IL SOGNO DELL’APPIA ANTICA È REALTÀ. QUALCUNO SVEGLI I NOSTRI AMMINISTRATORI, LO SVILUPPO PASSA ANCHE PER IL CAMMINO LAICO PIÙ BELLO AL MONDO

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Il Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo ha stanziato 20 milioni di euro per il recupero dell’intero tracciato della Regina viarum. Sarà declinato in 29 tappe che attraverseranno 4 regioni per coinvolgere 44 comuni, 13 dei quali irpini e le ricadute economiche, sociali e culturali su questi territori potrebbero essere straordinari. Basta attivarsi per tempo.

La via Appia è forse l’infrastruttura più visionaria di tutti i tempi. Segno dell’espansione di Roma verso Sud e verso Oriente, la prima strada consolare ha dato forma al paesaggio storico italiano declinato in un percorso lungo oltre 600 chilometri che attraversa 4 regioni – Lazio, Campania, Basilicata e Puglia – 87 comuni fino Brindisi, 13 dei quali ricadono in territorio irpino.

Si tratta, per usare le parole del regista Alessandro Scillitani che dalle nostre parti è passato qualche anno fa insieme allo scrittore Paolo Rumiz, proprio per incardinare un progetto di caratura europea, della «grande diagonale del Mediterraneo che dopo decenni di oblio ritornano percorribili restituendo finalmente alla res publica un bene dimenticato. Un monumento, un mito, una linea che non finisce ma porta niente meno che alla Via della Seta. Il sogno di un cieco, Appio Claudio, che dopo ventitré secoli ridiventa realtà, strada, cammino».

Un progetto che entra ora in una nuova fase con l’aggiudicazione del bando per l’elaborazione del progetto esecutivo che trasformerà l’Appia nel primo cammino nazionale laico a matrice culturale d’Europa. Un’opera monstre che potrebbe trasformare le sorti delle aree interne come la nostra in quell’ottica di turismo lento e sostenibile di cui tanto si parla da anni.

Per il completo recupero della Regina viarum che collega Roma a Brindisi e per rendere l’intero tracciato completamente fruibile a chi vorrà percorrerlo a piedi, il Mibact ha messo a bando 20 milioni di euro per la realizzazione di 29 tappe, intercettati sul Piano stralcio “Cultura e Turismo” dei fondi FSC 2014-2020 erogati dal CIPE.

Il primo milione di euro servirà per attività di progettazione e ricognizione lungo tutto il tracciato; 6,8 milioni invece verranno investiti per attività di ricerca del tracciato mediante scavi archeologici e attività di tutela eseguiti dalle 9 Soprintendenze e dal Parco Archeologico MiBACT ricadenti lungo il tracciato; 8,5 milioni, invece, serviranno per attività di messa in sicurezza del tracciato al fine di renderlo percorribile e completamente fruibile a piedi e saranno appannaggio degli 87 comuni; 2,1 milioni verranno impiegati per attivare adeguate promozioni da svolgersi nelle 4 Regioni, anche attraverso mostre dedicate all’antica strada, oltre alla pubblicazione monografica che raccolga tutti i dati noti; un milione di euro serviranno alla predisposizione dei necessari strumenti informatici; infine gli ultimi 500 mila euro serviranno per le attività di assistenza tecnico/amministrativa a sostegno dell’intero progetto.

Fino a qui i numeri di un progetto epocale che, almeno in Campania, la regione maggiormente attraversata con 190 chilometri di cammino, coinvolgerà i Comuni di Sessa Aurunca, Cellole, Mondragone, Falciano del Massico, Carinola, Francolise, Grazzanise, Capua, Santa Maria Capua Vetere, Curti, Casapulla, Casagiove, Caserta, San Nicola la Strada, San Marco Evangelista, Maddaloni, Cervino, Santa Maria a Vico, Arienzo, Forchia, Arpaia, Paolisi, Airola, Rotondi, Montesarchio, San Martino Valle Caudina, Roccabascerana, Ceppaloni, Apollosa, Benevento, San Nicola Manfredi, San Giorgio del Sannio, Calvi, Apice, Bonito, Mirabella Eclano, Fontanarosa, Gesualdo, Frigento, Sturno, Rocca San Felice, Guardia Lombardi, Bisaccia e Lacedonia.

Adesso che il bando è pronto e i Comuni e le Soprintendenze sono state individuate, però, è arrivato il momento che, in tempi rapidi, i nostri amministratori si attivino in modo da intercettare il possibile sviluppo dei territori di questa Terra di Mezzo solcata dalla diagonale mediterranea dell’Appia Antica.

Innanzitutto basterebbe che i nostri 13 Comuni facessero subito rete per governare in sinergia e con una chiara comunione di intenti un processo che potrà avere uno straordinario impatto economico, demografico, sociale e ambientale sui territori e sulle comunità ospitanti. Perché è chiaro a tutti che non può bastare un cammino per attivare quel ciclo virtuoso che gravita attorno al Turismo lento, ma bisogna attrezzarsi per accogliere i camminatori che, come è prevedibile, da tutta Europa sceglieranno l’Appia Antica per immergersi in una delle parti più autentiche e vere del Paese.

Una analisi condotta dall’Università di Santiago di Compostela e dall’Agenzia regionale per il Turismo della Galizia, relativa ovviamente al Cammino di Santiago, potrebbe essere un valido vademecum per esaminare l’impatto economico, demografico, sociale e ambientale che potranno avere i viaggiatori lungo un percorso come quello della via Appia.

Secondo lo studio, datato 2018, i camminatori hanno un impatto economico maggiore rispetto ai normali turisti che si declina in una sostanziale differenza nella permanenza media, nella spesa media e nell’effetto moltiplicatore della sua presenza in un rapporto di 1 a 2,3.

Per l’Università spagnola e l’Agenzia per il Turismo, inoltre, chi percorre il cammino sostiene l’economia generale. Ogni euro speso arriva a genera fino all’11% della produzione aggiuntiva. Stesso discorso per l’occupazione dove l’incremento percentuale arriva a sfiorare i 20 punti.

Inoltre, la presenza dei camminatori è in grado di frenare il declino della popolazione rurale dal momento che il loro pernottamento segue delle direttrici atipiche che prediligono località remote e strutture e servizi locali.

Infine, secondo lo studio galiziano, i camminatori sostengono i prodotti locali. Nel loro paniere, infatti, si evidenziano spese per beni prodotti in loco che rappresentano il 61% della loro spesa rispetto al 26% nel caso di un turista normale.

In buona sostanza, la loro presenza potrebbe incentivare la rigenerazione dei piccoli borghi fuori dalle principali rotte turistiche, il recupero e la riconversione dell’edilizia inutilizzata per la realizzazione di strutture ricettive, la promozione e la conseguente commercializzazione dei prodotti locali, la nascita di nuove forme di occupazione e, infine, il ripopolamento dei borghi.

Un esempio della rivoluzione che potrebbe investire i nostri 13 comuni può essere rintracciato in Orio Litta, piccolo borgo di duemila anime nella Bassa Lodigiana – oggi salita alle cronache per ben altre vicende – che nel 1996 registrò il passaggio insolito di tre camminatori che avevano deciso di percorrere la via Francigena.

Era solo l’inizio. Dopo 24 anni, Orio Litta è diventata la 15esima tappa italiana dell’antico pellegrinaggio ispirato al percorso fatto nel X secolo dal vescovo Sigerico da Canterbury per raggiungere Roma e nel 2019 ha accolto oltre 3mila viandanti che hanno potuto trovare ristoro, ospitalità, servizi che prima in questo angolo di Lombardia non erano assolutamente contemplati. Qui in pochi anni sono sorte strutture di accoglienza come la Cascina Aione e l’Ostello della Grangia Benedettina e hanno avuto un considerevole sviluppo aziende agricole e caseifici come quello di “Cascina Marmora” dove viene prodotto il Granone Lodigiano, il formaggio padre di tutti i Grana che non si produceva più dagli anni ’70 e che, invece, dal 2004 è entrato tra i Prodotti Agroalimentari Tradizionali.

Sono tante le donne che si mettono in cammino, spesso da sole, per scoprire luoghi e riconoscersi in altre viaggiatrici, altrettante sono protagoniste attive nella progettazione di questi percorsi, impegnate a costruire qualcosa di importante per le loro comunità, a concepire con i loro passi e i loro sguardi un mondo su misura per le donne. Per questo ci piacerebbe scoprire anche l’Irpinia delle Donne in Cammino che potrebbe entrare a far parte di questo network virtuoso.

L’Irpinia, attraversata dall’Appia Antica, si potrebbe aprire potenzialmente ad un flusso di routard considerevole che, secondo Isabella Pavan che ha condotto uno studio analogo per “Terre di Mezzo”, ma sulla via Francigena, «per la metà hanno un’età compresa tra i 41 e i 60 anni, quindi in piena attività lavorativa» e quindi con una certa capacità di spesa e una predisposizione per il trekking, la natura, il territorio e i suoi prodotti che, alle nostre latitudini, sono il bene più prezioso che possiamo offrire.

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