Per gli oriundi sarà più difficile avere la cittadinanza italiana

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Potrà ottenerla solo chi ha un genitore o un nonno italiani, nati nel nostro Paese. Lo ha stabilito con un decreto il governo, che ha approvato anche due disegni di legge.

“Cara Gioggia,

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Luciana Littizzetto ha risposto direttamente a Giorgia Meloni, che si è autoproclamata “non ricattabile”.

Cara Melons,

So che questa settimana ne hai già ricevuta una di letterina, quindi vengo da te in pace. Intanto non hai ricevuto un avviso di garanzia, ma una comunicazione di iscrizione al registro degli indagati. Che è come la prima convocazione a una riunione di condominio. Un atto dovuto. Se ti può consolare, nella tradizione dei premier italiani una indagine non si è mai negata a nessuno, quindi tranquillizzati, la magistratura non è contro di te: queste sono le regole.

Eppure tu nel tuo video sembri messa ai ceppi davanti a Torquemada.

Abbi pazienza, ma tu pensavi che liberare uno come Almasri, un libico torturatore, un assassino, uno contro cui il tribunale dell’Aja ha spiccato un un mandato di cattura per crimini contro l’umanità potesse passare inosservato?

Se tu adesso fossi all’opposizione, te ne staresti zitta?

No, non credo.

Ti trasformeresti in un razzo missile dai meloni di mille valvole.

Ti spunterebbero tre file di denti come Alien, le vene del collo grosse come salsicce di Brà.

Eh no, perché quando eravate all’opposizione avete detto più volte voi “dimissioni” di quanto Liorni abbia detto ghigliottina.

Adesso fate le vittime (…)

Un attimo prima Almasri è in Italia e un attimo dopo, Sim sala bin Salman, è in Libia, libero e felice di prenderci per il culo..

Liberato per ragioni di sicurezza nazionale, io sapevo che per la sicurezza dovremmo arrestarli i criminali, non liberarli.

Lo avessi almeno mandato in Albania, già che ci abbiamo speso tutti quei soldi.

Ora, sappiamo che la democrazia ha i suoi lati oscuri, i suoi accordi sottobanco, le sue ragioni di Stato.

Tu sei più furba di me diecimila volte, ma se trattassimo l’immigrazione come un problema, non come IL problema, se pensassimo a quelle persone come uomini e donne che chiedono aiuto e non come a un esercito invasore, forse quelli come Almasri avrebbero meno armi per ricattarci.

Tu dici di non essere ricattabile.

Certo, non in Italia, ma nel resto del mondo sì.

Ti svelo un segreto: perché non puoi andare d’accordo con tutti e, soprattutto, non puoi fare accordi con i banditi perché quelli restano banditi e alla fine ti fregano.”

Gianfranco Fini, ex leader di Alleanza Nazionale 

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Gianfranco Fini, ex leader di Alleanza Nazionale e figura di spicco della politica italiana, ha recentemente espresso preoccupazioni pungenti riguardo all’evoluzione politica degli Stati Uniti sotto la presidenza di Donald Trump. Durante un incontro con Massimo D’Alema all’Istituto Affari Internazionali, Fini ha analizzato con preoccupazione la figura di Trump, mettendo in evidenza l’inquietante attrazione che il presidente statunitense sembra nutrire per il leader russo Vladimir Putin.

“Quello che mi preoccupa è che Trump è affascinato dalla figura di Putin”, ha dichiarato Fini, suggerendo che questa inclinazione potrebbe indicare una preoccupante svolta autoritaria. In particolare, Fini ha ricordato la controversa decisione di Trump di perdonare i protagonisti dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021, un atto che, secondo l’ex politico, rappresenta un segno della deriva democratica che sta prendendo piede negli Stati Uniti.

“Ci dimentichiamo che, come prima azione alla Casa Bianca, Trump ha graziato i golpisti del 6 gennaio che hanno dato l’assalto al Parlamento”, ha aggiunto Fini, criticando la decisione di Trump di non perseguire legalmente i responsabili dell’insurrezione. Per Fini, questo gesto è simbolico di una pericolosa tendenza che sta minando le basi della democrazia americana, un processo che, a suo avviso, ha molti parallelismi con la Russia di Putin, dove chi vince le elezioni non governa ma “comanda”.

Questa visione di Trump come figura autoritaria non è nuova, ma il contesto internazionale in cui si inserisce acquista una rilevanza ancora maggiore. Fini ha anche sottolineato come, in un’epoca in cui la solidarietà transatlantica è stata messa a dura prova, Trump sembri poco interessato a preservare l’unità tra Stati Uniti ed Europa. “A Trump non interessa nulla o quasi dell’unità trans-atlantica”, ha detto Fini, riferendosi alle dichiarazioni del presidente americano che sembrano privilegiare un isolamento che potrebbe indebolire il legame tra le due sponde dell’Atlantico.

In particolare, Fini ha rivolto una critica indiretta anche all’attuale premier italiano, Giorgia Meloni, che ha più volte espresso simpatia per alcune posizioni di Trump. La sua affermazione “Glielo dicesse a Giorgia Meloni” ha messo in evidenza la crescente distanza tra l’approccio della politica estera italiana e la visione della sinistra internazionale. Secondo Fini, la vicinanza della Meloni a Trump potrebbe comportare dei rischi non solo per l’Italia, ma per l’intera Europa, qualora si sviluppasse una tendenza autoritaria che finirebbe per allontanare l’Italia dalla sua storica alleanza con l’Occidente.

L’inquietudine di Fini riflette la crescente preoccupazione di molti osservatori internazionali circa le prospettive della democrazia in America e le sue implicazioni per la stabilità geopolitica globale. In un contesto in cui le democrazie sono minacciate da derive autoritarie, il ruolo degli Stati Uniti come leader del mondo libero è più che mai cruciale. Se Trump e altri leader populisti dovessero continuare a promuovere una visione autoritaria, la direzione in cui si dirigeranno non sarà solo un problema per l’America, ma per l’intero sistema internazionale.

Le parole di Gianfranco Fini mettono in luce una verità difficile da ignorare: Trump, con la sua politica imprevedibile e spesso aggressiva, sta minando le fondamenta democratiche degli Stati Uniti, e forse, senza una riflessione collettiva e un’inversione di rotta, la democrazia americana potrebbe trovarsi di fronte a sfide insostenibili.

Chi se la ricorda?

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Negli anni Cinquanta l’azienda di Pontedera (Pisa) decise di entrare nel mercato delle quattro ruote, ma un accordo con la Fiat cambiò le cose in corsa.

Si riavvia quella criniera impomatata tamburellando con indice e medio sulla scrivania in mogano. Seduto dall’altro lato, la testa lucida, le unghie che sfregano delicatamente il naso prominente, l’ingegnere tirato per la giacca emette la sua sentenza: “Signor Piaggio, per me si può fare”. La voce, priva di inflessioni, è quella di Corradino D’Ascanio, l’uomo che si è inventato la Vespa. Enrico non ha dubbi: ad un tizio di quello spessore affiderebbe anche la costruzione di un razzo per il primo allunaggio toscano.

Corradino D’Ascanio alle prese con l’ennesimo progetto

La macchina della Piaggio: l’imprimatur sui bozzetti.

Dal ventre pulsante della grande fabbrica di Pontedera arrivano clangori indistinti per i profani. Loro due li riconoscono tutti, accarezzandoli mentalmente. L’imprenditore sbircia di nuovo distrattamente i numeri e i bozzetti del progetto, poi si alza di scatto: “E va bene, facciamola!“. Inizia così, quando gli anni Cinquanta hanno appena iniziato a srotolarsi, un’avventura inedita per l’azienda imperatrice degli scooter. Il mercato delle automobili è munifico. Le competenze interne non fanno difetto alla Piaggio. Tocca provare a tuffarsi in questo pescoso stagno, osservando le increspature e augurandosi di galleggiare.

Una berlina agile e ammiccante.

Quando scocca il 1952 D’Ascanio, operoso e acuto, ha già elaborato i primi prototipi della vettura. La Vespa Acma 400 – questo è il nome che sta incollato sul brevetto – è una city car compatta (nemmeno 3 metri di lunghezza per 1,2 di larghezza) che monta un motore monocilindrico a due tempi, da 13 cv. Il cambio di questa avveniristica berlina è a tre rapporti, più la retromarcia. Tirata al massimo sulle autostrade italiche lambisce i 90 km/h. Optional aggiuntivi? Tettuccio apribile e, per i più freddolosi, riscaldamento interno. Le forme, con quei grossi fanali circolari e i lati teneramente smussati, sono ammiccanti. Gli addetti ai lavori cominciano a scribacchiare freneticamente sui loro taccuini.

La Fiat marca il territorio.

