IL COMMENTO DEL DIRETTORE DE “LA STAMPA” ALLE PAROLE DI LA RUSSA: “SIAMO DI SOTTO AL LIMITE MORALE INFERIORE”
Confesso che Ignazio La Russa mi mette a disagio. Un limite mio. È un maschio del Novecento che non riesce a uscire dalla grottesca armatura di pece in cui è rimasto imprigionato da bambino. Gli piace fare il bullo. Ha cristallizzato il senso di sé ai milanesi anni Settanta di piazza San Babila. Se non fosse il presidente del Senato derubricherei la cosa a “problema mio”.
Invece La Russa è la seconda carica dello Stato. Regala la sua solidarietà pelosa al nostro Andrea Joly per le botte ricevute fingendo sdegno, liquida la Stampa col solito sarcasmo da capocomico e aggiunge: “non credo che passasse da lì per caso, trovo che sarebbe stato meglio che avesse dichiarato di essere un giornalista”.
Mi sfugge, presidente: per farsi menare di più o di meno? C’erano cento fascisti in mezzo alla strada a mezzanotte che cantavano a squarciagola canzoncine mussoliniane riempiendo l’aria di fumogeni. Cercavano privacy?
Al numero due dello Stato non la si fa, lui lo ha capito che Joly voleva fare il furbetto e che i picchiatori di Casa Pound gli hanno dato una memorabile lezione. Che pena.
Come avrebbe detto il mio professore di filosofia del liceo: siamo al di sotto del limite morale inferiore.
Ha da sempre suscitato discussioni e dibattiti con le sue posizioni politiche fortemente critiche nei confronti della classe dirigente italiana. Lontano da qualsiasi conformismo, Veneziani non ha mai avuto paura di esprimere il suo dissenso, anche nei confronti di chi, come Giorgia Meloni, rappresenta il suo stesso schieramento politico. A differenza di molti, il pensiero di Veneziani è spesso tagliente, provocatorio, e non teme di attaccare direttamente quelle che lui considera le falle del governo e della politica estera della Meloni.
In una recente intervista, Veneziani ha ribadito il suo scetticismo riguardo le scelte politiche della presidente del Consiglio, sostenendo che la Meloni abbia adottato un approccio che privilegia la fedeltà e l’appartenenza al suo “clan”. Un’osservazione che si estende alla sua classe dirigente, che, secondo lui, è “mediamente modesta”. A suo parere, la qualità del governo Meloni non sarebbe all’altezza delle sfide che il Paese si trova ad affrontare. Una critica che non risparmia nemmeno gli alleati politici della coalizione, con il quale considera che la situazione non sia affatto migliore. Per Veneziani, la politica estera è uno dei settori in cui l’esecutivo di centrodestra pecca di mancanza di visione e di spessore.
Il “problema doppio” di Veneziani, come lo definisce lui stesso, sta nella sua posizione di intellettuale di destra che si sente spesso ai margini della scena politica. Da un lato, il legame con la “mafia culturale” della sinistra, che definisce come il vero ostacolo alla libertà di pensiero e di azione in Italia. Dall’altro, la difficoltà di trovare una vera forza riformatrice all’interno della destra stessa, soprattutto considerando il livello, a suo avviso, mediocre della classe dirigente.
Veneziani ha sempre avuto un rapporto critico con il revisionismo storico e con l’interpretazione della storia italiana, soprattutto quando si parla di Mussolini. È particolarmente critico nei confronti dei libri che celebrano il fascismo, come quelli di Scurati, definendoli pieni di “errori” e interpretazioni tendenziose. Il suo pensiero, seppur spigoloso, solleva interrogativi sulle narrazioni ufficiali che, secondo lui, hanno ingabbiato la vera storia italiana.
Oltre a queste riflessioni politiche e storiche, il suo nome è stato anche associato a polemiche personali che lo hanno reso una figura tanto amata quanto discussa. Le sue battute, spesso pungenti, nei confronti della compagna di Meloni, Andrea Pascale, sono uno degli aspetti più controversi della sua persona. E non sono mancati i contrasti professionali, come il suo licenziamento da parte di Alessandro Sallusti, direttore de Il Giornale, che ha accentuato la sua posizione di outsider nel mondo dell’informazione. La sua vita personale è stata altrettanto segnata da turbolenze: una separazione dalla prima moglie con tanto di libri bruciati, e le controversie legali che ne sono seguite, hanno finito per arricchire il suo profilo di intellettuale combattivo, ma anche di uomo dalle storie complicate.
