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Articolo di Giuseppe Palma e Paolo Becchi su Libero del 27 dicembre 2017, dal titolo: “I conti della serva di Silvio e Salvini“:
Lo abbiamo già scritto in altre occasioni, ma repetita iuvant. La legge elettorale vigente dietro l’apparenza del «proporzionale», nasconde i meccanismi tipici del «maggioritario». Vista l’assenza del voto disgiunto e l’estensione automatica del voto dai collegi plurinominali a quelli uninominali, e viceversa, la lista o la coalizione di liste che otterrà circa il 40% dei voti nei collegi plurinominali sarà in grado di conquistare gran parte dei seggi assegnati col sistema dei collegi uninominali. Per un motivo semplice: l’elettore che esprimerà il suo voto in favore di una qualsiasi lista dei collegi plurinominali, non potendo esprimere alcun voto in favore di candidati dei collegi uninominali diversi da quelli collegati alla lista prescelta nel plurinominale, vedrà estendersi automaticamente il suo voto anche nel collegio uninominale in favore del candidato collegato alla lista.
Ecco un esempio pratico: ammettiamo che il centrodestra si presenti alle elezioni in una coalizione composta da più liste. Se a livello nazionale la somma dei voti validi ottenuti dall’intera coalizione fosse all’incirca del 40%, ciò vuol dire che il 40% è il risultato che in media aritmetica ha ottenuto nei collegi plurinominali (seppur in alcuni di questi più del quaranta e in altri poco meno). Quel 40% ottenuto in media nei collegi plurinominali si riverserà interamente nei collegi uninominali, nei quali i candidati collegati si vedranno attribuire anch’essi il 40% dei voti. Bene. Non dimentichiamo ora che il sistema di assegnazione dei seggi per i collegi uninominali è quello della maggioranza relativa e non assoluta. Questo vuol dire che in un sistema politico frammentato come il nostro – nel quale ci sono quattro formazioni che si contendono la partita (centrodestra, Pd, Liberi e Uguali e M5S) – il 40% travasato dai collegi plurinominali in quelli uninominali è più che sufficiente a far man bassa dei seggi attribuiti col sistema dei collegi uninominali, nei quali i candidati non conquistano il seggio se ottengono il 50% più uno dei voti, bensì per un solo voto in più rispetto agli altri, quindi – in teoria – anche meno del 40%.
LE «REGIONI ROSSE»
Se si considera che il Movimento 5 Stelle si presenta da solo (cioè senza coalizzarsi con nessuno) e che a sinistra è nato un nuovo partito (Liberi e Uguali), che non andrà in coalizione con il Pd, quel 40% ottenuto dal centrodestra nei collegi plurinominali, riversandosi tutto nei collegi uninominali, è più che sufficiente per attribuire alla coalizione la stragrande maggioranza dei seggi assegnati dai collegi uninominali. Non tutti ovviamente, infatti dai calcoli che abbiamo effettuato collegio per collegio (limitatamente alla Camera dei deputati), se il centrodestra dovesse ottenere in media il 40% dei voti nei collegi plurinominali, il numero di seggi che potrebbe vedersi non attribuire dai collegi uninominali sarà – nella peggiore delle ipotesi – di 71 su 232. Abbiamo tenuto conto delle cosiddette «Regioni rosse» (dove il centrodestra parte sconfitto), di alcuni collegi del Centro-Sud, dove sia la sinistra che il M5S potrebbero avere la meglio, e di qualche singolo collegio del Nord. Nella nostra simulazione abbiamo anche considerato il drenaggio di voti che Liberi e Uguali causerà al Pd (quest’ultimo aspetto potrebbe addirittura essere determinante in alcuni collegi uninominali delle «Regioni rosse»).
Ed ecco il «conto della serva»: 161 seggi attribuiti dai collegi uninominali (cioè la differenza tra 232 e 71) più quelli assegnati dai collegi plurinominali (non meno di 154) si ottengono 315 seggi, ai quali vanno aggiunti gli scranni attribuiti dalle circoscrizioni Estero e un residuo numero di seggi derivanti dalla ripartizione pro quota relativa ai voti ottenuti da quelle liste che – non coalizzatesi con nessuno – non raggiungeranno la soglia di sbarramento del 3% su base nazionale. Ragionevolmente, nel complesso, si può ipotizzare una forbice che oscilla tra i 319 ed i 322 seggi, cioè la maggioranza assoluta.
CADUTA LIBERA
Le simulazioni effettuate da alcuni sondaggisti non evidenziano questo risultato perché si basano su un criterio di distribuzione dei seggi su base proporzionale. Ignorano che la legge elettorale, per effetto dell’assenza del voto disgiunto, nasconde una sorta di «premio di maggioranza». Considerato che il Pd è in caduta libera, travolto dalla crisi delle banche, e con la presenza di un nuovo partito che gli fa concorrenza, solo il centrodestra unito può vincere le prossime elezioni. È l’unica coalizione in grado di sfiorare già oggi nei sondaggi il 40%. Berlusconi non teme alcun tracollo di Renzi, come scrivono i pennivendoli di regime che puntano sulla spaccatura del centrodestra per agevolare Grillo o creare il caos nel paese (il che, in fondo, è la stessa cosa). Si limita a constatarlo, rendendosi conto che la vittoria del centrodestra è di nuovo realisticamente a portata di mano.
di Paolo Becchi e Giuseppe Palma su Libero del 27 dicembre 2017