Tra questi spunta la Fiat, che certo non ha l’abitudine di starsene a braccia conserte. Gli ingegneri torinesi stanno tratteggiando l’erede della Topolino e non vogliono magagne per il momento del lancio. Specie se la concorrenza dovesse essere interna. E la 500, pronta a conquistare il mercato dal 1957 in poi, appartiene proprio allo stesso segmento della nuova creatura Piaggio: un’utilitaria disinvolta e popolare, destinata a borseggiare cuori in ogni angolo del mondo. Così i cavi che agganciano la linea telefonica tra Piemonte e Toscana diventano presto roventi. I vertici delle rispettive aziende interloquiscono fitto, per giorni. Poi il pesce con le squame più spesse porta a casa il risultato: accordo tra gentiluomini, la Vespa Acma si produrrà soltanto in Francia.

La Acma in un manifesto illustrato degli anni Cinquanta .

Il debutto transalpino e una parabola annunciata.

E così eccoli lì, Piaggio e D’Ascanio, sotto un cielo color latte cagliato, nel sobbollente luglio parigino. L’anno è il 1957: mentre in Italia la 500 spopola, oltralpe la Vespa Acma è chiamata a sgomitare. A dire il vero l’incipit è gradevole, perché contemplandola al Salone dell’automobile della capitale, in tantissimi decidono di accaparrarsela. Nei primi sei mesi raccoglie circa 20mila prenotazioni.

A Pontedera si sfregano le mani. È un picco destinato a conoscere una discesa rapida. Il focus sugli scooter, la relativa lontananza del mercato e la presenza di competitors più solidi determinano un progressivo intiepidimento generale. La Piaggio prova a difendersi proponendo versioni molteplici – luxe, tourisme, GT – ma l’epilogo è segnato. La produzione della Acma cesserà già nel 1961, con poco più di 30mila esemplari venduti all’attivo. Un flirt bello e impossibile. Come tutti gli amori del genere, destinato ad ardere in fretta.

Fonte: ilgiornale.it-immagini da:Google.

Com’è la famiglia di Putin?

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La figlia maggiore, Maria Vladimirovna Vorontsova, 36 anni, è un’endocrinologa pediatrica, lavora in uno dei centri medici di Mosca, candidata in scienze mediche, ha due figli, è sposata:

La figlia più giovane, Katerina Vladimirovna Tikhonova, 35 anni, è una biologa, dirige l’azienda innovativa Innopraktika, Candidate of Mathematical Sciences, è sposata e ama l’aerobica sportiva:

Dopo l’anniversario dei 30 anni, il padre ha permesso loro di condurre una vita pubblica, tanto che a volte compaiono in onda su programmi televisivi specializzati scientifici e commerciali:

Maria Vorontsova parla della prevenzione del diabete infantile –

Katerina Tikhonova parla in diretta online dell’investimento nella scienza –

La sua ex moglie Lyudmila si è risposata, il suo nuovo cognome dopo il secondo marito è Ocheretnaya, è una filologa del gruppo di lingue romane, insegna lingue romane in una delle università di Mosca.

Dopo aver divorziato dalla moglie nel 2013, Putin vive da solo. È accompagnato dai suoi numerosi animali domestici – cani:

1. Sherkhan, un levriero kirghiso (un dono del presidente del Kirghizistan)

2. Fedele, alabai (dono del Presidente del Turkmenistan)

3. Pasha, Sharplanin Shepherd Dog (dono del Presidente della Serbia)

4. Yume, Akita Inu (regalo del Primo Ministro del Giappone)

5. Buffy, pastore bulgaro (dono del Primo Ministro bulgaro)

Secondo alcune indiscrezioni, dopo il divorzio, Putin ha sposato la sua fidanzata di lunga data Alina Kabaeva, 38 anni, ginnasta, campionessa olimpica e deputata della Duma di Stato, politica, e lei gli ha dato due o tre figli. Ma nessuno ha mai confermato queste voci.

Alina non nasconde di essere sposata e di avere figli, ma non dice chi è suo marito e come si chiama. Inoltre, nessuno ha visto una foto dei suoi figli, i loro nomi e l’età esatta sono sconosciuti. Nulla impedisce ad Alina di mostrare al marito e ai figli di porre fine ai pettegolezzi su di lei e Putin, ma per ragioni sconosciute non lo fa. Ed è strano. È illogico.

Alina Kabaeva, al prossimo evento sportivo: