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Ecco i super burocrati. Molti non hanno un incarico preciso e incassano più dei colleghi europei
Roma, 31 marzo 2017 – LA CARICA dei trecento. A tanto ammontano i grand commis di quello che, a ragione, può essere considerato, in rapporto ai dipendenti complessivi, il più grande «dirigentificio» pubblico del Paese: la Presidenza del Consiglio. Sono 27 solo i super-super burocrati, tra Segretariato generale e Dipartimenti: per capirci, all’Economia con lo stesso rango sono solo quattro. E praticamente tutti si portano a casa uno stipendio annuo da 200mila euro circa. Ma, come non bastasse, si contano circa altri 70 dirigenti di prima fascia, quelli che negli altri ministeri fanno i direttori generali, che si collocano sui 160-170mila euro l’anno. E a tutti questi si aggiungono altri 170 manager di seconda fascia, a quota 90-100mila euro. Retribuzioni lorde che, per i livelli «apicali» – come documentato dall’ex cacciatore di sprechi Carlo Cottarelli –, arrivano anche a 12 volte il reddito pro-capite italiano, quando in Germania non superano le 5 volte e in Francia le 6,5 volte le buste paga del lavoratore medio. Mentre, rispetto al Regno Unito, sono più elevate di almeno il 20-25%.
INSOMMA, una pletora di grand commis super-pagati, ai quali si sommano tutti gli altri dirigenti distaccati o assegnati alla Presidenza da altre amministrazioni o dall’esterno. Per non parlare degli alti e altissimi gradi ex militari nelle strutture di intelligence, dei consulenti, commissari straordinari e super esperti a go go nei molteplici comitati, strutture di missione e organismi tecnico-politici. E senza contare tutti gli staff e i gabinetti del Presidente del Consiglio, dei sottosegretari, dei ministri senza portafoglio: fanno comunque capo a Palazzo Chigi le strutture della Funzione pubblica, quelle delle Riforme e dei Rapporti con il Parlamento, come quelle dello Sport o delle Pari opportunità.
Ma chi sono i big della Presidenza? E quanto si portano a casa di retribuzione e indennità varie?
AL VERTICE di Palazzo Chigi c’è, come segretario generale, Paolo Aquilanti, braccio destro da qualche anno di Maria Elena Boschi: già consigliere parlamentare, è stato nominato recentemente consigliere di Stato. La sua retribuzione? Sul sito, nella sezione «trasparenza», si legge «a titolo gratuito»: un ironico paradosso di qualche zelante funzionario, perché il dottor Aquilanti lo stipendio lo prende, eccome, ed è quello di magistrato amministrativo (ben oltre i 200mila euro). Sarebbe stato più corretto indicarlo nel suo effettivo ammontare. Come accade, invece, per i tre vice: Luigi Fiorentino e Salvatore Nastasi, che sfiorano i 213mila euro, mentre per Antonino Rizzo Nervo, uomo-Rai, approdato alla Presidenza con Paolo Gentiloni a gennaio scorso, si parla di 149 mila euro circa come «indennità di carica», senza specificare altro.
Arriva al tetto dei 240mila euro l’anno tondi tondi il numero uno della Protezione civile, Fabrizio Curcio. E attorno ai 200mila euro si collocano anche i cinque consiglieri parlamentari schierati a Palazzo Chigi: ci riferiamo a Marco Caputo, Annalisa Cipollone, Carla Ciuffetti, Cristiano Ceresani (anche lui arrivato a Piazza Colonna con la Boschi, essendo stato il suo capo dell’ufficio legislativo e oggi il Capo dell’Ufficio di segreteria del Consiglio dei Ministri) e Roberto Cerreto, nuovo capo del delicato Dipartimento degli Affari giuridici al posto di Antonella Manzione, l’ex guida dei vigili di Firenze, che a sua volta incassava circa 207mila euro per l’incarico.
SULLO STESSO LIVELLO si posizionano altri cinque Capi dipartimento di primo piano: Vincenzo Donato, Pia Marconi, Giovanni Roberto Marino, Antonio Naddeo, Ferruccio Sepe. Tutti gli altri dello stesso rango, però, non sono lontani: tra 200 e 202mila euro. Niente male nella top ten degli stipendi pubblici italiani e, soprattutto, europei.