(ANSA) – MILANO, 30 OTT – “Se ci sono minacce fisiche a me o alla mia famiglia non transigo, se uno poi chiede scusa o dà qualcosa in beneficenza va bene, ma se non ci sono le scuse vado avanti”. Lo ha spiegato il leader della Lega Matteo Salvini, testimoniando in aula a Milano nel processo a carico di un giovane antagonista, Valerio Ferrandi, accusato di avere diffamato e minacciato su Facebook il 25 aprile 2016 l’ex ministro dell’Interno. Ferrandi, usando un profilo ‘fake’, aveva risposto così in un commento a un post di Salvini: “Salvini, in nome della bellezza e dell’intelligenza. Fai un gesto nobile. Sparati in bocca. Ps: prima o poi verrai appeso a un lampione, ne sei consapevole?”. (ANSA).
“Mi è stato detto con tutta chiarezza che sono considerato un prigioniero politico, sottoposto – come presidente della DC – ad un processo diretto ad accertare le mie trentennali responsabilità…”. La lettera di Aldo Moro recapitata il 29 marzo 1978 a Francesco Cossiga è solo un piccolo frammento delle 550mila pagine che raccontano il sequestro, l’assassinio dello statista, le Brigate Rosse e gli anni di piombo, ma anche tutto il dramma di uomo ridotto in prigionia. Faldoni che contengono reperti, dibattimenti, interrogatori, missive e fotografie dei cinque procedimenti (quattro processi) sull’omicidio del leader democristiano. A distanza di 42 anni e in piena era Covid, la digitalizzazione di questa enorme, importantissima documentazione si sta svolgendo in un carcere italiano: Rebibbia di Roma. Qui, sette detenuti, alle prese con carte giudiziarie e scanner, lavorano per rendere immateriali e più accessibili queste testimonianze. Lavorano per salvare anche dall’incuria del tempo un pezzo drammatico della Storia d’Italia. E proprio in questi giorni hanno concluso tutte le operazioni riguardanti il primo procedimento istruttorio del primo processo (il cosiddetto “Moro uno”). Dopo una sospensione di qualche mese a causa dell’epidemia, il progetto è rientrato nel vivo quest’estate. Ad oggi i reclusi, rigorosamente in mascherina, operano in un ambiente videosorvegliato nella casa circondariale e scansionano le carte che compongono i fascicoli nell’ordine preciso in cui le trovano, sotto la costante supervisione di tre archivisti-formatori. A guidare l’equipe formata da Maria Carmela De Marino, Paolo Musio ed Elvira Grantaliano è il professor Michele Di Sivo che nel 2017 ha avviato, insieme a loro, a Eleonora Lattanzi, Enzo Pio Pignatiello e alla restauratrice Alessandra Terrei, lo studio preparatorio della documentazione. Poi, il contenuto delle carte è stato inserito nella banca dati dell’Archivio di Stato di Roma e i faldoni sono stati trasportati dalla Corte di Assise di San Basilio a Rebibbia. In una fase iniziale i detenuti ‘scelti’ per questa attività, hanno dovuto seguire corsi di formazione ed oggi possono vedere e toccare con mano testimonianze cruciali della storia dell’Italia. “All’inizio ho posto un’unica condizione nella scelta dei partecipanti: che fossero detenuti non politici – racconta Di Sivo -. Visto l’argomento mi sembrava necessario. Per loro si sta rivelando un’esperienza forte, sia per i più anziani che ricordano di aver vissuto quel periodo e addirittura cosa stavano facendo quando arrivò la notizia del ritrovamento del corpo, sia per i più giovani che all’inizio nemmeno sapevano chi fosse Aldo Moro. Molti ci hanno detto di essere rimasti colpiti dai volantini e comunicati delle Br. Tutti, alla fine, hanno compreso la portata politica enorme di questa vicenda, mostrando istintivamente solidarietà umana allo statista democristiano”. Del progetto, promosso dal Ministero della Giustizia e da quello dei Beni Culturali, è