L’ESERCITO DEI SALVINIANI

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Il mondo del “giornalismo” fascio-salvinian-berlusconiano è noiosamente prevedibile. Fa cordata, fa sponda con qualche sito gossipparo e soffre all’idea di avere pochi follower e ancor meno lettori. Mai che uno di loro buchi lo schermo, mai che uno di loro finisca alto in classifica, mai che uno di loro sappia usare i social. Evidentemente, e fatte salve alcune eccezioni, per essere giornalisti di destra non dico che sia obbligatorio non saper fare nulla: però aiuta. Con l’avvento della destra becerona attuale, il livello dei cortigiani nostrani si è ulteriormente abbassato. Gente che non sa scrivere, non sa parlare, ce l’ha a prescindere con tutto ciò che anche solo è vagamente “grillino” e tifa sempre per il padrone (sia esso Berlusconi, Angelucci o derivati). Eccone qui un breve, e tutt’altro che esaustivo, identikit per tipologie.

L’implacabile. Maurizio Belpietro. Per distacco il più bravo. Infatti dirige il miglior giornale di destra in Italia, con 8mila chilometri di vantaggio sugli altri (ci vuol poco, e lo sa anche lui). Belpietro è preparato, implacabile e orgogliosamente antipatico. A volte è il primo a sapere di sostenere belinate, ma sa sostenerle. Se con Sgarbi vinci in ciabatte, perché uno così si batte da solo, con lui no. E anche il suo allievo Borgonovo, con quell’aria marziale da gerarca spietato, non è televisivamente un osso facile.

ll situazionista. Alessandro Sallusti. Parlare di lui è difficile, per due motivi: è tutto fuorché antipatico (in privato) e dipende molto da dove egli si “esibisce”. Dalla Gruber fa il cane bastonato balbettante, da Floris l’arrembante berlusconiano in cerca di vendetta, da Giletti & Porro il pasdaran a casaccio: mai credibile, si direbbe quasi deliberatamente. Più efficace come editorialista, perché sa scrivere.

Il guitto. Mario Giordano. E’ il primo a sapere di esagerare oltremodo, ma ci marcia. In nome degli ascolti, e del mai sopito “Épater la bourgeoisie”, è disposto a tutto. Entrare col monopattino. Mangiare le sardine. Sfasciare una telecamera. Eccetera. A breve organizzerà tornei indoor di scorregge in prima serata. E sbancherà lo share.

L’irrilevante. Ce ne sono tanti, e poiché irrilevanti non se li ricorda nessuno. Quindi vi aiuto io. Per esempio: Franco Bechis. Ve lo ricordate? No. Appunto. Lui è così: sommamente evanescente. Vorrebbe essere Belzebù, ma al massimo è la controfigura moscia di Shrek. Dirige il più inutile dei quotidiani destrorsi, ha il carisma delle betulle affette da prognatismo e quando va in tivù non riesce mai ad attirare l’attenzione. Logorroico, monocorde, palloso. Se fosse un calciatore, sarebbe il quarto uomo.

L’elegante. Maria Giovanna Maglie. Entrata in Rai grazie a Craxi, uscita dalla Rai grazie alle “spese pazze”. Adoratrice dell’ultima Fallaci. Trumpiana sfegatata, salviniana indemoniata, meloniana di rimbalzo. Però ha anche dei difetti. Vive su Rete4, dove la usano come doberman in quota rosa, e sui social, dove ha meno seguito di Facci. Le va comunque riconosciuta una dote spiccata: svetta in eleganza.

Il niente. Pietro Senaldi. Ecco, Senaldi…niente, dai. Cosa vuoi dire di uno così.

L’alcolico. Vittorio Feltri. La sua prosa è un mix tra i rutti di Gozzano e i ditirambi di Teleste di Selinunte: arcaica, ampollosa, comicamente vetusta. In tivù è da anni una macchietta rubizza che spara boiate per costringere Crozza a spararle ancora più grosse quando lo imita. In taverna va benissimo, nel piccolo schermo fa tenerezza. Fategli una carezzina e mettetelo a letto.

(Oggi sul Fatto Quotidiano)

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