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” Io non ci vado al cimitero, non compro fiori recisi, sanno di morte.
Da bambina sì, ci andavo col mio papà la domenica pomeriggio, avevamo le nostre tappe fisse, io volevo sempre andare a visitare la tomba di una bambina.
I genitori le avevano fatto realizzare una statua in bronzo a grandezza naturale, esposta in una teca di vetro.
La sua storia mi intristiva ogni volta, ma ogni volta chiedevo a mio padre di raccontarmela.
Poi, all’uscita, mi comprava lo zucchero filato e io affondavo la faccia in una nuvola di dolcezza.
Non vado al cimitero, perché l’eredità di chi amo me la porto addosso.
Come mia madre accavallo le gambe in modo strano. È un’abitudine che è venuta con gli anni, quando lei non c’era già più, come quella di tirare fuori le chiavi dalla borsa a dieci chilometri da casa.
Come mia nonna, invece, ho sempre un fazzolettino di carta o uno scottex appallottolati nella manica della maglia, nel caso avessi bisogno di soffiarmi il naso. Uguale a lei, quando cucino, appoggio pentole e stoviglie in posizioni precarie, sui bordi, sugli angoli dei tavoli.
Dal mio papà ho preso la capacità di indignarmi, fino a starci male, per le ingiustizie più o meno grandi, per l’arroganza degli ignoranti, per la mancanza di educazione.
Come mio nonno, non so resistere alla tentazione di prendere enormi forchettate di zucchine alla scapece.
Dal mio migliore amico spero di imparare, col tempo, la sua incrollabile gioia di vivere, nonostante tutto.
Ecco, è questo il mio modo di celebrare i morti… vivendo.”
dal profilo Facebook di Francesca Prisco