molto soddisfatta anche la direttrice del carcere Rosella Santoro: “È una bellissima iniziativa e i detenuti che vi partecipano sono molto bravi”. I tutor che prima venivano tre volte a settimana ora varcano i cancelli di Rebibbia quasi tutti i giorni: bisogna digitalizzare il “Moro bis”, poi il dibattimento e, quindi, proseguire con gli altri tre processi. Tempo stimato: almeno due anni ancora. De Marino, una libera professionista in questo lavoro ci sta mettendo cervello e cuore. “Per me è un’esperienza di alto spessore professionale e soprattutto umano”, commenta. Definisce i sette reclusi con cui opera “motivati, pieni di tatto e sensibilità. Si crea un confronto continuo e produttivo – continua -. Si dimostrano propositivi, ciascuno secondo le proprie competenze. Dimostrano profonda gratitudine per questa opportunità di riflettere, crescere e impiegare il loro tempo in modo produttivo. Insomma, si è creato un clima di fiducia. Soprattutto tra i più giovani pensano che bisognerebbe onorare il sacrificio di Aldo Moro. Non escludo, considerato l’interesse dimostrato, che un domani alcuni di loro possano intraprendere studi nel settore dei beni culturali e in particolare degli archivi”. Uno degli esiti di questo lavoro è stata anche la pubblicazione del “Memoriale di Aldo Moro, 1978. Edizione critica” diretto dallo stesso Di Sivo. I detenuti gli hanno chiesto di presentarlo in carcere. “Superata la crisi Covid – assicura lui – manterrò questa promessa”.
(ANSA) – CAGLIARI, 30 OTT – Nel giorno della protesta del mondo dello spettacolo per la ‘stretta’ contenuta nell’ultimo Dcpm – 500 artisti con tamburi e trampolieri davanti alla Prefettura di Cagliari in rappresentanza dei circa 5mila lavoratori sardi del settore – l’Isola piange altri sette morti (214 in totale dall’inizio dell’emergenza) contagiati dal Covid, tutti anziani dai 63 ai 92 anni, e 298 nuovi positivi a fronte di un incremento di oltre 3mila tamponi in 24 ore. Cresce la pressione sugli ospedali: 323 (+1) i pazienti ricoverati nei reparti non intensivi e 40 (+1) in quelli intensivi, mentre le persone in isolamento domiciliare sono complessivamente 5.458.
Regione al lavoro per superare le criticità nell’Oristanese.
Apertura del Covid-hotel nel capoluogo, riconfigurazione dei posti letto nell’ospedale di Ghilarza per l’assistenza ai pazienti positivi e individuazione dell’hot-spot per l’esecuzione dei tamponi drive-in in applicazione dell’accordo con l’Esercito: queste le soluzioni presentate dal neo commissario Ats-Ares Massimo Temussi in un vertice con il prefetto Gennaro Capo, il sindaco di Oristano Andrea Lutzu e la direttrice dell’Assl Valentina Marras.
E’ stallo intanto sull’ordinanza del governatore Solinas che dovrebbe integrare il Dcpm del Governo con misure in parte restrittive (didattica a distanza al 100%, riduzione della capienza dei trasporti pubblici fino al 50% e degli arrivi in porti e aeroporti) e in parte “permissive” (apertura di bar fino alle 20 e di ristoranti fino alle 23, ma anche di palestre, piscine e teatri seppur con ingressi contingentati). Lo stop arrivato da Roma alle fughe in avanti delle Regioni potrebbe essere ‘aggirato’ con una apposita legge regionale, ma su questo l’opposizione si è già chiamata fuori. Un’altra soluzione – forse l’unica al momento praticabile – consiste nell’adozione di un provvedimento con le sole misure restrittive. Il pacchetto ‘allentamenti’ non piace all’Anci. “E’ del tutto fuori luogo il tentativo di estendere gli orari di apertura ad alcune categorie quando appare inevitabile la serrata totale o semitotale, cioè misure simili a quelle di marzo”, chiarisce su Facebook il presidente Emiliano Deiana (ANSA).