Il tempo non sana l’abuso edilizio

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Nessuna sanatoria se l’immobile con l’abuso viene venduto e passa di proprietà: anche dopo molti anni l’ordine di demolizione non va motivato.

Hai fatto una piccola modifica al giardino, costruendo una tettoia per riparare le auto dalla pioggia, ma non hai mai chiesto il permesso di costruire al Comune. Una parte del terrazzo è stata coperta per ricavarne una piccola veranda ma senza alcuna licenza edilizia. In casa c’è un soppalco adibito a salottino, anch’esso abusivo. Sono passati molti anni da quando le modifiche sono state effettuate e nessuno ti ha mai detto nulla, né è arrivata la polizia per i controlli. Peraltro, a eseguire alcune di queste opere sono stati i precedenti proprietari di casa e tu non ne hai alcuna colpa; anzi, avendo acquistato l’appartamento in queste condizioni, ritieni che ormai siano state tacitamente sanate. È davvero così? La risposta è negativa ed a darla è stata una recente sentenza del Consiglio di Stato in seduta plenaria [1]. Secondo i giudici amministrativi il tempo non sana l’abuso edilizio. Ma procediamo con ordine e vediamo meglio cosa significa.

Bisogna tenere distinto il reato di abuso edilizio e le pene che dalla condanna derivano dalle sanzioni di carattere amministrativo che esso comporta, sanzioni consistenti nell’ordine di demolizione. Tanto il processo penale, tanto la demolizione si salvano solo se viene richiesta la sanatoria (l’istanza va presentata prima, ovviamente, dell’avvio delle indagini). La sanatoria può essere concessa solo se la costruzione è conforme al piano regolatore in vigore al momento dell’esecuzione dei lavori e (se nel frattempo modificato) della presentazione della domanda. Sul punto leggi Come sanare immobile abusivo.

In assenza di sanatoria, il reato di abuso edilizio si prescrive dopo quattro anni (cinque se interviene un rinvio a giudizio). Ciò che invece non cade mai in prescrizione è l’ordine di demolizione. Questo può essere impartito anche a distanza di numerosi anni. Secondo infatti il Consiglio di Stato, il lungo tempo trascorso dalla commissione dell’illecito non esclude la repressione dell’illecito. Non conta se, nel frattempo, il proprietario abbia confidato nel perdono. Quindi è legittima un’ordinanza di demolizione anche dopo 30 anni dalla realizzazione della costruzione abusiva (tale è stato il caso deciso nella sentenza in commento).

Non è tutto. L’ordine di demolizione dell’abuso edilizio non deve essere necessariamente motivato, neanche se la costruzione irregolare risale a parecchio tempo prima. Anche se alcune pronunce hanno sposato in passato l’interpretazione opposta (secondo cui il lungo lasso di tempo trascorso dalla commissione dell’abuso e il protrarsi dell’inerzia dell’amministrazione ingenera una posizione di affidamento nel privato che obbliga la Pa a spiegare perché il pubblico interesse giustifica il sacrificio del contrapposto interesse privato) si tratta di una tesi minoritaria. La tesi prevalente – sposata ora dalla Seduta Plenaria del Consiglio di Stato – è di opposto avviso. Non è, quindi, in alcun modo concepibile l’idea stessa di collegare una tacita e automatica sanatoria nell’ordine di demolizione al trascorrere del tempo e all’inerzia dell’amministrazione. Ciò legittimerebbe i comportamenti abusivi dei privati che, quindi, confidando magari nella non visibilità dell’abuso o nell’assenza di controlli, potrebbero essere indotti a commettere illeciti edilizi. Invece, non vi sono termini per tutelare il paesaggio e il territorio, trattandosi di un bene comune il cui interesse “non cade mai in prescrizione”.

Risultato: anche se l’abuso edilizio è stato realizzato molti anni prima da un diverso proprietario dell’immobile, se anche il nuovo non subisce alcuna responsabilità di carattere penale (un po’ perché il reato è stato commesso dall’autore dell’illecito, un po’ perché il tempo lo ha fatto cadere in prescrizione) resta comunque tenuto alla demolizione. Salvo che, nel frattempo, non abbia chiesto ed ottenuto la sanatoria.

note

[1] Const. Stato sent. n. 9 del 17.10.2017.

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