Nonostante tutto, Veneziani ha sempre ritenuto che la sua posizione critica, tanto verso la destra quanto verso la sinistra, non fosse una forma di autoisolamento, ma una necessaria testimonianza di disincanto rispetto a una politica italiana che ritiene troppo poco seria e troppo legata alle logiche di potere. La sua figura, quindi, si inserisce in un contesto che va ben oltre le mere polemiche: è un osservatore acuto, forse un po’ solitario, ma sempre pronto a sollevare questioni scomode e a puntare il dito contro ciò che ritiene un sistema politico e culturale inadeguato.
IL PROCURATORE DI NAPOLI DEMOLISCE TUTTE LE RIFORME DEL GOVERNO DUCIONI: “NON AVEVAMO BISOGNO DELL’AUTONOMIA DIFFERENZIATA, MA DI UN’ITALIA UNITA”
ANCORA PIÙ DURO SULLA GIUSTIZIA: “DALLA CARTABIA A OGGI FAREI UN SOLO ARTICOLO: TUTTE LE RIFORME FATTE DA TRE ANNI A OGGI ANDREBBERO CANCELLATE. LA SEPARAZIONE DELLE CARRIERE NON SERVE A NULLA. NELLA LOTTA ALLE MAFIE IL GOVERNO STA FACENDO COSE INUTILI”
“Abbiamo bisogno di un’Italia unita e più forte. Sarebbe necessario, per esempio, nazionalizzare la sanità. Io non capisco niente, sono un pubblico ministero di campagna, ma da quello che sento in giro mi pare che proprio la sanità sia un settore in cui siamo messi male, visto che la Calabria, per esempio, é ridotta a fare venire i medici da Cuba”.
Lo ha detto il Procuratore della Repubblica di Napoli, Nicola Gratteri, rispondendo a Lamezia Terme a “Trame”, il Festival dei libri sulle mafie, ad una domanda sull’Autonomia differenziata. Gratteri, nel corso dell’iniziativa, ha presentato il suo libro di recente pubblicazione “Il grifone”, scritto insieme al giornalista Antonio Nicaso, che ha partecipato all’incontro in videocollegamento.
“Lo sapevamo già dieci anni fa – ha aggiunto Gratteri – che in Italia sarebbero mancati i medici. Ora mi chiedo perché nessuno adesso rintraccia il ministro della Sanità dell’epoca e gli chiede perché non si è intervenuti allora per risolvere questo problema. La verità è che abbiamo tutti la memoria corta perché viviamo alla giornata e nessuno fa programmazione, stabilendo di cosa c’è bisogno da qui a 5 o a 10 anni. Il dramma è proprio questo”.
«Dalla Cartabia a oggi farei un solo articolo: tutte le riforme fatte da tre anni a oggi andrebbero cancellate, non servono a nulla». Lo ha detto il procuratore di Napoli Nicola Gratteri, già procuratore di Catanzaro, intervenendo a “Trame Festival” a Lamezia Terme: Gratteri, insieme ad Antonio Nicaso in collegamento, ha presentato il libro “Il Grifone” sottoponendosi alle domande della giornalista di “Repubblica” Giovanna Vitale.
«La separazione delle carriere – ha sostenuto Gratteri – non serve assolutamente a nulla rispetto ai problemi della giustizia. Io penso che gente con competenze e in buona fede deve preoccuparsi di cosa serve per far funzionare un processo, per velocizzare l’istruttoria dibattimentale o per tutelare le parti offese. Ogni anno su 100 magistrati solo lo 0,2% cambia funzione, e allora solo per lo 0,2% dobbiamo cambiare la Costituzione fatta sul sangue di milioni di italiani? E quale sarebbe la commistione tra giudice e pm? E non c’è la commistione tra giudice e avvocato? “Ho visto a cena il giudice e l’avvocato”.
