Aumento pensione: a chi spetta?

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La tua pensione è d’importo piuttosto basso e non hai altri redditi, oppure possiedi dei redditi non elevati? Potresti aver diritto all’aumento della pensione. Chi rispetta determinati requisiti, difatti, può ottenere l’incremento della pensione al trattamento minimo, cioè a un importo pari a 507,42 euro mensili (per il 20189); può inoltre avere diritto, se ha più di 60 anni, alla maggiorazione sociale della pensione, cioè a un importo aggiuntivo che serve ad aumentare mensilmente l’assegno. Per chi ha almeno 70 anni, poi, oppure ha almeno 60 anni ed è invalido, può essere prevista anche una maggiorazione aggiuntiva, l’incremento al milione; inoltre, per chi ha versato un minimo di anni di contributi, l’età a partire dalla quale si ha diritto all’aumento della maggiorazione si abbassa, dai 69 sino ai 65 anni. Ma procediamo per ordine e facciamo il punto sull’aumento pensione: a chi spetta, come funzionano il trattamento minimo, la maggiorazione sociale della pensione e il suo incremento, a quanto ammontano, quali requisiti di reddito si devono possedere per ottenere le prestazioni.

Che cos’è l’integrazione al trattamento minimo?

La generalità delle pensioni Inps d’importo basso, escluse le prestazioni calcolate col sistema contributivo, deve essere integrata al trattamento minimo. L’integrazione al trattamento minimo consiste in un aumento della pensione mensile, che viene integrata sino ad arrivare a 507,42 euro mensili (per l’anno 2018).

Chi ha diritto all’aumento della pensione al trattamento minimo?

Per ottenere l’integrazione al minimo è necessario il rispetto di precisi requisiti di reddito.

In particolare, chi non è sposato, o risulta legalmente separato o divorziato, ha diritto all’integrazione al minimo:

  • piena, se possiede un reddito annuo non superiore a 6.596,46 euro (i valori si riferiscono all’anno 2018);
  • parziale, se possiede un reddito annuo superiore a 6.596,46 euro, sino a 13.192,92 euro (cioè sino a due volte il trattamento minimo annuo).

Se il reddito supera la soglia di 13.192,92 euro, non si ha diritto ad alcuna integrazione.

Facciamo un esempio per capire meglio:

  • se il pensionato ha un reddito complessivo di 5mila euro annui ed una pensione di 200 euro mensili, ha diritto all’integrazione piena della pensione, sino ad arrivare a 507,42 euro;
  • se, invece, il reddito complessivo dell’interessato è pari a 10mila euro, l’integrazione della pensione non può essere totale, ma parziale, ossia pari alla differenza tra il limite di reddito di 13.192,92 euro ed il reddito complessivo.

Per calcolare l’integrazione mensile, si deve dunque:

  • sottrarre il reddito totale del pensionato dalla soglia limite;
  • dividere la cifra per 13.

Chi risulta sposato ha dei limiti di reddito più alti, ai fini dell’integrazione al minimo, ma deve considerare anche il reddito del coniuge. Nel dettaglio, si ha diritto all’integrazione:

  • in misura piena, se il reddito annuo complessivo proprio e del coniuge non supera 19.789,38 euro ed il reddito del pensionato non supera i 6.596,46 euro;
  • in misura parziale, se il reddito annuo complessivo proprio e del coniuge supera i 19.789,38 euro, ma non supera i 26.385,84 euro (cioè sino a quattro volte il trattamento minimo annuo) ed il reddito del pensionato non supera i 13.192,92 euro (deve essere applicato un doppio confronto, tra limite di reddito personale e coniugale: l’integrazione applicata è pari all’importo minore risultante dal doppio confronto).

Se il reddito personale e del coniuge supera i 26.385,84 euro, o se il solo reddito personale supera la soglia di 13.192,92 euro, non si ha diritto ad alcuna integrazione.

In pratica, anche per chi è sposato si deve, per calcolare l’integrazione mensile, sottrarre il reddito totale dalla soglia limite e dividere la cifra per 13, ma bisogna fare attenzione alla doppia soglia: se il reddito della coppia non supera i 26.385,84, ma il reddito del pensionato supera il limite individuale di 13.192,92 euro, non si ha diritto ad alcuna integrazione.

Va in ogni caso applicata l’integrazione minore risultante dal confronto tra limite e reddito della coppia e limite e reddito personale.

Nessun limite collegato al reddito del coniuge, invece, può essere applicato alle integrazioni al minimo per le pensioni con decorrenza anteriore al 1994.

Quali redditi contano per l’aumento della pensione al trattamento minimo?

