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Controriforma Stop Fornero: requisiti per la pensione anticipata quota 100 e quota 41, come si calcola il trattamento.
Inizia a delinearsi la controriforma Stop Fornero: così è stata ribattezzata la nuova normativa finalizzata ad abolire la legge Fornero [1], che prevede l’introduzione di due nuove tipologie di pensione, la pensione anticipata quota 100 e quota 41. Più passa il tempo, però, più le novità si fanno meno incisive, soprattutto perché ci si è resi conto che le risorse a disposizione per anticipare l’uscita dal lavoro sono piuttosto esigue. Così, la pensione anticipata quota 100 si potrà ottenere solo con un minimo di 64 anni di età e 36 anni di contributi, previo ricalcolo contributivo dei periodi dal 1996 in poi; la pensione anticipata quota 41, invece, potrà essere ottenuta soltanto con 41 anni e 6 mesi di contributi. Ma facciamo subito il punto della situazione e vediamo in merito alla pensione riforma quota 100 e 41, come funziona, quali sono i requisiti previsti per ottenerla e come si calcola il trattamento.
Che cos’è la quota?
Prima di illustrare i requisiti necessari ad ottenere la pensione anticipata con quota 100 e quota 41, dobbiamo capire che cos’è la quota. Per quota si intende la somma dell’età pensionabile e degli anni di contributi: ad esempio, se il lavoratore ha 60 anni di età e 35 anni di contributi, la sua quota è 95.
E se il lavoratore ha, poniamo, 60 anni e 6 mesi di età e 35 anni e 3 mesi di contributi? In questo caso, bisogna trasformare i mesi in decimali, o meglio i dodicesimi in decimi. Ecco che, allora, 60 anni e 6 mesi diventano 60,5 (perché 6 dodicesimi sono uguali a 5 decimi), e 35 anni e 3 mesi di contributi diventano, ai fini della quota, 35,25. Quindi il lavoratore con 60 anni e 6 mesi di età e 35 anni e 3 mesi di contributi possiede la quota 95,75, arrotondando 95,8.
Quali sono i requisiti per la pensione quota 100?
In base a quanto osservato in merito al calcolo della quota, raggiungere la quota 100 sembrerebbe abbastanza semplice: se il lavoratore ha 60 anni di età può pensionarsi con 40 anni di contributi, se ne ha 61 con 39 anni, se ne ha 62 con 38 e così via…E invece no. Secondo le più recenti proposte, per raggiungere la pensione anticipata quota 100 non basterà la quota 100, ma saranno necessari anche un’età minima pari a 64 anni e un minimo di 36 anni di contributi.
Come si calcola la pensione quota 100?
Il limite relativo all’età ed il tetto minimo di anni di contributi, ad ogni modo, non sono sufficienti per rendere sostenibili le nuove pensioni rispetto alle risorse disponibili. Per questo motivo, nelle più recenti proposte è stato previsto il ricalcolo contributivo della pensione quota 100, per le annualità che partono dal 1996.
Non un calcolo contributivo dell’intero trattamento, dunque, ma un calcolo parziale, delle sole quote di pensione dal 1° gennaio 1996 in poi. Questa novità non cambierà nulla per quei contribuenti che hanno diritto al calcolo misto della pensione (retributivo sino al 31 dicembre 1995, poi contributivo, in quanto possiedono meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995), ma potrebbe portare delle penalizzazioni tutt’altro che irrilevanti per chi, possedendo almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ha diritto al calcolo retributivo della prestazione sino al 31 dicembre 2011.
Perché il calcolo contributivo è penalizzante?
Nella generalità dei casi, il calcolo contributivo della pensione risulta penalizzante, rispetto al calcolo retributivo, perché, mentre quest’ultimo si basa sugli ultimi redditi, o sui redditi migliori, il caloclo contributivo si basa sui contributi effettivamente accreditati nell’arco della vita lavorativa. Nel calcolo retributivo si prendono in considerazione gli stipendi, che vengono rivalutati con appositi coefficienti, mentre col calcolo contributivo si prendono in considerazione i soli contributi, che vengono rivalutati secondo l’andamento del Pil italiano (quindi gli incrementi del capitale sono molto bassi).
Tuttavia, ci sono dei casi in cui conviene maggiormente il calcolo contributivo, rispetto al retributivo: questo accade, ad esempio, quando la gestione Inps presso cui è iscritto il lavoratore prende in considerazione non i redditi migliori, ma gli ultimi anni di reddito o retribuzione, e la media delle ultime retribuzioni crolla al termine della vita lavorativa.
Quali sono i requisiti per la pensione quota 41?
La pensione quota 41, ad oggi, esiste già, ma è riservata ai lavoratori precoci, cioè a coloro che possiedono almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro versati prima del compimento del 19° anno di età. Inoltre, per ottenere la pensione anticipata quota 41 bisogna appartenere a una delle seguenti categorie tutelate: disoccupati di lungo corso, caregiver (che curano un familiare convivente disabile sino al 2° grado), invalidi dal 74%, addetti ai lavori gravosi, addetti ai lavori usuranti.
Questa pensione anticipata è chiamata quota 41 impropriamente: 41, difatti, sono gli anni di contributi richiesti per pensionarsi, non si tratta della somma di età e contribuzione (altrimenti si potrebbe, ad esempio, andare in pensione a 30 anni con 11 anni di contributi!).
Secondo la normativa attuale, questa pensione potrà essere ottenuta anche nel 2019 e negli anni a venire, previa disponibilità delle risorse: tuttavia, dal 1° gennaio 2019 il requisito previsto salirà a 41 anni e 5 mesi di contributi.
Il nuovo governo vorrebbe estendere la pensione anticipata quota 41 dapprima agli appartenenti alle categorie tutelate che non sono lavoratori precoci, poi a tutti i lavoratori. Si vorrebbe però innalzare il requisito a 41 anni e 6 mesi di contributi.
Non sarebbe previsto alcun ricalcolo contributivo per ottenere la pensione anticipata quota 41, come avviene oggi.
FONTE
[1] Dl 201/2011.