L’uomo più cattivo del mondo antico.

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Falaride fu tiranno di Akragas, l’attuale Agrigento, dal 571/0 a.C. circa fino alla morte. Appartenne, ad una generazione di autocrati di epoca arcaica, di poco successivi alla conclusione della fase di colonizzazione greca in Occidente .
Akragas fu fondata come subcolonia di Gela intorno al 580 a.C. e fu una delle ultime colonie di rilievo ad essere fondate tra Sicilia e Magna Grecia.

La tirannide di Falaride ad Akragas prese piede nemmeno dieci anni dopo la fondazione della città ed è probabilmente legata alla composizione etnica dei fondatori.
Falaride è universalmente ricordato come il prototipo del tiranno crudele (famoso il cosiddetto toro di Falaride, in cui il tiranno faceva arrostire vivi i propri nemici).

Secondo la leggenda Falaride era in origine un esattore delle tasse e che avrebbe finto di raccogliere denaro per costruire un tempio a Zeus il denaro gli servì per assoldare un esercito di mercenari composto di stranieri e schiavi che installò in un campo fortificato sull’Acropoli —, poi approfittando di una pacifica riunione religiosa per massacrare molti uomini e prendersi come ostaggi le donne e i bambini.

Falaride rimase al potere per circa quindici anni, e per tutto questo periodo sappiamo solo che egli condusse campagne vittoriose contro le vicine comunità sicane e che diventò il prototipo del mostro , si dice persino che avesse una predilezione da buongustaio per la carne dei bambini.

Il suo maggior titolo di gloria è il toro cavo di bronzo in cui arrostiva quelli che erano caduti in disgrazia costruito da Perillo di Atene, un fonditore di ottone
La vittima veniva rinchiusa dentro e un fuoco veniva acceso sotto di esso, riscaldando il metallo fino ad arroventarlo: così la vittima all’interno arrostiva lentamente fino alla morte.
Per far sì che niente di indecoroso potesse rovinare il diletto dell’osservatore, il toro era costruito in modo tale che il suo fumo si levasse in profumate nuvole di incenso. La testa era dotata di un complesso sistema di tubi e fermi, che convertivano le urla dei prigionieri in suoni simili a quelli emessi da un toro infuriato.

Si narra anche che una volta riaperto lo strumento di morte, le ossa riarse delle vittime brillassero come gioielli e venissero trasformate in braccialetti.

Falaride lodò l’invenzione e ordinò che essa venisse provata dallo stesso Perillo.
Quando Perillo entrò, venne immediatamente chiuso dentro e venne acceso il fuoco e così Falaride poté udire il suono delle sue grida.
Prima che Perillo ne morisse, Falaride fece aprire la porta e lo tirò fuori. Perillo credeva di essere ricompensato per la sua invenzione, e invece, dopo averlo liberato dal toro, Falaride lo fece gettare dalla cima di una rupe.

Falaride è citato anche nel ventisettesimo canto dell’Inferno di Dante.

Dei sedici anni che videro Falaride al potere sappiamo pochissimo. Restano alcuni aneddoti riportati da Polieno, secondo cui il tiranno portava avanti una politica bellicosa con i vicini e che l’espandersi del suo territorio era più il frutto dell’astuzia che della forza.

Stando ad Aristotele, Falaride avrebbe comandato a Imera nello stesso periodo in cui era tiranno ad Akragas alcune fonti lo indicano addirittura come padrone dell’intera Sicilia.

Falaride venne destituito da una congiura (554 a.C.) e forse cade vittima dello stesso celebre toro che Perillo gli aveva costruito, finendo arrostito, con la madre ed i philoi, cioè i consiglieri membri della sua consorteria.

Del toro di Falaride si raccontano differenti epiloghi: secondo una versione, sarebbe stato gettato in mare una volta destituito Falaride; secondo un’altra versione, i Cartaginesi lo trassero come bottino di guerra nel 406 a.C., in occasione della distruzione di Akragas .

Diodoro Siculo riporta che Scipione l’Emiliano ritrovò il toro di Falaride mentre stava saccheggiando Cartagine nel 146 a.C..
Il conquistatore di Cartagine era molto amato in Sicilia per i suoi doni, tra cui c’era la restituzione del toro di Falaride ad Akragas.

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