Caso Consip. L’editoriale odierno di Travaglio che farà incazzare Renzi e PD

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venerdì 14 aprile 2017

Venerdì 14/04/2017 di Marco Travaglio

Ogni tanto, per farsi quattro risate, è bene prendere sul serio le balle di Renzi e dei suoi leccapiedi e provare a ricostruire la storia, anzi la cronaca (data la statura degli omuncoli) come la raccontano loro. Noi continuiamo a pensare che il caso Consip sia andato così.
L’imprenditore Romeo vuole una fetta del più grande appalto d’Europa e, per partire avvantaggiato (o non svantaggiato) alla Consip, paga mazzette a un dirigente e si fa raccomandare da Tiziano Renzi&Carlo Russo (i quali, già che ci sono, spingono pure una ditta cara a Verdini) in cambio ai due dà una lauta ricompensa (30 mila euro al mese per T. e 5 mila euro a bimestre per C.R.). Purtroppo, indagando su un appalto di Romeo al Cardarelli di Napoli, il pm Woodcock e gli uomini del Noe scoprono la tresca e iniziano a investigare su Consip. Complice un decreto del governo Renzi, approvato in fretta e furia a ferragosto, che impone agli ufficiali di polizia giudiziaria di informare delle indagini i vertici dei rispettivi corpi, i comandi dell’Arma sanno tutto e, preoccupati per il governo che li ha nominati, corrono ad avvertire il Giglio Magico, che avvisa la Consip, che fa sparire le cimici, mentre i pedinatori e intercettatori vengono pedinati e intercettati e sospettano – horribile dictu – i servizi segreti. L’inchiesta è rovinata prima che parta il grosso delle mazzette. Ma gli inquirenti interrogano l’ad di Consip Marroni sulle soffiate e quello fa i nomi dei quattro presunti soffiatori: Del Sette, Saltalamacchia e Lotti, che negano; più il presidente di Publiacqua Vannoni, che conferma. Tutti indagati per favoreggiamento e rivelazione di segreti. Quando la Procura di Roma eredita il fascicolo, indaga Tiziano e Russo per traffico d’influenze e fa arrestare Romeo per corruzione. Poi, fra migliaia di pagine di atti, salta fuori un nome sbagliato e il capitano Scafarto viene indagato per falso, così tutti parlano di lui e nessuno parla più degli indagati per le sue indagini.
A noi questa ricostruzione, alla luce degli atti, pare piuttosto logica. Ma, a scelta, c’è anche quella dei renziani. Tenetevi la mandibola per evitare di sganasciarvi e immaginate come sarebbero andate le cose se avessero ragione loro. Romeo è un onesto e irreprensibile imprenditore che ogni dieci anni finisce sotto inchiesta o in carcere: dunque mai e poi mai pagherebbe mazzette. S’incontra e parla spesso con Russo, amicone di Tiziano e di tutta la famiglia Renzi, ma solo perché anche lui è devoto alla presunta Madonna di Medjugorje. Russo, noto millantatore, discute di appalti Consip sia con lui sia con Marroni.
E parla sempre a nome di Tiziano, che però mai l’ha autorizzato a farlo, visto che mai un galantuomo del suo calibro interferirebbe negli appalti Consip. Romeo, noto sprovveduto, la cui fanciullesca ingenuità è ormai leggendaria nell’ambiente, non s’informa per capire se dietro il carneade 33enne di Scandicci si muova davvero il padre del premier: si fida sulla parola, perde ore e ore a parlarci di appalti, poi annota in due appunti l’intenzione di buttare un sacco di soldi dalla finestra per ricompensare una persona che per lui non vuol fare nulla (T. con 30 mila euro al mese) e un’altra che, anche volendo, non potrebbe fare nulla (C.R. con 5 mila a bimestre). Pure Marroni parla più volte di appalti con Russo come se rappresentasse Tiziano, senza mai chiedere ai renziani che l’han messo lì chi rappresenti quel traffichìno. Marroni incontra anche Tiziano, ma solo perché quello vuole piazzare una statua della presunta Madonna di Medjugorje all’ospedale pediatrico di Firenze e si sa come sono queste statue: o si muove la Consip o niente. Ignaro di tutto, a Rignano sull’Arno, babbo Renzi si gode i meritati successi di self-made-man (una società fallita, altre in cattive acque): mai si sognerebbe di approfittare della parentela col premier. Ma purtroppo c’è chi trama contro di lui. Il capitano del Noe? Non ancora: una sfilza di amici suoi e di suo figlio. Lo avvertono che c’è un’indagine a Napoli su Romeo, che lui non conosce. Ma, anziché farsi una risata, si preoccupa, smette di parlare con gli amici se non nel bosco e spegne il cellulare.
Intanto il governo del figlio ha infilato nel decreto sulla Forestale l’obbligo per gli ufficiali di polizia giudiziaria di avvertire delle indagini che fanno i vertici dei rispettivi corpi. Ma il fatto che i vertici dell’Arma vengano subito informati dell’indagine Consip non c’entra: li ha avvisati l’arcangelo Gabriele, apparso nottetempo come ai bei tempi. E – ma questa è solo un’altra coincidenza – vengono subito avvertiti anche i sospettati del caso Consip. Il capitano Scafarto del Noe se ne accorge ed essendo un manigoldo o un pazzo, si fa l’idea di essere pedinato. E lo mette nero su bianco nell’informativa ai pm, per incastrare non solo Tiziano, ma anche il figlio premier. Intanto un nugolo di renziani doc, che devono la loro carriera a Renzi, si divertono un mondo a inventare calunnie per inguaiare suo padre e i renziani Lotti, Del Sette e Saltalamacchia nello scandalo Consip. Gli aspiranti suicidi sono Marroni, Vannoni e persino il sindaco pd di Rignano Lorenzini, che ci guadagna subito la non ricandidatura. E qui entra in scena quella volpe di Scafarto, detto The Fox: non contento delle accuse raccolte (sotto tortura, si presume) da Marroni, Vannoni e Lorenzini, e pure dal commercialista del Pd Mazzei a proposito di un incontro Romeo-Tiziano in una bettola romana, pensa bene di attribuire a Romeo una frase di Bocchino: l’astuto capitano inverte i due nomi solo nell’informativa, ma non nella trascrizione del colloquio, così aiuta i pm a smascherarlo e a incastrarlo. Quindi è ufficiale: non è successo niente. E gli asini volano.

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