un parente, morto in pochi giorni, solo, a 71 anni e dopo che io e i miei figli ci siamo ammalati e, per fortuna, siamo guariti.
Ti scrivo dopo che ho scoperto che qui, a Bs e Bg non esiste più nessuno che non abbia incontrato il coronavirus, direttamente o indirettamente. Ti scrivo dopo aver lavorato per turni di 12 ore, dopo aver lavorato con camice, sovracamice, calzari, mascherina, visiera, due paia di guanti e cuffia, dopo essermi disinfettata le braccia, le mani con il cloro ogni giorno dopo la svestizione. Ti scrivo dopo che ho visto uomini di 56 anni ridotti a vegetali per encefalite da covid (e senza patologie pregresse), uomini di 48 anni colpiti da danni neurologici da #covid, donne che stavano bene uscire dopo 105 giorni di ospedale con danni polmonari permanenti e la bombola di ossigeno per sempre, persone in salute che non hanno più sensibilità ai piedi, per danni da covid. Uomini morire in 3 giorni, ventilatori accesi giorno e notte, dopo aver imparato cosa sia una tracheotomia cuffiata o scuffiata per tante che ne ho viste, sempre e solo per danni da covid. Ti scrivo perché l’immobilità dovuta alla terapia intensiva o all’astenia terribile da covid, ha aperto piaghe da decubito di quarto grado in persone molto giovani oltre che negli anziani. Ti scrivo perché ho visto due gemellini di 4 anni piangere di gioia abbarbicati alle gambe del loro papà che non vedevano da 120 giorni, a causa del virus.
Ti scrivo perché ho visto un reparto cambiarmi sotto gli occhi di giorno in giorno, barriere e muri creati ad hoc per isolare, nuovi percorsi, nuove barriere, nuovi sgabuzzini, nuovi modi di lavorare, vestiti da astronauti, col visus ridotto, senza fare pipì, bere o mangiare per tutto un turno. Ti scrivo dopo che per due mesi non ho potuto dormire, dal terrore, nonostante fossi così stanca da non reggermi in piedi. Ti scrivo dopo che la mia positività al coronavirus non è stata diagnosticata se non a posteriori, a spese mie. Ti scrivo perché ho visto persone di 30 anni aver bisogno di riabilitazione perché due settimane di terapia intensiva riducono la massa muscolare del 40%. Ti scrivo perché ho negli occhi e nel cuore le storie di decine di malati, ricoverati da più di 100 giorni, soli.
Ti scrivo perché sono stata assunta per l’emergenza e poi, a emergenza placata, lasciata a casa, precaria come prima.
Ti scrivo perché il silenzio e il deserto di Brescia in marzo ed aprile erano angoscianti, rotti solo dal suono delle ambulanze. Ti scrivo perché ho pianto di sollievo a rivedere mia madre e le attività commerciali riaprire. Ti scrivo, col cuore offeso e sanguinante dalle tue luride parole. E perché mi prende il panico e l’ansia ogni volta che leggo articoli sulla pandemia. E piango. Di paura, dolore e stanchezza.
E quindi, caro Andrea Bocelli, vaffanculo.
Di cuore”
(Chiara Rossini)

Le scuse di Bocelli

🇮🇹
Da sempre mi sono speso per combattere la sofferenza e l’ho fatto anche recentemente con l’avvento di questa sciagurata pandemia, come molti sanno.

Perciò se il mio intervento al Senato ha generato sofferenza, di questo io chiedo sinceramente scusa, perché proprio non era nelle mie intenzioni.

Così come nelle mie intenzioni non era di offendere chi dal Covid è stato colpito.

Del resto, come sapete, la mia famiglia non è stata risparmiata dal virus: siamo stati tutti quanti contagiati e tutti abbiamo temuto il peggio; perché nessuno può conoscere l’andamento di una malattia come questa, che è ancora oggi sconosciuta.

Lo scopo del mio intervento al Senato era quello di sperare in un prossimo futuro in cui i bambini soprattutto, possano ritrovare la normalità, possano sperare di vivere “da bambini”, giocando tra loro, abbracciandosi, come devono fare i bambini per poter crescere sani e sereni.
Questo solo era il senso del mio intervento ed a tutti quelli che a causa del modo in cui mi sono espresso – sicuramente non il più felice – e dalle mie parole hanno trovato ragioni per sentirsi offesi o hanno sofferto per quello che ho detto, a loro chiedo sinceramente scusa, perché le mie intenzioni erano tutt’altre, erano esattamente il contrario.

Andrea


🇬🇧
I have always endeavored to fight suffering and did so also with the arrival of this unfortunate pandemic, as many of you know.

Therefore, if my speech to the Italian Senate caused suffering, I wish to extend my sincere apologies, because my intention could not have been more different.

Just as it was not my intention to offend those who have been struck by COVID.

In fact, my family was not spared by the virus: we all caught it and we all feared for the worst, because no one can know the course a disease such as this will take, which is still partially unknown to us.

The intent of my speech to the Italian Senate was to send a message of hope for a near future in which – children first and foremost – can find again a sense of normality and can hope to live “as children”, playing with and hugging one another, as they should at their age, and to be able to grow up happy and healthy.
This, and this alone, was the meaning I intended to convey with my speech. To all those people who felt offended or suffered because of how I expressed myself – undoubtedly not in the best possible way – and the words I used, I ask that they accept my sincerest apologies, as my intention was quite the opposite.

Andrea

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Italiani brava gente..

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“Sono così piccole da non raggiungere in altezza l’anca dei predatori che se le vanno a comprare nei bordelli, e poi le stuprano, e prima trattano il prezzo parlando quasi sempre lingue occidentali, e 80.000 volte all’anno in media la lingua è l’italiano.

Sono così sottili che, se non fossero coperte di stracci succinti e colorati, indosserebbero le taglie più piccole degli abitini per bimbi occidentali.

Le stuprano, tra gli altri, certi italiani che a casa sembrano gente per bene, gente a posto. Che mai e poi mai potreste riconoscerli dal modo di fare, dalla morfologia.
Figli, mariti, padri, lavoratori.

E poi un aereo.
E poi in vacanza al Sud del mondo.
E poi diventano il demonio.
Italiani, tra quelli che ”consumano” di più a Santo Domingo, in Colombia, in Brasile.
Italiani, i primi pedofili del Kenya.

Attivissimi, nell’olocausto che travolge 15.000 creature, il 30% di tutte le bambine che vivono tra Malindi, Bombasa, Kalifi e Diani.

Piccole schiave del sesso per turisti. In vendita a orario continuato, per mano, talvolta, dai loro genitori.
In genere hanno tra i 10 e i 12 anni. Ma possono averne anche 9, anche 7, anche 5, a volte, per gli esigenti, anche 2 o 3 anni.

Minuscoli bottini per turisti.
Burattini di carne da manipolare a piacimento.
Foto e filmati da portare a casa come souvenir.
Costa quanto una buona cena o un’escursione.

Puoi fare anche un pacchetto all inclusive: alloggio, vitto, viaggio, drink, preservativi e bimbe per un tot.

Puoi cercare nei forum in Rete le occasioni, ci sono i siti apposta. Puoi scegliere tra ”20 mixt age prostitutes”, dalla prima infanzia in su.
Puoi avere anche le vergini, 1000 euro in più.

E poi torni da mamma, dai figli, dalla moglie, in ufficio.
Bravo uomo impeccabile, nessuno mai immagina. Papà integerrimi. Mariti dolci e affettuosi.

E poi bentornato, e quello che è successo chi lo sa?

L’allarme è dell’Ecpat, l’organizzazione che in 70 Paesi del mondo lotta da sempre contro lo sfruttamento sessuale dei bambini: sono sempre di più i vacanzieri che vanno a caccia di cuccioli umani nei Paesi dove, per non morire di fame, si accetta ogni tortura.

Sono un terzo dei tre milioni di turisti sessuali in tutto il mondo.

Sempre più depravati per scelta, e non per malattia.

Solo il 5% di loro, infatti, è un caso patologico.
Gli altri, informa l’Ecpat, lo fanno per provare un’emozione nuova, in modo occasionale (60%), oppure abituale (35%).”

Tratto da:
Marida Lombardo Pijola
Il Messaggero

Sempre pronto a puntare il dito

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“Il governo sta ammazzando la Sicilia, il governo odia la Sicilia. Pd e M5s odiano la Sicilia e di conseguenza il resto d’Italia”.
Lo ha dichiarato lui, Matteo Salvini, che dell’odio per il Sud e per l’Italia è stato per anni l’imprenditore per eccellenza.
Sì, lui. Lui che ha passato parte della sua vita a cantare “Vesuvio, lavali col fuoco”.
Lui che, quando ancora era un convinto secessionista padano, riferendosi ai meridionali scriveva che “dire prima il Nord è razzista? Ma per piasè, i razzisti sono coloro che da decenni campano come parassiti sulle spalle altrui”.
Sempre lui che, nel 2012, dichiarava che: “I meridionali l’Euro non lo meritano. La Lombardia e il Nord se lo possono permettere. Io a Milano lo voglio, perché qui siamo in Europa. Il Sud invece è come la Grecia”.
Proprio lui, l’uomo politico che, nel 2013, a proposito di una sentenza in cui si stabiliva che dire “L’Italia è un Paese di m…” costituisce vilipendio, commentava così: “L’Italia è un Paese di me**a. Arrestatemi”.
E come dimenticare quando, sempre nel 2013, in un congresso di quella che allora era ancora la Lega Nord, ebbe a dichiarare che: “Noi non siamo una speranza per i forestali della Calabria o per i lavoratori socialmente utili di Napoli. Ma perché dobbiamo pagare lo stesso stipendio alla maestra che fa bene il suo lavoro e alla maestra che non sa parlare l’italiano perché arriva da chissà dove? Non possiamo avere maestre piemontesi in Piemonte? Maestre venete in Veneto? Vigili urbani lombardi in Lombardia? Prima la nostra gente, prima i Padani e se dobbiamo andare oltre, rispetto a Bruxelles, prima gli italiani per quanto riguarda l’altra metà del Paese (il Nord)”.
Non basta indossare una maschera, senatore Salvini.
Noi non dimenticheremo mai chi il Sud lo ha odiato per davvero. E non lo faranno anche i meridionali. Ne siamo certi.

Carmelo Miceli

SleghiAMOlaSicilia

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Ritorniamo alle origini e….. Chi se ne frega….

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A costo di “indignare” qualcuno, le cose voglio dirle come stanno.

Leggo, purtroppo, che in tanti, troppi stanno facendo se non un tifo un mezzo tifo contro l’Italia sul Recovery Fund. E non parlo dei leghisti, ma di persone che difendono questo simpatico figuro qui, Rutte, giustificando l’Olanda con roba del tipo “Eh ma noi sprechiamo, e c’abbiamo il reddito di cittadinanza, e c’è la mafia”.

Ma ve lo posso dire sinceramente: eh ma chi se ne frega?

No perché scusate forse non è chiara la situazione: quei soldi ci servono. Perché la batosta c’è stata e noi italiani l’abbiamo presa dritta dritta sul muso (per primi, tra l’altro). Quindi, detto sinceramente, a me di tifare contro il mio Paese perché c’è qualcuno che prende il reddito di cittadinanza senza averne diritto, non interessa.

Ma fermi perché c’è anche di più. Come se non bastasse il bisogno di quelle risorse, ci sono altri due punti.

Il primo è che ne abbiamo diritto. E ne abbiamo diritto non solo perché siamo parte dell’Unione Europea; perché siamo il 4° paese per Pil della comunità: ma perché l’Unione l’abbiamo fondata noi. La CEE nasce infatti a Roma nel 1957.

Il secondo è che lezioni di moralità e di rigore da un paese che adotta un sistema fiscale che definirei in maniera colorita, attribuendogli un aggettivo marinaresco (ma non posso), e che ogni anno sottrae miliardi al resto d’Europa facendo il furbo, non ne dobbiamo accettare. Non possiamo accettarlo. Perché o si è frugali sempre, e allora le tasse si fanno pagare come gli altri, o la si pianta. Perché sennò a Roma c’è un modo di dire – anche qui – molto colorito che non ripeterò, ma che posso parafrasare dicendo che siamo tutti bravi a fare gli investitori con i soldi degli altri.

FonteEh però stavolta i soldi sono i nostri. E che l’Olanda ce li neghi mentre si ingozza con i soldi delle nostre aziende che son andate lì no, non sta bene. Come non sta bene che ci siano italiani che ridendosela facciano il tifo contro. Se proprio ci tengono, vadano loro a spiegarlo a famiglie, lavoratori e imprese che quei soldi non devono averli. Poi vedremo se rideranno anche gli interlocutori.
Leonardo Cecchi

IL GRANDE INGANNO DEL PIL PADANO

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(di Maurizio Zaccone)

Quante volte sentiamo dire di “Nord che traina”, di Regioni che “reggono” le altre e di “siamo stufi di pagare per voi”?
Questi concetti nascono dal fatto che le regioni del Nord hanno più aziende di quelle del Sud e quindi fatturano (e guadagnano) di più; conseguentemente pagano più tasse (visti i maggiori introiti).

Quel che si dimentica di dire sempre è però dove vendono queste aziende.
Dove creano il loro mercato e chi le finanzia.

Un esempio perfetto ci viene fornito oggi.

Ci sono 2 aziende del Sud: Multicedi (Campania) e Gruppo Arena (Sicilia), le quali gestiscono rispettivamente 535 e 179 supermercati; tutti al Sud.

Fatturano, insieme, oltre 2,3 miliardi di euro.

Oggi decidono di unirsi dando vita a “Decò Italia” una società consortile. Non è una fusione, ma una nuova società nata dalla loro partnership.
Lo scopo dichiarato è quello di “realizzare, sviluppare e gestire tutto il Mondo delle Marche Private per gli oltre 700 punti vendita dei 2 gruppi”.
Le “marche private” sono quei prodotti a marchio di una catena (ad es. Carrefour, Coop, Decò, ecc.), generalmente commissionati ad aziende terze e poi direttamente distribuite nei propri punti vendita. Un settore importante perché bypassa il costo della distribuzione e del marketing.

E dove avrà sede questa società? A Milano.

A capo di Decò Italia ci saranno Mario Gasbarrino (che dichiara: “sono cresciuto ed ho studiato a Napoli, da dove sono andato via appena laureato, e professionalmente sono diventato grande in Sicilia dove ho lavorato oltre 30 anni fa in una catena del Gruppo Arena”) e Gabriele Nicotra (“la scelta di Milano è coerente con lo spirito dei due soci fondatori che, seppur leader nel loro territorio di riferimento, ritengono fondamentale il confronto con le realtà più evolute del mercato distributivo”).

Cosa cambierà quindi?

Niente. I supermercati restano lì, al Sud Italia.
A vendere i prodotti alla gente del meridione.
E quando noi entreremo in un supermercato del Sud, comprando un prodotto a marchio di quel supermercato del Sud, magari anche (speriamo) prodotto in uno stabilimento del Sud, avremo contribuito al PIL di una regione del Nord, considerando la sede fiscale della nuova azienda che distribuisce quel prodotto.

Quel PIL che non noi, ma le Regioni del Nord, continuano ad esibire orgogliosamente per spiegare maggiore operosità e attitudine al lavoro. E, soprattutto, lo ritengono criterio fondamentale per una ripartizione di fondi diversa con l’Autonomia differenziata.

“Produciamo di più e dobbiamo avere di più” è il loro slogan.
Senza ovviamente conoscere questi piccoli dettagli. O, forse, conoscendoli perfettamente.

Fonte

https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2020/07/15/partnership-multicedi-gruppo-arena-nasce-deco-italia_TAXvqtuSb1NvepGUtPrvpN.html?refresh_ce

IL GRANDE INGANNO DEL PIL PADANO

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(di Maurizio Zaccone)

Quante volte sentiamo dire di “Nord che traina”, di Regioni che “reggono” le altre e di “siamo stufi di pagare per voi”?
Questi concetti nascono dal fatto che le regioni del Nord hanno più aziende di quelle del Sud e quindi fatturano (e guadagnano) di più; conseguentemente pagano più tasse (visti i maggiori introiti).

Quel che si dimentica di dire sempre è però dove vendono queste aziende.
Dove creano il loro mercato e chi le finanzia.

Un esempio perfetto ci viene fornito oggi.

Ci sono 2 aziende del Sud: Multicedi (Campania) e Gruppo Arena (Sicilia), le quali gestiscono rispettivamente 535 e 179 supermercati; tutti al Sud.

Fatturano, insieme, oltre 2,3 miliardi di euro.

Oggi decidono di unirsi dando vita a “Decò Italia” una società consortile. Non è una fusione, ma una nuova società nata dalla loro partnership.
Lo scopo dichiarato è quello di “realizzare, sviluppare e gestire tutto il Mondo delle Marche Private per gli oltre 700 punti vendita dei 2 gruppi”.
Le “marche private” sono quei prodotti a marchio di una catena (ad es. Carrefour, Coop, Decò, ecc.), generalmente commissionati ad aziende terze e poi direttamente distribuite nei propri punti vendita. Un settore importante perché bypassa il costo della distribuzione e del marketing.

E dove avrà sede questa società? A Milano.

A capo di Decò Italia ci saranno Mario Gasbarrino (che dichiara: “sono cresciuto ed ho studiato a Napoli, da dove sono andato via appena laureato, e professionalmente sono diventato grande in Sicilia dove ho lavorato oltre 30 anni fa in una catena del Gruppo Arena”) e Gabriele Nicotra (“la scelta di Milano è coerente con lo spirito dei due soci fondatori che, seppur leader nel loro territorio di riferimento, ritengono fondamentale il confronto con le realtà più evolute del mercato distributivo”).

Cosa cambierà quindi?

Niente. I supermercati restano lì, al Sud Italia.
A vendere i prodotti alla gente del meridione.
E quando noi entreremo in un supermercato del Sud, comprando un prodotto a marchio di quel supermercato del Sud, magari anche (speriamo) prodotto in uno stabilimento del Sud, avremo contribuito al PIL di una regione del Nord, considerando la sede fiscale della nuova azienda che distribuisce quel prodotto.

Quel PIL che non noi, ma le Regioni del Nord, continuano ad esibire orgogliosamente per spiegare maggiore operosità e attitudine al lavoro. E, soprattutto, lo ritengono criterio fondamentale per una ripartizione di fondi diversa con l’Autonomia differenziata.

“Produciamo di più e dobbiamo avere di più” è il loro slogan.
Senza ovviamente conoscere questi piccoli dettagli. O, forse, conoscendoli perfettamente.

Fonte

https://www.adnkronos.com/soldi/economia/2020/07/15/partnership-multicedi-gruppo-arena-nasce-deco-italia_TAXvqtuSb1NvepGUtPrvpN.html?refresh_ce