Views: 1
Più attività e differenziate: oltre al catasto pratiche fiscali, certificati energetici, rilievi acustici e architettonici. Ora fatturano il 15 % in più del Pil medio pro capite
ROMA. La crisi dei sette anni, 2008-2014, è passata lasciando in piedi, probabilmente più robusto, un mestiere conosciuto, tra i più interpretati al cinema e fino a ieri più snobbati in classe: il geometra. Non è lontana la fine del percorso parlamentare che porterà in Italia la laurea unica (triennale) per diventare geometra, come l’Europa ci chiede entro il 2020. E l’ultima ricerca dell’Università di Genova ora evidenzia come in un decennio il fatturato medio di un geometra si sia attestato a 31.832 euro lordi l’anno (sfiorando 35mila euro nel 2008 e scendendo sotto i 28mila nel 2015). Oltre quindici punti percentuali, comunque, sopra il Pil medio pro capite. Le previsioni degli intervistati dai ricercatori nel 60 per cento dei casi prevedono un reddito “almeno pari” nel 2016, da poco chiuso. In dieci anni i professionisti in Italia sono lievemente cresciuti: da 105mila a 107mila anche se coloro che possono pagarsi la previdenza sono calati da 92mila a 82mila.
22 Aprile 2017
Questi numeri raccontano una professione che ha tenuto. All’interno di un panorama di riferimento – quello edilizio – che ha visto sparire mezzo milione di addetti. Per fare un confronto utile, si può usare l’osservatorio del Cresme.
Il centro ricerche del mercato dell’edilizia ha rilevato tra il 2008 e il 2015 una riduzione del reddito annuo degli architetti, professione parente e avversaria, pari al 41 per cento. Un tracollo. Nello stesso periodo i geometri hanno perso solo il 7 per cento. Di più, nel 2015 il numero degli architetti con reddito inferiore ai 9mila euro è cresciuto a quota 34 per cento mentre quelli che guadagnano più di 30mila euro sono soltanto il 17 per cento. In un paragone più allargato, lo stipendio di un geometra è definito “più alto di quello di un impiegato”. Non è un caso che oggi i giovani contabili di catasto siano relativamente autonomi. Iniziano a guadagnare dopo un corso di sei mesi post-diploma (o un tirocinio di diciotto mesi in uno studio), quindi tra i venti e i ventidue anni. Bene, la metà di loro ha lasciato la famiglia d’origine prima dei 35 anni: il 10,6 per cento oggi è single, il 39 per cento ha costruito un nuovo nucleo familiare. In Italia, in media, solo un terzo degli under 35 è indipendente.
La risposta positiva della professione alla doppia crisi (generale e poi edilizia) è arrivata con l’allargamento del campo d’azione. I nuovi geometri hanno preso quote ai mestieri “affini e laureati” (architetti e ingegneri, a cui a volte tolgono la “direzione dei lavori”) e ad altri apparentemente lontani (commercialisti e notai). Oggi solo il tre per cento dei geometri – rivela ancora la ricerca – ha la laurea, ma tutti hanno diversificato gli interventi. Le pratiche catastali e i rilievi topografici restano dominanti (il 45,6 per cento dei lavori fatti), ma scendono di tre punti rispetto a dieci anni fa. Nello stesso periodo si sono moltiplicate per quattro le certificazioni energetiche. E in generale si richiede l’intervento della figura per i test acustici, i rilievi architettonici, le dichiarazioni di successione, le pratiche fiscali e quelle burocratiche, la digitalizzazione delle procedure professionali. L’interlocutore non è più solo il Comune o la Regione, ma sempre più i condomìni, le imprese, l’autorità giudiziaria. Sono geometri sette consulenti dei tribunali su dieci.
“Il conto alla crisi lo abbiamo pagato anche noi”, dice Fausto Amadasi, presidente della Cassa di previdenza, “ma di fronte al crollo dell’edilizia siamo stati capaci di far crescere settori prima marginali. In Piemonte quasi tutti gli amministratori di condominio sono nostri e con l’esplosione delle sofferenze sui mutui ci siamo specializzati anche su questa questione”. Gli istituti tecnici formativi “restano troppo teorici, generalisti” e così i diplomati hanno bisogno di un tirocinio sul campo maggiore, “ma la laurea unica ci darà formazione e status”.
Resta, come in ogni dossier italiano, il profondo rosso del Sud: un geometra di Vicenza guadagna in media 35mila euro l’anno, uno di Catanzaro 16mila.