E allora che facciamo? Io comunque non vado a cena né con il giudice né con l’avvocato… Il problema è un altro: in tutti i paesi del mondo dove c’è la separazione delle carriere il pm dipende dall’esecutivo… E non ci sarebbe l’obbligatorietà dell’azione penale o l’indirizzo. Il ministro Nordio ha detto che devono passare sul suo cadavere per far passare questa riforma, e io gli credo, gli auguro lunga vita: ma forse tra 15-20 non sarà più ministro e verrà un altro… Non mi tranquillizza la sua affermazione perché tra 30 anni non sarà ministro della Giustizia.
Nella lotta alle mafie – ha poi aggiunto Gratteri – «il governo sta facendo cose che non servono. La mia preoccupazione non sono i processi di mafia. Il legislatore quando pensa di fare la faccia brutta alza il massimo della pena, invece deve alzare il minimo della pena.
A me le cose che servirebbero come magistrato e cittadino sono le riforme procedurali, lo strumento per poter lavorare, una ricetta che serva per tutti i reati: quando si dice “siamo contro le mafie perché non abbiamo ceduto”. E perché? Era in discussione? Perché dovevi cedere? Dovrebbero fare delle modifiche contrare a quello che è stato fatto. Dalla Cartabia a oggi farei un solo articolo: tutte le riforme fatte da tre anni a oggi andrebbero cancellate, non servono a nulla. Salvo quelle di Orlando e anche quelle dei 5 Stelle che sono state modifiche importanti».
Critico poi Gratteri sulle scelte del governo in tema di intercettazioni: «La politica – ha osservato Gratteri – non ha capito o ancora non vuole capire, quando parliamo di intercettazioni: si continua a insistere che lei intercettazioni costano troppo. Il ministro Nordio dice che le intercettazioni costano troppo. Ripeto, le intercettazioni costano 170 milioni di euro l’anno, per tutte le procure d’Italia messe assieme i costi sono 170 milioni di euro. Nel bilancio di un ministero, 170 milioni di euro non sono nulla.
Perché si dice che costano troppo 170milioni di euro l’anno? Ma se il mio ufficio a Napoli in un giorno, in un solo processo, ha sequestrato criptovalute bitcoin per 280milioni di euro, li abbiamo tramutati in euro e sono entrati il giorno dopo nel Fug, Fondo unico giustizia, vuol dire immediatamente fruibili, il ministero li può spendere il giorno dopo.
Allora – ha aggiunto il procuratore di Napoli – se io in un solo giorno ho fatto incassare allo Stato 280 milioni di euro perché si dice il contrario? Dal punto di vista tecnico spiegatemi dove sono i costi e dove sono gli abusi. E’ inaccettabile sentire che facciamo le intercettazioni a strascico, non esistono: il fatto è che non abbiamo personale, mancano migliaia di unità tra le forze dell’ordine o nella polizia penitenziaria»
: L’EPICA PRESA PER IL CULO DI “STRISCIA LA NOTIZIA” ALLA MELONI
IN UN VIDEO SATIRICO REALIZZATO CON L’INTELLIGENZA ARTIFICIALE, IO SO’ GIORGIA CHIEDE AGLI ITALIANI DI AIUTARE ECONOMICAMENTE LA SUA FONDAZIONE “MELETON” SULLA RICERCA DEL COMPLOTTO: “GIORGIA, ARIANNA, IGNAZIO, MATTEO SONO PERSONE CORAGGIOSE. TUTTI I GIORNI COMBATTONO UN NEMICO DEVASTANTE, LA MAGISTRATURA…”
“Cari italiani, sono il presidente e sono sotto attacco quotidiano”. Inizia così il video satirico creato da Striscia la Notizia e il Grande Flagello. Nel finto spot, creato con l’aiuto dell’intelligenza artificiale, la premier chiede di aiutare economicamente la sua fondazione “Meleton” sulla ricerca del complotto: “Ogni giorno il nostro presidente è vittima di un complotto. Giorgia, Arianna, Ignazio, Matteo sono persone coraggiose. Tutti i giorni combattono un nemico devastante, la magistratura.
