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Roma, 4 mag – Dopo l’esplosione delle polemiche nate in seguito alle dichiarazioni del Procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulle possibili connivenze fra alcune Ong (Organizzazioni Non Governative) con gli scafisti che dalla Libia fanno partire i barconi, siamo andati a monitorare la situazione davanti le coste libiche tramite il sito web specializzato “Marinetraffic” (ma ce ne sono molti altri). Sia chiaro, non ci stiamo improvvisando: nella prassi di ogni analista che indaghi su un qualsiasi evento in cielo, in mare o in terra c’è per prima cosa il “dove e quando” e quindi posizione geografica, ora, fusi orari, etc. Nel caso Marò si trattava di controllare a oltre un anno di distanza dai fatti le “quattro navi in zona” e lo si fece utilizzando la rete internazionale AIS (Automatic Identification System) che è aperto a tutti tramite siti web specializzati dai quali si può sapere sia la posizione di ogni nave in tempo reale sia i dati storici. Ne venne fuori che una delle quattro navi, la petroliera greca Olympic Flair, aveva spento il sistema AIS (che è un sistema di sicurezza obbligatorio) per una settimana a cavallo del 15 febbraio 2012 quando accadde la vicenda dei due Marò italiani. Ne venne fuori che la Olympic Flair nello stesso giorno, nelle stesse ore, nella stessa zona, aveva subito un attacco di due navi pirata mentre era attraccata al terminale petrolifero proprio davanti al porto indiano di Kochi, e poi se la era filata. Insomma, lo abbiamo già fatto.
Le navi delle ONG entrate nel mirino del Procuratore di Catania Zuccaro, di cui ieri si è saputo essere oggetto di una vera e propria indagine della Procura di Trapani per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina sono:
Sea Watch di SeaWatch.org che batte bandiera olandese e porta fino a 350 persone; Aquarius di Sos Mediterraneo/Medici senza frontiere di Gibilterra con una capienza di 500 persone; Sea Eye di Sea Watch.org dall’Olanda, fino a 200 persone; Iuventa di Jugendrettet.org bandiera olandese con 100 persone; Minden di Lifeboat Project tedesca per 150; Golfo Azzurro di Open Arms da Panama che porta fino a 500 persone; Phoenix di Moas con bandiera del Belize che ne imbarca 400; Vos Prudence di Medici senza frontiere con bandiera italiana che è la più grande visto che ha 1.000 posti. A cui dobbiamo aggiungere per la nostra analisi la Vos Hestia di Save the Children con bandiera italiana che abbiamo visto davanti le coste libiche nel periodo in esame. Sul sito web www.marinetraffic.com si possono facilmente trarre schede e immagini per le navi citate, controllare in tempo reale la situazione davanti alle coste libiche da dove si “lanciano” i gommoni, e pagando un abbonamento avere i dati storici attraverso i quali controllare per ogni singola nave quello che stiamo scrivendo.
Il giorno 29 aprile 2017 davanti alla “costa dei gommoni” risultano due navi, una sconosciuta (sistema AIS spento ma ricevuta dal satellite, sappiamo che c’è ma non sappiamo chi è), e la nave Sea Eye che risulta aver spento lo AIS il giorno prima 28 aprile alle ore 19:00 UTC (ora di greenwich)
Ma già il giorno successivo 30 aprile la situazione è completamente cambiata: sono presenti 10 navi ONG di cui 5 si fanno identificare tenendo lo AIS acceso e cinque mandano solo il segnale al satellite (ci possono essere navi che hanno spento anche il segnale per il satellite delle quali non sappiamo niente).
Le navi che si lasciano identificare sono:
– Aquarius (Giblterra)
– Iuventa (Olanda) –
Phoenix (Belize) –
– Vos Prudence (Italia)
– Vos Hestia (Italia)
Le 5 navi che emettono solo il segnale satellitare evitano l’identificazione da “noi” cittadini, media perché in realtà il sistema satellitare fa capo al LRIT di Lisbona, che è un sistema internazionale di monitoraggio a cui possono accedere solo “Enti Istituzionali” (civili o militari o giudiziari non importa, ma “statali”. Ci abbiamo provato sulla vicenda Marò ricevendo un diniego). Ma attenzione: lo AIS trasmette una serie di dati (posizione, velocità, direzione, come, bandiera etc) in funzione della sicurezza della navigazione. Il LRIT trasmette al satellite solo posizione, data, ora e nominativo. Quindi non si potrà sostenere che a fronte dell’emissione del segnale satellitare si stavano comunque rispettando le norme di sicurezza. La “radunata” in attesa dei migranti è ancora in atto mentre scriviamo (4 maggio ore 15:15), con Vos Hestia, Iuventa, Sea Watch2, Aquarius, Phoenix, + 4 non identificabili.
Invece la Sea Eye che aveva spento l’AIS già il giorno 28 aprile alle 19:00 UTC la ritroviamo che lo riaccende il 4 maggio alle ore 04:45 dopo aver lasciato le coste libiche ed ora è a Malta. Quindi in questa breve analisi su sette giorni abbiamo avuto conferma che fra le navi ONG alcune non sono proprio di comportamento trasparente, che vanno a stazionare davanti le coste libiche in attesa delle persone da salvare (quanto costa al giorno una flotta in mare di 10 navi?), che gli scafisti in Libia sanno esattamente che ci sono, dove sono e chi sono (usando lo stesso sistema che abbiamo usato noi). Ma senza poter sapere se ci sono “telefonate” in corso (è ininfluente, non serve), o passaggi di quattrini (lo potranno forse sapere solo i magistrati). Però oggettivamente presentarsi a portata di gommone significa dire “io sono qui”, non serve proprio telefonare per avvertire.
