Effetto Trump

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Nel fine settimana alcune decine di dirigenti dell’Agenzia per lo Sviluppo Internazionale degli Stati Uniti (USAID) sono stati messi in congedo forzato. Altri sono stati licenziati, il sito e i profili social dell’agenzia sono finiti offline e lunedì gli uffici di Washington D.C. sono rimasti chiusi. Elon Musk, il noto imprenditore e capo del cosiddetto «Dipartimento per l’efficienza del governo» (DOGE) ha detto di voler chiudere USAID e di aver già ricevuto l’approvazione del presidente Donald Trump per farlo. Per ora però non sono arrivate conferme.

Dal 1961 USAID si occupa di fornire aiuti umanitari e assistenza per lo sviluppo in centinaia di paesi in tutto il mondo. Da qualche giorno aveva dovuto ridurre o interrompere molte delle sue attività per permettere alla nuova amministrazione di «rivalutare tutti i finanziamenti» destinati all’estero, con immediate ripercussioni sulle operazioni di varie organizzazioni umanitarie attive in molti paesi, tra cui l’Ucraina. Ora è il suo stesso futuro a essere in discussione: potrebbe essere chiusa, le sue attività molto ridotte e inglobate nelle competenze del dipartimento di Stato (corrispondente al ministero degli Esteri italiano). Lunedì pomeriggio il segretario di Stato, Marco Rubio, ha detto di averne assunto l’incarico di direttore ad interim.

USAID era stata istituita dal presidente Democratico John Fitzgerald Kennedy per dare una struttura definitiva al sistema di aiuti internazionali (e di relazioni che ne conseguivano) nato con il «piano Marshall» subito dopo la fine della Seconda guerra mondiale: allora l’ampio sostegno fornito dagli Stati Uniti ai paesi dell’Europa occidentale aveva favorito la ricostruzione e la stabilizzazione politica, anche in ottica antisovietica.

Sabato alcune decine di funzionari di USAID sono stati licenziati con l’accusa di aver cercato di aggirare la sospensione di fondi e progetti. In seguito alcuni dipendenti e collaboratori di DOGE (il dipartimento guidato da Musk) sono andati negli uffici dell’agenzia per chiedere l’accesso a tutti i documenti, compresi quelli che sono soggetti a particolari misure di sicurezza e riservatezza. I due principali dirigenti responsabili per la sicurezza hanno rifiutato loro l’accesso e sono per questo stati sospesi; il nuovo direttore Matt Hopson si è dimesso (era stato nominato da Trump solo pochi giorni fa) — Il Post.

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Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump presenta il conto all’Ucraina

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 #NEW Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha dichiarato lunedì di volere che l’Ucraina fornisca agli Stati Uniti minerali delle terre rare come forma di pagamento per il sostegno finanziario fornito agli sforzi bellici del paese contro la Russia. Trump, parlando ai giornalisti alla Casa Bianca, ha affermato che l’Ucraina è disposta a collaborare, aggiungendo di volere una «contropartita» da Kiev per i «quasi 300 miliardi di dollari» di aiuti garantiti da Washington:

«Stiamo dicendo all’Ucraina che possiede terre rare di grande valore. Stiamo valutando un accordo con l’Ucraina in cui garantiranno ciò che stiamo fornendo loro attraverso le loro terre rare e altri elementi».

Non è chiaro se Trump utilizzasse il termine «terre rare» per riferirsi a tutti i tipi di minerali critici o specificamente a questo gruppo. Le terre rare sono un insieme di 17 metalli utilizzati per produrre magneti che trasformano l’energia in movimento per veicoli elettrici, cellulari e altri dispositivi elettronici. Non esistono sostituti noti.

Il Servizio geologico statunitense (USGS) considera 50 minerali come critici per l’economia e la difesa nazionale del Paese, tra cui diverse tipologie di terre rare, nichel e litio. L’Ucraina possiede grandi giacimenti di uranio, litio e titanio, sebbene nessuno di questi rientri tra i cinque più consistenti al mondo per volume. Gli Stati Uniti, dal canto loro, dispongono di riserve non sfruttate di questi e altri minerali strategici — Reuters.

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Perché i migranti portati in Albania continuano a tornare in Italia

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Ansa

Per la terza volta in pochi mesi la giustizia italiana non ha convalidato il trasferimento delle persone portate nel centro di Gjader, disponendone il rientro in Italia

La sera di sabato 1 febbraio sono sbarcati al porto di Bari i 43 migranti che pochi giorni prima erano stati portati nei centri di accoglienza costruiti dall’Italia in Albania. Martedì 28 gennaio infatti un incrociatore della Marina Militare aveva trasportato 49 persone migranti da Lampedusa, dove erano sbarcate, fino al centro di Gjader, in Albania. Dopo un primo screening, 6 persone erano già state riportate nel nostro Paese perché minori o considerate vulnerabili. Nella giornata di venerdì 31 gennaio poi la Corte d’Appello di Roma non ha convalidato il trattenimento dei 43 migranti che erano rimasti in Albania, che sono quindi stati trasportati a Bari.

Questa è la terza volta che la giustizia italiana blocca una decisione del governo: tra ottobre e novembre 2024, infatti il Tribunale di Roma per due volte non aveva convalidato il trattenimento dei migranti portati nei centri costruiti dal nostro Paese fuori dai confini nazionali. Il motivo è sempre lo stesso, e cioè che i trasferimenti dei migranti in Albania sarebbero in contrasto con quanto stabilito da una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione europea. In sostanza, secondo la giustizia italiana la definizione di Paese “sicuro” attribuita dall’Italia a Bangladesh ed Egitto, Paesi di provenienza dei 43 migranti, non rispecchierebbe le normative comunitarie. In particolare, secondo la Corte di Giustizia la valutazione di un Paese come “sicuro” deve estendersi a tutte le sue parti, senza eccezioni. Secondo la legge italiana, invece, la designazione di un Paese sicuro può essere fatta escludendo alcune parti di territorio o categorie di persone: per esempio, possono essere escluse da questa categoria le persone provenienti da una regione di un Paese sicuro che discrimina una determinata religione o orientamento sessuale. Proprio questa non conformità tra la legge italiana e la normativa europea, confermata dalla sentenza, ha portato anche questa volta la Corte d’Appello di Roma a non convalidare il trattamento dei migranti in Albania. 

In più, sia in questo caso sia in quelli precedenti, il Tribunale di Roma e la Corte d’Appello hanno chiesto alla Corte europea di pronunciarsi definitivamente sulla questione. Secondo fonti stampa, il parere europeo potrebbe arrivare il 25 febbraio. 

Come accennato, le prime due mancate convalide al trattenimento dei migranti sono arrivate dal Tribunale di Roma, in particolare dalla diciottesima sezione del Tribunale civile, quella specializzata in immigrazione. Il governo però a dicembre, attraverso un decreto-legge, ha spostato la competenza in questo ambito dai tribunali ordinari alle Corti d’Appello. L’emendamento in questione era stato ribattezzato dalla stampa “emendamento Musk”, perché è stato presentato in seguito alle critiche fatte dall’imprenditore statunitense Elon Musk contro i giudici che non hanno convalidato il trattenimento dei migranti in Albania. La speranza del governo era che, in questo modo, i giudizi sulle richieste di trattenimento dei migranti dei centri potessero cambiare. Al momento però questo passaggio di competenze non sembra aver dato i risultati sperati, dato che anche la Corte d’Appello di Roma non ha convalidato il trattenimento dei migranti in Albania.

Diversi esponenti di Fratelli d’Italia hanno criticato il fatto che i giudici della Corte d’appello che hanno impedito la convalida del trattenimento appartenessero alla sezione immigrazione del Tribunale di Roma, rendendo quindi inutile lo spostamento di competenze. «Il governo e il Parlamento hanno trasferito la competenza alla Corte di appello per sottrarla alle Sezioni specializzate del Tribunale e loro migrano in massa. Una chiara presa in giro del Parlamento», hanno scritto in una nota i capigruppo di Fratelli d’Italia alla Camera e al Senato, Galeazzo Bignami e Lucio Malan. La possibilità di un trasferimento da una corte all’altra da parte dei giudici competenti in materia di immigrazione era già stata prevista però sia dalla stampa sia da diversi esponenti delle opposizioni lo scorso dicembre. Alla base dello spostamento infatti ci sarebbe la mancanza di competenze dei giudici delle Corti d’Appello nel giudicare le situazioni riguardanti le richieste d’asilo, oltre alla carenza di organico di queste corti.

Secondo fonti stampa, per evitare questi trasferimenti di organici il governo starebbe dunque lavorando a un nuovo provvedimento, volto a evitare che nelle Corti d’Appello, oggi titolari della convalida dei trattenimenti, passino i magistrati delle sezioni immigrazione.