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Tarapia tapioco, la supercazzoola brematurata con scappellamento a destra, come fusse antani.
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Bruxelles, 25 marzo 2011.
L’allora premier Silvio Berlusconi rappresentò l’Italia al Consiglio europeo in cui furono definiti i contenuti del Meccanismo Europeo di Stabilità, meglio conosciuto come MES.
Il principale partito della maggioranza di governo si chiamava Popolo della Libertà, di cui Giorgia Meloni – ops – faceva parte.
Il secondo si chiamava Lega.
Roma, Palazzo Chigi, 3 agosto 2011.
Il Consiglio dei Ministri del governo Berlusconi approvò il disegno di legge per la ratifica del Mes.
Di quel governo la Meloni non era una portaborse, un’usciera e neppure un sottosegretario.
No, era proprio ministro. Ministro per la Gioventù.
Tra gli altri ministri presenti, Umberto Bossi (Lega) alle Riforme, Roberto Calderoli (Lega) alla Semplificazione, Ignazio Benito Maria La Russa (Pdl, oggi Fratelli d’Italia) alla Difesa.
Sempre Roma, Camera dei deputati, 19 luglio 2012.
L’ultima parola spetta al Parlamento.
Nel frattempo è cambiato il governo: non c’è più Berlusconi, ma Monti.
La Lega, dopo aver firmato il decreto, con la coerenza che già allora gli era propria vota contro.
Il Pdl: 83 favorevoli, 20 astenuti e 2 contrari. Tra questi due c’è Giorgia Meloni? L’anti-Mes? La paladina anti-euro? No, nient’affatto.
Quel giorno Giorgia era assente, tanto per non perdere le buone abitudini.
E Salvini? Bene, Salvini, pagato 16.000 euro al mese per fare l’europarlamentare, in quei giorni era su Italia 7Gold con una polo firmata Oues Velàa (la traduzione padana di Usmate Velate, comune di 10.000 abitanti della provincia di Monza e della Brianza) a tenere un “Padanotiziario” (gulp!) in cui sparava a zero sul Sud e sull’Italia.
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Considerato che la guerra è ECONOMICA , e Tedeschi Olandesi e Austriaci non hanno intenzione, di aiutare con Eurobond, i paesi più colpiti da corona virus dell’area Euro come SPAGNA FRANCIA, ITALIA ecc.
Visto che andiamo tutti a far la spesa, VI IMPLORIAMO di far crollare il fatturato delle aziende tedesche olandesi e austriache, i vantaggi saranno enormi..
Il primo è per l’occupazione italiana, in secondo luogo le aziende italiane pagano tasse in Italia, molte multinazionali de-localizzano e non producono nulla in Italia, ma inviano solo i loro prodotti al nostro mercato, cioè non producono posti di lavoro.
Massacriamo la Germania, Olanda senza missili, senza armi, ma con l’arma che è caratteristica di noi italiani e cioè l’intelligenza.
COLOSSI GRANDE DISTRIBUZIONE tedeschi:
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Immaginate per un attimo se quello che sta accadendo in Lombardia fosse capitato in una regione come l’Emilia Romagna. O, peggio, al Sud.
Immaginate se, al posto della Lega, alla guida della regione ci fosse stato il Pd o qualche governatore “buonista” o “comunista”.
Dopo 24 ore Salvini avrebbe twittato: “Pazzesco. Tengono tutti i confini aperti e chiudono gli ospedali di notte.”
Dopo 48 ore Giordano avrebbe distrutto un modellino del Duomo al grido di “untori” e Feltri e Senaldi avrebbero aperto Libero a caratteri cubitali: “Ci toccherà adottare un settentrionale a testa.”
Dopo una settimana la Borgonzoni si sarebbe presentata in Senato con la maglietta “Parlateci di Codogno”.
Dopo 15 giorni avrebbero denunciato Giunta e governatore per “Epidemia colposa” e “Strage”.
Infine, dopo un mese, avrebbero postato su Facebook le bare del Pio Albergo Trivulzio e invocato la corte marziale per i responsabili.
Bene.
Avete sentito qualcosa di vagamente simile in questi 40 giorni, a parti inverse?
Immaginate questi stessi individui alla guida del Paese in un’emergenza del genere.
Fidatevi, poteva andarci peggio. Molto, ma molto peggio.
Lorenzo tosa.
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di Marco Travaglio
Ascanso di equivoci e a prova di cretini (che il coronavirus sta preoccupantemente moltiplicando), noi siamo strafelici per il nuovo ospedale inaugurato alla Fiera di Milano.
Come saranno strafelici i malati di coronavirus che fra cinque giorni, quando la struttura aprirà, vi troveranno finalmente un posto letto di terapia intensiva, fra le migliaia di lombardi che attendono invano da giorni o da settimane un ricovero o anche solo un tampone, sempreché siano nel frattempo sopravvissuti.
Il numero dei fortunati vincitori è ancora incerto, ma non appare comunque esaltante: il prode assessore Gallera garantisce “tra i 12 e i 24 posti”.
Cifra piuttosto misera da qualunque parte la si guardi.
Misera in termini assoluti: i posti di terapia intensiva della sola Lombardia sono passati in un mese di emergenza da 700 a 1600: dunque l’ospedalino in Fiera aggiunge appena uno 0,7-1,4%.
Misera in rapporto all’enfasi da Minculpop dei media forzaleghisti, roba da battaglia del grano, da bonifica delle paludi pontine e da conquista di Addis Abeba.
Libero: “La resa del Conte. Il Nord combatte il virus per conto proprio. Lombardia e Veneto in rivolta. Fontana si fa l’ospedale da solo”. Il Giornale: “Miracolo a Milano: finito il superospedale”, “Abbiamo creato un modello per tutto il Paese” (editoriale di una firma super partes: Bertolaso), “L’ospedale simbolo della riscossa dove chi si ammala ritroverà il respinto”, “Un hub post-emergenza”. La Verità: “Milano e Bertolaso fanno il miracolo: ‘La più grande rianimazione d’Italia’”.
Misera, soprattutto, rispetto al budget (50 milioni e rotti) e agli annunci.
Il 12 marzo il geniale “governatore” Attilio Fontana parlava di “un ospedale da campo modello Wuhan da 600 posti letto di terapia intensiva in una settimana”.
Il 13 era già sceso a “500 letti”, ma accusava la Protezione civile di “non voler fornire quanto promesso” e s’impegnava a “fare da soli con fornitori internazionali”. Il 16 ingaggiava per la bisogna Guido Bertolaso che – assicurava il garrulo Gallera – “ha una fama internazionale e un nome che ha un peso sulla scena mondiale e può avere accesso a rapporti con aziende e governi”. Intanto Fontana, quello che faceva da solo, tornava a piatire dalla Protezione civile.
Il 17 B., dal confino in Costa Azzurra, donava 10 milioni e San Guido, ringraziandolo per il “gesto d’amore”, diceva che la somma bastava per il “reparto da 400 posti di terapia intensiva in Fiera”.
I posti scendevano e i fondi crescevano (10 milioni da Caprotti, 10 da Moncler, 10 da Del Vecchio, 2,5 da Giornale e Libero, 1,5 dell’Enel e molte donazioni private anonime) e i respiratori arrivavano.
Ma non grazie a Bertolaso, bensì alla famigerata Protezione civile (“ce ne mandano 200”, trillò il loquace Gallera) e all’orrido commissario Arcuri (“ci ha assicurato materiali”, ammise l’acuto Fontana).
Il 29 marzo Salvini twittò giulivo: “Promessa mantenuta, miracolo realizzato: 53 posti letto che possono arrivare a 241”, come se 600 o 500 fosse uguale a 241 o a 53.
Ma era ancora ottimista, perché anche i 53 restano un sogno: il dg del Policlinico, Ezio Belleri, ricevendo in dono cotanto prodigio, precisa che i 53 si vedranno forse “alla fine della prima fase dei lavori”, mentre al momento siamo fra i 12 e i 24.
Che il sagace Fontana, facendo buon peso, porta a “28 posti”.
Non proprio la “terapia intensiva più grande d’Italia” strombazzata all’inaugurazione dell’altroieri dal governatore mascherato.
A proposito: che diavolo hanno inaugurato l’altroieri, visto che il grosso del presunto ospedale è ancora un cantiere e i letti “pronti subito” (cioè fra cinque giorni) sono tra un ventesimo e un decimo della metà di quelli annunciati?
Nello stesso lasso di tempo (14 giorni) le donazioni private di Fedez, Ferragni &C. han consentito di ampliare di 13 posti la rianimazione del San Raffaele senza tanto clamore.
Ancor meglio ha fatto il Sant’Orsola di Bologna, che in soli 6 giorni ha creato un nuovo padiglione di terapia intensiva da 30 posti senza rompere i maroni a nessuno né consultarsi con Fontana&Bertolaso.
A Bergamo, in meno di due settimane, gli alpini con l’aiuto di russi, cinesi e cubani han tirato su un ospedale da campo da 140 posti, fra terapia intensiva e subintensiva, che è il decuplo del miracolo a Milano (quindi, col metro di Fontana&C., dev’essere il più grande della galassia). E l’han fatto in silenzio, senza grancasse, trichetracche e cotillon. E senza cerimonia di inaugurazione, cioè senza quell’immondo e contagioso assembramento di assessori, politici, giornalisti, cineoperatori, fotografi, saprofiti, umarell e professionisti del buffet accalcati l’uno sull’altro visto alla Fiera di Milano: roba che, se fosse avvenuta per strada, li avrebbero arrestati tutti in blocco per epidemia colposa o forse dolosa.
Subito dopo, Attilio The Fox s’è scagliato contro la ministra Lamorgese, pericolosamente competente e rea di aver precisato che i bambini hanno diritto al passeggio almeno quanto i cani.
Quindi noi restiamo strafelici se a Milano c’è un nuovo ospedale, sia pure da 12/24 posti che si riempiranno in tre secondi.
Ma, con 50 milioni di donazioni, si poteva fare qualcosina in più (o è normale che ogni posto letto costi 4 o 2 milioni?).
Avremmo preferito se chi ha inaugurato il Berto-Hospital non ne avesse chiusi a decine nell’èra Formigoni e ne avesse aperto qualcuno coi miliardi regalati alle cliniche private. E ora preferiremmo che la giunta lombarda si assumesse le proprie responsabilità, anziché tentare goffamente di nascondere dietro le parate e le trombette il record mondiale di morti della Lombardia e la Caporetto della sua “sanità modello”.
Gli ospedali, anche di un solo posto letto, sono utilissimi. Purché i mercanti in Fiera non li trasformino in baracconate elettorali.
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Considerato che la guerra è ECONOMICA , e Tedeschi e Austriaci non hanno intenzione, di aiutare coi soldi di tutti e cioè con Eurobond, i paesi più colpiti dell’area Euro come SPAGNA FRANCIA, ITALIA ecc. Soldi che servirebbero a curare malati, a comprare farmaci, a pagare medici, infermieri, sussidi , cassa integrazione, contributi ad aziende e lavoratori, ed attività commerciali oggi chiuse , e ogni misura di sostegno all’economia del nostro paese .
Visto che andiamo tutti a far la spesa, VI IMPLORIAMO di far crollare il fatturato delle aziende tedesche e austriache, i vantaggi saranno enormi..
Il primo è per l’occupazione italiana, in secondo luogo le aziende italiane pagano tasse in Italia, molte multinazionali de-localizzano e non producono nulla in Italia, ma inviano solo i loro prodotti al nostro mercato, cioè non producono posti di lavoro in Italia . Altre tramite un gioco complicato ma legale, pagano poche tasse, avendo sede ad Amsterdam o Paesi Bassi.
Se le aziende tedesche che hanno dipendenti qui in Italia crollano, altre aziende italiane o di altri paesi assumeranno personale in Italia, quindi tranquilli.
La Germania ha avuto un SURPLUS commerciale da quando è entrata in Europa, vantaggio riconosciuto da tutti gli economisti del mondo.
Questo anche perché la gran parte dei nostri politici son tutti senza palle.
I vantaggi per le aziende NON GERMANICHE sarebbero enormi,
Vi chiediamo di inoltrarlo a 20 persone, di cui 2 almeno fuori dalla vostra città,
se ognuno di voi ci riesce in 5 minuti siamo a 400, in un ora a 8.000 persone circa, in un giorno raggiungiamo 192.000 contatti, quindi i numeri si fanno importanti.
