Caro Andrea Bocelli,

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Chiara Rossini
29.07.20

“Caro Andrea #Bocelli, ti scrivo da #Brescia, la provincia che, con la sfortunata sorella Bergamo, ha dato la metà dei contagiati totali della Lombardia e dei morti per Sars-cov2.
La quarta città in Europa per numero di vittime (rapportato alla popolazione), e, guarda caso, al primo posto c’è Bergamo. Ti scrivo dalla città che a marzo e aprile aveva il più grande covid hospital al mondo.
Ti scrivo dopo aver lavorato in un reparto che doveva essere covid free, ma che, sorpresa, non lo era. Ti scrivo dopo aver perso un parente, morto in pochi giorni, solo, a 71 anni e dopo che io e i miei figli ci siamo ammalati e, per fortuna, siamo guariti.
Ti scrivo dopo che ho scoperto che qui, a Bs e Bg non esiste più nessuno che non abbia incontrato il coronavirus, direttamente o indirettamente. Ti scrivo dopo aver lavorato per turni di 12 ore, dopo aver lavorato con camice, sovracamice, calzari, mascherina, visiera, due paia di guanti e cuffia, dopo essermi disinfettata le braccia, le mani con il cloro ogni giorno dopo la svestizione. Ti scrivo dopo che ho visto uomini di 56 anni ridotti a vegetali per encefalite da covid (e senza patologie pregresse), uomini di 48 anni colpiti da danni neurologici da #covid, donne che stavano bene uscire dopo 105 giorni di ospedale con danni polmonari permanenti e la bombola di ossigeno per sempre, persone in salute che non hanno più sensibilità ai piedi, per danni da covid. Uomini morire in 3 giorni, ventilatori accesi giorno e notte, dopo aver imparato cosa sia una tracheotomia cuffiata o scuffiata per tante che ne ho viste, sempre e solo per danni da covid. Ti scrivo perché l’immobilità dovuta alla terapia intensiva o all’astenia terribile da covid, ha aperto piaghe da decubito di quarto grado in persone molto giovani oltre che negli anziani. Ti scrivo perché ho visto due gemellini di 4 anni piangere di gioia abbarbicati alle gambe del loro papà che non vedevano da 120 giorni, a causa del virus.
Ti scrivo perché ho visto un reparto cambiarmi sotto gli occhi di giorno in giorno, barriere e muri creati ad hoc per isolare, nuovi percorsi, nuove barriere, nuovi sgabuzzini, nuovi modi di lavorare, vestiti da astronauti, col visus ridotto, senza fare pipì, bere o mangiare per tutto un turno. Ti scrivo dopo che per due mesi non ho potuto dormire, dal terrore, nonostante fossi così stanca da non reggermi in piedi. Ti scrivo dopo che la mia positività al coronavirus non è stata diagnosticata se non a posteriori, a spese mie. Ti scrivo perché ho visto persone di 30 anni aver bisogno di riabilitazione perché due settimane di terapia intensiva riducono la massa muscolare del 40%. Ti scrivo perché ho negli occhi e nel cuore le storie di decine di malati, ricoverati da più di 100 giorni, soli.
Ti scrivo perché sono stata assunta per l’emergenza e poi, a emergenza placata, lasciata a casa, precaria come prima.
Ti scrivo perché il silenzio e il deserto di Brescia in marzo ed aprile erano angoscianti, rotti solo dal suono delle ambulanze. Ti scrivo perché ho pianto di sollievo a rivedere mia madre e le attività commerciali riaprire. Ti scrivo, col cuore offeso e sanguinante dalle tue luride parole. E perché mi prende il panico e l’ansia ogni volta che leggo articoli sulla pandemia. E piango. Di paura, dolore e stanchezza.
E quindi, caro Andrea Bocelli, vaffanculo.
Di cuore”
(Chiara Rossini)

Le scuse di Bocelli

🇮🇹
Da sempre mi sono speso per combattere la sofferenza e l’ho fatto anche recentemente con l’avvento di questa sciagurata pandemia, come molti sanno.

Perciò se il mio intervento al Senato ha generato sofferenza, di questo io chiedo sinceramente scusa, perché proprio non era nelle mie intenzioni.

Così come nelle mie intenzioni non era di offendere chi dal Covid è stato colpito.

Del resto, come sapete, la mia famiglia non è stata risparmiata dal virus: siamo stati tutti quanti contagiati e tutti abbiamo temuto il peggio; perché nessuno può conoscere l’andamento di una malattia come questa, che è ancora oggi sconosciuta.

Lo scopo del mio intervento al Senato era quello di sperare in un prossimo futuro in cui i bambini soprattutto, possano ritrovare la normalità, possano sperare di vivere “da bambini”, giocando tra loro, abbracciandosi, come devono fare i bambini per poter crescere sani e sereni.
Questo solo era il senso del mio intervento ed a tutti quelli che a causa del modo in cui mi sono espresso – sicuramente non il più felice – e dalle mie parole hanno trovato ragioni per sentirsi offesi o hanno sofferto per quello che ho detto, a loro chiedo sinceramente scusa, perché le mie intenzioni erano tutt’altre, erano esattamente il contrario.

Andrea


🇬🇧
I have always endeavored to fight suffering and did so also with the arrival of this unfortunate pandemic, as many of you know.

Therefore, if my speech to the Italian Senate caused suffering, I wish to extend my sincere apologies, because my intention could not have been more different.

Just as it was not my intention to offend those who have been struck by COVID.

In fact, my family was not spared by the virus: we all caught it and we all feared for the worst, because no one can know the course a disease such as this will take, which is still partially unknown to us.

The intent of my speech to the Italian Senate was to send a message of hope for a near future in which – children first and foremost – can find again a sense of normality and can hope to live “as children”, playing with and hugging one another, as they should at their age, and to be able to grow up happy and healthy.
This, and this alone, was the meaning I intended to convey with my speech. To all those people who felt offended or suffered because of how I expressed myself – undoubtedly not in the best possible way – and the words I used, I ask that they accept my sincerest apologies, as my intention was quite the opposite.

Andrea

Fonte

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