NAPOLITANO NON MOLLA I SUOI PRIVILEGI: QUASI 1 MILIONE DI EURO DI PENSIONE OGNI ANNO!

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L SIG. GIORGIO NAPOLITANO (PROFESSIONE: EX PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA) NON MOLLA I SUOI PRIVILEGI: 880.000 EURO L’ANNO SOLO DI PENSIONE

Nonostante i tagli annunciati nel 2007, per i presidenti emeriti della Repubblica rimane una lunga lista di benefit: una segreteria di almeno una decina di persone, un assistente “alla persona”, una serie di linee telefoniche dedicate. Ridurre i privilegi? Il suo ufficio stampa: “Ha avuto impegni tali da non consentirgli di deliberare sulla materia”
Avrà di che consolarsi con il trattamento straordinario che lo aspetta: segreteria, guardarobiere, scorta. Con le dimissioni e l’uscita anticipata dal Quirinale, Giorgio Napolitano perderà la suprema carica, con un annuncio in arrivo probabilmente il 14 gennaio, ma non certo i servizi e i confort che hanno scandito la sua vita quirinalizia. Per lui, come da regolamenti in vigore, non si lesineranno mezzi e benefit, a cominciare dai telefoni satellitari, i collegamenti televisivi e telematici, lo staff nutritissimo e persino l’«addetto alla persona», sì, avete capito bene, propriol’assistente-inserviente che alla corte inglese di Buckingam Palace più prosaicamente definirebbero “maggiordomo”. Insomma, un trattamento da vero monarca repubblicano al quale è riservato pure il diritto ad utilizzare un’auto con autista, privilegio che spetta anche alle vedove o ai primogeniti degli ex presidenti. Davvero niente male. E se ne era accorto lo stesso Napolitano che, nel 2007, tra le polemiche per le spese quirinalizie e le rivelazioni dei giornali sul trattamento degli ex annunciò tagli solenni. Ma, come Ilfattoquotidiano.it ha potuto verificare, quelle sforbiciate non sono mai arrivate e anche lui potrà dunque tranquillamente continuare a godere di sorprendenti agi e privilegi tra le compassate stanze di Palazzo Madama.*

Padoan adesso vuota il sacco e svela la stangata che sta per arrivare: scatta l’aumento.

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lunedì 17 aprile 2017

L’Iva aumenterà. E a dirlo è proprio il ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan: “Uno scambio con il taglio del cuneo fiscale”

In un’inrtervista al Messaggero, il titolare di via xx settmbre non usa giri di parole e di fatto vuota il sacco sulla stangata che presto potrebbe abbattersi sulle tasche degli italiani. L’idea è quella di scambiare l’aumento dell’imposta sul valore aggiunto con un taglio al cuneo fiscale: “Lo scambio tra Iva e cuneo fiscale è una forma di svalutazione interna che beneficia le imprese esportatrici, che sono anche le più competitive, le quali non possono più avvantaggiarsi del tasso di cambio. Si tratta di una ricetta classica e siccome io sono un tecnico ricordo che nelle scelte politiche non si possono ignorare gli aspetti tecnici, e viceversa. Diciamo che è un’opzione sostenuta da buone ragioni”. E dopo le parole del ministro sono arrivate le reazioni delle opposizioni che accusano il governo di voler alzare le tasse. A queste accuse, Padoan risponde così: “Intanto ci sono alcuni elementi di metodo. Il primo è riconoscere che il sentiero tra questi due vincoli è effettivamente stretto. Poi su singole misure ci possono essere idee diverse, io ho le mie ma sono pronto a discutere su temi specifici. Infine c’è il metodo del fuoco amico. Ma su questo non faccio commenti”. Infine sul quel taglio all’Irpef promesso da Renzi e disperso nel Def, Padoan prova a guadgnare tempo: “L’ipotesi non è del tutto esclusa”. Ma potrebbe essere l’ultima promessa vana del governo delle chiacchiere…

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/cronache/pier-carlo-padoan-pi-iva-e-meno-tasse-sul-lavoro-1386642.html