Massacriamo la Germania, senza missili, senza armi, ma con l’arma che è caratteristica di noi italiani e cioè l’intelligenza.
vedi MEUCCI (inventore telefono), E.FERMI, Cristoforo Colombo, Leonardo da Vinci
BOICOTTIAMO TUTTI I PRODOTTI ELENCATI:
COLOSSI GRANDE DISTRIBUZIONE tedeschi:
ALDI SUPERMERCATI
LIDL , PENNY Market e DESPAR,
prodotti:
BALSEN biscotti
YOGURT MULLER
KNORR SUGHI
HARIBO caramelle
Birra Paulaner , Edelweiss, Goldenbrau, Gosser (BAVARIA e Heineken olandesi)
Red bull bevanda austriaca
Henkel group tedesca che detiene:
DIXAN, BIO PRESTO, Perlana, VERNEL, PERSIL ,Pril per lavastoviglie,
Nielsen sapone piatti .
GLISS per capelli,
antica Erboristeria che è tutto meno che italiana
Breff detergenti prodotti casa
VAPE antizanzare
HERTZ autonoleggio
Ravensburger giocattoli
LOCTITE e colla e Pritt
Schwarkopf shampoo e Neutromed saponi
Continental pneumatici
ROWENTA E VORKERK elettrodomestici
Marchio Bosch e Aeg Cucine
Materiale per bagno edilizia
Duravit, Grohe e Knauf , Villeroy & Bosch
Wurth viti
Junkers e Vaillant caldaie
Telefunken televisori
Osram e SIEMENS, colossi illuminazione
PUMA e ADIDAS
ESCADA e MONTBLANC
REUSCH e ULHSPORT abbigliamento sport e neve.
LANGE & SONHE orologi
KTM moto
Swaroski gioielli
SCI ATOMIC e il marchio HEAD
Deustche bank -chi tiene i soldi lì ricordiamo che la banca ha varato 20.00 licenziamenti in tutto il mondo, in quanto attraversa una grave crisi di liquidità.
Decisamente più sicuro tenere risparmi nelle grosse banche italiane
Sui farmaci , si parla di salute e quindi siamo persone perbene e non ci permettiamo di toccare la Bayer ma se comprate un’aspirina in meno è meglio, per tutti..
DIFENDETE I LAVORATORI E LE AZIENDE DEL VOSTRO PAESE
Non ci rivolgiamo a tutti ma solo AGLI ITALIANI CHE VOGLIONO DIFENDERE IL PROPRIO PAESE, OGGI COME NON MAI
Buona Spesa a tutti, uniti per Italia si vince SEMPRE
alcuni suggerimenti.
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Gettarsi nella mischia, creare scandalo, offrire una contro-storia alla storia ufficiale. Una storia del Nord contro quella dell’Italia. La Padania contro la Nazione. Per Matteo Salvini, questo è sempre stato il modo di mobilitare i suoi sostenitori, catalizzare l’attenzione dei media (e dei politici avversari), guadagnare voti. Almeno finché non è diventato segretario federale della Lega Nord, nel dicembre del 2013, dopo Roberto Maroni e la lunghissima leadership del padre-fondatore Umberto Bossi. A quel punto Salvini ha mantenuto la sua strategia comunicativa ma ne ha cambiato i confini: la sua Lega vuole mettere radici anche al Sud. Gli scontri di sabato a Napoli, dove la presenza del segretario leghista è stata contestata pesantemente, derivano però anche da una storia politica fatta di provocazioni e parole pesanti contro il Sud e l’Italia come Stato nazionale, di cui il famoso coro dell’allora semplice eurodeputato Salvini contro i napoletani (a Pontida, nel 2009) è stato solo il culmine.
Nell’ebook ‘Matteo Salvini – Il Militante’, scritto nel 2015 dai giornalisti Alessandro Franzi (Ansa e Linkiesta.it) e Alessandro Madron (Il Fatto Quotidiano) per le edizioni GoWare, c’è un passaggio che racconta questa parabola, di cui vi proponiamo di seguito un estratto. Punto di partenza: Salvini è stato per un ventennio consigliere comunale di Milano, dal 1993, e primo direttore di Radio Padania, emittente del Carroccio.
“L’esperienza della radio, nata nel 1997 come l’avventura dei comunisti padani, gli è stata maestra. “Il messaggio carismatico di Matteo era chiaro – annota Leo Siegel, un militante di vecchia data che ha scritto una breve storia di Radio Padania –: professionismo per quelli a libro paga, professionalità per tutti, dilettantismo dopolavoristico al bando”. Comunicare in modo chiaro era già una priorità. Provocare, pure. La trasmissione degli esordi, alla fine degli anni Novanta, si chiamava “Mai dire Italia”. Faceva il verso alla fortunata trasmissione televisiva della Gialappa’s band, “Mai dire gol”, sul mondo del calcio. A Radio Padania si sfottevano le storture italiane, usando l’altro sport nazionale: la politica. Il verbo antipatriottico e antimondialista della Lega Nord veniva così condito con la satira e il politicamente scorretto. Il motto prima gli italiani era ancora lontanissimo da venire. A condurre “Mai dire Italia” c’era lo stesso Salvini, che stava diventando la voce principale dell’emittente che trasmetteva da via Bellerio e sognava l’avvento della Padania libera. Insieme a lui altri giovani che iniziavano a farsi conoscere, come Massimiliano Romeo, futuro capogruppo al Consiglio regionale della Lombardia. “Chiunque poteva chiamare e dire tutto quello che voleva – racconta Romeo -. Eravamo quattro ragazzotti che andavano in radio a fare i pirla. La trasmissione ebbe però un successo tale che la facevamo quasi tutta la settimana, dovevamo dividerci i turni. Mi ricordo che una volta capitò di andare in onda anche il giorno di Natale, ci chiamavano in diretta per farci gli auguri”.
“Fu la palestra di Radio Padania a far diventare Salvini un capace comunicatore, oltre che a fargli guadagnare visibilità alle spalle della vecchia guardia. Non era solo la pura e semplice propaganda di partito. Salvini e i suoi cercavano di fare molto di più. Mandavano in onda una vera controstoria italiana, che riusciva non di rado a far notizia per la sua vena provocatoria e dissacrante.
Primo bersaglio, la Nazionale di calcio. La Lega ancora saldamente su posizioni autonomiste o indipendentiste non amava il tricolore sventolato dai tifosi azzurri. Ne preferiva spesso altre, di bandiere: per la finale degli Europei di calcio del 2000 fra Italia e Francia, Radio Padania organizzò una telecronaca in diretta per tifare… i francesi. Giocando sul doppio senso, la trasmissione condotta da Salvini era stata intitolata “Teste di calcio in finale”. Andò allo stesso modo in occasione della finale dei Mondiali del 2006, quando l’Italia di Marcello Lippi stava per conquistare il titolo, con il Paese in piazza fino all’alba a festeggiare: Salvini quella volta tifava Germania. La cancelliera Angela Merkel non turbava ancora i sonni degli euroscettici. “L’Italia a me rappresenta Moggi, Calciopoli e tutto il peggio del peggio”, spiegò il futuro leader leghista ricordando recenti fatti di cronaca. “Il mio sostegno va a chiunque sia più serio”. Anche se si trattava dei tedeschi. Non di solo calcio, si nutriva ovviamente la radio salviniana. Nel 2002 era andata per esempio in onda una celebrazione alternativa del 4 novembre. La festa dell’unità nazionale era diventata quella dell’orgoglio padano. “Tutti i programmi dalle 8 alle 20 – annunciava Salvini – saranno dedicati alla storia, alla cultura, alle tradizioni e alle lingue padane. Saranno trasmesse soltanto canzoni delle nostre terre e nei nostri dialetti”. In questa ossessiva ma scanzonata controstoria nazionale nel 2004 ci fu spazio anche per un 25 aprile padano, che stavolta non faceva più rima con comunista. Salvini, sfruttando la sua crescente popolarità nel movimento, organizzò l’apertura di quattro sezioni di Milano per discutere della Resistenza in compagnia di partigiani “che combatterono dall’altra parte” rispetto ai rossi che sfilavano in piazza. “I nuovi partigiani siamo noi”, recitava lo slogan. I leghisti contestavano la sinistra non solo per le sue responsabilità storiche ma soprattutto perché si stava opponendo alle loro nuove rivendicazioni federaliste e perché predicava il dialogo con l’Islam”.
“Il meccanismo controstoricista funzionò più e più volte. Pure in anni successivi, quando ormai Salvini non era più solo il giovane conduttore della radio leghista a caccia di visibilità ma da eurodeputato di un partito di governo arrivò anche a chiedere l’abolizione del 2 giugno, la festa della Repubblica, che considerava solo uno spreco di soldi. Mise persino la sua scrivania di consigliere comunale in piazza della Scala, il giorno delle celebrazioni del 150/o anniversario dell’Unità d’Italia volute dal presidente Giorgio Napolitano. “Per me sarà una giornata di lavoro con i milanesi”, dichiarava Salvini, che coi suoi giovani padani si mise a distribuire le bandiere di Milano, con la Croce di San Giorgio. Si presero anche sonore contestazioni”.
