Era il 1984, in un caldo pomeriggio di maggio al teatro Parioli.

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Mentre Maurizio Costanzo sta conducendo una nuova puntata del Maurizio Costanzo Show, un uomo si alza in mezzo la platea.

Maurizio nota immediatamente quel ragazzo in piedi fra il pubblico, così interrompe la conversazione e chiede il motivo del suo gesto.

“Ho bisogno di aiuto, ho un tumore al cervello e non ho soldi per farmi operare”, dice quel giovane ragazzo di soli 23 anni.

Costanzo blocca subito il discorso tranquillizzandolo:

“Non ti preoccupare, raggiungimi dopo in camerino e ne parliamo”.

Una volta terminata la trasmissione il giovane, partito da Napoli, lo raggiunge in camerino e gli parla.

Maurizio chiamó immediatamente un chirurgo del San Filippo Neri, che poi lo operò dopo circa una settimana. Gli paga l’hotel e gli regala anche 500 mila lire con la promessa che non avrebbe mai dovuto dire niente a nessuno di questo suo gesto.

Antonio Buoninconti ha 61 anni, è partito da Napoli e mentre assisteva al funerale del suo salvatore è scoppiato in lacrime ed ha raccontato la sua storia.

Una grande dimostrazione della grandezza di una persona.

Grazie Maurizio!

Quanto erano scientificamente avanti i nazisti rispetto al resto del mondo?

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I nazisti, nel loro delirio di onnipotenza e fanatismo ideologico, si spinsero in ambiti scientifici e tecnologici che il resto del mondo all’epoca poteva solo sognare o inorridire nel tentare di replicare.

Non per qualche superiore capacità intellettuale, ma per l’assenza totale di scrupoli morali e l’ossessione malata per la supremazia.

Parliamo di progresso scientifico? Certo, se consideriamo “progresso” la sperimentazione medica su esseri umani senza anestesia, i test di ipotermia

[1]che facevano gelare vivi prigionieri per capire quanto tempo un pilota abbattuto potesse sopravvivere in acqua gelida. O le iniezioni letali di batteri per “studiare” infezioni. Il cosiddetto “avanzamento” scientifico nazista era intriso di un cinismo talmente ripugnante che solo menti depravate potevano considerarlo un trionfo del sapere.

Eppure, nel campo tecnologico e militare, erano avanti decenni rispetto a molti avversari. Hanno sviluppato i primi missili balistici intercontinentali, come la famigerata V-2

[2], un’arma che colpiva Londra senza preavviso e senza possibilità di difesa. Un’anticipazione dell’orrore nucleare. Peccato che quella meraviglia tecnologica fosse costruita nelle fabbriche sotterranee di Mittelbau-Dora

[3], con schiavi che morivano come mosche per esaurimento, fame e maltrattamenti. Un progresso macchiato di sangue, escrementi e disperazione.

Missile V2 (Aggregat 4)

E l’ingegneria aeronautica? I jet nazisti, come il Messerschmitt Me 262

[4], erano i primi caccia a reazione operativi. Più veloci e devastanti di qualunque altro velivolo alleato. Ma costruiti troppo tardi, perché Hitler, in tutta la sua incompetenza megalomane, voleva trasformare quei gioielli di tecnologia in bombardieri, sprecando un potenziale di guerra devastante.

Nel campo delle armi biologiche e chimiche, il regime tedesco era pronto a scatenare inferni di gas nervini come il Sarin e il Tabun

[5], composti così letali da essere troppo orribili persino per gli standard di guerra dell’epoca. Il che dice tutto. Ma non dimentichiamoci che queste sostanze non furono usate non per qualche remora etica, ma perché Hitler stesso temeva ritorsioni simili.

E la corsa nucleare? La Germania nazista sfiorò lo sviluppo di una bomba atomica, ma venne sabotata non solo dall’incapacità di coordinare gli scienziati migliori (molti dei quali ebrei, cacciati o eliminati per ideologia), ma anche da azioni eroiche come il sabotaggio degli impianti pesanti in Norvegia. Un fallimento dovuto più all’arroganza ideologica che alla mancanza di competenza.

Le “avanguardie” naziste erano basate su crudeltà e sfruttamento estremo. Un progresso ottenuto sulla pelle di migliaia di vittime innocenti. Non erano geni, erano mostri capaci di spingere la scienza nei suoi abissi più oscuri, sporcando qualunque briciolo di scoperta con un orrore tale da far accapponare la pelle. Il mondo non imparò dai loro successi, ma dal costo terrificante di quell’ambizione malata.

Cosa rivela una kippah

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Perché alcuni ebrei indossano la kippah tutto il giorno e altri no? Che significato ha la diversità dei colori? Gli esiti di un’indagine del Pew Research Center su uno degli aspetti esteriori più visibili dell’ebraismo.


Dimmi quale kippah indossi (o non indossi) in Israele e ti dirò chi sei. In questi giorni in cui si sta celebrando la settimana di Pesach – la festa più importante per il mondo ebraico – il Pew Research Center (centro studi statunitense considerato un punto di riferimento a livello globale per l’analisi dei fenomeni religiosi) ha pubblicato un articolo interessante che si concentra sull’aspetto esteriore probabilmente più visibile dell’ebraismo. Come chiunque sia stato in Israele avrà certamente avuto modo di osservare, infatti, i classici copricapi a calotta indossati da tanti uomini ebrei, non sono tutti uguali. Come mai? E perché alcuni ebrei indossano la kippah tutto il giorno mentre altri solo in sinagoga? E le diversità nei colori e nel tipo di tessuto hanno un preciso significato?

Lasciando perdere le kippah con i colori delle squadre di calcio o con il ritratto di SpongeBob – che si trovano solo nei negozi per turisti in Ben Yehuda Street –  il Pew Research Center ha provato a dare una risposta statistica mettendo in correlazione i quattro tipi più diffusi di kippah con gli orientamenti religiosi e politici di ciascuno. Questi sono i risultati:

Kippah nera ampia: è quella preferita dagli haredim, gli ultra-ortodossi. Che vuol dire rigidamente osservanti della Torah, ma non per questo necessariamente collocati a destra dal punto di vista politico (come è noto esistono infatti anche comunità haredim che non si riconoscono nelle istituzioni politiche di Israele).

Kippah nera piccola: a indossare a questa kippah sono in maggioranza i dati, cioè l’altra corrente religiosa prevalente in Israele, quella dei cosiddetti modern-orthodox. Sono ebrei non meno osservanti rispetto agli haredim (per esempio sulla questione del rispetto dello shabbat) ma vivono il proprio ebraismo con meno contrasti rispetto alla moderna società ebraica. Tra i dati quelli che indossano la kippah nera piccola in tessuto sono tendenzialmente di orientamento centrista in politica.

Kippah nera realizzata all’uncinetto: la kippah realizzata all’uncinetto è uno dei simboli del sionismo religioso, la corrente che più identifica la religiosità con la questione della Terra di Israele. Quella nera all’uncinetto – in particolare – è prevalente tra i masorti, che sono meno osservanti dei dati dal punto di vista strettamente religioso ma vivono il proprio ebraismo come un elemento fortemente identitario. Secondo il dato del Pew Research Center il 70 per cento di coloro che indossano una kippah nera realizzata all’uncinetto si colloca politicamente a destra. È la kippah più ricorrente tra i giovani (uno su due tra chi la indossa ha tra i 18 e i 29 anni) e anche la correlazione con posizione antiarabe è molto alta.

Kippah colorata realizzata all’uncinetto: il legame con il sionismo religioso rimane ugualmente forte, ma si attenua un po’ la connotazione politica. È più diffusa tra i dati rispetto a quella nera all’uncinetto e c’è anche un 40 per cento di ebrei che pur indossandola si definisce di orientamento centrista.

Senza kippah: ovviamente non indossano alcuna kippah gli hilonim, cioè gli israeliani che si considerano laici. Ma nel gruppo c’è anche una parte dei masorti – grosso modo uno su quattro – che pur sentendosi legato alla propria identità ebraica non ritiene di dover indossare questo simbolo religioso.

Clicca qui per leggere l’articolo del Pew Research Center con le tabelle statistiche complete

Copertina di Charlie Hebdo dedicata alla “santa” Giorgia #Meloni con “l’infante” Elon #Musk

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La vignetta del settimanale satirico francese presenta una Giorgia Meloni “santa” ma con il braccio teso nel saluto romano, mentre allatta un bambino col volto che ricorda quello del noto imprenditore, futuro membro dell’amministrazione #Trump.

#satira#destra#Usa#Italia#CharlieHebdo

@tutti_i_fatti

Daniela Santanchè andrà a processo per falso in bilancio

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La prima udienza è attesa il 20 marzo. Secondo le accuse, una società gestita da Santanchè avrebbe truccato i suoi bilanci per anni.

Il 17 gennaio la ministra del Turismo Daniela Santanchè (Fratelli d’Italia) è stata rinviata a giudizio dal Tribunale di Milano con l’accusa di falso in bilancio nella gestione di Visibilia Editore, una società editrice che pubblica tra le altre il settimanale Novella 2000, e dovrà affrontare un processo che inizierà il 20 marzo. Insieme a Santanchè andranno a processo altre 15 persone, tra cui l’attuale compagno Dimitri Kunz, l’ex fidanzato Giovanni Canio Mazzaro e la sorella Fiorella Garnero.

L’inchiesta che vede coinvolta Santanchè è stata avviata nel 2022 dopo un esposto presentato da un gruppo di azionisti di Visibilia che aveva denunciato presunte irregolarità nella gestione dei conti della società. Secondo l’accusa la ministra, che è stata presidente e amministratrice delegata della società prima di assumere l’incarico nel governo Meloni, avrebbe truccato i bilanci tra il 2016 e il 2022 per nascondere perdite milionarie e continuare a portare avanti le attività del gruppo Visibilia, ingannando gli investitori. 

Prossimamente Santanchè sarà coinvolta anche in altre decisioni giudiziarie. Il 29 gennaio la Corte di Cassazione deciderà se sarà il Tribunale di Roma o quello di Milano a occuparsi di un’altra indagine, quella di presunta truffa ai danni dell’INPS. In questo caso, la ministra è accusata di aver usato durante la pandemia la cosiddetta “cassa Covid”, ossia la cassa integrazione che utilizzava i fondi messi a disposizione dal governo tra il 2020 e il 2022, per alcuni dipendenti a loro insaputa. Santanchè inoltre è coinvolta in un’indagine per il reato di bancarotta relativo al fallimento della Ki Group, società nel settore dell’alimentare biologico guidata in passato dalla ministra.

Perché le auto elettriche sono poche

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Perché costruttori e governi hanno puntato su batterie grosse, pesanti e costose per ottenere una autonomia più lunga possibile, senza contare i tempi di ferma per la ricarica, invece di optare per una batteria standard scambiabile in stazione di servizio, rapidamente, come se fosse un rifornimrnto di carburante. In più hanno scelto di disseminare il territorio di cavi e colonnine elettriche per la ricarica, in strada.