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ORRORE IN ARGENTINA – “È UN INFILTRATO”, MUORE TIFOSO GETTATO NEL VUOTO DAGLI ULTRÀ – SI E’ COSTITUITO IL RESPONSABILE: AVEVA UCCISO 5 ANNI FA IL FRATELLO DELLA VITTIMA – SECONDO IL “CLARÌN” I DUE SI SONO RIVISTI SABATO IN CURVA: IL PRESUNTO ASSASSINO HA AIZZATO GLI ALTRI TIFOSI ADDITANDO L’ALTRO COME ULTRA’ DELLA SQUADRA RIVALE

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ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO

 

Carlos Passerini per il Corriere della Sera

 

Il dettaglio più tremendo, quello che gela il sangue, sono gli altri tifosi che assistono all’ esecuzione senza muovere un dito: non sono decine ma centinaia, forse migliaia, tutta la curva, tutti immobili come se fossero lì per caso, come se non fossero affari loro. La sentenza di morte viene applicata in mezzo alla gente che osserva, fra i gradoni di cemento della popular norte dello stadio Mario Alberto Kempes di Cordoba, 700 chilometri a nordovest di Buenos Aires.

 

Sabato scorso, partita Belgrano-Talleres, uno dei derby storici della serie A argentina. Le immagini non lasciano nulla all’ immaginazione: intorno gli ultrà tutti vestiti con la loro bella maglietta azzurra, qualcuno con birra e hotdog in mano, e in mezzo i quattro farabutti che inseguono e colpiscono quel poveraccio fino alla balaustra. La vittima, braccata, la scavalca ed è la fine.

 

ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 1 ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 1

Da quel volo di dieci metri Emanuel Balbo non si riprenderà più: aveva 26 anni ed è morto ieri dopo due giorni d’ agonia e un intervento al cervello. L’ hanno ammazzato i tifosi della sua stessa squadra. In fondo la banalità del male è questo: un po’ di codardia, un po’ di menefreghismo.

 

E pensare che giusto qualche giorno fa, durante la pomposa cerimonia del suo insediamento a presidente della federcalcio di Buenos Aires, Claudio Chiqui Tapia con una certa baldanza aveva assicurato che «il fùtbol argentino è cambiato»: visto quanto avvenuto sabato, l’ impressione è che trovare un nuovo c.t. dopo il licenziamento di Bauza non sia la sua unica incombenza, forse nemmeno la principale.

ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 4 ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO 4

 

Una vicenda terribile, tra le peggiori della già vastissima letteratura della violenza delle terribili barras bravas , le frange del tifo estremo dove delinquenza sportiva e comune si fondono.

 

L’ uomo chiave qui è un certo Oscar Gomez detto il Rospo, ancora ricercato, un disgraziato che cinque anni fa aveva ucciso il fratello di Balbo durante una corsa clandestina. Secondo la ricostruzione del Clarin, confermata dagli inquirenti, i due sabato si sono rivisti in curva e questo Gomez, forse per evitare di affrontarlo, a un certo punto ha aizzato gli altri tifosi additando l’ altro come un ultrà del Talleres infiltrato: «È qui per rubare». Da lì la follia collettiva, le botte e il volo fatale. Il giudice Liliana Sanchez ha confermato di aver arrestato «quattro persone». Fra loro, un padre e un figlio.

 

ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO SEQUENZA ARGENTINA TIFOSO GETTATO NEL VUOTO SEQUENZA

La strage di Bronte dell’Agosto 1860: per non dimenticare le vergogne di Garibaldi e Nino Bixio

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Time Sicilia

di Ignazio Coppola

Sembra incredibile che, ancora oggi, la Sicilia non si sia ancora liberata dal ricordo di questi due assassini. Ancora oggi le statue (soprattutto di Garibaldi) campeggiano in tante città della nostra Isola. E ancora oggi scuole e vie portano i nomi di questi due gaglioffi. Ricordiamo, in questo articolo, una strage che ancora oggi brucia

Dal 6 al 10 Agosto del 1860 esattamente 156 anni fa, a Bronte, Nino  Bixio, su mandato di Giuseppe Garibaldi, si rendeva protagonista di un atto scellerato ed infame che la storia quella vera e non quella paludata della storiografia ufficiale e scolastica ci ha tramandato e condannato come “l’eccidio di Bronte”.

