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(di Nadia Verdile)
Michelina Di Cesare, uccisa nello scontro a fuoco, venne denudata insieme ai compagni uccisi con lei e fotografata. Vollero immortalarla come monito al presente ma la consegnarono all’eternità. I corpi esposti nudi al pubblico ludibrio nella piazza principale di Mignano. Sfigurata, tumefatta, forse violentata mentre moriva o subito dopo morta, fu consegnata alla storia con i denti digrignati, in una smorfia di dolore che raccontava tutto della sua vita.
Finiva così, in una notte di tempesta, alla fine di agosto, la vicenda umana, pubblica e privata, di Michelina Di Cesare, nata povera, vissuta povera, usata perché povera.
Finiva così, con una fucilata alla schiena la lotta armata di una donna che aveva sepolto i genitori, il marito, la sorella, che aveva abbandonato il figlio, che aveva ucciso, rapito, rubato, sparato.
Amato.
Finiva così il sogno di giustizia e libertà di una donna nata per caso, in un paese abusato, in un Regno rubato.
Quando ho iniziato a studiare Michelina conoscevo di lei quello che avevo letto in rete. Dunque poco. Ho studiato moltissimi libri sul brigantaggio, su Michelina sempre e solo le stesse informazioni riportate nella cronaca dei documenti della polizia: scorribande, rapimenti, furti. In pratica non avevo niente, ma veramente niente, per scrivere la sua biografia, per raccontare la sua storia. Per qualche giorno ho pensato di desistere. Poi ho preso d’assalto i documenti d’archivio. Non quelli dei processi, quelli giudiziari che sono più o meno citati da tutti, ma quelli dello Stato Civile. È stato così che Michelina è venuta fuori con la sua storia familiare, quella vera che ha fatto cadere i copia e incolla che da anni si ripetono in tutte le narrazioni che la riguardano. Sbagliate le date, i dati sulla famiglia, quelli sul suo matrimonio, sbagliati i nomi. Sbagliato il rapporto di parentela con chi la tradì. L’hanno addirittura raccontata come una donna che leggeva Ivanhoe di Walter Scott mentre lei non sapeva né leggere né scrivere. Insomma, tutti hanno scritto senza mai aver letto le carte d’archivio.
Chi erano le brigantesse? Sui monti, nei boschi, alla macchia, decine e decine di giovani donne combatterono una guerra nella guerra. Alcune scelsero, altre furono costrette, altre ancora capitarono in quelle scelte senza averne consapevolezza, per mera necessità. In questo contesto si inserisce la vicenda personale e poi pubblica di Michelina Di Cesare. Ricostruire la sua vita prima del suo ingresso nella banda di Francesco Guerra sembrava quasi impossibile. Finora non si era cimentato nessuno. Le notizie pervenute raccolte in molti testi, cartacei e on line, sono spesso imprecise, errate e a volte molto fantasiose. Ho cercato di restituire verità su di lei e sulla sua famiglia, sulla sua vicenda matrimoniale e sui tempi effettivi del suo “battesimo” nel mondo dei briganti. Michelina scelse per necessità, per bisogno di libertà, per sete di giustizia e per solitudine.
Poi si innamorò, ma quella fu un’altra storia.