CI DISSERO È PER IL NOSTRO BENE, L’italia SI DOVEVA UNIRE!

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CI DISSERO “È PER IL VOSTRO BENE”!
E CE LO DICONO ANCORA!
Quella maledetta mattina del 14 agosto 1861, per vendicare i loro 40 morti, i bersaglieri entrarono a Pontelandolfo, ne furono chiuse le vie di ingresso e di uscita, nessuno poteva uscire dal paese.

Una giovane coppia, sposatasi il giorno prima, giaceva nel suo talamo, gli sfondarono la porta di casa, immobilizzarono l’uomo, costretto a vedere la sua amata essere violentata da decine di bersaglieri, lui si dimenava con l’intento di difendenderla, ma i soldati italiani con il calcio del fucile lo tenevano buono fino a sfondargli il petto ed in fine il cranio, dopo la violenza la giovane sposina venne squartata.

Più in là una ragazza in piazza viene aggredita da un besagliere, lei per difendrsi lo graffiò, gli furono mozzate le mani, poi violentata a turno e poi finita con una palla in fronte.

Gente scaraventata fuori dalle proprie case, a centinaia spinti in vicoli ciechi dove tiratori scelti non sprecavano pallottole.


Bambini in fasce lanciati dalle finestre, infilzati con le baionette sotto gli occhi delle loro madri mentre venivano violentate a turno.

Poi smisero di sparare e rinchiusero il resto dei cittadini nelle case e chiese e tutto fu dato alle fiamme.

I morti furono almeno 500…

CI DISSERO È PER IL NOSTRO BENE, L’italia SI DOVEVA UNIRE!

ACCADUTO REALMENTE ALL’UNIVERSITÀ DI GENOVA CORSO DI LAUREA IN INGEGNERIA

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Un professore di termodinamica ha assegnato un’esercitazione a casa agli studenti del suo corso di laurea.
Il compito consisteva in una domanda: “L’inferno è esotermico (libera calore) o endotermico (assorbe calore)? Sostenete la risposta con delle prove”.
La maggior parte degli studenti ha cercato di dimostrare le proprie convinzioni citando la legge di Boyle (un gas si raffredda quando si espande e si riscalda quando viene compresso), o alcune sue varianti.
Uno di loro, tuttavia, ha scritto quanto segue.
“Innanzitutto, dobbiamo sapere come cambia nel tempo la massa dell’inferno, quindi abbiamo bisogno di stabilire i tassi di entrata e uscita all’inferno delle anime.
Credo che possiamo tranquillamente assumere che, quando un’anima entra all’inferno, non è destinata a uscirne. Quindi, nessun’anima esce.
Per quanto riguarda il numero di anime che fanno il loro ingresso all’inferno, prendiamo in considerazione le diverse religioni attualmente esistenti al mondo. Un numero significativo di esse sostiene che se non sei un membro di quella stessa religione andrai all’inferno. Siccome di queste religioni ce n’è più di una ed abbracciano una sola fede per volta, possiamo dedurne che tutte le persone e tutte le anime finiscono all’inferno.
Dunque, stanti gli attuali tassi di natalità e mortalità della popolazione mondiale, possiamo attenderci una crescita esponenziale del numero di anime presenti all’inferno.
Ora rivolgiamo l’attenzione al tasso di espansione dell’inferno, poiché la legge di Boyle afferma che, per mantenere stabile la temperatura e la pressione dentro l’inferno, il volume dello stesso deve crescere proporzionalmente all’ingresso delle anime. Questo ci dà due possibilità:
1) Se l’inferno si espande ad una velocità minore di quella dell’ingresso delle anime, allora temperatura e pressione dell’inferno saranno destinate a crescere, fino a farlo esplodere.
2) Se l’inferno si espande più velocemente del tasso d’ingresso delle anime, allora temperatura e pressione scenderanno fino a quando l’inferno non si congelerà.
Dunque, quale delle due è l’ipotesi corretta? Se accettiamo il postulato comunicatomi dalla signorina Teresa Baghini durante il mio primo anno all’università, secondo il quale “Nevicherà all’inferno prima che io te la dia”, e considerando che ancora non ho avuto successo nel tentativo di avere una relazione sessuale con lei, allora l’ipotesi 2 non può essere vera.
Quindi l’inferno è esotermico”.
Lo studente ha preso l’unico 30.

  • Fonte Ignota

Perché a Napoli hanno la panza

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Mi sono sempre chiesta perché noi napoletani tenìmm a pànz!
Parlando con un ragazzo che vive in provincia di Bergamo, fissato per la palestra, mi son sentita dire “a Napoli non avete la cultura del fitness”. Allorché gli ho chiesto: “uè bello, ma dalle tue parti oltre alla nebbia e qualche piantagione di riso che cosa c’è?”. Ovviamente la risposta è “niente”! Tu a Bergamo esci di casa, vedi la nebbia, vedi il riso e te vaje a chiurer rind a na palestra. Qui a Napoli esci di casa vai a Mergellina e vir e taralli cav’r. Che faje nun te ‘ccatte?! Vai al castel dell’Ovo e senti l’odore di pesce fritto che faje nun t’assitt e magn? Vai a fare un giro nel centro storico, o’babbà rind a vetrina e Scaturchio te chiamm pe nomm, che faje nun o’rispunn? E se vai a via Toledo a sfogliatella addu Pintauro nun t’a pije? E poi che fai, stai a Napoli e nun te magn a pizz? Ti levano la cittadinanza! E poi vai in pizzeria e che fai prendi solo una pizza?! È na figura e merd! E allò pigl pure duje panzarott e quando pigl o panzarott e pigliá pur a frittatin!
E se invece non esci, resti a casa, Mammà ha fatt a pastier che faje nun assaggi? E si nun è Mammà è a signor affianco che ha fatt o ruot e past al forno e so avanzat nu par e piatt, che faje nun assagg? E se vai dalla nonna ha fatt a frittat e maccarun che faje nun assagg? E se vai dalla fidanzata a’gnor ha fatt o casatiell che faje nun assagg? Dopo tutto questo ben di Dio, amico mio, per smaltire non devi andare in palestra ad allenarti, jà i addu San Gennaro a pregare, pecchè ce vo sul nu miracolo pe smaltì tutt chell ca te magnat!
Il vero problema non è che a Napoli ci manca la cultura del fitness, è che a Bergamo non sapìt addò i ! ” NAPOLI❤❤❤

Era solo un anno fa’ 15 agosto 2019

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Gentile Ministro dell’Interno, caro Matteo,

ti scrivo questa lettera aperta perché il caso della nave Open Arms domina ormai le prime pagine dei giornali e perché sono costretto a constatare che anche la corrispondenza d’ufficio tra la Presidenza del Consiglio e il Viminale viene poi riportata sui giornali e allora tanto vale renderla pubblica all’origine, per migliore trasparenza anche nei confronti dei cittadini.

Ti ho scritto ier l’altro una comunicazione formale, con la quale, dopo avere richiamato vari riferimenti normativi e la giurisprudenza in materia, ti ho invitato, letteralmente, “nel rispetto della normativa in vigore, ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti nell’imbarcazione”.
Con mia enorme sorpresa, ieri hai riassunto questa mia posizione attribuendomi, genericamente, la volontà di far sbarcare i migranti a bordo.
Comprendo la tua fedele e ossessiva concentrazione nell’affrontare il tema dell’immigrazione riducendolo alla formula “porti chiusi”. Sei un leader politico e sei legittimamente proteso a incrementare costantemente i tuoi consensi. Ma parlare come Ministro dell’Interno e alterare una chiara posizione del tuo Presidente del Consiglio, scritta nero su bianco, è questione diversa.
È un chiaro esempio di sleale collaborazione, l’ennesima a dire il vero, che non posso accettare.
Come ho sempre pubblicamente rappresentato, il tema dell’immigrazione è un tema complesso. Va affrontato con una politica di ampio respiro, come ho provato a fare sin dal primo Consiglio Europeo al quale ho partecipato, a fine giugno 2018, evitando di lasciarci schiacciare dai singoli casi emergenziali.
Da subito ho elaborato una piattaforma politica fondata su sei premesse e dieci obiettivi, in modo da inserire tutte le singole iniziative in questa prospettiva strategica, sempre costantemente ispirata alla tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, della dignità della persona e alla protezione dei nostri interessi nazionali, sovente compromessi nella gestione del fenomeno migratorio.
Ho personalmente contribuito a perseguire questo nuovo indirizzo politico, di maggiore rigore rispetto al passato, al fine di contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale e la moderna e disumana “tratta dei disperati”, alimentata dalle organizzazioni criminali.
Ho viaggiato in lungo e in largo in Africa e nel Medio Oriente per incrementare la cooperazione nei Paesi di origine e nei Paesi di transito, dove si concentrano le rotte dei migranti.
Abbiamo sempre lavorato intensamente, coinvolgendo anche il Ministro Moavero, per rendere più efficace il meccanismo dei rimpatri per i migranti che non hanno diritto ad alcuna protezione.
Mi batterò sino all’ultimo giorno perché si affermi un meccanismo europeo, da applicare in via pressoché automatica, per operare una redistribuzione che veda tutti i Paesi dell’Unione pienamente coinvolti, in modo da evitare che i Paesi di primo sbarco, come l’Italia, siano abbandonati a se stessi.
Pur in attesa che si attui questo meccanismo europeo, sono sempre personalmente intervenuto, con gli altri Paesi europei, per pretendere e ottenere una redistribuzione dei migranti che sono sbarcati nei nostri porti. E a questo proposito dobbiamo dare atto che sia la Commissione europea sia alcuni leader europei ci hanno sempre teso la mano per sbloccare situazioni emergenziali.
Questo è il momento di insistere in direzione di una soluzione sempre più europea, altrimenti l’Italia si ritroverà completamente isolata in una situazione che diventerà, nuovamente, via via sempre più ingestibile. La nuova Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nei colloqui sin qui avuti, mi è sembrata molto determinata a percorrere questa strada e a darci una mano risolutiva.
In definitiva, se davvero vogliamo proteggere i nostri “interessi nazionali”, non possiamo limitarci a esibire posizioni di assoluta intransigenza. Abbiamo chilometri di coste e siamo a una manciata di ore di navigazione dall’Africa e dal Medio Oriente. Da ultimo tu stesso hai constatato come è difficile contrastare i quotidiani, minuti sbarchi clandestini.
Non possiamo agire da soli. Dobbiamo continuare a insistere in Europa, come peraltro hai fatto Tu, di recente a Helsinki. E’ questa la direzione giusta.
E poi non oscuriamo quello che abbiamo fatto di buono. Se mai rammarichiamoci per quello che ci riproponevamo di ottenere e ancora non abbiamo ottenuto.
Un ultimo aggiornamento sulla vicenda Open Arms.
Francia, Germania, Romania, Portogallo, Spagna e Lussemburgo mi hanno appena comunicato di essere disponibili a redistribuire i migranti. Ancora una volta, i miei omologhi europei ci tendono la mano.
Siamo ormai agli sgoccioli di questa nostra esperienza di governo. Abbiamo lavorato fianco a fianco per molti mesi e ho sempre cercato di trasmetterti i valori della dignità del ruolo che ricopriamo e la sensibilità per le istituzioni che rappresentiamo.
La tua foga politica e l’ansia di comunicare, tuttavia, ti hanno indotto spesso a operare “slabbrature istituzionali”, che a tratti sono diventati veri e propri “strappi istituzionali”.
Per queste ragioni mi sono ritrovato costretto a intervenire varie volte – l’ho fatto perlopiù riservatamente – non per l’ansia di contrappormi politicamente alle tue iniziative, ma per la necessità di rivendicare l’applicazione del principio di “leale collaborazione”, che è fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Il consenso politico a cui ogni leader politico aspira si nutre della fiducia degli elettori. Ma se non alimentiamo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche si crea un cortocircuito e alla fine prevalgono rabbia e disaffezione. Dobbiamo tutti operare per riconoscere piena dignità alle istituzioni che rappresentiamo, nel segno della leale collaborazione.
Hai alle spalle e davanti una lunga carriera politica. Molti l’associano al potere. Io l’associo a una enorme responsabilità.

Buon ferragosto,
Giuseppe Conte

Era solo un anno fa’ 15 agosto 2019

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Gentile Ministro dell’Interno, caro Matteo,

ti scrivo questa lettera aperta perché il caso della nave Open Arms domina ormai le prime pagine dei giornali e perché sono costretto a constatare che anche la corrispondenza d’ufficio tra la Presidenza del Consiglio e il Viminale viene poi riportata sui giornali e allora tanto vale renderla pubblica all’origine, per migliore trasparenza anche nei confronti dei cittadini.

Ti ho scritto ier l’altro una comunicazione formale, con la quale, dopo avere richiamato vari riferimenti normativi e la giurisprudenza in materia, ti ho invitato, letteralmente, “nel rispetto della normativa in vigore, ad adottare con urgenza i necessari provvedimenti per assicurare assistenza e tutela ai minori presenti nell’imbarcazione”.
Con mia enorme sorpresa, ieri hai riassunto questa mia posizione attribuendomi, genericamente, la volontà di far sbarcare i migranti a bordo.
Comprendo la tua fedele e ossessiva concentrazione nell’affrontare il tema dell’immigrazione riducendolo alla formula “porti chiusi”. Sei un leader politico e sei legittimamente proteso a incrementare costantemente i tuoi consensi. Ma parlare come Ministro dell’Interno e alterare una chiara posizione del tuo Presidente del Consiglio, scritta nero su bianco, è questione diversa.
È un chiaro esempio di sleale collaborazione, l’ennesima a dire il vero, che non posso accettare.
Come ho sempre pubblicamente rappresentato, il tema dell’immigrazione è un tema complesso. Va affrontato con una politica di ampio respiro, come ho provato a fare sin dal primo Consiglio Europeo al quale ho partecipato, a fine giugno 2018, evitando di lasciarci schiacciare dai singoli casi emergenziali.
Da subito ho elaborato una piattaforma politica fondata su sei premesse e dieci obiettivi, in modo da inserire tutte le singole iniziative in questa prospettiva strategica, sempre costantemente ispirata alla tutela dei diritti fondamentali e, in particolare, della dignità della persona e alla protezione dei nostri interessi nazionali, sovente compromessi nella gestione del fenomeno migratorio.
Ho personalmente contribuito a perseguire questo nuovo indirizzo politico, di maggiore rigore rispetto al passato, al fine di contrastare più efficacemente l’immigrazione illegale e la moderna e disumana “tratta dei disperati”, alimentata dalle organizzazioni criminali.
Ho viaggiato in lungo e in largo in Africa e nel Medio Oriente per incrementare la cooperazione nei Paesi di origine e nei Paesi di transito, dove si concentrano le rotte dei migranti.
Abbiamo sempre lavorato intensamente, coinvolgendo anche il Ministro Moavero, per rendere più efficace il meccanismo dei rimpatri per i migranti che non hanno diritto ad alcuna protezione.
Mi batterò sino all’ultimo giorno perché si affermi un meccanismo europeo, da applicare in via pressoché automatica, per operare una redistribuzione che veda tutti i Paesi dell’Unione pienamente coinvolti, in modo da evitare che i Paesi di primo sbarco, come l’Italia, siano abbandonati a se stessi.
Pur in attesa che si attui questo meccanismo europeo, sono sempre personalmente intervenuto, con gli altri Paesi europei, per pretendere e ottenere una redistribuzione dei migranti che sono sbarcati nei nostri porti. E a questo proposito dobbiamo dare atto che sia la Commissione europea sia alcuni leader europei ci hanno sempre teso la mano per sbloccare situazioni emergenziali.
Questo è il momento di insistere in direzione di una soluzione sempre più europea, altrimenti l’Italia si ritroverà completamente isolata in una situazione che diventerà, nuovamente, via via sempre più ingestibile. La nuova Presidente della Commissione Ursula von der Leyen, nei colloqui sin qui avuti, mi è sembrata molto determinata a percorrere questa strada e a darci una mano risolutiva.
In definitiva, se davvero vogliamo proteggere i nostri “interessi nazionali”, non possiamo limitarci a esibire posizioni di assoluta intransigenza. Abbiamo chilometri di coste e siamo a una manciata di ore di navigazione dall’Africa e dal Medio Oriente. Da ultimo tu stesso hai constatato come è difficile contrastare i quotidiani, minuti sbarchi clandestini.
Non possiamo agire da soli. Dobbiamo continuare a insistere in Europa, come peraltro hai fatto Tu, di recente a Helsinki. E’ questa la direzione giusta.
E poi non oscuriamo quello che abbiamo fatto di buono. Se mai rammarichiamoci per quello che ci riproponevamo di ottenere e ancora non abbiamo ottenuto.
Un ultimo aggiornamento sulla vicenda Open Arms.
Francia, Germania, Romania, Portogallo, Spagna e Lussemburgo mi hanno appena comunicato di essere disponibili a redistribuire i migranti. Ancora una volta, i miei omologhi europei ci tendono la mano.
Siamo ormai agli sgoccioli di questa nostra esperienza di governo. Abbiamo lavorato fianco a fianco per molti mesi e ho sempre cercato di trasmetterti i valori della dignità del ruolo che ricopriamo e la sensibilità per le istituzioni che rappresentiamo.
La tua foga politica e l’ansia di comunicare, tuttavia, ti hanno indotto spesso a operare “slabbrature istituzionali”, che a tratti sono diventati veri e propri “strappi istituzionali”.
Per queste ragioni mi sono ritrovato costretto a intervenire varie volte – l’ho fatto perlopiù riservatamente – non per l’ansia di contrappormi politicamente alle tue iniziative, ma per la necessità di rivendicare l’applicazione del principio di “leale collaborazione”, che è fondamentale per il buon funzionamento delle istituzioni pubbliche.
Il consenso politico a cui ogni leader politico aspira si nutre della fiducia degli elettori. Ma se non alimentiamo la fiducia dei cittadini nelle istituzioni pubbliche si crea un cortocircuito e alla fine prevalgono rabbia e disaffezione. Dobbiamo tutti operare per riconoscere piena dignità alle istituzioni che rappresentiamo, nel segno della leale collaborazione.
Hai alle spalle e davanti una lunga carriera politica. Molti l’associano al potere. Io l’associo a una enorme responsabilità.

Buon ferragosto,
Giuseppe Conte

L’Aquila e il corvo

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L’ unico uccello che osa beccare un’aquila è il corvo. Si siede sulla schiena e ne morde il collo. Tuttavia, l’aquila non risponde, né lotta con il corvo; non spreca tempo né energia con il corvo.

Semplicemente apre le sue ali e inizia ad alzarsi più in alto nei cieli. Più alto è il volo, più è difficile respirare per il corvo che cade per mancanza di ossigeno.

Smettila di perdere tempo con i corvi. Portali alle tue altezze e svaniranno. Quando vuoi sbarazzarti di una “zavorra” alza, il “livello”.

È l’unico modo per liberarti da ingombri inutili e di poco conto.

L’Aquila e il corvo

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L’ unico uccello che osa beccare un’aquila è il corvo. Si siede sulla schiena e ne morde il collo. Tuttavia, l’aquila non risponde, né lotta con il corvo; non spreca tempo né energia con il corvo.

Semplicemente apre le sue ali e inizia ad alzarsi più in alto nei cieli. Più alto è il volo, più è difficile respirare per il corvo che cade per mancanza di ossigeno.

Smettila di perdere tempo con i corvi. Portali alle tue altezze e svaniranno. Quando vuoi sbarazzarti di una “zavorra” alza, il “livello”.

È l’unico modo per liberarti da ingombri inutili e di poco conto.

Antonietta, l’ingegnere casertano che ha rifiutato le offerte del Nord ed ha reinventato l’Ingegneria Clinica della Federico II

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La 34enne casertana è tra le più giovani dirigenti: oggi è a capo di un gruppo di 9 persone.

Ad  un certo punto mi sono trovata a scegliere: partire per il Nord, dove avevo ricevuto diverse offerte lavorative in aziende sanitarie di grandi dimensioni, o restare a Napoli e provare a farcela qui, nella mia terra. Ho scelto ed oggi so di aver vinto la mia sfida”. La storia è quella dell’ingegner Antonietta Perrone, che a soli 34 anni è alla guida del Servizio di Ingegneria Clinica della Federico II. Antonietta, che dalla sua ha una volontà di ferro e un amore incrollabile per la Campania, ha sfatato ogni luogo comune sull’impossibilità di farcela puntando sul merito. Tanto più per una giovane donna nata al Sud. “Sono partita da zero – racconta dal suo ufficio –  nata e cresciuta in una famiglia operaia. La mia è stata la prima laurea in famiglia, anche se mia sorella mi ha seguito a stretto giro. Dopo il liceo scientifico sono partita da Caiazzo (piccolo paese dell’Alto Casertano) con un sogno e con la consapevolezza che non sarebbe stato facile”.