Ciò val bene per ricordare e non diminticare su come i “liberatori” alla Nino Bixio intendevano trattare i siciliani e soprattutto, i contadini illusi dalla promesse dei decreti garibaldini sulla assegnazione delle terre, convinti che, finalmente, con l’arrivo di Garibaldi e delle camicie rosse potessero legittimamente essere garantiti i principi di libertà e di giustizia sociale.

In quel maledetto e torrido Agosto del 1860 ai siciliani ed ai brontesi, speranzosi che per loro le cose sarebbero cambiate in meglio, mal gliene incolse. A farli ravvedere dalle loto aspettative provvide alla bisogna il paranoico generale garibaldino – il già citato Bixio – che certo dei siciliani non aveva gran considerazione e stima, se è vero che, alla moglie Adelaide, durante l’impresa dei mille, così ebbe tra l’altro testualmente  a scrivere a proposito della Sicilia e dei siciliani:

“Un paese che bisognerebbe distruggere e gli abitanti mandarli in Africa a farsi civili”.

E’ con questo stato d’animo e questa predisposizione nei confronti dei siciliani che Bixio si presentò a Bronte prendendo, per tre giorni, alloggio al collegio Capizzi. La mattina del 6 agosto, con due battaglioni di bersaglieri, Bixio decise di ristabilire l’ordine che era stato turbato nei giorni precedenti dai popolani e dai contadini-vassalli della ducea di Nelson che, illusi, si erano ribellati rivendicando il diritto all’assegnazione delle terre ed al riscatto sociale promesso loro dai truffaldini decreti garibaldini.

All’avanzata di Garibaldi in Sicilia e con l’illusoria promessa di una più equa distribuzione delle terre furono molti, infatti, i paesi della Sicilia che, come Bronte, insorsero al grido “Abbassu li cappeddi, vulimi li terri”. Tra questi, Regalbuto, Polizzi Generosa, Tusa, Biancavilla, Racalmuto, Nicosia, Cesarò, Randazzo, Maletto, Petralia, Resuttano, Montemaggiore, Capaci, Castiglione di Sicilia, Centuripe, Collesano, Mirto, Caronia, Alcara Li Fusi, Nissoria, Mistretta, Cefalù, Linguaglossa, Trecastagni e Pedara.

Le aspettative del popolo e dei contadini nei confronti dei “cappeddi” ( i latifondisti ed i ricchi proprietari terrieri) furono represse in quei paesi con il piombo e nel sangue da quei garibaldini che avevano promesso loro terre, libertà e giustizia. Quello stesso piombo che, 34 anni dopo, nel 1894, l’ex garibaldino Francesco Crispi, che era stato prima segretario di Stato e teorico della spedizione dei Mille e successivamente, dopo l’Unità, divenuto presidente del Consiglio, ordinò di scaricare sui contadini siciliani che rivendicavano le terre e reprimendo così nel sangue con centinaia di vittime innocenti l’epopea dei Fasci Siciliani.

A distanza di anni con pedissequa ferocia, di fatto, si riproponeva, ancora una volta, in un bagno di  sangue, la logica della difesa del privilegio e della conservazione perché nell’ottica gattopardiana nulla cambiasse, prima con Garibaldi e poi con Crispi

Ma torniamo ai fatti e al grido di libertà dei contadini e dei cittadini di Bonte. Su pressione del console inglese di Catania, John Goodwin, a sua volta sollecitato dai fratelli Thovez amministratori della ducea per conto  della baronessa Bridport, Garibaldi, costi quel che costi, per reprimere la rivolta di quei brontesi che avevano avuto l’impudenza di ribellarsi agli inglesi suoi protettori e finanziatori dell’impresa dei Mille, invia per risolvere la questione ed assolvere questo sporco lavoro, come era nelle sue attitudini ed abitudini, il suo fedele luogotenente Nino Bixio.

Appena giunto, come primo atto, il “liberatore” (degli interessi degli inglesi e non dei contadini e dei siciliani), Bixio decretò lo stato d’assedio e la consegna delle armi imponendo una tassa di guerra, dichiarando il paese di Bronte colpevole di “lesa umanità” dando inizio a feroci rappresaglie senza concedere alcuna minima garanzia e guarentigia  alla cittadinanza. I nazisti ottant’anni dopo prenderanno lezioni da questi metodi dei “liberatori” garibaldini.

Bisognava dimostrare ai “padroni” inglesi che nessuno poteva toccare impunemente i loro interessi. E il paranoico “servo” con i suoi metodi criminali li accontentò appieno. Si passò ad una farsa di processo e tutto fu liquidato in poco tempo senza riconoscere alcun diritto alla difesa discutendo e dibattendo il tutto in appena quattro ore.

Alla fine, alle 8 di sera del 9 Agosto, calpestando ogni simulacro  di garanzia, era già tutto deciso con la condanna a morte di cinque cittadini che niente avevano avuto a che fare con i tumulti e le rivolte delle precedenti giornate che avevano turbato la tranquillità ed il sonno degli inglesi in quel di Bronte.

I cinque, la mattina del giorno dopo il 10 agosto, nella piazzetta della chiesa di San Vito, finirono vittime innocenti dinanzi al  plotone d’esecuzione. L’avvocato Nicolò Lombardo notabile del paese che, da vecchio liberale, con tanta speranza aveva atteso lo sbarco garibaldino sognando un futuro migliore per la sua terra dovette ricredersi in quell’attimo che la scarica di fucileria spense quel suo sogno e per l’avvenire il sogno di tanti siciliani. Con lui morirono Nunzio Spitaleri Nunno, Nunzio Samperi Spiridione, Nunzio Longhitano Longi, Nunzio Ciraldo Fraiunco. Quest’ultimo era lo scemo del paese che sopravvisse alla scarica di fucileria e invocando vanamente la grazia fu finito cinicamente con un colpo di pistola alla testa dall’ufficiale che aveva comandato il plotone

Dopo la feroce esecuzione, a monito per la popolazione di Bronte, i corpi delle vittime rimasero esposti ed insepolti per parecchio tempo.

Ma non era finita. A questo primo processo sommario ne seguì un altro altrettanto persecutorio e vessatorio nei confronti di coloro che avevano arrecato oltraggio ai grossi proprietari terrieri e agli inglesi della ducea. Il processo che si celebrò presso la Corte di Assise di Catania si concluse nel 1863 con 37 condanne esemplari di cui  25 ergastoli. Giustizia era stata fatta. I poveracci non avrebbero più alzato la testa.

Il 12 Agosto, dopo avere fatto affiggere nei giorni precedenti, a suo nome, un proclama indirizzato ai Comuni della provincia di Catania con il quale invitava i contadini a stare buoni e a tornare al lavoro nei campi pena ritorsioni e feroci rappresaglie, Nino Bixio ribadiva:

“Gli assassini e i ladri di Bronte sono stati puniti e a chi tenta altre vie crede di farsi giustizia da sé, guai agli istigatori e ai sovvertitori dell’ordine pubblico. Se non io, altri in mia vece rinnoverà le fucilazioni di Bronte se la legge lo vuole”.

Proclami e avvisi tendenti ad rassicurare baroni, latifondisti, proprietari terrieri e soprattutto gli inglesi che, con Garibaldi e Bixio, non c’era alcun pericolo di rivolte sociali. La rivoluzione garibaldina aveva mostrato il suo volto. Gli interessi della borghesia, dei latifondisti, degli inglesi che facevano affari in Sicilia e di quei settentrionali che in nome di Vittorio Emanuele in futuro li avrebbero fatti erano salvi e salvaguardati dalle camicie rosse.

E dire che a questi personaggi, come Nino Bixio e Giuseppe Garibaldi, i siciliani con un masochismo degno di miglior causa, hanno dedicato una infinità di via strade, piazze, scuole, monumenti e quant’altro a significativa memoria che da sempre siamo affetti dalla sindrome di Stoccolma, ossia quella di innamoraci dei nostri carnefici.

E’ ora di finirla. Prendendo  coscienza e consapevolezza della nostra vera storia, è giunto il momento di buttare giù lapidi, e disarcionare dai monumenti questi personaggi che, dipinti come falsi eroi, ci hanno depredato della nostra economia, della nostra storia, della nostra cultura e della nostra identità. I tribunali della storia che per fortuna sicuramente non sono quelli dei processi sommari di Bronte alla fine certamente condanneranno per i loro crimini questi personaggi: anticipiamo sin da ora  le sentenze e buttiamoli giù dai loro piedistalli.

Per quanto riguarda infine Gerolamo Bixio detto Nino, pochi sanno che, alla fine la giustizia divina, per le sue malefatte, più di quella degli uomini, gli presentò un conto salato, facendolo morire tra atroci dolori, sofferenze e tormenti in preda alla febbre gialla ed al colera a bordo della sua nave (s’era dato ai commerci con l’Oriente) il 16 dicembre del 1873, a Banda Aceh, nell’isola di Sumatra, a quel tempo colonia olandese.

Il suo corpo infetto chiuso in una cassa metallica fu sepolto nell’isola di Pulo Tuan che nella lingua locale significa isola del Signore. Successivamente tre indigeni, credendo di trovare qualche tesoro, disseppellirono la cassa denudarono il cadavere e poi lo riseppellirono vicino ad un torrente. Due di loro, infettati dal colera morirono nel breve giro di 48 ore. Anche da morto Bixio era riuscito a fare delle vittime. Roba da Guinnes dei primati.

I pochi resti del suo corpo ed alcune ossa, grazie al terzo indigeno sopravvissuto alla maledizione, vennero ritrovati nel giugno del 1876. Il 10 maggio del 1877 quello che rimaneva dei resti del massacratore di Bronte veniva cremato nel consolato italiano di Singapore. Il 29 Settembre di quello stesso anno le ceneri giunsero a Genova e seppellite nel cimitero di Staglieno.

L’avvocato Nicolò Lombardo e le altre vittime di Bronte, per loro buona pace, si può dire che per la morte atroce del loro aguzzino e per ciò che ne conseguì, erano state vendicate, alla fine, dalla Giustizia divina. (Avvertiamo i nostri lettori che abbiamo iniziato a raccontare laControstoria dell’impresa dei Mille. 

VERGOGNA SENZA PRECEDENTI – Nessuno era mai arrivato a tanto! Guardate cosa ha fatto Napolitano..

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Se qualcuno ancora pensava che Giorgio Napolitano fosse stato arbitro e garante imparziale della vita democratica del paese, la smentita – persino brutale nella sua chiarezza – arriva da una raffica di intercettazioni della Guardia di finanza.


La voce di Napolitano è nei file audio, le sue parole trascritte nei brogliacci. E questa volta non potranno venire distrutte o cancellate, come Napolitano pretese e ottenne quando a intercettarlo furono i pm palermitani dell’inchiesta sulla trattativa tra Stato e mafia.

Nessuna immunità, stavolta: uno scoop di Panorama rende di pubblico dominio quanto senza clamori era stato depositato agli atti di una inchiesta. E che inchiesta: l’indagine della Procura di Bergamo sui trucchi e le bugie che Giovanni Bazoli, il più importante banchiere italiano, presidente emerito di Banca Intesa, avrebbe messo in atto per indirizzare a suo piacimento la vita di Ubi Banca, il gruppo bancario nato dagli accordi tra finanza bresciana e bergamasca. Di queste manovre si è parlato ampiamente nel novembre scorso, quando i pm bergamaschi hanno comunicato a Bazoli e altri 38 indagati la chiusura delle indagini per ostacolo alla vigilanza della Banca d’Italia e illecita influenza sull’assemblea.

Ora Panorama scopre che Bazoli è stato intercettato a lungo dalla Guardia di finanza, e che quelle telefonate raccontano di una rete impressionante di rapporti politici e istituzionali gestiti dal grande banchiere cattolico: Bazoli parla con gli uomini di Enrico Letta e con quelli di Renzi, con direttori di giornali e con ministri, determina o ostacola a suo piacimento nomine e scelte cruciali del governo. In questo instancabile (a dispetto degli 84 anni suonati) attivismo, Bazoli ha un punto di riferimento costante: Giorgio Napolitano.

L’intercettazione Bazoli-Napolitano depositata agli atti porta la data del 19 marzo 2015, quando l’ex leader della destra Pci ha lasciato il Quirinale da poco più di un mese. Ma il rapporto tra i due, tra il vecchio comunista e il banchiere cattolico, è di ben più antica data. Secondo quanto risulta al Giornale, telefonate tra Bazoli e Napolitano sono state intercettate anche mentre il secondo era Presidente della Repubblica, ma non sono state registrate in ossequio alle prerogative della massima carica dello Stato. Poi il 3 febbraio Sergio Mattarella entra al Quirinale, e da quel momento le chiacchiere di Napolitano non sono più inviolabili.

Ed ecco, il brogliaccio delle «fiamme gialle», che racconta come Napolitano si adoperi per creare un asse anche tra Bazoli e il suo successore, Mattarella. «Napolitano specifica di avere fatto riferimento (parlando con Mattarella) anche al dialogo di questi anni tra loro, e prima ancora con Ciampi. Napolitano dice che questi (Mattarella) ha apprezzato, ed ha detto che considera naturale avviare uno stesso tipo di rapporto, schietto, informativo e di consiglio. Bazoli dice che lo cercherà per canali ufficiali nei prossimi giorni, Napolitano dice speriamo bene anche perché ha sentito fare un nome folle, ovvero di quel signore che si occupa o meglio è il factotum della 7». È un chiaro riferimento a Urbano Cairo, che punta in quei giorni a conquistare il Corriere della Sera, di cui la banca di Bazoli è azionista: la scalata riuscirà, nonostante l’opposizione di Napolitano, ma intanto Bazoli ha ottenuto che Napolitano gli aprisse un canale anche con il suo successore: il 27 marzo Bazoli, che in quel momento è già indagato, viene accolto da Mattarella al Quirinale con tutti gli onori.

Fonte: http://www.ilgiornale.it/news/politica/trame-re-giorgio-intercettato-telefono-col-banchiere-1358547.html

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V.Raggi ha compiuto un gesto senza precedenti. Neanche una riga sui giornali. Guardate cos’ha fatto..

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lunedì 17 aprile 2017

La Giunta Raggi ha approvato venerdì scorso una variazione di Bilancio da 78 milioni di euro. Più risorse per salario accessorio, scuole, sociale e mercati, con oltre 66 mln di maggiori spese. Le maggiori risorse – si legge in una nota del Campidoglio- saranno destinate al salario accessorio dei dipendenti capitolini, alla ristrutturazione e manutenzione di scuole e asili nido, alla riqualificazione già annunciata dei mercati rionali, alle politiche sociali (per servizi a disabili e minorenni e per i centri antiviolenza sulle donne), alla messa in sicurezza della collina di Monteverde. Sono i capitoli principali della variazione al Bilancio di previsione 2017-2019 approvata venerdì scorso dalla Giunta capitolina con cui si stanziano, tra parte corrente e in conto capitale, oltre 78 milioni di euro in più per il solo anno in corso. Sul fronte delle maggiori entrate, ammontano a oltre 55 milioni quelle correnti e l’avanzo di amministrazione a destinazione vincolata. A queste si aggiungono più di 17,5 milioni sostanzialmente derivanti da una maggiore quantificazione del Fondo di Solidarietà Comunale, comunicata dal Ministero dell’Interno. E infine vanno sommati circa 5,5 milioni di entrate in conto capitale. La manovra prevede oltre 66 milioni di maggiori spese, per la parte corrente, e 12 milioni di euro di nuovi investimenti per il 2017.