Non tutti i redditi, ad ogni modo, devono essere inclusi nella soglia limite per il diritto all’aumento della pensione al trattamento minimo, in quanto sono esclusi:

  • il reddito della casa di abitazione;
  • la pensione da integrare al minimo;
  • il Tfr ed i trattamenti assimilati (Tfs, Ips), comprese le relative anticipazioni;
  • i redditi esenti da Irpef, come le pensioni di guerra, le rendite Inail, le pensioni degli invalidi civili, i trattamenti di famiglia, etc.

Tutti gli altri redditi, invece, devono essere inclusi nel conteggio.

Che cosa sono la maggiorazione sociale e l’incremento al milione?

La maggiorazione sociale, che spetta dai 60 anni in poi, è un aumento della pensione previsto dalla nota legge del 1988 sull’elevazione dei livelli dei trattamenti sociali e miglioramenti delle pensioni [1], mentre l’incremento della maggiorazione o incremento al milione, un ulteriore aumento della pensione, è stato introdotto dalla finanziaria del 2002 a favore dei pensionati al di sopra dei 70 anni [2]. Si tratta, in parole semplici, di importi aggiuntivi sulla pensione spettanti a chi, al di sopra di una certa età, possiede un assegno mensile basso e dei redditi non elevati. Sia la maggiorazione che il suo incremento, essendo operativi da parecchio tempo, sono stati adeguati negli anni. Gli invalidi possono richiedere l’incremento già dal compimento del 60° anno di età; per chi possiede almeno 5 anni di contributi, poi, l’età a partire dalla quale chiedere l’incremento al milione scende.

Chi ha diritto all’aumento della pensione con maggiorazione sociale?

Si ha diritto alla “semplice” maggiorazione sociale, senza incremento, della pensione a partire dal compimento del 60° anno di età. La maggiorazione non spetta ai titolari di qualsiasi pensione, ma soltanto a coloro la cui prestazione è pagata da un fondo facente capo all’Inps (assicurazione generale obbligatoria, che comprende il fondo pensione lavoratori dipendenti, la gestione degli artigiani, quella dei commercianti e dei coltivatori, gestioni esclusive e sostitutive), ad esclusione degli iscritti alla gestione Separata. Sono esclusi anche gli iscritti alle casse dei liberi professionisti, che però possono aver diritto ad agevolazioni differenti, secondo il regolamento del proprio ente previdenziale. Per l’aumento della pensione con maggiorazione sociale si devono possedere precisi requisiti di reddito.

Chi ha diritto all’incremento della maggiorazione sociale?

L’incremento della maggiorazione, o incremento al milione (si chiama così perché, in origine, era finalizzato a far raggiungere al pensionato, tra integrazione al minimo, maggiorazione e incremento, un trattamento pari a un milione di lire), indipendentemente dai contributi versati, spetta ai pensionati di età pari o superiore a 70 anni (over 70). Per i pensionati di età compresa fra 65 e 70 anni, l’età anagrafica a partire dalla quale si ha diritto all’incremento è ridotta in relazione agli anni di contributi versati, sino a un minimo di 65 anni di età, come spiegato più avanti. Bisogna inoltre possedere un reddito non superiore a determinati limiti.

Nel dettaglio, l’incremento spetta:

  • agli invalidi civili totali, ai sordomuti o ai ciechi civili assoluti, titolari di pensione ordinaria o di inabilità; per i titolari di pensione di inabilità, gli invalidi civili totali, i sordomuti e i ciechi civili assoluti l’età per poter ottenere l’incremento della maggiorazione sociale si riduce a 60 anni;
  • ai titolari di assegno sociale;
  • ai titolari di pensione sociale (o della sola maggiorazione della pensione sociale);
  • ai titolari di pensione dei fondi esclusivi e sostitutivi dell’assicurazione generale obbligatoria;
  • ai titolari di pensione a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti e dei lavoratori autonomi (artigiani, commercianti, coltivatori diretti, mezzadri e coloni);
  • ai titolari di pensione della gestione speciale per i lavoratori delle miniere, cave e torbiere.

Il limite anagrafico per l’incremento, come anticipato, può essere ridotto fino a 65 anni: in pratica, il requisito di 70 anni di età si riduce nella misura di un anno ogni 5 anni di contribuzione.

A quale età si ha diritto all’aumento della pensione con incremento al milione?

Come abbiamo osservato, per l’incremento al milione è necessario un minimo di 70 anni di età, ma il requisito si riduce a seconda degli anni di contributi posseduti. In particolare, per richiedere l’incremento al milione bastano:

  • 69 anni età, se si possiedono almeno 5 anni di versamenti;
  • 68 anni età se si possiedono almeno 10 anni di versamenti;
  • 67 anni età se si possiedono almeno 15 anni di versamenti;
  • 66 anni età se si possiedono almeno 20 anni di versamenti;
  • 65 anni età se si possiedono almeno 25 anni di versamenti.

Si può ottenere la riduzione di un anno anche se si è in possesso di un periodo di contribuzione non inferiore a 2 anni e mezzo: ad esempio, se l’interessato ha almeno 2 anni e 6 mesi di contribuzione la maggiorazione può essere concessa a 69 anni, con almeno 7 anni e 6 mesi di contributi a 68 anni, con almeno 12 anni e 6 mesi a 67 anni e così via.

Qual è l’aumento della pensione per maggiorazione sociale?

La maggiorazione sociale, per l’anno 2018, è pari a:

  • 25,83 euro al mese per coloro che hanno dai 60 ai 64 anni;
  • 82,64 euro al mese per chi ha un’età tra i 65 e i 69 anni.

Qual è l’aumento della pensione per incremento al milione?

L’incremento della maggiorazione sociale, il cosiddetto incremento al milione, consente invece di arrivare a una prestazione mensile sino a 643,86 euro (per l’anno 2018).

L’incremento al milione, comprensivo della eventuale maggiorazione sociale, non può superare l’importo mensile determinato dalla differenza fra l’importo di 643,86 euro (per l’anno 2018) e l’importo del trattamento minimo, o della pensione sociale o, ancora, dell’assegno sociale.

In pratica, nel 2018 l’incremento della maggiorazione sociale è pari a:

  • 136,44 euro al mese per i titolari di pensione;
  • 190,86 euro al mese per i titolari di assegno sociale;
  • 270,53 euro al mese per i titolari della vecchia pensione sociale.

L’incremento, al pari delle altre maggiorazioni, è corrisposto per 13 mensilità.

Quali sono i limiti di reddito per la maggiorazione sociale e l’incremento?

Se il pensionato non è coniugato e il suo limite di reddito non supera il trattamento minimo, pari a 507,42 euro mensili e 6.596,46 euro annui (considerando 13 mensilità; i valori si riferiscono all’anno 2018) ha diritto alla maggiorazione sociale o (sussistendone i requisiti) all’incremento al milione in misura intera (se percepisce anche la quattordicesima, l’incremento si abbassa di conseguenza).

La maggiorazione sociale o l’incremento sono invece riconosciuti in misura parziale se il reddito annuo proprio supera il trattamento minimo, ma non supera l’importo dato dalla somma del trattamento minimo annuo con l’ammontare annuo dell’incremento o della maggiorazione.

In buona sostanza, per il 2018 l’integrazione è parziale:

  • per chi percepisce la sola maggiorazione sociale, se non supera:
    • 6932,25 euro annui di reddito, se ha da 60 a 64 anni;
    • 7670,78 euro annui di reddito, se ha da 65 a 69 anni;
  • per chi percepisce l’incremento della maggiorazione sociale, se non supera 8.370,18 euro di reddito annuo.

Quali sono i limiti di reddito per la maggiorazione sociale e l’incremento per chi è sposato

Se il pensionato è sposato (non legalmente ed effettivamente separato), ha diritto alla maggiorazione o all’incremento in misura intera se, oltre a rispettare i limiti di reddito personale, il reddito coniugale non supera l’importo dato dalla somma del trattamento minimo annuo con l’ammontare annuo dell’assegno sociale.

La maggiorazione sociale o l’incremento per i coniugati sono invece riconosciuti in misura parziale:

  • se il reddito annuo proprio supera il trattamento minimo, ma non supera l’importo dato dalla somma del trattamento minimo annuo con l’ammontare annuo dell’incremento o della maggiorazione;
  • in riferimento al reddito coniugale, questo non deve superare l’importo dato dalla somma del trattamento minimo annuo con l’ammontare annuo dell’assegno sociale e dell’incremento o della maggiorazione.

Nel dettaglio, per gli sposati, l’integrazione è totale se il reddito coniugale non supera 12.485,46 euro annui (5.889 euro, pari all’assegno sociale, 453 euro al mese, per 13 mensilità, più 13 mensilità di trattamento minimo, pari a 6.596,46 euro); l’integrazione, invece, è parziale:

  • per chi percepisce la sola maggiorazione sociale, se non supera:
    • 12821,25 euro annui di reddito coniugale, se ha da 60 a 64 anni;
    • 13559,78 euro annui di reddito coniugale, se ha da 65 a 69 anni;
  • per chi percepisce l’incremento della maggiorazione sociale, se non supera 14.259,18 euro di reddito annuo coniugale.

Devono, come già esposto, applicarsi anche i limiti di reddito personale già osservati: in pratica, opera un doppio limite, relativo al reddito personale e coniugale, oltre a un ulteriore “paletto”, che comporta, nel caso in cui non si raggiunga la soglia massima data dalla somma tra limiti minimi e incremento o maggiorazione, la corresponsione dell’integrazione per differenza, fino al raggiungimento della soglia massima.

fonte

[1] L.544/1988

[2] L.448/2001

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