Gli studi ed il primo progetto

Nel 2006 Antonietta si trasferisce a Napoli e si iscrive alla Facoltà di Ingegneria, Corso di Laurea in Ingegneria Biomedica, della Federico II. Un cambiamento difficile e un lavoro come cameriera nel fine settimana. I soldi non sono tanti, ma bastano per mantenersi agli studi. «Con i risparmi sono riuscita a comprare la mia prima macchina, una Fiat 1, il venerdì dopo le lezioni mi mettevo in viaggio e andavo a servire ai tavoli – ricorda emozionata – la domenica notte tornavo a Napoli pronta per una nuova settimana in aula. Ammetto che non è stato facile, ma per la mia libertà e la mia indipendenza ho lavorato sin da piccola». Finalmente la gioia della laurea, conseguita con 110 e lode il 17 dicembre 2010, in Ingegneria Biomedica. L’ultima sera da studentessa cameriera Antonietta la vive il 31 dicembre del 2010. Poi, entra da dottoranda di ricerca alla Federico II. Il suo professore le parla infatti dell’opportunità di fare un dottorato di ricerca “sul campo” in una struttura sanitaria campana. Un dottorato difficile, purtroppo senza borsa di studio. “Ho accettato subito – dice Antonietta – ho fatto come nei 5 anni di studio: durante la settimana all’università e nei week end al ristorante”. Dopo il primo anno ciò che era iniziato come un prolungamento del periodo di studio sfocia in un accordo di programma tra l’AOU Federico II e la Facoltà di Ingegneria della Federico II per la progettazione del primo Servizio di Ingegneria Clinica dell’AOU. “Era il 2011 e il progetto si è concluso nel 2014. Un primo lavoro, i primi soldi ma, soprattutto, la mia chance”.

Il ‘no’ alle offerte del Nord

Antonietta da ricercatrice riesce a smuovere una montagna, mette in piedi e ottiene la validazione del progetto. Dal 2014 al 2016 si susseguono contratti precari, ma anche grandi soddisfazioni. “Gestivo il Servizio di Ingegneria Clinica che io stessa avevo immaginato e costruito, e intanto coordinavo il lavoro di diversi tesisti in collaborazione con la Facoltà di Ingegneria”. Nel 2016, quando Antonietta ha 30 anni, finalmente arriva la stabilizzazione con un contratto da funzionario tecnico a tempo indeterminato. Poi nel 2018 il passaggio a dirigente ingegnere. Antonietta è talentuosa e determinata, riceve una proposta dall’ASST Sette Laghi – Polo Universitario dell’Insubria (Azienda Sanitaria di Varese), di quelle che lasciano senza fiato: entrare a far parte della squadra con incarico di dirigente dell’area logistica sanitaria e acquisti. Una scelta tormentata, ma a fine luglio 2019 decide di accettare. Alla Federico II, intanto, si insedia il nuovo management.  “Ho passato un pomeriggio intero a colloquio con il nuovo direttore generale Anna Iervolino. È stata una scelta molto difficile, perché da un lato avevo grandi prospettive di crescita e carriera e dall’altro c’era la mia terra e l’Azienda Ospedaliera Universitaria dove lavorativamente sono nata. Sono stati tra i giorni più difficili della mia vita, alla fine ho cambiato idea e ho scelto di restare a Napoli. Negli ultimi anni – prosegue Antonietta – nella nostra regione le cose sono molto cambiate, ora chi ha tenacia, intraprendenza e determinazione può lavorare per realizzare i propri sogni”. 

A capo dell’Ingegneria Clinica della Federico II

E di risultati la giovane ingegnera della Federico II ne ha raggiunti molti. Dal 2011, con il suo dottorato di ricerca ha di fatto dato vita al primo Servizio di Ingegneria Clinica della Federico II. Un servizio che si occupa della gestione sicura, appropriata ed economica di tutte le tecnologie sanitarie all’interno delle strutture. “Semplificando – spiega Antonietta – il Servizio gestisce l’intero ciclo di vita di ciascuna tecnologia biomedica. La nostra Azienda Ospedaliera ne conta circa 10 mila”. Per riuscirci Antonietta Perrone ha studiato tutti i modelli riportati in letteratura e alla fine ha creato un sistema tecnico gestionale tutto suo, che, per specificità e dettaglio organizzativo, può essere assimilato ad un vero e proprio modello che lei stessa ha definito nel suo lavoro di tesi di dottorato “modello misto integrativo – MMI”. “Ho riprogettato un Servizio di Ingegneria Clinica, alla luce delle esigenze di un moderno Policlinico Universitario”. Il modello nato alla Federico II ha oggi ottenuto, unico in Campania, la certificazione di qualità ISO 9001:2015. Prossimo obiettivo? Creare una struttura che unisca le competenze del Servizio di Ingegneria Clinica a quelle dell’Information and Communication Technologies, del quale è responsabile dallo scorso Aprile. Una struttura che proietterà la Federico II ai più alti livelli di tecnologia e informatizzazione. Antonietta Perrone ha già raccolto la sfida. Partita da zero, oggi è a capo di un servizio di 9 persone, con un’età media di 33 anni. “Ho realizzato un sogno – ammette – ma non ho alcuna intenzione di fermarmi”.

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