Le voci principali per le quali viene aumentata la spesa corrente riguardano il Personale: fondo per il trattamento accessorio (18,4 milioni); politiche sociali: servizi a favore di persone con grave disabilità (4,5 milioni), accoglienza minorenni non accompagnati (4 milioni), Punti Unici di Accesso (3,7 milioni), gestione asili nido in convenzione (1,2 milioni), accoglienza persone con bisogni speciali (700 mila euro) centri antiviolenza sulle donne (279 mila euro), servizio di cura domiciliare nel Municipio I (225 mila euro); beni culturali: “Forma Romae”, sistema informativo sul patrimonio storico, archeologico e architettonico di Roma (1,3 milioni); ambiente: manutenzione del verde nel Municipio X (900 mila euro). Per quanto riguarda la manovra in conto capitale si prevedono, tra gli altri, i seguenti maggiori investimentilavori pubblici: parcheggi su area comunale per la stazione di Acilia-Dragona con realizzazione di un sovrappasso pedonale (2,5 milioni), stabilizzazione dei versanti della collina di Monteverde (2,4 milioni); attività produttive: manutenzione straordinaria, riqualificazione e realizzazione di mercati rionali (4 milioni); scuola: messa a norma del Cfp “Simonetta Tosi” nel Municipio I (500 mila euro), manutenzione straordinaria della scuola elementare “Nino Manfredi” nel Municipio IV (466 mila euro), rifacimento dell’asilo nido “Bolle di sapone” nel Municipio IV (300 mila euro), ristrutturazione della scuola materna “Ruspoli” nel Municipio I per la realizzazione di un asilo nido (250 mila euro), creazione aule di scuola media nell’istituto “Magarotto” nel Muncipio XII (200 mila euro); sociale: completamento centro anziani “San Felice Circeo” nel Municipio XV (200 mila euro).

“Con questa variazione di bilancio abbiamo cercato di rispondere alle esigenze manifestate dalle strutture centrali e territoriali – spiega l’assessore al Bilancio e Patrimonio, Andrea Mazzillo – privilegiando quelle che hanno dimostrato di saper utilizzare al meglio le risorse a disposizione traducendole in prestazioni per i cittadini, manutenzioni urbane e degli edifici pubblici. Inoltre, viene confermata l’attenzione nei confronti di tutti i Municipi della Capitale, che questa amministrazione considera presidi fondamentali per garantire la corretta e puntuale erogazione dei servizi ai quali i romani hanno diritto”.

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Digital detox, impara a spegnere lo smartphone per la salute e la bellezza

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SALUTE E BENESSERE

 Elena Bittante

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 18:00 13 aprile 2017

Staccare la connessione per ritrovarla con noi stessi. Spegnere il cellulare allenta le tensioni, rasserena il sonno e dona un volto radioso. Meno gigabyte e più bellezza

Oggi lo smartphone è diventato la nostra periferica virtuale. La tecnologia connette il mondo e offre servizi ma mostra anche l’altro lato della medaglia nella qualità del sonno e a lungo andare sul nostro viso. L’uso eccessivo del dispositivo incide sulla nostra salute e sulla bellezza soprattutto se utilizzato in determinate ore del giorno. Il riverbero della luce del cellulare è un affaticamento per gli occhi inoltre è uno stimolo costante che non permette al cervello di rilassarsi. Ecco qualche consiglio per iniziare la digital detox.

Giappone, scoppia la crisi delle patatine: scaffali dei supermercati vuoti e fino a 11 euro per un pacchetto

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Le aziende hanno deciso di fermare la produzione degli snack dopo un cattivo raccolto a causa dei tifoni che hanno colpito la regione di Hokkaido
​In Giappone oggi un pacchetto di patatine Calbee al gusto di pizza costa undici euro (1,250 yen). Il motivo? La crisi della produzione di patate dopo un cattivo raccolto a Hokkaido, regione chiave per la produzione. L’azienda ha annunciato lo stop delle vendite provocando l’impennata dei prezzi per un prodotto che di solito viene venduto a meno di due euro. Le foto degli scaffali dei supermercati vuoti sono diventati virali sui social media, anche perché i giapponesi sono golosissimi di patatine: secondo un sondaggio condotto della Asahi tv su 10.000 persone sono il primo e il secondo snack preferiti in Giappone.

La zona di Hokkaido è stata infatti colpita da una serie di tifoni che hanno inginocchiato la coltivazione locale, tanto da spingere la Calbee a bloccare la vendita di 15 tipi di patatine. “Stiamo facendo il possibile per ripartire”, ha detto a Bloomberg Rie Makuuchi, uno dei portavoce dell’azienda. Tra le ipotesi prese in considerazione c’è quella di aumentare le importazioni dagli Stati Uniti. La crisi è estesa a tutte le realtà produttrici del settore: anche la rivale Koike-ya Inc. ha infatti fermato la distribuzione di 9 tipi di snack.

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