“Lodo”

Views: 0

https://unaparolaalgiorno.it

 Decisione arbitrale

dal latino medievale laudum ‘approvazione’, derivato di laudare.

In questi giorni (e periodicamente) impazza su tutte le testate il termine ‘lodo’ nel suo nebuloso significato giornalistico, che però piace tanto per motivi pratici che vedremo. A dire il vero il lodo sarebbe un’altra cosa: ci vuole parlare di arbitrati e ci chiede una rapida puntata nella vecchia società feudale.

Nel lodo, come è facile notare, echeggia la lode (e in effetti è anche una variante antica di ‘lode’, per esempio presente nel celebre motto dantesco ‘sanza infamia e sanza lodo’, in origine riferito agli ignavi). Nasce nel latino medievale, da laudum, che è nello specifico una decisione, un’approvazione del signore feudale; infatti nel medioevo il verbo laudare prese più marcatamente anche il senso di ‘approvare’ — per quanto già nel latino classico a laudare, oltre a quello di ‘lodare’, fossero collegati significati quali ‘essere a favore’ e anche ‘testimoniare a favore’.

Il lodo che così emerge in italiano è quindi una decisione, ma non emessa da un tribunale e frutto di un procedimento giudiziario: è la decisione di un arbitro o di un collegio di arbitri, terzi a cui è stata rimessa la soluzione di una controversia — una decisione che sarà vincolante. Ebbene, con le sole superficiali variazioni determinate dall’avvicendarsi degli ordinamenti giuridici, tale è rimasto il lodo fino a oggi. O quasi.

Nel secondo dopoguerra, nel 1947, una mediazione fra i contrapposti interessi dei proprietari terrieri e dei mezzadri fu compiuta con un decreto legislativo luogotenenziale che raccoglieva quello che è passato alla storia come il ‘lodo De Gasperi’. Non c’era stato un arbitrato, ma piuttosto un tentativo di pacificazione fra due parti in tensione — una sorta di arbitrato politico di una controversia, che esprime una decisione terza. Pare che questo sia stato il primo uso del genere, un uso estensivo più che improprio.

Invece in tempi più vicini a noi, sui giornali questioni riguardanti lodi veri e propri (come quella del lodo Mondadori) si intrecciano a lodi-leggi che però non mantengono il tratto di un arbitrato politico (pensiamo al lodo Maccanico, al lodo Schifani, al lodo Alfano e ai lodi Conte e Annibale di questi tempi).

Il senso di ‘decisione arbitrale politica per dirimere una controversia’ generalizzabile a partire dal lodo De Gasperi sembra prendere più il senso di un ‘proposta di sistemazione in via legislativa di una questione percepita come problematica, presentata come tanto autorevole e lucida quanto potrebbe essere quella di un arbitro’. Il nesso al lodo originario così si sfilaccia, e il significato stesso di questo ‘lodo’ resta nebuloso: dopotutto, perché alcune leggi o proposte di legge sono chiamate ‘lodo’ e altre no? Ma è un termine che ha un vantaggio.

Anche se l’idea del ‘lodo’ giornalistico-politico non è chiara e distinta, il termine ‘lodo’ è riconoscibile — e rende riconoscibile la proposta o l’intervento di legge che indica. E questa è una moneta di gran valore, nel turbinìo dell’agone politico. Maccanico, Schifani e Alfano sono finiti là dove è andata a finire la neve degli anni passati, Conte (non il Conte Presidente del Consiglio) e Annibali sono figure sconosciute ai più, ma il termine ‘lodo’, usato sensatamente o no, si fa notare e, in certi casi, resta.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *