Nuova prescrizione Bollette luce, gas e acqua:

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Bollette per conguagli non oltre due anni; possibilità di sospensione del pagamento anche in presenza di un procedimento aperto davanti all’Agcom.

 

Se ricevi una bolletta della luce, acqua o gas riferita a consumi di oltre due anni fa non devi più pagare. Il debito infatti si è ormai prescritto. E se, ciò nonostante, la società fornitrice insiste nel richiederti somme non dovute – e magari ti minaccia di interrompere l’utenza – hai diritto a esigere la sospensione della bolletta. A cambiare i termini di prescrizione delle bollette della luce, gas e acqua è stata la legge di bilancio del 2018 [1]: la nuova norma contiene una deroga al codice civile [2] che, invece, stabilisce una prescrizione di cinque anni tutti per i debiti da pagarsi con cadenza annuale o frazioni inferiori (ad esempio ogni mese, ogni bimestre, ecc.). Resta quindi di cinque anni la prescrizione delle bollette del telefono e di tutte le altre utenze (ad esempio quelle per pay-tv, abbonamenti alla rete internet, abbonamenti alla televisione in streaming e online come Netflix, ecc.).

Nuova prescrizione per bollette di luce acqua e gas

A partire dal 1° gennaio 2018, le bollette della luce, dell’acqua e del gas si prescrivono in 2 anni. La prescrizione riguarda solo quelle che verranno emesse a partire da questa data e non per quelle precedenti già emesse.

Le disposizioni si applicano alle fatture la cui scadenza e’ successiva:

a) per il settore elettrico, al 1° marzo 2018;

b) per il settore del gas, al 1° gennaio 2019;

c) per il settore idrico, al 1° gennaio 2020.

La riforma dei termini di prescrizione delle bollette di luce, acqua e gas non tocca solo i conguagli, ma anche le bollette per consumi ordinari, quelle cioè che arrivano a casa ogni mese o bimestre.

Inoltre il nuovo termine di due anni riguarda sia i consumatori (le famiglie e gli utenti privati) chee le microimprese, i professionisti e le società [3].

Il governo ha così inteso tutelare gli utenti dalle richieste di pagamento che, spesso, intervengono a molti anni di distanza rispetto all’anno di gestione.

Con il cambiamento della prescrizione per le bollette non pagate di luce, acqua e gasci sono non solo tre anni in meno, rispetto al passato, per il recupero dei crediti(avranno meno da lavorare i call center), ma anche tre anni in meno per i tempi di conservazione delle ricevute di pagamento. Difatti, l’obbligo di archiviare le bollette pagate, per poter dimostrare l’adempimento, permane solo fino a quando il credito non è prescritto; una volta che si è verificata la prescrizione, infatti, il debitore non è più tenuto a dimostrare il versamento degli importi al fornitore, ma può limitarsi a sollevare la contestazione della prescrizione.

La prescrizione della bolletta opera solo se, prima della scadenza del termine (2 anni per le bollette di luce, acqua e gas; 5 anni per le bollette del telefono e di tutte le altre utenze) non si è ricevuto un sollecito di pagamento con raccomandata a/r o con posta elettronica certificata (Pec). Difatti l’invio della diffida comporta l’interruzione della prescrizione e il decorso del termine nuovamente da capo. Attenzione però: fa fede la data di consegna della lettera e non quella di spedizione. Per cui, se la società erogatrice spedisce la diffida prima della scadenza delle prescrizione ma il postino la consegna dopo, il debito è ormai caduto in prescrizione.

Quali sono le conseguenze della nuova prescrizione? Se, ad esempio, non paghi una bolletta della luce, dell’acqua e del gas e, nei due anni successivi, non ricevi alcun sollecito di pagamento (sollecito inviato con raccomandata a/r o posta elettronica certificata), il debito si prescrive e la società della luce, dell’acqua o del gas non può più chiederti nulla. Allo stesso modo, se ricevi una diffida per il pagamento di una bolletta di oltre due anni fa, non devi alcunché.

Prescrizione dei conguagli

La modifica del termine di prescrizione riguarda anche i conguagli: anche queste bollette non potranno più essere pretese dopo più di due anni dall’anno di riferimento, anche se l’accertamento del conguaglio avviene in un momento successivo. .In pratica, le aziende avranno due anni di tempo per “allineare” quanto pagato dall’utente e il consumo effettivo rilevato dal contatore, superando la pratica dei maxi conguagli. In caso di emissione di fatture a debito per conguagli riferiti a periodi maggiori a due anni, l’utente che ha presentato un reclamo ha diritto alla sospensione del pagamento.

Furti di energia

Cambia anche la possibilità per le società della luce e del gas di recuperare gli eventuali furti determinati dal comportamento di chi bypassava il contatore con strumenti tecnici. Fino a ieri veniva recupero il credito stimando il consumo presunto degli ultimi 5 anni. Ora le società potranno agire solo con riferimento agli ultimi 2 anni e dovranno peraltro affrettarsi a contestare le condotte fraudolente per non vedersi prescrivere subito il proprio credito.

La sospensione del pagamento

Una seconda modifica introdotta con la legge di bilancio 2018 riguarda il diritto dell’utente a chiedere la sospensione del pagamento della bolletta in attesa della verifica della legittimità della condotta dell’operatore.

Questa misura è prevista in due casi:

  • nel caso di emissione di fatture a debito nei riguardi dell’utente per conguagli riferiti a periodi maggiori di due anni»
  • nel caso in cui «l’Autorità garante della concorrenza e del mercato abbia aperto un procedimento per l’accertamento di violazioni del codice del consumo, di cui al d.l. n. 206/2005, relative alle modalità di rilevazione dei consumi, di esecuzione dei conguagli e di fatturazione adottate dall’operatore interessato».

Peraltro, al verificarsi di quest’ultima ipotesi – certamente nota all’operatore siccome destinatario dell’avvio del procedimento – «il venditore ha l’obbligo di comunicare all’utente l’avvio del procedimento di cui al periodo precedente e di informarlo dei conseguenti diritti».

Se dunque l’utente ha presentato un reclamo riguardante il conguaglio nelle forme previste dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico «ha diritto alla sospensione del pagamento finché non sia stata verificata la legittimità della condotta dell’operatore».

Il rimborso degli indebiti conguagli

«È in ogni caso diritto dell’utente, all’esito della verifica di cui al quarto periodo, ottenere entro tre mesi il rimborso dei pagamenti effettuati a titolo di indebito conguaglio».

Quanto previsto, sia con riferimento alla prescrizione sia con riferimento alla procedura sulla sospensione del pagamento e al rimborso degli indebiti conguagli, non si applica qualora la mancata o erronea rilevazione dei dati di consumo derivi da responsabilità accertata dell’utente.

Una terza misura, infine, è composta da quel gruppo di disposizioni che prevedono la definizione, da parte dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico (AEEGSI), di misure a tutela dei consumatori, di misure atte a incentivare l’autolettura, nonché di norme per l’accesso dei clienti finali ai dati riguardanti i propri consumi.

note

[1] Legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205, G.U. n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ordinario n. 62).

[2] Art. 2948 cod. civ.

[3] La riforma, infatti, indica che il termine di prescrizione di due anni si applica sia agli utenti domestici e alle microimprese (come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003), sia ai professionisti (come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206).

fonte

PRESCRIZIONE NEI TERMINI DI RECUPERO DEI FURTI DI ENERGIA

LEGGE DI STABILITÀ 2018 – COMMI DA 4 A 10

4. Nei contratti di fornitura di energia elettrica e gas, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni, sia nei rapporti tra gli utenti domestici o le microimprese, come definite dalla raccomandazione 2003/361/CE della Commissione, del 6 maggio 2003, o i professionisti, come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera c), del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e il venditore, sia nei rapporti tra il distributore e il venditore, sia in quelli con l’operatore del trasporto e con gli altri soggetti della filiera. Nei contratti di fornitura del servizio idrico, relativi alle categorie di cui al primo periodo, il diritto al corrispettivo si prescrive in due anni. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce le misure in materia di tempistiche di fatturazione tra gli operatori della filiera necessarie all’attuazione di quanto previsto al primo e al secondo periodo. Nei contratti di cui al primo e al secondo periodo, in caso di emissione di fatture a debito nei riguardi dell’utente per conguagli riferiti a periodi maggiori di due anni, qualora l’Autorita’ garante della concorrenza e del mercato abbia aperto un procedimento per l’accertamento di violazioni del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, relative alle modalita’ di rilevazione dei consumi, di esecuzione dei conguagli e di fatturazione adottate dall’operatore interessato, l’utente che ha presentato un reclamo riguardante il conguaglio nelle forme previste dall’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, ha diritto alla sospensione del pagamento finche’ non sia stata verificata la legittimita’ della condotta dell’operatore. Il venditore ha l’obbligo di comunicare all’utente l’avvio del procedimento di cui al periodo precedente e di informarlo dei conseguenti diritti. E’ in ogni caso diritto dell’utente, all’esito della verifica di cui al quarto periodo, ottenere entro tre mesi il rimborso dei pagamenti effettuati a titolo di indebito conguaglio.

5. Le disposizioni di cui al comma 4 non si applicano qualora la mancata o erronea rilevazione dei dati di consumo derivi da responsabilita’ accertata dell’utente.

6. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, con propria deliberazione, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, definisce misure a tutela dei consumatori determinando le forme attraverso le quali i distributori garantiscono l’accertamento e l’acquisizione dei dati dei consumi effettivi.

7. L’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, puo’ definire, con propria deliberazione, misure atte a incentivare l’autolettura senza oneri a carico dell’utente.

8. Entro il 1° luglio 2019, il soggetto gestore del Sistema informatico integrato per la gestione dei flussi informativi relativi ai mercati dell’energia elettrica e del gas, di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 agosto 2010, n. 129, provvede agli adeguamenti necessari per permettere ai clienti finali di accedere attraverso il Sistema medesimo ai dati riguardanti i propri consumi, senza oneri a loro carico. Le disposizioni per l’attuazione del primo periodo sono adottate con deliberazione dell’Autorita’ per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, ridenominata ai sensi del comma 528, nel rispetto delle norme in materia di protezione dei dati personali, sentito il parere del Garante per la protezione dei dati personali.

9. L’Autorita’ per le garanzie nelle comunicazioni stabilisce le modalita’ tecniche e operative che il servizio postale deve osservare per assicurare la certezza della data di spedizione delle fatture agli utenti da parte dei soggetti gestori di servizi di pubblica utilita’.

10. Le disposizioni di cui ai commi 4 e 5 si applicano alle fatture la cui scadenza e’ successiva:

a) per il settore elettrico, al 1° marzo 2018;

b) per il settore del gas, al 1° gennaio 2019;

c) per il settore idrico, al 1° gennaio 2020.

Bolletta: 8 regole da sapere

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Lettura dei contatori: come contestare le bollette salate e non farsi staccare l’utenza della luce, dell’acqua o del gas. Tempi più lunghi per la prescrizione del telefono.

Si potrà pensare che, in un Paese pieno di problemi come l’Italia, l’arrivo della bolletta è solo l’ultimo della catena. Eppure molto spesso i mali di una nazione partono proprio dalla gestione del portafoglio familiare e da quanto risparmio si riesce a gestire. L’economia domestica ha riflessi macroeconomici quando i consumatori devono per forza stringere la cinta e ridurre gli acquisti: un comportamento questo che contrae gli investimenti delle aziende, le assunzioni e, di conseguenza, si ripercuote sull’economia nazionale. Ecco perché, volenti o nolenti, la bolletta continua a rappresentare una parte centrale dei problemi degli italiani. Ed è proprio per questo che bisogna anche saperecome difendersi da una bolletta salata, cosa prevede la legge e fin dove si può spingere la compagnia della luce, del gas, del telefono e dell’acqua. In questo articolo abbiamo voluto raggruppare le cinque regole fondamentali da sapere per poter sopravvivere al mondo delle bollette. Eccole qui di seguito.

Se apri una contestazione non ti possono staccare l’utenza

Quando arriva una bolletta esagerata, che ritieni incompatibile coi tuoi consumi, la prima cosa che devi fare è inoltrare un reclamo scritto al fornitore. Potrai richiedere una revisione dei conteggi così come un controllo a casa della corretta funzionalità del contatore medesimo. Se non ti viene data risposta o se la risposta non ti soddisfa, dovrai necessariamente attivare una conciliazione obbligatoria presso l’Autorità Garante. La richiesta va inoltrate entro:

  • 1 anno in caso di risposta negativa o insoddisfacente;
  • 50 giorni in caso di mancata risposta.

La procedura (cosiddetto tentativo obbligatorio di conciliazione) è volta a trovare un accordo tra te e la compagnia prima di poter agire in tribunale. Senza questa fase, quindi, non puoi rivolgerti al giudice. Ma nello stesso tempo, una volta che hai aperto la procedura di reclamo, la compagnia non ti può staccare la luce, il gas o l’acqua.

La domanda conciliazione si presenta online e l’incontro può avvenire anche telematicamente con videoconferenza su Skype. La procedura di conciliazione, che è completamente gratuita; dovrà concludersi entro 90 giorni.

Se il primo incontro si conclude senza che le parti abbiano trovato un’intesa, l’utente potrà presentare il ricorso al giudice. Se la società elettrica non si presenta alla mediazione subirà dei procedimenti sanzionatori.

Entro quanto tempo va pagata la bolletta

Nella bolletta il fornitore deve indicare la data d’emissione e il termine entro cui effettuare il pagamento, che non può essere inferiore a 20 giorni dalla data d’emissione. L’utente, nei casi previsti dalle condizioni di contratto, può chiedere di rateizzare il pagamento e la bolletta deve indicare le modalità per ottenerla.

Se l’utente paga la bolletta dopo la scadenza indicata, il fornitore può richiedere, oltre a quanto dovuto, il pagamento di interessi di mora calcolati su base annua e pari al tasso ufficiale di riferimento aumentato del 3,5%.

L’esercente può richiedere il pagamento delle spese postali relative al sollecito di pagamento della bolletta. Non è in ogni caso ammessa la richiesta di risarcimento di eventuali danni ulteriori.

Quando può essere staccata la luce

Se l’utente non paga la bolletta, il fornitore non può staccare la luce dall’oggi al domani, ma deve prima mandare un sollecito di pagamento con raccomandata a/r (di solito preceduta da lettere semplici e/o da telefonate del call center) e, successivamente, provvedere a un calo della tensione per mettere “in guardia” l’utente.

Come detto, se l’utente ha attivato la procedura di reclamo, non può avvenire il distacco della luce. L’utente che vuole richiedere la riattivazione della fornitura sospesa, deve pagare gli importi non pagati e comunicare ciò al fornitore.

Il fornitore può sospendere l’utenza senza preavviso solo in due casi:

  1. per cause oggettive di pericolo;
  2. per appropriazione fraudolenta di energia elettrica.

Termini di prescrizione delle bollette luce, acqua, gas, telefono

Dal 1° gennaio 2018, le bollette ordinarie e i conguagli delle utenze di luce, acqua e gas si prescrivono in due anni. Questo vuol dire che la compagnia ti può chiedere solo gli arretrati degli ultimi 24 mesi e non oltre. Ad esempio, se nel 2019 ricevi un conguaglio del 2016 non sei tenuto a pagarlo.

Questa regola riguarda sia i consumatori che le imprese.

Ci sono quindi tre anni in meno per le società fornitrici – e soprattutto per i loro call center – per recuperare i crediti.

Altra conseguenza è che l’utente non deve più conservare le bollette pagate per cinque anni, ma solo per due. Se l’utente ha la domiciliazione bancaria non è neanche costretto a conservare le bollette, potendo dimostrare il pagamento tramite un estratto conto che è una prova sufficiente.

Queste regole non valgono per la bolletta del telefono, che continua a prescriversi in 5 anni, termine durante il quale l’utente deve conservare le ricevute di pagamento.

Per quanto riguarda la bolletta della luce, tuttavia, non bisogna dimenticare che le prime dieci dell’anno contengono anche la prova del pagamento del canone Rai; ora, siccome l’abbonamento tv si prescrive in 10 anni, sarà bene che queste bollette siano conservate per un decennio.

Lettura del contatore

Spesso si procede alla lettura dei contatori sulla base dei consumi stimati: ciò succede quando l’utente non effettua l’autolettura o quando il delegato della compagnia non riesce a fare (o non esegue) la lettura del contatore. Secondo numerosi giudici, l’utente può contestare la bolletta esosa se la lettura del contatore – necessaria per il conguaglio con gli effetti consumi – non viene eseguita almeno una volta all’anno. Questa tesi però non è condivisa da tutti e di recente la Cassazione ha sposato l’interpretazione contraria per quanto riguarda i nuovi contatori elettronici in grado di comunicare direttamente alla compagnia i consumi effettivi.

C’è però che, sul versante della prova processuale, non potendo l’utente dimostrare che la bolletta è errata – non avendo accesso agli strumenti tecnici di controllo e di calcolo della compagnia – può utilizzare qualsiasi prova, anche gli indizi (cosiddette “presunzioni”). Ad esempio, dimostrando che una abitazione è stata disabitata per gran parte dell’anno potrà far annullare la bolletta che riporta un consumo esagerato.

Modifiche unilaterali del contratto

La compagnia può apportare modifiche unilaterali al contratto di utenza, ma deve comunicarlo tre mesi prima all’utente. Il quale ha diritto di recedere senza alcun onere.

Se il contatore non funziona

Se l’utente ritiene che il contatore non funzioni regolarmente può chiedere al fornitore uncontrollo. Se viene accertato il difetto di funzionamento, il fornitore deve ricostruire i consumi registrati erroneamente.

La ricostruzione dei consumi deve avere come periodo di riferimento l’intervallo di tempo compreso tra il momento in cui si è verificato il guasto o la rottura del gruppo di misura, se determinabile con certezza, ed il momento in cui l’esercente provvede alla sostituzione o riparazione del gruppo di misura medesimo. L’utente può contestare i risultati della ricostruzione dei consumi, entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione scritta dei risultati, presentando proprie osservazioni scritte, adeguatamente documentate.

Controllo dei consumi del gas e dell’acqua

La lettura del contatore del gas deve avvenire secondo cadenze prestabilite:

  • per gli utenti con consumi annui standard fino a 500 metri cubi: almeno una volta ogni anno, con un intervallo massimo di 13 mesi e minimo di 6 mesi fra due tentativi consecutivi;
  • per gli utenti con consumi annui standard da 501 a 5.000 metri cubi: almeno 2 volte l’anno, con un intervallo massimo di 7 mesi e minimo di 3 mesi fra due tentativi consecutivi;
  • per gli utenti con consumi annui standard superiori a 5.000 metri cubi: una volta al mese.

Per le nuove forniture, la prima lettura deve avvenire entro 6 mesi dall’attivazione.

In caso di mancata lettura del contatore si procede con l’autolettura dell’utente o, in assenza di comunicazioni, secondo consumi stimati. Il pagamento in base al consumo stimato è considerato in acconto ed è dunque fatto salvo il conguaglio (a credito o a debito dell’utente).

Se l’utente ritiene che il contatore non funzioni regolarmente, deve richiedere un controllo al fornitore, che deve a sua volta trasmettere la richiesta al distributore entro 2 giorni lavorativi.

Per quanto riguarda invece la lettura del contatore dell’acqua, di solito devono avvenire almeno una volta all’anno (a seconda dei regolamenti delle aziende fornitrici) ed è eseguita da addetti del fornitore o da personale incaricato dallo stesso.

Quando non è possibile eseguire la lettura, il personale lascia nella cassetta della posta apposita cartolina per l’autolettura.

Spesso è previsto che se non perviene l’autolettura, il fornitore determina il consumo di acqua in misura eguale a quello del corrispondente periodo dell’anno precedente oppure, in mancanza di dati, sulla base della media dei consumi dei periodi più prossimi a quelli di mancata lettura, salvo conguaglio.

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Come funziona la centrale rischi, “CRIF”.

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Può capitare di rivolgersi ad una banca per chiedere un prestito e vedersi rifiutare il finanziamento per assenza di “idonee garanzie”. Anche in questo caso si può essere segnalati al Crif.

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Per differenti esigenze succede che hai bisogno di un prestito e ti rivolgi ad un istituto finanziario. Può essere la tua banca di fiducia, oppure uno dei tanti enti di cui senti parlare in pubblicità che ti propongono prestiti personalizzati con interessi ridotti al minimo. Ti rechi in filiale, porti con te la documentazione necessaria, lasci il tutto al funzionario ma, entro 48 ore, ricevi una risposta che va contro ogni tua aspettativa: la richiesta del finanziamento è stata rifiutata.
Da questo momento in poi potresti essere segnalato al Crif per 30 giorni, e puoi venirlo a sapere quando ti rivolgi ad un altro istituto per la concessione del prestito. La domanda sorge spontanea: “Perché se il prestito mi viene rifiutato vengo segnalato al Crif?” Ti senti trattato alla stessa maniera di chi è cattivo pagatore, e la cosa non ti va giù, poiché, in fondo, hai ritardato il pagamento di qualche bollettino. Non preoccuparti, perché la segnalazione al Crif in caso di rifiuto di un finanziamento è una prassi applicata anche a chi ha necessità di trovare denaro, ma per una questione o un’altra si vede rigettare tutte le richieste. Di seguito vedremo insieme perché con un prestito rifiutato si viene segnalati al Crif e quali sono le procedure da seguire per essere cancellati.

Perché la concessione di un prestito viene rifiutata

Quando si parla di prestito ci si può riferire:

  • al tradizionale finanziamento chiesto per acquistare un elettrodomestico, fare un viaggio, affrontare una spesa sanitaria, comprare un’auto;
  • al mutuo concesso per l’acquisto o la ristrutturazione di una casa.

Dire prestito, di fatto, è generico perché nel gergo giuridico ogni termine ha il suo significato, e per “prestito” si fa riferimento proprio ai finanziamenti (si fa per dire) di modica cifra chiesti o per uno specifico fine (prestiti finalizzati), oppure per esigenze personali (il c.d. prestito personale). Si tratta di finanziamenti che generalmente non superano i 20 mila euro, a differenza del mutuo che prevede cifre ben più sostanziose (50 mila euro, 100 mila euro, ecc).
Questa differenziazione serve per capire l’atteggiamento che la banca assume quando ti rechi per ottenere un finanziamento, ma a seguito di un controllo si rifiuta di concederti credito.

La banca è colei che ha le disponibilità economiche che ti consentirebbero di ottenere un prestito, ma per farlo ha bisogno di sapere se tu sei in grado di restituire i soldi dati in prestito. Quindi ti chiede delle garanzie in presenza delle quali accerta se tu sei una persona affidabile, con la possibilità (economica e non solo) di rimborsare quanto di ha anticipato.
In questo modo la banca studia la tua situazione economica, verifica se hai un contratto di lavoro a tempo indeterminato o determinato, se sei libero professionista o imprenditore e se quello che guadagni ti consente di pagare mese per mese i bollettini del finanziamento. Se sei un dipendente una delle garanzie migliori è la busta paga,mentre se sei libero professionista dovrai presentare un certificato di reddito.

Oltre alla capacità di restituire il prestito, la banca valuta il cosiddetto merito creditiziouna specie di “curriculum” economico che riguarda tutto quello che ha che fare con pagamenti, prestiti, bollette, ecc. Essa verifica se hai regolarmente pagato le rate di un mutuo o la bolletta per la fornitura di un’utenza, se hai restituito i soldi in tempo, se sei mai stato protestato da parte di una banca che ha ricevuto un assegno non coperto, se non hai pendenze in corso con il Fisco… Insomma, la banca cerca di capire se sei una persona onesta, scrupolosa, ligia alle regole.
Solo a seguito di un’attenta analisi (reddituale e di merito) l’istituto finanziario formula la sua scelta e decide se concederti o meno l’agognato prestito. Se accetta, significa che ha valutato positivamente la tua capacità di rimborsare il finanziamento. Se rifiuta vuol dire che ha riscontrato alcuni problemi e non se la sente di prestarti dei soldi.

Cos’è e a cosa serve il Crif

Anche in riferimento al Crif spesso ci si confonde fra la Centrale Rischi della Banca D’Italia (la CR) e la Centrale Rischi di Intermediazione Finanziaria (CRIF). Entrambi si occupano della gestione di informazioni inerenti al settore del credito, ma mentre la CR è coadiuvata dalla Banca D’Italia, la seconda è una società privata che si occupa di amministrare tutte quelle informazioni inoltrate da banche ed enti finanziari. Le differenze principali fra CR e CRIF sono:

  • l’invio obbligatorio delle informazioni da parte degli istituti finanziari nei confronti del CR, soprattutto per le situazioni debitorie che superano la soglia dei 30 mila euro;
  • l’invio facoltativo delle informazioni al Crif per ottenere dati più aggiornati ed in linea con le esigenze dei vari istituti.

Il Crif, essendo privato, nasce dall’esigenza di offrire servizi migliori, aggiornati ed adeguati all’attività degli istituti finanziari, che si trovano quotidianamente a coordinare centinaia di richieste di prestiti provenienti da altrettanti clienti. Se la CR rileva le insofferenze di un certo livello, i servizi del Crif sono più dettagliati perché raccolgono informazioni peculiari come ritardi nel pagamento di uno o più bollettini, inadempimenti anche di modica cifra e, appunto, eventuali rifiuti in caso di richieste di finanziamento. Tutte le informazioni raccolte provengono proprio da banche ed enti finanziari che, spontaneamente, hanno creato una sorta di banca dati da cui attingere per tutelarsi dai debitori che non pagano. In questo modo costoro sanno già dall’inizio chi è in grado di restituire un prestito e chi no, chi è abituato a ritardare con i bollettini e chi, invece, è attento ad ogni scadenza. Tutto questo sembra ingiusto, ma come ti sentiresti se dovessi prestare dei soldi ad un amico che, invece, non ti restituisce nulla? Non era meglio averlo saputo prima?

Cosa significa essere iscritti al Crif

Di solito Crif è sinonimo di “cattivo pagatore”, un appellativo molto pesante per chi viene segnalato. È come se Tizio entrasse in un posto e venga espulso perché in passato non ha tenuto un comportamento adeguato. Chiunque ha a che fare con il Crif si ritrova a dover affrontare una serie di dinieghi ogni qual volta affronta una spesa: può essere l’acquisto di un qualcosa, o appunto la richiesta di un finanziamento.
Però non sempre Crif è sinonimo di cattivo pagatore, poiché in caso di rifiuto di un prestito la segnalazione equivale al: Tizio sta cercando dei soldi. Tutto questo può sembrarti discriminante, in fondo non hai fatto nulla di male, ma la questione ruota sulla solvibilità o meno del finanziamento che hai richiesto, in riferimento ai dati forniti circa le garanzie (busta paga, redditi, ecc), ed il merito creditizio. Inoltre al Crif vengono inoltrate anche le informazioni sui debitori che regolarmente adempiono al pagamento delle rate, oltre ai casi in cui è la stessa persona a rinunciare ad un finanziamento.

L’invio dei dati creditizi al Crif avviene in due modi:

  1. previo consenso al trattamento dei dati personali, che avviene durante la richiesta di un finanziamento (magari fatto anni prima, o in sede di richiesta di un nuovo prestito) e nel corso dei relativi rimborsi. In altri termini, se nel passato hai richiesto un prestito anche piccolo, e ti è stato concesso, tutto quello che riguarda quel prestito fa parte della banca dati del Crif;
  2. automaticamente dalla banca in caso di “dati negativi”. I dati negativi riguardano proprio eventuali ritardi, rate non pagate ed il giudizio che l’ente finanziario esprime circa la solvibilità o meno del debitore.

Tutti questi dati (positivi e negativi) rientrano in una specie di calderone, messo a disposizione degli istituti di credito che vi attingono ogni qualvolta qualcuno faccia richiesta di un prestito. Il rifiuto potrebbe, in un certo senso, rientrare nell’ambito dei dati negativi, perché la banca ha analizzato la posizione del richiedente e l’ha reputata non idonea. Quindi è come se gli enti finanziari si scambiassero le informazioni fra loro, cercando di aiutarsi l’un l’altro ed evitare perdite di tempo nell’analisi della situazione creditoria di chi chiede un prestito.
Semplificando:

Tizio si reca nella filiale A per chiedere un finanziamento di 10 mila euro. Non ha redditi ma una semplice busta paga per un contratto a tempo determinato. La banca A accerta la solvibilità di Tizio e scopre che, tempo addietro, egli aveva chiesto un altro finanziamento per acquistare un cellulare, ma due bollettini sono stati pagati con tre mesi di ritardo. La banca A rifiuta di concedere i 10 mila euro a Tizio ed inoltra queste informazioni al Crif. Tizio si reca presso la banca B: costei accede alla banca dati e scopre che già l’istituto di credito A ha fatto le ricerche necessarie su Tizio. Senza perdere tempo la banca B decidere di rifiutare a sua volta il prestito, dopo aver consultato il registro Crif ed aver constatato l’avvenuto rifiuto.

Cosa succede se si è iscritti al Crif dopo il rifiuto di un prestito

Ciascun istituto finanziario inoltra le informazioni sui rapporti di credito instaurati con i propri clienti a cadenza mensile, di solito nei primi giorni di ciascun mese. È una questione di opportunità, perché di solito il pagamento di una rata avviene mese dopo mese, magari subito dopo l’accredito dello stipendio. Le banche raccolgono quindi tutti i dati relativi alle variazioni di stato su un rapporto di credito (Tizio ha estinto il proprio prestito, quindi non è più creditore), alle richieste di finanziamento accettate e rifiutate, ad eventuali ritardi nel rimborso dei vari debiti. Se ci si reca quindi il 18 di questo mese per la richiesta di un prestito, ed il 20 si viene a scoprire che la richiesta è stata rifiutata, questa segnalazione potrebbe essere inoltrata al Crif nei primi giorni del mese successivo. A partire da tale data decorreranno i giorni di permanenza della segnalazione nella banca dati del Crif, ragion per cui è a partire da tale termine che dovranno essere conteggiati i giorni di attesa per la cancellazione automatica.

La segnalazione rimane attiva per un mese. In questo arco temporale i dati circa il rifiuto di un prestito e quelli del cliente sono disponibili per tutti quegli istituti finanziari che lo desiderano. Trattandosi di un’ipotesi ben più moderata rispetto a quella di un cattivo pagatore, i termini di cancellazione sono molto più brevi, per cui è possibile rivolgersi nuovamente ad una banca dopo che sia trascorso il relativo mese di riferimento. Attenzione! Non da quando si è chiesto per la prima volta il prestito, bensì dalla data di comunicazione del rifiuto della banca al Crif.
La cancellazione avviene in maniera automatica, senza necessariamente inoltrare un’istanza da parte della persona interessata, che dovrà semplicemente aspettare almeno un mese prima di rivolgersi ad un altro istituto.

Come scoprire allora se si è iscritti al Crif a seguito del rifiuto di un prestito? Semplice, mediante una visura da richiedere direttamente alla società che si occupa della gestione delle informazioni di credito. La procedura comporta un costo che varia dai 4 euro fino ai 10 euro, a seconda se ci siano riscontri o meno sui dati anagrafici da te indicati: se effettivamente hai delle segnalazioni pendenti pagherai 4 euro. In caso contrario ne dovrai versare 10.
La procedura è giustificata dal diritto dell’interessato di accedere alle banche dati che potrebbero riguardarlo poiché, fin dal momento in cui negozi un prestito, potrebbe capitarti di firmare un’informativa sul trattamento dei dati personali, che riguarda appunto la procedura Crif. La visura ti permette di scoprire se hai delle vertenze con altri istituti di credito o se hai dei ritardi nel pagamento di qualche bollettino: in questo modo potrai far fronte ai tuoi debiti aspettando la successiva cancellazione automatica dai registri.

In quali altri casi si viene segnalati al Crif

Il rifiuto di un prestito e la successiva segnalazione al Crif potrebbe sembrare ingiustificata, ma esistono altri casi in cui si può essere segnalati al Crif. Vediamoli insieme:

  • rinuncia al finanziamento. L’ipotesi si riferisce a quei casi in cui, a seguito di trattative fra banca e cliente, quest’ultimo non accetta le condizioni poste dall’ente. L’iscrizione rimane attiva anch’essa per un mese, ed è giustificata dal fatto che una persona si è sottratta alle negoziazioni con l’istituto;
  • valutazione di un finanziamento. Oltre ai prestiti veloci (concessi in meno di una settimana), alcuni finanziamenti potrebbero richiedere una valutazione più lunga da parte dell’istituto finanziario. La relativa iscrizione rimane attiva per sei mesi;
  • finanziamenti rimborsati rispettando le scadenze. La banca aggiorna i dati dei suoi clienti ogni mese, compresi di quelli che, regolarmente, effettuano i pagamenti senza alcun ritardo. Si tratta di dati positivi che potrebbero essere sfruttati da qualsiasi istituto deputato per la concessione di un prestito, e la loro permanenza presso il Crif è di 36 mesi;
  • ritardo nel pagamento di una o due rate, o di più rate. La segnalazione al Crif perdura per 12 mesi (se il ritardo riguarda massimo due rate) o per 24 mesi (se il ritardo coinvolge più rate). Questi termini decorrono dal momento in cui la banca segnala l’avvenuta regolarizzazione delle rate, a patto però che il debitore adempia regolarmente fino all’estinzione del rapporto creditorio;
  • finanziamenti non rimborsati. È l’ipotesi più grave perché riguarda proprio coloro che chiedono un prestito ma non lo restituiscono, neanche con ritardo. La segnalazione nei registri Crif è di 36 mesi che decorrono o dall’ultima segnalazione inoltrata dalla banca, oppure dalla scadenza del rapporto di credito, ossia dal giorno in cui il debitore avrebbe dovuto pagare l’ultima rata.

Il problema sorge per quelle persone oneste che per questioni di lavoro e di garanzie non riescono ad accedere al credito. Attualmente non esiste una procedura che consente alla persona di accelerare i termini per la cancellazione dai registri Crif anche a seguito di rifiuto da parte della banca. Bisognerà attendere ed avere molta pazienza, magari sfruttando i termini per studiare meglio le garanzie da offrire all’istituto, in maniera tale da vedersi accettare la richiesta di un prestito.

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ARRIVA L’ESTATE: Cosa non si può fare in spiaggia

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L’accesso alla battigia, gli schiamazzi, i rifiuti, i giochi vietati, gli animali, il topless: cos’è lecito e cosa non lo è quando si fa la vacanza al mare.

Una vacanza in santa pace, dopo un anno passato a sopportare il caos cittadino e lo stress del lavoro: alzi la mano chi non l’ha mai sognata. Magari in riva al mare, sdraiati al sole con il solo rumore delle onde, lasciandosi tentare dalla meravigliosa sensazione del dolce far niente. E, soprattutto, senza il baccano dei bambini troppo vivaci che urlano senza pietà né ritegno, senza la pallonata improvvisa che arriva quando più tranquilli ci si sentiva, senza l’acqua gelida spruzzata addosso da chi decide si scrollare la chioma bagnata a 4 centimetri da noi, senza la musica sparata dallo stereo di quel gruppo di giovanotti convinti che tutto vale, tutto è consentito, anziché pensare a cosa non si può fare in spiaggia. Perché va bene la spensieratezza delle vacanze, ma tutti hanno diritto a «quella vacanza in santa pace, dopo un anno passato a sopportare il caos cittadino e lo stress del lavoro».

Alcuni divieti possono sembrare fin troppo rigidi e spesso vengono ignorati perché chi dovrebbe controllare o denunciare non lo fa. Certi comportamenti scorretti sono, così, diventati di uso popolare e presentarli ora tra le cose che non si possono fare in spiaggia può sembrare obsoleto se non addirittura esagerato. Tuttavia, esserne a conoscenza può evitare qualche brutta figura nel momento in cui si viene richiamati da qualche autorità o dal vicino di sdraio che perde la pazienza.

Cosa non si può fare in spiaggia: l’accesso ovunque

Di chi è la spiaggia? Chiunque ha libero accesso a quella caletta che sembra particolarmente tranquilla? Le spiagge sono passate dalle mani dello Stato a quelle delle Regioni e, pertanto, sono accessibili a tutti, a meno che si tratti di una spiaggia privata collegata direttamente ad una villa o ad un albergo. Fanno, dunque, parte del demanio marittimo, sono inalienabili ed inespropriabili e devono essere messe al servizio della collettività. I titolari delle concessioni sono tenuti a consentire il libero e gratuito accesso e transito per il raggiungimento della battigia antistante anche al fine di balneazione, come recita la legge [1].

Conviene anche precisare che per battigia si intende lo spazio contro il quale le onde si infrangono al suolo e che si estende per circa 5 metri dal limite del mare, anche se quello spazio può ridursi a 3 metri nelle spiagge di ampiezza inferiore ai 20 metri. Se ne deduce che chiunque è libero di camminare o di sostare nella battigia gratuitamente senza che nessuno glielo possa vietare. Solo in rari casi può essere richiesto un biglietto per l’uso di cabine, lettini, ombrelloni ecc. da parte dei titolari delle concessioni.

Quello che non si può fare in spiaggia, ed in particolare sulla battigia, è installare degli oggetti personali che impediscano o rendano difficoltoso il passaggio, il passeggio o il libero accesso al mare. Ombrelloni o lettini, appunto. Ma anche una tenda o una sdraio.

Cosa non si può fare in spiaggia: giocare a pallone

Ed eccoci ad uno di quegli usi diventati comuni ma teoricamente vietati. Tra le cose che non si possono fare in spiaggia c’è quella di giocare al pallone, a racchettoni o ad altri giochi che possano in qualche modo creare disturbo. Tutti noi abbiamo in mente la coppia di bagnanti, bambini e non, con le racchette e la pallina sulla battigia. Spesso chi passeggia in riva al mare si deve fermare per non rischiare una racchettata in faccia o una pallonata di chi tenta la rovesciata alla Cristiano Ronaldo. La Capitaneria di porto ha la facoltà di vietare questi giochi.

Cosa non si può fare in spiaggia: portare animali

Altro divieto che può dare fastidio, in questo caso a chi ama portare il cane al mare per dargli l’opportunità di fare una bella corsa o un bagno rinfrescante: nella maggior parte dei casi non è consentito portare degli animali in spiaggia. È importante, a questo proposito leggere (e, possibilmente, anche rispettare) eventuali cartelli in proposito collocati all’ingresso dell’arenile. Laddove l’ingresso degli animali è permesso, il proprietario viene, comunque, multato se consente al proprio cane di fare i propri bisogni in spiaggia o nel mare oppure di correre liberamente tra la gente. Un guinzaglionon solo non guasta ma sarebbe obbligatorio.

Cosa non si può fare in spiaggia: disturbare la quiete

Lo dicevamo all’inizio, parlando di «quella vacanza in santa pace, dopo un anno passato a sopportare il caos cittadino e lo stress del lavoro»: niente di peggio che arrivare presto in spiaggia quando quasi non c’è anima viva e, dopo qualche ora, ecco il gruppetto di ragazzi che spara lo stereo con il volume a palla sulle note di J-Ax e Fedez. Nel pomeriggio, invece, è il turno del vicino di sdraio che non rinuncia ad ascoltare alla radiol’avvio del campionato di calcio, verso la fine di agosto. Sappiano questi soggetti non solo che esistono le cuffie ma che tra le cose che non si possono fare in spiaggia rientra l’utilizzo della radio o di altre apparecchiature ad alto volume in grado di disturbare gli altri. Specialmente chi non gradisce J-Ax e Fedez e odia il calcio.

Stesso discorso andrebbe fatto per le famiglie che non dispongono di stereo o di radio ma di un tono di voce in grado di coprire perfino quello del compianto Pavarotti. Urlareai bambini dalla mattina alla sera è da considerare disturbo della quiete pubblica. Abbassare i toni e cercare di non fare chiasso è sempre cosa buona e giusta.

Cosa non si può fare in spiaggia: abbandonare i rifiuti

Essere costretti ad introdurre un divieto di abbandono dei rifiuti è, a dir poco, sconcertante: dovrebbe rientrare nel buon senso di qualsiasi cittadino con un minimo di civiltà e di buona educazione. Ma, siccome, non tutti sono così, ecco che si rende necessario ricordare altra cosa che non si può fare in spiaggia: lasciare in giro le confezioni di gelato o di merendine, i resti della frutta, il tovagliolo o il fazzolettino di carta, il chewing gum. Portarsi un sacchetto di plastica da casa non è un enorme sacrificio. Depositare all’interno la spazzatura e mettere il sacchetto in uno degli appositi contenitori anziché appoggiarlo sulla sabbia all’ombra di un pino marittimo, nemmeno. Alla pulizia della spiaggia ci pensa il Comune ma, con il contributo di tutti risulta più semplice.

Lo stesso vale per i fumatori. Quell’insana abitudine di seppellire il mozzicone di sigaretta sotto la sabbia è un’altra delle cose che non si possono fare in spiaggia. Sapete quanto ci vuole per smaltire una cicca di sigaretta senza filtro? Dai 6 ai 12 mesi, in quanto è fatta di carta e di foglie di tabacco. E sapete quanto ci mette una sigaretta con filtro? Dai 5 ai 12 anni, perché il filtro è fatto con un materiale chimico sintetico piuttosto resistente. In altre parole: se oggi imboscate un mozzicone sotto la sabbia e tornate quando il vostro figlio neonato avrà fatto la prima comunione, ve lo troverete ancora lì. Moltiplicate per il numero di fumatori che frequentano una spiaggia e ve ne renderete conto del disastro che si può combinare. Spegnerla e gettare la cicca nel sacchetto dei rifiuti (da buttare nell’apposito contenitore) non è poi così complicato.

Cosa non si può fare in spiaggia: topless sì o no?

Viviamo un’epoca in cui dovrebbero creare più scandalo la guerra, la corruzione o la violenza sui minori o sulle donne piuttosto che un topless al mare. Tuttavia, ci sono alcuni luoghi in cui prendere il sole con appena le mutandine del costume si considera una delle cose che non si possono fare in spiaggia in quanto può urtare la sensibilità del vicino di sdraio (e soprattutto della moglie del vicino di sdraio). Attenzione, dunque, ai divieti in questo senso. Va detto, comunque, che in Italia non esiste alcuna legge che impedisca a una donna di togliere il reggiseno in riva al mare, in quanto non si considera più un’offesa alla pubblica decenza. Ci può essere, però, il divieto di girare a seno nudoper le strade di una località balneare, purché questa limitazione arrivi dal sindaco con apposita ordinanza. Nel dubbio, per chi non vuole perdere un solo centimetro quadro di tintarella, meglio cercare una spiaggia di nudisti.

Cosa non si può fare in spiaggia: il bagno con bandiera rossa

La prudenza non è mai troppa quando si va in spiaggia. Di episodi tragici legati a qualche imprudenza ce ne sono fin troppi tutti gli anni. Ecco perché tra le cose che non si possono fare in spiaggia bisogna ricordare anche quella del bagno con la bandiera rossa. Non si tratta di un capriccio del bagnino che la issa, ma di una reale situazione di pericolo che va obbligatoriamente segnalata e possibilmente rispettata.

Ricordiamo che in spiaggia possiamo trovare tre tipi di bandiere:

  • la bandiera bianca indica che il mare è calmo e non c’è vento: tutto va bene, si può fare tranquillamente il bagno;
  • la bandiera gialla indica la presenza di forte vento: viene richiesta la chiusura degli ombrelloni;
  • la bandiera rossa indica che la balneazione diventa molto difficile a causa del mare troppo agitato. Se accompagnata dalla bandiera gialla, oltre a non fare il bagno è necessario chiudere gli ombrelloni.

note

[1] Art. 1 co. 251 legge 296/2006 e art. 11 co. 2 lettera d) legge 217/2011.

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I cachet dei programmi tv per giornalisti, vip e politici

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Svelati diversi compensi per le comparsate in tv. Mediaset paga meglio della Rai. Per La7 solo rimborsi, a parte la Gruber che coccola gli ospiti

Risultati immagini per politici in tv sono pagati

È capitato a tutti di chiedersi quanto prendeno gli ospiti vip dei programmi che guardiamo in televisione.

A volte capita anche di chiedersi “ma è possbile che vengano pure pagati”. La risposta è una, che il personaggio dica cosa buone o cattive, avrà il suo compenso.

A svelare i cachet pagati per le le ospitate è un articolo del quotidiano La Notizia. A prenderte il gettone presenza sono soprattutto gli ospiti di talk show e programmi di infotainment sportivo. Bisogna dire che la maggior parte partecipa gratuitamente, ma tra quelli che percepiscono qualche soldino sono personaggi dello spettacolo, qualche giornalista e alcuni politici.

Tra quelli che pagano la presenza, c’è Mediaset. Anzi a dir la verità è quella che paga meglio. Un esempio? La rete televisiva ha sborsato 20mila euro per ogni partecipazione di Claudio Amendola Risultati immagini per claudio amendolaal Grande Fratello. Non solo, ma ha pure versato 5mila per avere Vladimir Luxuria. I meno quotati sono Alba Parietti e l’opinionista Giampiero Mughini, volto storico della seconda serata del calcio parlato, ora fedele al programma Tiki Taka, che incassano tra i 1500 e i 2000 euro a presenza. Stesse cifre per altri ospiti frequenti del programma di Pierluigi Pardo: Melissa Satta Risultati immagini per Melissa Sattae Giuseppe Cruciani. Il conduttore della Zanzara potrebbe presto potrebbe amumentare le sue quotazioni del suo cachet se dovesse accettare l’avventura a Ballando con le stelle. Cifre più contenute a Mattino 5: tra le 500 e le 2000 euro.

Le ospitate in Rai, sono pagate meno. Basti pensare al Processo del lunedì, dove la più pagata sarebbe stata Mara Maionchi,Risultati immagini per mara maionchi il cui compenso però non è noto. Non se la spassa male Andrea Scanzi del Fatto quotidiano, che per ogni apparizione ha intasca tra le 1000 e le 1500 euro. In viale Mazzini però non si riconosce spesso un gettone di presenza, e se viene dato, di norma, non va oltre le 500 euro. Unica eccezione per chi si presta a fare il giudice in programmi come Ballando o Tale e Quale: vedi Zazzaroni, Lippi, Goggi e Proietti.

Tra i cachet più sfortunati quelli di La7, ma anche qui c’è qualche eccezione. Chi viene chiamato per partecipare alle levatacce diOmnibus, o a Coffe Break, oppure l’Aria che tira, sarà ripagato solo con un ricco pacco di visibilità. Per i più fortunati viene dato il rimborso del taxi. A coccolare gli ospiti ci pensa Lilli Gruber Risultati immagini per Lilli Gruber

che mantiene un giro fisso di ospiti sin dall’inizio della stagione. Alcuni esempi: Damilano, Cacciari, Travaglio e il solito onnisciente Scanzi. Per loro pagamento forfettario con tanto di contratto.

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dura vita dei presenzialisti tv

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Mauro Fortini e Niki Giusino. Uno non può lavorare: “Ho la sindrome di Scheuermann”. L’altro ci ha provato: faceva l’odontotecnico in nero. “Però quando non c’è il giornalista, i tg usano noi”

Dura la vita del presenzialista, così si definisce Mauro Fortini. Sveglia alle 5. Consultazione immediata della pagina 104 di Televideo, che elenca orari e luoghi degli appuntamenti istituzionali di giornata. Partenza da Bracciano con il treno delle 7.32, arrivo a Roma alle 8.16. Da quel momento in avanti, la Caienna. «Stamattina so’ annato: a Montecitorio; a Palazzo Madama, be’, dalla Camera e dal Senato ce passo ogni ora; dal ministro Giancarlo Padoan alla Confcommercio, ahò, manco una telecamera ci ho trovato; poi ar Nazareno, sede del Pd; a San Lorenzo in Lucina, sede di Forza Italia; al Forum hotel, dove alloggia Beppe Grillo quando scende nella capitale, nun so se l’abbia scelto perché lì prima ce dormiva Mario Monti; a Palazzo Grazioli, casa di Silvio Berlusconi; a via Uffici del Vicario, sede dei gruppi parlamentari; un giretto ar Pantheon; ‘n’artro ar Tempio di Adriano, lì però ormai so’ off limits, te fanno entra’ solo con l’invito».

Ecco spiegato perché alle 15.30, provvisoriamente fermo in un bar, il nostro ingolli una bustina di zucchero dietro l’altra e acqua minerale a garganella, «me devo sostene’, me devo idrata’», e come mai il suo peso resti sotto i 65 chili. La maratona quotidiana prosegue fino alle 21.22, quando gli riparte l’ultimo treno per Bracciano. Festivi e ferie mai.

Il presenzialista Fortini è quel tizio dal viso smunto che da anni fa capolino dietro gli intervistati nei telegiornali, con una penna appoggiata alle labbra, «eccola qua, s’è pure rotta, l’ho dovuta incerotta’», talvolta elevata all’altezza della fronte e poi di nuovo riportata alla bocca, in un ipnotico saliscendi che distrae il telespettatore, sottrae la scena al potentone di turno e manda in bestia i cameraman, costretti a stringere l’inquadratura nell’inane tentativo di far scomparire l’intruso. Il destino ha voluto che dal 2010 gli intrusi diventassero due: a destra o a sinistra del politico, intento a declamare in 10 secondi netti la sua scipita sentenza quotidiana, compare anche Niki Giusino, chioma da Pel di carota, naso all’insù da Michael Jackson, «l’altra faccia della tv», ipse dixit. E lì c’è poco da stringere perché sono 113 chili, roba che metà video se ne va tutta per lui.

Vediamo com’è nato, per partenogenesi, il duplo mediatico. Fortini, il maestro, è del 1960. Diploma di odontotecnico. Genitori defunti. Il padre Bruno, fabbro, aveva la bottega a San Lorenzo ma non forgiava solo inferriate: anche scenografie per la Rai. Quindi c’entra la predestinazione. La madre Nicolina, casalinga, ebbe cinque figli. Giusino, l’allievo, è del 1995. Studi da grafico industriale interrotti al terzo anno per dedicarsi alle comparsate televisive. Il padre Mario, meccanico, lo fece battezzare direttamente Niki, anziché Nicola, sicuro che quello sarebbe stato il diminutivo che tutti avrebbero affibbiato all’ultimogenito, e dunque tanto valeva imporglielo fin dalla nascita. La madre Sara, casalinga, ha messo al mondo altri due figli.

Per Fortini la data della prima apparizione in video è il 16 dicembre 1998. Crolla un edificio in via di Vigna Jacobini, 27 morti. Mosso da un inspiegabile impulso, il presenzialista si reca sul posto. Alle 20.30 la sua faccia irrompe in mondovisione nel Tg2. Giuseppe, il fratello di suo cognato che fa il gelataio a New York, la vede e telefona dalla Grande Mela per complimentarsi. «Capii d’aver trovato la mia strada nella vita». Anche per Giusino galeotta fu la morte, in questo caso una sola, benché di rango: quella di Francesco Cossiga. Il 17 agosto 2010 passa dalle parti del Policlinico Gemelli, nota un groviglio di telecamere, decide di fermarsi e s’intrufola nella diretta del Tg3, alle spalle di Francesca Lagorio, la quale alla fine si congratula per l’atteggiamento rispettoso mantenuto durante l’incursione.

La coppia Fortini & Giusino ha dapprima oscurato e poi ereditato il ruolo un tempo ricoperto da Gabriele Paolini, il primo disturbatore televisivo, passato dai fogli di via alle disavventure giudiziarie per prostituzione minorile, detenzione di materiale pedopornografico, molestie, tentata estorsione, calunnia, diffamazione, fino al recente rinvio a giudizio per violenza sessuale aggravata e interruzione di pubblico servizio: aveva palpeggiato una cronista del Tg1.

Un’eredità controversa.

Fortini: «Io non sono un disturbatore. Al massimo un abusivo».

Giusino: «Gliel’ho anche detto: a’ Gabrie’, ma erede de che? Io so’ stanco de fa’ l’intruso».

E che cosa vorrebbe fare?

«Il postino di Maria De Filippi. A novembre ho intrapreso uno sciopero della fame per impietosirla. Me so’ pure girato un video minacciatorio pe’ dicce: Maria, la mia incolumità è nelle tue mani!».

Nel 1999, non ancora scoppiato del tutto, Paolini mi confessò che la sua missione era «inquinare i telegiornali». La vostra?

Fortini: «Finire del Guinness world records. Avrò più di 10.000 videocassette delle mie apparizioni. Le sto riversando nei Dvd, prima che si rovinino».

Giusino: «Io ho totalizzato 3.000 dirette. L’attore Francesco Pannofino e Massimo Ferrero, Er Viperetta presidente della Sampdoria, mi hanno detto che ho le doti per fare del cinema. Vorrei sfondare. Finora ho sfondato solo due letti».

Paolini si batteva per la diffusione dei preservativi, tant’è che quando importunò Giancarlo Magalli agitando uno di quei cosi, il presentatore svicolò con prontezza di spirito: «L’avesse usato tua mamma, sai come saremmo contenti?». E voi?

Fortini: «L’unico appello potrei farlo per gli animali. Ho allevato di tutto: cani, merli, piccioni, tartarughe. M’è pure morta annegata una gallina nella tinozza in cui mi lavavo. È scivolata sulla sponda saponata, porella. È colpa mia se fino al 1976 in casa al posto del bagno avevamo solo la bagnarola?».

Giusino: «Io tenevo sul balcone, al quartiere Boccea, una pecorella abbandonata. La allattavo con il biberon. Anche un gallo ho allevato sul poggiolo».

Ma non potreste rendervi utili?

Giusino: «Mia zia è laureata in psicologia. Manco la bidella je fanno fa’. Servono le raccomandazioni».

Su Twitter ho letto un invito: «Vai al lavoro, consumatore di aria!».

«Lascio il mio posto ai più bisognosi. Non lo dico per scherzo. Che potrei fa’ con la sindrome di Scheuermann? Giusto le fotocopie. Lavori pesanti no, perché due anni fa sono rimasto per 18 ore sotto i ferri al Gemelli. Il professor Francesco Tamburelli mi ha sottoposto a un intervento di stabilizzazione della colonna vertebrale: protesi in titanio e 88 punti di sutura per correggere una grave forma di cifosi-scoliosi».

Fortini: «Sono stato idraulico, fabbro, muratore. Ho avuto un banco di ferramenta a Porta Portese. Ho esercitato in nero come odontotecnico. Poi per 11 anni ho assistito mi’ padre e mi’ madre, finché non sono morti e ho perso l’indennità di accompagnamento».

E attualmente di che vive?

«Ho venduto l’appartamento che mamma aveva lasciato a me e ai miei fratelli. Me so’ toccati 70.000 euro. Perciò vivo di rendita. Ho fatto conto che non spendo più di 5.000 euro l’anno per mangiare, vestirmi e pagare le bollette. La casa di Bracciano me l’ha messa a disposizione gratis una parente».

E lei, Giusino, di che campa?

«Di Youtube. Il mio canale ha avuto 7 milioni di visualizzazioni in tre anni, quindi attira molti sponsor. Arrivo a farci 300 euro al mese».

Sarete anche sulle spese, stando in giro per Roma tutto il giorno.

«Ci portiamo i panini da casa. O andiamo da Bufala & Pachino, a via Firenze, dove una pastasciutta costa solo 1 euro e 90. Ma se piji un supplì, te lo fanno paga’ 1 euro come dappertutto».

Non vi prendono a calci, come fece il povero Paolo Frajese con Paolini in una memorabile diretta del Tg1 ?

Giusino: «Mi hanno menato solo al corteo della Fiom in partenza da piazza Esedra. Un metalmeccanico m’ha tirato una pedata nello stinco. Tre giorni di prognosi. Se la pijano con noi perché annamo appresso ai politici».

Fortini: «A me Ignazio La Russa ha dato del cojone. Mi ha spintonato e insultato. Potevo denunciarlo».

Dimentica Laura Ravetto, che, stizzita dalle sue interferenze, la invitò a infilarsi «la matita» in quel posto.

«L’onorevole ce scherza, ma a forza di rosicchiare la penna ho perso quattro denti: un incisivo, un canino e due premolari». (Scosta la guancia con un dito, mostrando la cavità orale disastrata).

Che pensa di Matteo Renzi?

«È la brutta copia di Silvio Berlusconi».

Giusino: «No, di mister Bean».

Fortini: «Berlusconi ha tolto la tassa sulla casa. Il Pd l’ha rimessa. Ora Renzi la vuole leva’ di nuovo. E gli 80 euro? Ma chi li prende? A me nun m’ha dato gnente. Anzi, da marzo gli inoccupati devono pure paga’ er ticket sanitario».

Scusi, Fortini, ma non è geloso di ‘sto ragazzone che le fa concorrenza?

«Pe’ gnente. Non è mica il primo che entra in competizione. Tra i presenzialisti ce so’ stati Valentino Castriota, che poi fu arruolato come portavoce dai familiari della povera Sarah Scazzi; un tal Maurizio da Frosinone; pure una giornalista, ‘na certa Bibbi. Ma nessuno è durato quanto me».

So che deve vedersela persino con una vecchietta di nome Annarella.

«Quello è un caso a parte. Ha 89 anni. S’è messa in mezzo nei tiggì dal 2010. Ma lei prende di petto i politici».

Giusino: «E quelli je danno le mezze piotte, così se sta’ zitta».

Cioè?

«La mazzetta, 100 euro».

Fortini: «A’ voja! Je danno pure i cappotti e i vestiti, je pagano le bollette».

Non tutti sono pazienti come Francesco Nucara, segretario del Pri, con il quale lei s’improvvisò intervistatore.

«Ma quando in piazza c’è solo l’operatore, senza giornalista, e le uniche domande al politico le pone Fortini, le tv mandano in onda le risposte. Allora je vado bene! Me dovrebbero ringrazia’».

Com’è che Papa Francesco non siete mai riusciti a molestarlo?

Fortini: «Troppo star. Nun c’è gusto».

Giusino: «Se fa i selfie pure con i sanpietrini, però è un grande».

Fortini: «La deve smette’ de fasse i selfie, sta a diventa’ ridicolo. Facesse er Papa. Distante. Che parla dall’alto. Sennò la religione perde la sua sacralità».

Il personaggio pubblico più conciliante?

Giusino: «Maurizio Gasparri».

Fortini: «Ha pure lanciato un appello all’Ordine dei giornalisti perché mi dia il tesserino ad honorem».

Giusino: «Invece Massimo D’Alema e Piero Fassino, quanno ce vedono, scappano».

Comparire sempre nei tg offre qualche chance con le donne?

Giusino: «Io so’ stato con due giornaliste di testate online, famose».

Fortini: «Io co’ le vecchie. Dai 60 ai 78 anni. Solo sesso orale, però. De davanti me farebbe senso. Tariffario Fortini. Vojono che mi metto la parrucca. Alcune non hanno più avuto bisogno della cardioaspirina. Il sesso fa bene alla salute, che tte credi?».

Chi è il migliore dei due, televisivamente parlando?

«Io, Mauro Fortini».

Giusino: «Questo lo dici te. Alora pur’io dico che er mijore so’ io. Però nun lo posso di’».

Ma c’è qualche momento della vita in cui siete seri?

Fortini: «Quando faccio il mio lavoro non retribuito. Ce sto a perde’ la vita».

Giusino: «Ai funerali». (Ride).

L’ultima volta che avete pianto?

Fortini: «Nel 2011, quanno è morta mi’ madre».

Giusino: «Quanno m’hanno detto che me dovevano opera’».

Un sogno nel cassetto?

Fortini: «Vorrei condurre una trasmissione tipo Geo & Geo. Conosco tutti gli anfratti di Roma, anche quelli dove manco Mario Tozzi ha mai messo piede».

Giusino: «Maria De Filippi forever!».

Io capisco tutto, ma non penserete davvero di arrivare a 80 anni gigioneggiando nei telegiornali.

Fortini: «Ne avevo 39 quanno ho cominciato, mo’ ne ho 55. Me tocca continua’».

Senza la tv, che fareste nella vita?

Giusino: «Me butto su Internet».

Fortini: «Il radioamatore».

Non avete mai l’impressione di sprecarla, la vita?

Giusino: «Sì».

Fortini: «No. Perché un giorno si ricorderanno di me».

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”ECCO CHI COMANDA VERAMENTE”

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LA DENUNCIA DELLA GABANELLI FA TREMARE MEZZO MONDO:

La Gabanelli e’ una famosa giornalista della RAI 3,che con il suo programma inchiesta REPORT ha spesso creato imbarazzo in autorità’ politiche. Ma come tutti i giornalisti non supera quella famosa linea rossa dell’informazione che pero’ in questo caso sembra aver varcato anche se in modo soft.

La denuncia della Gabanelli che fa tremare “mezzo mondo”.Ecco chi ci comanda veramente.Il video della trasmissione “Report” da non perdere e condividere.
“Quando la politica non funziona diventa tecnica (o meglio tecnocrazia, vedi i governi tecnici susseguitisi in italia dopo la caduta pilotata di Berlusconi, Monti in primis)”. Con queste parole la Gabanelli esordisce all’ inizio di questo video, che svela ciò che molti non sanno e che altri non vogliono che si sappia…

Tutto parte dagli anni 80, quando esponenti di spicco di Stati Uniti, Europa e Giappone diedero vita alla commissione trilaterale (gruppo Bilderberg) voluta da Rockfeller per disegnare il futuro del mondo. Da allora, questa commissione non ha mai smesso di riunirsi in seduta plenaria una volta l’anno (con esponenti politici, industriali ecc), eancora oggi decide le sorti politiche e non solo del pianeta.

Nel corso degli anni essa si è posta sempre l’obiettivo di ridurre la democrazia, dando sempre più potere ai governi e meno ai parlamenti, più tecnocrazia (dittatura fiscale e non solo) e meno politica.

I membri della commissione ritengono che ogni paese non abbia bisogno di uno “Stato” così come lo si è inteso per centinaia di anni, e quindi agiscono per poter eliminare il concetto di sovranità nazionale e di autodeterminazione(come dimostrato dall’ Euro e dall’ UE).
Negli anni in cui fu fondata la commissione trilaterale, nessuno poteva pensare che essa avrebbe portato il mondo a diventare ciò che è oggi, talmente connesso a livello finanziario che se dovesse cadere una nazione si trascinerebbe dietro l’intero pianeta.
E anche di ciò che è stato sopra citato l’Euro e l’ UE ne sono una palese dimostrazione alla luce del sole, dove la Grecia in primis e l’Italia rappresentano la minaccia europea, ossia le nazioni che potrebbero cadere e trascinarsi dietro l’intera Unione Europea.

Ma chi sono attualmente i membri della commissione trilaterale? E chi sono quelli italiani?

Di Francesco Amodeo

Mario Monti

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lo troviamo, ovviamente, anche qui con un ruolo di prim’ordine: infatti è stato addirittura il presidente europeo della Commissione Trilaterale, posto che oggi è ricoperto da

Jean-Claude Trichet,

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che guarda caso era già stato, proprio come Mario Monti, presidente della lobby belga Brugel. Trichet è anche Presidente del Gruppo dei 30, potenti della finanza mondiale di cui fa parte anche

Mario Draghi.

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E come se non bastasse è proprio Trichet che ha preceduto Draghi alla presidenza della Banca Centrale Europea.

Come presidente onorario europeo della Commissione Trilaterale abbiamo un tale

Peter Sutherland,

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e indovinate chi è? È il Presidente della Goldman Sachs, la stessa per la quale hanno lavorato proprio Monti, Prodi, Draghi, la stessa della crisi in America dei mutui subprime, la stessa della crisi in Italia con la vendita dei BTP, la stessa che ha aiutato la Grecia a truccare i conti con operazioni di finanza “creativa”, e che poi ha imposto in Grecia il suo uomo, Papademos.
Nella Commissione Trilaterale troviamo anche il nostro ex Presidente del Consiglio

Enrico Letta,

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che è anche vicepresidente di Aspen Italia, e che ha partecipato al Bilderberg nel 2012, ossia l’anno prima di essere scelto come Presidente del Consiglio italiano. Poi abbiamo

John Elkann,

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presidente della Fiat, altro vicepresidente di Aspen Institute Italia, assiduo frequentatore del Bilderberg. Egli è inoltre presidente dell’Editrice La Stampa e di Itedi, ed è nel consiglio di amministrazione di RCS MediaGroup, e di “The Economist”.