A causa di questi magistrati, la loro politica non è più come le altre. Il complotto è ovunque, anche vicino a te. Ma la Costituzione è un pericoloso ostacolo e i magistrati osano applicare la legge. Chiama il numero che preferisci e con €10 al mese sostieni la Fondazione Meleton che finanzia la ricerca su nuove forme di complotto, dossieraggio, inchiesta e cambio shimano. Tu puoi fare qualcosa per loro. Chiama ancora il numero che preferisci e sostieni la ricerca. Fai nascere i complotti. Perché? Perché ci servono. Dona ora. Grazie”.
Senza alcun dubbio, il Presidente degli Stati Uniti.
Vi faccio conoscere la Bestia:
Questa limousine ha una blindatura di 12,7 centimetri di spessore, ci sono 5 strati di vetro antiproiettile, porte che misurano 17,78 centimetri, sigillando ermeticamente l’interno, in caso di attacco chimico.
All’interno troviamo fucili d’assalto, gli pneumatici sono di tipo KEVLAR, i cerchioni sono in acciaio e possono resistere anche se gli pneumatici sono scoppiati.
Il serbatoio del carburante è isolato per evitare esplosioni o perdite di alcun tipo. All’interno dell’abitacolo troviamo un serbatoio di ossigeno da usare in caso di attacco chimico.
Nel bagagliaio c’è un sistema antincendio, sistemi di protezione dai gas lacrimogeni e dal fumo, kit medico completo, e sacche del gruppo sanguigno del presidente in caso abbia bisogno di una trasfusione.
Il presidente ha una linea diretta sicura (linea criptata) al vicepresidente e al pentagono.
Tutto questo sarebbe sufficiente per proteggere qualsiasi capo di stato. Ma per il Presidente questo non basta.
Questo è il corteo presidenziale
È composto da più di 30 veicoli.
Le auto che sono davanti a tutte.
Viaggiano davanti a tutto il corteo a qualche centinaia di metri di distanza, il loro compito è assicurarsi che la strada sia sgombra. Di solito si tratta di normali auto e moto della polizia.
Le auto pilota
Si trovano immediatamente davanti all’auto del Presidente. Essi fungono da cuscinetto tra il mondo esterno e il piccolo bunker in cui si trova il presidente.
L’auto del presidente.
Qui troviamo due auto perfettamente uguali, una è La bestia (che abbiamo visto sopra) e l’altra è una replica.
Questo per limitare la possibilità che si riconosca l’auto del Presidente.
Oppure per trasportare altre persone importanti.
L’auto di mezzo
Viaggia dietro le due macchine del Presidente. Di solito il portellone posteriore è aperto e c’è un membro dei servizi segreti armato con un fucile.
Torre di guardia – o contromisure elettroniche
Il nome in codice di questo veicolo è “Watchtower”, sulla parte superiore ha delle piccole antenne che impediscono che qualsiasi tipo di dispositivo elettronico possa spegnersi .
Il CAT (Counter Assault Team)
Una squadra d’assalto che viaggia dietro il Presidente e agiscono in caso di imboscata, mentre il presidente sarà impegnato a fuggire con la “Bestia”
L’auto per le comunicazioni di sicurezza.
Forse stai pensando: “una macchina solo per comunicare eventuali minacce? Questo è eccessivo”, beh, la mia risposta a questo sarebbe: Non è mai eccessivo! Questa vettura ha il solo scopo di comunicare con gli altri membri del corteo (specialmente con le auto davanti e quelle dietro) solo per essere sicuri che non ci siano minacce.
L’unità di riduzione dei pericoli
Sembra un’ambulanza nera, ma quest’auto è completamente attrezzata per affrontare qualsiasi tipo di pericolo. Ha rifornimenti per affrontare qualsiasi un attacco biologico o nucleare, trasporta rifornimenti generali per tutto il corteo.
Roadrunner
Roadrunner è un veicolo che crea una rete sicura tra il corteo e l’esercito e tutti gli enti governativi. Naturalmente il presidente non si collegherebbe mai a una rete pubblica.
Ambulanza
E, naturalmente, sul retro c’è l’ambulanza, pronta ad intervenire per qualsiasi tipo di emergenza medica, dando priorità al presidente.
E questo per qualsiasi viaggio del Presidente, ovunque vada, che si tratti di comprare una ciambella in bar o di un viaggio in un paese straniero.