Perchè in Italia?
Per tentare di capire i meccanismi dobbiamo rifarci alle dichiarazioni in commissione Senato da Guardia Costiera e Marina Militare, la prima in ordine ai “naufraghi”, la seconda in merito alle “intercettazioni”. La Guardia Costiera dice che al tempo di Mare Nostrum dalla centrale operativa davano ordine ai pescherecci italiani in zona, di recarsi a soccorrere i “naufraghi” quando ricevevano una richiesta di soccorso da un barcone o un gommone. E le leggi del mare obbligano il comandante in mare a “ubbidire” a un ordine che viene da una autorità militare, quale che sia. E’ chiaro che un comandante di peschereccio italiano che salva dei naufraghi per ordine di una autorità militare italiana poi porterà i naufraghi in Italia, dove questi potrebbero poi chiedere asilo politico. Ma potrebbero chiederlo anche al comandante del peschereccio.
Infatti il “Comandante in mare” civile o militare che sia, assomma le funzioni giuridiche di Ufficiale di stato civile, Ufficiale di Polizia Giudiziaria e di Notaio. Non avrebbe ovviamente il potere di concedere o rifiutare una richiesta di asilo politico ma ha il dovere di registrarla perché le sue funzioni sono svolte su un territorio dello Stato di bandiera. E’ quindi ovvio che un naufrago salvato da ad esempio una nave ONG olandese può chiedere asilo politico all’Olanda facendo richiesta al Comandante. A questo si sono levate obiezioni stravaganti, che sia impossibile “tecnicamente” fare l’operazione sulla nave, a dire che mancherebbe il tampone inchiostrato per le impronte digitali e la macchina fotografica per la fotografia, è ovvio che sulla nave ci sono timbri, inchiostro e cellulari.
Quindi il punto è quando il “naufrago” diventa “potenziale profugo” e quindi resterebbe un mistero sul perché nessuno dei naufraghi salvati da una nave olandese (o tedesca, francese etc) non faccia richiesta di asilo direttamente sulla nave, visto che poi tutti dicono di voler andare nel Nord Europa. Ma questo non vale più se la nave straniera ha soccorso i “naufraghi” ubbidendo all’ordine di una autorità militare italiana (la Guardia Costiera) o semplicemente accettandone il coordinamento per pattugliare il mare alla ricerca di naufraghi, che forse è proprio la condizione in cui operano le navi ONG. Quindi “fare chiarezza” e soprattutto far sapere ai naufraghi che possono fare comunque la richiesta di asilo politico al Comandante della nave straniera e con questo averlo richiesto alla bandiera della nave. Poi l’Italia può anche fornire assistenza medica, rifornire di acqua e viveri, addirittura mandarli in Olanda o Germania etc col treno o con l’aereo: restano sempre richiedenti asilo in un altro paese che deciderà se concederlo o meno. Insomma almeno il minimo, le navi straniere (ONG, militari, commerciali etc) salvano i naufraghi e li sbarcano in Italia, poi i rispettivi paesi mettono il filo spinati sulle Alpi.
Le “intercettazioni”
La domanda è: come mai se come sembra gli 007 tedeschi e olandesi hanno intercettato le conversazioni fra navi ONG e scafisti, gli italiani non hanno intercettato niente? La risposta logica era che avessero intercettato anche gli italiani: si tratta di comunicazioni “all’aria” e quindi chiunque abbia la capacità tecnica lo può fare. Un chiarimento è venuto appunto dall’audizione del rappresentante la Marina Militare al Senato: Guerra Elettronica. La Marina Militare copre le coste libiche e in generale il Mediterraneo centrale con un sistema da guerra elettronica, quindi con l’elemento più importante e sofisticato delle moderne tecnologie militari. I sistemi da guerra elettronica hanno alla base la capacità di captare ogni emissione elettromagnetica, la più debole e apparentemente insignificante da poi analizzare, decrittare etc. in tempi di secondi o millisecondi. Poiché nel nostro caso si tratterebbe di conversazioni telefoniche “in chiaro” sarebbe assai stravagante non riuscire a intercettare nemmeno quelle. Tanto varrebbe chiudere bottega.
Però c’è da dire che una stazione da Guerra Elettronica è integrata in un sistema complessivo della NATO, quindi tutto quello che raccoglie è automaticamente coperto dal segreto militare della NATO. Ma, come si fece per Ustica già trenta anni fa, si può chiedere al comando NATO di Bruxelles di avere i verbali di quello che è sui nastri senza dover chiedere di conoscere logica e tecnologia del sistema.
Conclusioni
Non sembra che da parte dell’Italia ci sia la volontà di limitare l’afflusso di migranti, neanche usando gli strumenti giuridici che non costano nulla e in cui dovremmo essere maestri. Obbligando le navi ONG a informare i naufraghi (in mare, fuori delle acque territoriali italiane) che possono chiedere l’asilo politico direttamente allo Stato di bandiera si otterrebbe già il risultato di “condividere” una parte di loro con altri paesi Ue. E con una decisione volontaria della persona raccolta in mare.
Luigi Di Stefano