È membro della Commissione Trilaterale anche

Enrico Tommaso Cucchiani,

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che proprio nel 2013 ha partecipato al Bilderberg in sostituzione di Corrado Passera

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come CEO di Intesa Sanpaolo, la principale banca italiana e maggiore azionista della Banca d’Italia, che è rappresentata nella Trilaterale anche dal vicepresidente

Marcello Sala,

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che ha ricevuto dal consiglio di gestione l’incarico di sviluppare le relazioni internazionali e seguire i progetti di internazionalizzazione del gruppo bancario. Presente anche

Giuseppe Vita,

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presidente di UniCredit, altra banca azionista della Banca d’Italia. Cominciate a capire dove prendono le decisioni che riguardano i nostri soldi? Anche

Gianfelice Rocca,

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presidente Techint Group, proprio come Cucchiani, ha partecipato al Bilderberg nel 2013, ed anche lui è membro del comitato esecutivo di Aspen Institute. Queste lobby sembrano davvero essere onnipresenti, ed i partecipanti indissolubilmente interconnessi.

Non faccio in tempo a cominciare la conta delle “tre”coincidenze che mi ritrovo subito davanti ad una prova.
Nella Commissione Trilaterale non poteva mancare

Marco Tronchetti Provera,

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presidente della Pirelli, componente del consiglio di amministrazione di RCS Quotidiani, membro dell’esecutivo di Confindustria, vicepresidente di Mediobanca. Anche Tronchetti Provera ha ovviamente in passato partecipato alle riunioni del Gruppo Bilderberg. Ormai diventa quasi scontato e quindi superfluo ribadirlo. Poi troviamo

Marta Dassù,

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che, oltre ad essere membro della Commissione Trilaterale, è Direttore Generale per le Attività Internazionali di Aspen Institute, ed è stata anche consulente per la politica estera di D’Alema.

Dassù è stata sottosegretario al ministero degli Affari Esteri nel Governo Monti (Bilderberg) e viceministro della Bonino (Bilderberg), agli Esteri nel Governo Letta (Bilderberg). Come noterete, si scelgono tra di loro. Su questo non ci può essere più alcun dubbio, alla faccia del popolo sovrano.

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 Poi c’è

Federica Guidi,

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vicepresidente di Ducati, che ha partecipato alle riunioni della Commissione Trilaterale, e guarda caso proprio recentemente la Ducati è stata venduta ai tedeschi di Audi. Sarà anche questa una coincidenza? Ovviamente sono in pochi gli italiani a saperlo: tutti invece pensano che la casa motociclistica sia ancora italiana. La Guidi è anche Presidente dei giovani imprenditori di Confindustria. E perché no? è giusto che in queste lobby si cominci ad essere indottrinati fin da giovani (chissà che non ce la troveremo come Ministro al prossimo governo).
Cosa dire dei rappresentanti delle principali aziende da privatizzare?
Ovviamente li ritroviamo tutti sugli attenti anche in quest’altra lobby di matrice neoliberista. Abbiamo infatti

Giuseppe Recchi

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del gruppo Eni, e

Pier Francesco Guarguaglini,

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presidente di Finmeccanica.
Abbiamo visto che le banche sono tutte in prima fila nella Commissione Trilaterale, ed, infatti, possiamo aggiungere oltre alle principali, già citate, anche

Maurizio Sella,

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presidente del Gruppo Banca Sella ed ex Presidente della Associazione Banche Italiane;

Ferdinando Salleo,

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vicepresidente di Mediocredito ed ex ambasciatore italiano negli Stati Uniti. Ma non si sono fatti mancare proprio nulla, ed infatti abbiamo anche

Stefano Silvestri,

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presidente dell’Istituto Affari Internazionali, editorialista de “Il Sole 24 ore”, che è stato anche sottosegretario di stato alla Difesa ed è membro del consiglio d’amministrazione della Federazione Aziende Italiane per l’Aerospazio, la Difesa e la Sicurezza; ed ancora,

Franco Venturini,

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giornalista, storico commentatore per gli affari esteri del “Corriere della Sera”, un altro gruppo che abbiamo visto essere sempre presente in vari modi in queste lobby. E per concludere, proprio come Mario Monti abbiamo

Carlo Secchi,

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professore ordinario di politica economica europea, e Rettore dell’Università Bocconi dal 2000 al 2004. Io ho ricevuto da una mia fonte una locandina assolutamente inedita che dimostra che addirittura nel 1983, in occasione dei dieci anni della Commissione Trilaterale, la riunione si svolse a Roma, e come relatori per L’Italia ci furono proprio Romano Prodi

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in veste di presidente dell’IRI, incredibilmente insieme a Mario Monti, che non sono riuscito a capire a che titolo sia stato scelto, a quei tempi, come relatore per l’Italia in una così importante commissione, essendo semplicemente un professore di economia.

Soltanto l’anno dopo quella riunione, infatti, diventerà professore della Bocconi di Milano, e poi comincerà la sua carriera alla Commissione Europea.
Tra i relatori per l’America c’era il pericoloso, controverso e potentissimo Segretario di Stato

Henry Kissinger.

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Per quanto riguarda i nostri politici che partecipano alle riunioni di queste lobby di potere, come il Bilderberg o la Commissione Trilaterale, la domanda che mi pongo è la seguente: non c’è un evidente conflitto d’interessi con gli incarichi pubblici che svolgono?

Privacy: cosa deve contenere il certificato medico

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Quali informazioni deve contenere il certificato medico trasmesso al datore di lavoro affinché non si verifichi una violazione della privacy del lavoratore?

Il lavoratore che si assenta per malattia deve fornire al proprio datore di lavoro la certificazione medica riguardante la propria patologia. Quest’attività, tuttavia, come si concilia con il diritto alla privacy? Vediamolo di seguito.

Tutela della privacy nei certificati medici per malattia

In punto di conciliabilità tra obbligo di refertazione della malattia al datore di lavoro e diritto alla privacy del lavoratore è intervenuto il Garante della Privacy [1] che ha chiarito che nei certificati medici rilasciati da enti pubblici devono essere presenti solo informazioni generiche e non dati di carattere personale relativi allo stato di salute del paziente, la tipologia di diagnosi effettuata, la patologia riscontrata.

Il datore di lavoro, peraltro, non deve compiere indagini sulla malattia del lavoratore, quali ad esempio risalire alla struttura o al medico che ha emesso il certificato, ma deve fidarsi esclusivamente delle informazioni contenute dal certificato medico. Se poi il lavoratore produce documentazione in cui è presente anche la diagnosi, l’ufficio deve astenersi dall’utilizzare queste informazioni e deve invitare il personale a non produrre altri certificati con le stesse caratteristiche. Inoltre, particolari cautele devono essere adottate dall’ente pubblico quando tratta dati sulla salute dei dipendenti nei casi di visite medico legali, denunce di infortunio all’Inail (Istituto Nazionale Infortuni sul Lavoro), abilitazioni al porto d’armi e alla guida.

Riassumendo, il certificato medico deve essere generico e non deve fornire indicazionicirca:

  • lo stato di salute del paziente;
  • l’ospedale;
  • la generica struttura sanitaria;
  • la specializzazione del reparto;
  • la specializzazione del medico;
  • la tipologia di esame diagnostico effettuato;
  • la tipologia di visita effettuata.

La violazione di queste prescrizioni è causa di violazione della privacy e dunque fa sorgere il diritto al risarcimento del danno. Questo principio è stato recentemente confermato dalla Corte di Cassazione [2] che ha avuto modo di precisare alcuni punti fermi. Vediamo nel dettaglio la fattispecie all’esame della Suprema Corte.

Privacy e certificato medico: il caso

Un insegnante citava in giudizio il medico fiscale che aveva refertato la sua assenza per malattia inviando al preside del Liceo nel quale insegnava copia del referto medicodestinata al datore di lavoro in cui era stato riportato che il docente era “in attesa di consulenza psichiatrica“. Respinte le sue domande anche in appello, il docente è giunto fino in Cassazione dove, sebbene il giudizio si sia concluso per lui negativamente, la Corte ha ritenuto censurabile la condotta del medico fiscale e sussistente la violazione in materia di privacy ai danni del ricorrente.

Secondo la Cassazione è censurabile la condotta del medico fiscale che ha annotato sul referto medico la circostanza che il paziente era in attesa di una consulenza psichiatrica e pertanto è idonea a provocare una lesione all’immagine del docente nonché ad avere ripercussioni immediate sulla sua esistenza, consistenti nell’allontanamento e nella diffidenza maturata nei suoi confronti dagli amici, dai parenti e dai colleghi.

Difatti la riservatezza imposta nella refertazione del medico fiscale esige che non debba essere annotata sulla copia per il datore di lavoro la diagnosi del paziente ed è altresì vero che l’interpretazione delle norme preposte alla tutela della riservatezza, con particolare riferimento ai dati sensibili quali certamente sono quelli concernenti le condizioni di salute del dipendente malato, induce a ritenere che il datore di lavorodebba essere a conoscenza soltanto della conferma della prognosi da parte del medico fiscale.

Da quanto detto può affermarsi che tutte le volte in cui il certificato medico contiene le informazioni sullo stato di salute del lavoratore, si verifica una violazione del suo diritto alla riservatezza e, dunque, un contestuale diritto al risarcimento del danno.

note

[1] Deliberazione n. 23 del 14.06.2007.

[2]Cass. ord. n. 2367 del 31.01.2018;

fonte

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