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“Più fondi? No, più impegno.” Così diceva l’ex ministro leghista Marco Bussetti, qualche mese fa, durante una visita a Napoli. Si riferiva al sistema scolastico del Sud, che a suo avviso non aveva bisogno di più soldi, ma di più determinazione e sacrificio da parte degli insegnanti. “Probabilmente non voleva dare più fondi perché gli servivano per le sue trasferte private”, ha twittato ironicamente qualcuno nelle scorse ore. In effetti, un’inchiesta di Repubblica ha rivelato che durante il suo mandato Bussetti avrebbe fatto passare per istituzionali circa 80 trasferte private, ottenendo così un rimborso extra. La diaria per i ministri e i parlamentari, il rimborso per i viaggi di ritorno a casa da Roma e simili, ammonta a 3500 euro. Gli impegni istituzionali godono invece di un rimborso a parte, ma facendo passare come istituzionali le spese private, si può beneficiare di una diaria completa.
Secondo l’inchiesta, Bussetti avrebbe agito in questo modo, con un rimborso totale per spese non giustificate pari a oltre 25mila euro. Tra queste, un weekend in Costa Azzurra e diversi viaggi in Lombardia intorno al suo paese di residenza. Impegni da diaria, fatti passare per missioni istituzionali. Tra questi c’è anche la colazione per il compleanno di un suo caro amico e collega di partito. Matteo Salvini, che a marzo scorso ha organizzato all’Hotel Principe di Savoia di Milano un piccolo rinfresco di festeggiamento. Bussetti ha speso 440,95 euro per partecipare a quell’evento, fatti passare per missione istituzionale.
Bussetti era al compleanno di Salvini perché è un leghista della prima ora. L’ex ministro dell’istruzione è molto vicino all’ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti. Il braccio destro di Salvini, per intenderci. Bussetti è insomma nella cerchia degli uomini di fiducia del Capitano, che al momento non si è pronunciato sulla questione, troppo impegnato a festeggiare i risultati dall’Umbria.
O forse no, perché quello del silenzio e del cambio di argomento sui fatti scomodi è forse l’abilità principale del capo della Lega. È la stessa strategia usata per altri scandali che hanno riguardato il suo partito negli ultimi tempi: la storia dei 49 milioni, o i finanziamenti russi alla Lega ottenuti tramite l’intermediario Gianluca Savoini. Passato da uomo di fiducia di Salvini a conoscente nel giro di un giorno, quello in cui è esploso lo scandalo.
La Lega si continua a presentare all’elettorato come il nuovo che avanza, il partito chiamato a rottamare la vecchia politica, a mettere alla porta quei politici furbetti attaccati alle poltrone e agli stipendi sfarzosi. Ce lo ripete da così tanti anni che sembra averci convinto, a giudicare dai risultati elettorali che si porta a casa di questi tempi. Eppure tra rimborsi truccati, finanziamenti illeciti, scandali corruzione e arresti, la fedina leghista sembra più un campo minato che non un attestato di onestà.
Tutti questi scandali, o meglio il modo in cui il partito li gestisce, ci dimostrano però che la comunicazione può fare miracoli. Basta ignorarli e ripetere allo sfinimento slogan come “e allora Bibbiano?”, “Allarme invasione”, “Prima gli italiani”, per ricordare ai cittadini che chi se ne importa del finanziamento illecito o del rimborso truccato di turno, quando il Paese sta sprofondando in un caos (immaginario) causato da migranti, centri sociali e spacciatori.
“Non ricordo, dovrei rivedere tutte le carte, se ho fatto degli errori li ho fatti in buona fede”, ha dichiarato Bussetti. Pd, M5S e Leu hanno annunciato che presenteranno delle interrogazioni parlamentari sull’argomento, mentre il deputato Ubaldo Pagano ha chiesto l’intervento della Corte dei Conti.
Tutto questo aiuterà a fare chiarezza sulla questione, spingerà la Lega a pronunciarsi davanti all’ennesimo scandalo che la riguarda? Probabilmente no. La campagna elettorale non può fermarsi, a dicembre ci saranno le regionali in Calabria, poi in Emilia Romagna, poi altre ancora. E allora via di nuovo con Bibbiano, l’invasione e la dittatura di Bruxelles. Non c’è tempo per dedicarsi alle ombre del partito.