“Tra dieci anni i milanesi saranno minoranza e finiremo per riservare loro dei posti sul metrò, come si faceva per i mutilati e gli invalidi di guerra. Intanto chiediamo all’ATM (l’azienda di trasporti pubblici, nda) la possibilità di riservare una o due carrozze alle donne, italiane e no, viste le centinaia di denunce di aggressioni, palpeggiamenti e altro che subiscono ogni giorno”. Carrozze della metropolitana riservate ai milanesi. La provocazione lanciata nella campagna elettorale per le successive europee del 2009 valse a Salvini la prima vera ribalta a livello nazionale. E insieme a questa anche le accuse di razzismo. I vertici della Lega gli avevano chiesto di rimettersi in lista per un seggio a Strasburgo. Il movimento aveva il vento in poppa, tanto che raddoppiò le sue percentuali rispetto a cinque anni prima (il 10,2%), conquistando 9 eurodeputati. Per Salvini l’elezione questa volta si rivelò una certezza: prese una marea di preferenze, 70.000. Il secondo nella lista della Lega nella circoscrizione Nord-Occidentale dietro ancora a Bossi, che aveva raccolto 172.000 preferenze. Ma la sua immagine rimaneva fortemente legata a quelle parole sulla sicurezza dei milanesi. L’immigrazione, la criminalità, l’euroscetticismo erano già i suoi temi quotidiani.
“Ma non era finita. Qualche mese dopo arrivò la seconda, pesante gaffe. Al raduno di Pontida, festeggiando con boccali di birra la rielezione a Strasburgo insieme a quei giovani padani con cui ha sempre condiviso il destino politico, Salvini fu ripreso mentre cantava in coro contro i napoletani. “Senti che puzza, scappano anche i cani, stanno arrivando i napoletani”. Il video amatoriale fece il giro di Internet fulmineamente. Pochi secondi di immagini sfocate scatenarono un nuovo scandalo sulle sue parole. Youtube piegava i leghisti alla stessa logica di Radio Padania. Alla Camera, qualche giorno dopo, lo show. “Isso s’ha da sciacqua’ a bocca quanno parla ’e nuje [Lui deve sciacquarsi la bocca quando parla di noi]”, urlò in napoletano la deputata campana del PDL Alessandra Mussolini. Poi, bottiglia di disinfettante alla mano e pezzuole, cercò di fiondarsi verso il banco di Salvini. Venne fermata in tempo dai commessi. Bossi, che era tornato a fare politica attiva, e il ministro delle Riforme anche nel nuovo governo con il Cavaliere, non aveva perso la sua ironia. Si limitò a uno scappellotto al suo giovane parlamentare. “Salvini dovrebbero farlo decadere perché canta male”. Alla fine però, Salvini si dimise da deputato. Doveva scegliere fra Roma e Strasburgo. Optò per l’Europa. Aveva già deciso così prima delle polemiche, giuravano i suoi. Ma sembra che Salvini fosse rimasto amareggiato per essere stato di fatto scaricato da tutti quelli che non erano del suo stretto giro nel movimento. Sfruttando la consueta capacità di trarre la situazione a proprio vantaggio, Salvini si fece comunque fare una maglietta con la scritta “Napoli”, andò in visita nella città campana, prese un caffè al Gambrinus e fece avere le sue scuse a chi si era sentito offeso”.
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Coronavirus: in Lombardia terapia intensiva al limite
„Ma perché i lombardi non possono essere ricoverati in Veneto? “Non sono ancora riuscito a farmi spiegare da nessuno, nonostante chieda da giorni – scrive il deputato Alfredo Bazoli – come sia possibile che mentre riceviamo aiuti da mezzo mondo non siamo in grado di sfruttare i letti di terapia intensiva di ospedali a mezz’ora di macchina da Brescia, come a Verona, dove per fortuna l’epidemia non è esplosa come da noi. A Brescia e Bergamo si muore per la saturazione dei posti, in Veneto sono ancora liberi due terzi dei letti di terapia intensiva. E noi dobbiamo mandare i pazienti in Germania, quando a due passi da qui ci sarebbe ambia disponibilità”. E’ questa l’autonomia di cui avevamo bisogno?“
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