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Il certificato di agibilità è necessario e deve essere rilasciato dalla Pubblica amministrazione solo per le nuove costruzioni (edificate cioè dopo il 30 giungo 2003) oppure in caso di ricostruzioni e/o sopraelevazioni totali o parziali o di interventi sugli edifici esistenti che possano incidere sulle condizioni di igiene e sicurezza. Nel caso del lettore, perciò, essendo l’acquisto avvenuto quattro anni fa, non vi era alcun obbligo di allegare all’atto di compravendita il certificato di agibilità (a meno che non ricorressero le circostanze sopra indicate e, cioè, ricostruzioni e/o sopraelevazioni totali o parziali o di interventi sugli edifici esistenti che possano incidere sulle condizioni di igiene e sicurezza), né il Comune avrebbe avuto alcun obbligo a rilasciarlo se gli fosse stato richiesto. D’altra parte, si può produrre in rogito, nel caso di edificio realizzato prima del 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti appunto che la costruzione dell’immobile risulti iniziata prima del 2 settembre 1967: sul certificato di agibilità la legge tace e ciò significa che l’allegazione di questo documento non è requisito richiesto a pena di nullità dell’atto o la cui mancanza possa in qualche modo incidere sulla validità della compravendita. Fatta questa premessa, il problema (per gli immobili costruiti in epoca non recente come il quello del lettore) è allora non se esista o meno il certificato di agibilità (che come abbiamo visto può legittimamente mancare senza che ciò produca di per sé effetti sulla validità del contratto o effetti risarcitori), ma se quello che è stato dichiarato in rogito corrisponda all’effettivo stato di fatto e di diritto dell’immobile. E, a tale fine, è evidente che ogni acquirente (soprattutto per gli immobili di costruzione ante 1967) deve prudentemente verificare prima dell’acquisto se l’immobile stesso corrisponda o meno alla proprie esigenze. Se, infatti, nel contratto definitivo si sia fatto riferimento all’immobile indicandone misure e ubicazione e, come spesso accade, si sia inserita la clausola con la quale si attesta che l’acquirente gradisce l’immobile nello stato di fatto descritto e se l’uso dell’immobile (uso autorimessa nel caso specifico) corrisponde all’accatastamento, è chiaro che successive lamentele (in ordine all’ampiezza del box ed alle difficoltà di manovra) non potranno avere alcuna rilevanza se tutto quello che è stato indicato nel rogito sia corrispondente al reale stato di fatto e di diritto dell’immobile acquistato. Infine, anche per quanto attiene al certificato di prevenzione incendi, l’attuale normativa non ne prevede il rilascio per autorimesse delle dimensioni di quella di un box per singola autovettura. Difatti, il rilascio del certificato prevenzione incendi è previsto solo per autorimesse, pubbliche o private, di superficie coperta superiore a 300 metri quadrati.