Storia di Babbo Natale

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babbo natale

La storia di Babbo Natale, l’eroe della più popolare festa cristiana, ha origini lontane. Il Babbo Natale originario, infatti, era niente di meno che San Nicola, vissuto nel quarto secolo, dal quale deriva il nome con cui è noto nel mondo anglosassone: Santa Claus

​​​Babbo Natale, l’amico di tutti i bambini, paffuto e sorridente, con il suo completo di panno rosso bordato di pelliccia bianca, con il suo sacco carico di doni, la sua magica slitta trainata da renne che, nella notte di Natale, accompagnata dal suono di campanelli, solca i cieli di tutto il mondo per portare doni a grandi e piccini. La favola di Babbo Natale – che nel mondo anglosassone viene chiamato Santa Claus – ha origini lontane.

Alle origini: San Nicola

Un personaggio molto simile a Santa Claus è realmente esistito: si tratta di San Nicola. Nato a Patara, in Turchia, da una ricca famiglia, divenne vescovo di Myra in Lycia nel IV secolo e con molta probabilità partecipò nel 325 al Concilio di Nicea. Alla sua morte, le spoglie furono deposte a Myra fino al 1807 quando, trafugate da un gruppo di cavalieri italiani travestiti da mercanti, furono portate a Bari, città dove sono tutt’ora conservate e di cui San Nicola è il Santo Patrono. San Nicola è anche il protettore dei bambini e degli scolari.

Si diffusero moltissime leggende sulla storia di San Nicola, una delle più famose è quella di cui parla Dante nel “Purgatorio”. San Nicola era addolorato dal pianto di tre giovani poverissime e del loro padre, un nobile caduto in miseria, ormai troppo povero per procurare una dote sufficiente per far sposare le figlie. Intenerito dal pianto e dalle preghiere del pover’uomo, Nicola decise di aiutarlo lanciando per tre notti dalla finestra un sacchetto carico di monete d’oro. Le prime due notti le cose andarono come previsto, la terza notte San Nicola trovò la finestra inspiegabilmente chiusa. Fu così che, arrampicatosi sul tetto, gettò le monete dal camino dove erano stese ad asciugare le calze del nobiluomo e delle sue figlie. Nella fantasia popolare San Nicola divenne portatore di doni: si festeggia il 6 dicembre, data in cui il vecchio Santo in groppa al suo fedele asinello porta regali ai tanti bambini che ancora credono in lui.

Dall’Europa all’America

La leggenda di San Nicola fece il giro d’Europa: quando i primi immigrati olandesi sbarcarono a New Amsterdam, l’odierna New York, portarono con loro anche l’immagine di San Nicola “Sinter Klaas” che, posta sulla prua della nave, proteggeva i marinai durante il lungo viaggio.

La figura del Santo affascinò anche i coloni inglesi: è del 1809 il libro “Una storia di New York” in cui si parla di “Sancte Claus“, un vescovo in miniatura che nella notte di Natale volava sui cieli in groppa ad un cavallo bianco portando doni. Nel 1921 apparve un poemetto di William Gilley in cui “Sante Claus”, vestito di pelliccia, guidava una slitta trainata da una renna e portava i suoi doni. Due anni dopo, seguì il racconto di Clement Clarke Moore, nel quale si legge che la notte della vigilia di Natale un piccolo uomo sfrecciava nei cieli su una slitta trainata da otto renne, ognuna con il suo nome, recando doni a tutti i bambini del mondo.

 

A partire dal 2018 arriva ConciliaWeb

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Dal 2018 i consumatori avranno la possibilità di risolvere le controversie con gli operatori di telefonia e Pay TV direttamente online tramite la piattaforma ConciliaWeb. A partire dal prossimo anno in caso di riscontro di disservizi telefonicio legati all’abbonamento Pay TV sarà quindi possibile rivolgersi al nuovo servizio dell’AGCOM di risoluzione delle controversie via web.

ConciliaWeb AGCOM: il nuovo sistema di conciliazione e risoluzione delle controversie

ConciliaWeb è il nuovo sistema di assistenza AGCOM per risolvere i disservizi telefonici, internet e Pay TV. Problemi di doppia fatturazione o di banda minima garantita sono solo alcune delle controversie che a partire dal nuovo anno sarà possibile risolvere online.

Il nuovo sistema di conciliazione e risoluzione delle controversie AGCOM si inserisce all’interno di un progetto di trasformazione digitale delle procedure dell’Autorità in materia di risoluzione delle controversie, rirmborsi e indennizzi.

Tale piattaforma informatrizzata si andrà ad affiancare alle attività dei Comitati regionali per la comunicazione (Co.Re.Com) incaricati dal 2002 di assicurare le esigenze di decentramento sul territorio di alcune delle funzioni proprie dell’AGCOM che solo nel primo semestre del 2017 hanno portato alla risoluzione di oltre 33mila controversie.

Grazie a ConciliaWeb, dal 2018 i cittadini potranno quindi accedere al sistema di risoluzione delle controversie e alle procedure di conciliazione presso i Co.Re.Com via web da qualunque device.

DA LEGGERE: Segnale WiFi debole: come potenziare la ricezione WiFi?

Misurainternet AGCOM, speed test ADSL e fibra

In materia di disservizi telefonici, ti ricordiamo che ConciliaWeb sarà affiancato da un altro servizio: lo Speed Test AGCOM, creato in seguito alla Delibera n. 244/08/CSP.

MisuraInternet mette a disposizione due software gratuiti – Nemesys e MisuraInternet Speed Test – per valutare la qualità e le performance (velocità di download, upload e ping) delle connessioni internet da postazione fissa.

Lo Speed Test dell’Autorità ti permetterà ad esempio di verificare che la tua rete sia raggiunta dalla banda minima garantita dalla tua compagnia telefonica. Qualora non lo fosse, potrai utilizzare il certificato MisuraInternet come prova di inadempienza contrattuale in modo da richiedere il ripristino degli standard minimi.

dal web

Si avvicina il Natale attenti ai ladri, ecco dove cercano in casa

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Non siate convinti di avere più fantasia di loro: se vogliono, trovano soldi e preziosi nei posti più impensabili. A costo di distruggervi la casa, se hanno il tempo di farlo. Scassinata la persiana, la finestra o la porta, i topi di appartamento cercano di andare prima a colpo sicuro (se arriva qualcuno, almeno qualcosa la portano via) per poi passare ai luoghi meno scontati. Dove cercano i ladri in casa i nostri oggetti di valore?

Ci sono dei posti in cui non bisognerebbe mai nascondere qualcosa di caro (nel più ampio senso della parola). Chi crede che i malviventi non andranno mai a guardare lì perché troppo facile, sbaglia. Tutto dipende dal tipo di intruso: se è un comune ladruncolo, cercherà un po’ di soldi e qualche oggetto di valore e, nel momento in cui avrà saziato il suo bisogno, se ne uscirà da dov’è entrato prima di rischiare di essere acciuffato. Se, invece, vuole fare un colpo decente e vede che la casa è in una bella zona e sistemata con un certo tipo di arredamento, non se ne andrà finché non l’avrà spolpata.

Vediamo dove cercano i ladri in casa, dove tentano quel colpo sicuro, in modo da sapere dove non mettere le cose di cui mai vorremmo separarsi. Soldi compresi, ovviamente.

Dove cercano i ladri in camera da letto

Quando i ladri cercano in casa qualcosa di valore, la camera da letto matrimoniale è il primo posto in cui si fiondano, veloci come dei razzi. Loro sanno che nel comò o nei comodini è dove si tengono, di solito, gioielli e oggetti di valore. Se anche il loro colpo si fermasse a quelli, i ladri avrebbero già guadagnato la giornata.

Ma pensate si fermino a comò e comodini? Niente affatto. I ladri non danno mai per scontato che qualcuno eviti di tenere i soldi sotto il materasso. Solleveranno anche quello, non si sa mai. E già che sono lì, guarderanno dentro le federe dei cuscini, altro posto dove cercano spesso.

Finita l’ispezione del letto, i ladri passano agli armadi (o alla cabina armadio). I cassettidei calzini, delle cravatte e dell’abbigliamento intimo sono i loro preferiti: è dove qualcuno nasconde qualche anello, l’orologio di valore o la manciata di euro prelevata in banca il giorno prima.

Nella camera da letto i ladri cercheranno anche se c’è una cassaforte. Tenuto conto che, se hanno tempo e sono davvero determinati, non perderanno un solo minuto ad aprirla: faranno un buco nella parete e se la porteranno via ancora chiusa. Ci penseranno dopo.

Lo stesso faranno nelle camerette: armadi, cuscini, cassetti o cassettoni dove, magari, i figli tengono i loro risparmi, i regali in oro del battesimo, della comunione, della cresima o della laurea, l’anello del fidanzato, la collana del compleanno ed il salvadanaio con le mance delle zie e della nonna.

Dove cercano i ladri in soggiorno

Dove cercano i ladri in soggiorno? I posti più comuni sono:

  • cassetti dei mobili: succede come con quelli delle camere, non c’è un cassetto che non sia rovistato dagli intrusi;
  • libri: se non avete proprio la biblioteca vaticana, è facile che i ladri cerchino di trovare dei soldi nascosti nella vostra libreria;
  • divani: fanno, di solito, la fine dei letti: cuscini da seduta o da appoggio vengono sfoderati per vedere se c’è qualcosa di interessante dentro;
  • le piante: eh, si. Anche dentro i vasi è possibile nascondere un anello di valore o qualche centinaio di euro dentro una busta di plastica (altrimenti si bagnano e si fa il disastro da soli senza bisogno visite indesiderate). Quindi, quando i ladri cercano qualcosa in casa, guardano anche lì. Specialmente in quelle troppo secche (perché non bagnate apposta) o in quelle troppo umide (perché c’è qualcosa dentro che impedisce lo scolo dell’acqua);
  • sotto i tappeti.

Dove cercano i ladri in cucina

Ladri golosi e affamati? Forse. Ladri che non si arrendono mai? Sicuramente. Ecco perché, quando uno si chiede dove cercano i ladri in casa non può escludere la cucina. L’esperienza insegna che, oltre ai cassetti degli strofinacci e dentro le pentole, gli intrusi aprono e controllano la dispensa e, perfino, il barattolo dei biscotti. Non per fare merenda ma per tentare di fare il colpo. Si sa mai che il padrone di casa abbia nascosto lì, o nel barattolo della pasta, quello che ai ladri interessa.

Dove cercano i ladri in bagno

Mobili e mobiletti del bagno dove si tengono le scorte di sapone, di carta igienica, di salviette o di medicine sono altri dei posti dove cercano i ladri in casa qualcosa di valore. Senza dimenticare la cassetta del wc nei bagni in cui non è murata. Il vano dello sciacquone, insomma.

Dove cercano i ladri all’ingresso

Se avete un ingresso a sé stante con qualche mobile dove mettere cappotti, guanti, borse, chiavi e quant’altro, i ladri sicuramente ci passeranno o appena entrati dalla porta o prima di uscire se sono penetrati da un altro locale. Non escludono, infatti, di trovare qualche oggetto interessante nelle tasche del giaccone indossato il giorno prima o nel cassetto che serve come disimpegno. O magari nascosto in una sciarpa arrotolata.

Dove cercano i ladri fuori di casa

Ormai quasi nessuno lo fa ma c’è ancora qualche sprovveduto che si fida a lasciare una chiave di riserva sotto lo zerbino o dentro il vaso di fiori che ha fuori dalla porta. I ladri non risparmiano nemmeno quello. E una volta che hanno la chiave di casa, «son dolori». Tocca chiamare subito il fabbro per cambiare la serratura. Metti che gli intrusi decidano di passare tra qualche mese, quando le acque si saranno calmate e si abbasserà la guardia.

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Re Ladislao I e il progetto di unificare l’italia con Napoli capitale

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Quattrocento anni prima del 1860 ovvero dall’avvento di Giuseppe Garibaldi che decise la sorte di tutta Italia, ci fu una persona a Napoli, re Ladislao I, che aveva lo stesso progetto: quello di unificare il paese con capitale Napoli. Il Magnanimo, come veniva chiamato il sovrano angioino, divenne re all’età di dieci anni dopo la morte del padre Carlo III di Durazzo (da non confondere con Carlo III di Borbone che avrebbe regnato a Napoli solo 300 anni più tardi).

Dopo aver sedato lotte intestine che volevano sottrargli il trono, all’età di 23 anni Re Ladislao si dedicò ad un’idea ambiziosissima: quello di unificare l’Italia intera e porre come capitale della nazione la nostra amata città: Napoli. Per attuare questo visionario progetto il re non si fece scrupoli nell’usare la violenza. Dapprima conquistò lo Stato Pontificio e incominciò a fare dei territori papali quel che voleva. Si diresse poi a nord dove, alleatosi con la Repubblica di Genova fronteggiò i “nemici” toscani. Intanto però i territori conquistati andavano man mano perdendosi e re Ladislao I fu costretto a tornare a Napoli a causa di una brutta malattia che stroncò il sovrano nel 1414.

Re Ladislao I di Napoli: il sogno di unificare l’Italia 400 anni prima di Garibaldi

Dunque è sempre Napoli, sotto il regno dei D’Angiò e di re Ladislao I che si è dimostrata ancora una volta la più lungimirante delle città Italiane. Lasciando da parte le polemiche sui modi, unificare l’Italia è una cosa che andava assolutamente fatta. La reale unificazione è stata attuata nel 1860, in pieno risorgimento, ad opera di Giuseppe Garibaldi e re Vittorio Emanuele II. Ma noi non dimentichiamo che qui a Napoli c’è stata una persona che ci aveva pensato 400 anni prima. Certo era un periodo in cui i territori saltavano da una mano all’altra in poche decadi e ci si faceva la guerra per un niente. Di sicuro era un progetto utopico, ma c’era e questo rientra sempre negli infiniti primati della nostra grande città.

Vittorio Emanuele III

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A Vittorio Emanuele III la morte volle risparmiare l’entrata in vigore della Costituzione repubblicana, che sarebbe diventata esecutiva solamente tre giorni dopo.

Sono passati quasi 70 anni e il rientro in Italia di colui che fu il più longevo sul trono d’Italia ha riaperto il dibattito storiografico sul sovrano che durante il suo regno vide ben due guerre mondiali, la presa del potere di comunismo, fascismo e nazismo, la fine della stessa era monarchica.

 

Eppure per almeno un ventennio era stato un ottimo re.

Non potendo certo contare su un gran fisico, causato dalla consanguineità dei suoi genitori, Umberto I e Margherita di Savoia, cugini di primo grado, si trovò sempre meglio al tavolino. Il confronto con gli aitanti e sportivi esponenti del ramo Savoia-Aosta non fece altro che esacerbare frustrazioni e spigolature che allignavano in un carattere chiuso e introverso.

Le figure più importanti della sua infanzia e della sua giovinezza furono una donna e un uomo, che non erano la madre e il padre, assenti e assorti nei doveri inerenti i rispettivi ruoli.

Per l’allattamento, il futuro re fu dato in appalto a una balia locale, e per la prima educazione a una nurse irlandese, Elizabeth Lee, vedova di un ufficiale britannico, e naturalmente cattolica perché la devota Margherita non avrebbe mai accettato una protestante. Elizabeth, detta Bessie, rimase quattordici anni col suo pupillo, e fu una delle poche creature che questi abbia amato.

La figura paterna fu rappresentata dal generale Egidio Osio, scelto come suo precettore.

“Il Principe è libero di fare tutto quello che voglio io” soleva affermare l’alto ufficiale. Le uniche lettere di Vittorio Emanuele in cui si avverte un palpito di affettuosa e rispettosa gratitudine sono quelle ch’egli seguitò a scrivere al militare, anche dopo che terminò il suo incarico, nel 1889.

Divenne re 11 anni dopo, inaspettatamente e repentinamente, in seguito all’assassinio del padre a Monza, per mano di Gaetano Bresci. Tenne subito a prendere le distanze dallo stile di vita del genitore, impartendo come primo ordine quello di spegnere i lampioni lungo il percorso che Umberto I percorreva per recarsi in visita alla sua amante ufficiale, la marchesa Litta. Ammantò il Quirinale di un’austerità sconosciuta durante il periodo umbertino, abolì sprechi e cerimonie.

Anche con l’Esecutivo si pose subito in maniera differente. Convocò nel suo studio l’allora presidente del Consiglio Saracco, reduce dalla camera ardente di Umberto e gli mostrò le carte che si ammucchiavano sul tavolo. Erano decreti su cui il padre non aveva fatto in tempo ad apporre la firma, ma che secondo lui andavano poco d’accordo con la Costituzione. Sbalordito, Saracco replicò che quello non era problema di competenza del Re, il quale doveva limitarsi a firmare come sin allora aveva sempre fatto.

“Già ma d’ora in avanti il Re firmerà solo gli errori suoi, non quelli degli altri”. Parole che gli ritorceranno contro una ventina d’anni dopo, quando non firmò lo stato d’assedio proposto dal capo del governo Facta, che quasi certamente avrebbe ucciso nella culla il Fascismo.

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Da allora firmò molti degli errori di Benito Mussolini, cui si legò a doppio filo, utilizzandolo come una sorta di taxi, da cui scese solamente nel 1943. Pilatescamente si lavò la mani nel 1924, quando l’orrore per il delitto di Giacomo Matteotti sferrò un colpo duro al Duce ma non mortale anche grazie alla condiscendenza dalla Corona che avallò successivamente tutti i provvedimenti che trasformarono il Fascismo in Regime.

Beneficiò dei titoli che l’espansionismo mussoliniano gli misero nel carniere: Imperatore d’Etiopia e Re d’Albania. Si infuriò quando venne creato ad hoc il grado di primo Maresciallo dell’Impero, che de facto gli revocava il primato giuridico equiparandolo al primo Ministro. Ma era impensabile scaricare in quel momento un Mussolini all’apice del proprio consenso e venne costretto anche a firmare le famigerate leggi razziali, che equipararono de iure l’Italia, mai stata razzista e antisemita, alla Germania nazista.

Attese altri 5 anni e i rovesci ormai irrimediabili delle guerra per sganciarsi dall’abbraccio mortale con il Duce. Ma era già tardi e la vile fuga dell’8 settembre 1943 mise l’ultimo chiodo sulla bara della Monarchia. Avvinto fino all’ultimo secondo utile al suo trono non comprese che l’unica speranza per il futuro dei Savoia fosse il figlio Umberto II, che non a caso rimase disgustato dinnanzi all’indecente spettacolo del fuggi fuggi verso Brindisi.

Gli passò i pieni poteri solamente per un mese, quando ormai la barca era alla deriva e nemmeno colui che probabilmente sarebbe stato il migliore tra i re del suo casato potè porvi rimedio.

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LA SCOPERTA DI NAPOLI

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Solo al compimento dell’Unità gli Italiani del centro nord scoprirono Napoli: nemmeno gli artefici di quella Unità avevano mai visto Napoli: Cavour e Mazzini si trovavano perfettamente a loro agio a Londra come a Parigi ma non erano mai stati a Napoli così come non erano mai stati a Napoli la quasi totalità di quelli che poi furono chiamati apostoli o martiri del Risorgimento da Silvio Pellico ai fratelli Bandiera, da Gioberti a Goffredo Mameli , tranne, ovviamente. i Napoletani stessi come il Pisacane

Così, anche Garibaldi, l’eroe dei due mondi che il mondo lo aveva girato sul serio, un pò come marinaio un pò come eroe, non era mai stato a Napoli prima di entrarci come liberatore. Vi entrò il 7 settembre del 1860, quasi da solo, e in treno, precedendo di poco i suo garibaldini che anche essi, tranne i non molti regnicoli, non ci erano mai stati.

Fu accolto festosamente, arringò la folla entusiasta da Palazzo d’Angri, al centro della città, in uno spiazzo che tuttora porta il nome di “Sette Settembre”: tutta la città era in festa, dappertutto fiorivano bandiere e simboli inneggianti ai nuovi ideali.

Solo i “Luciani “ restavano silenziosi e cupi. Erano pescatori e marinai che popolavano il piccolo monte a picco sul mare del borgo di Santa Lucia: essi avevano avuto sempre un rapporto diretto con i re Borbone perchè abitavano proprio di fronte alla reggia, si sentivano “vicini di casa”. Avevano familiarità con il re e anche rapporti di riconoscenza: molti di essi si erano imbarcati qualche giorno prima sulle navi, alcuni addirittura le raggiunsero a nuoto, per andare a Gaeta, per l’ultima difesa del Regno.

Ma il resto della città accoglieva Garibaldi in un tripudio di bandiere: lo accoglieva anche don Liborio Romano il primo ministro del re fuggiasco: l’incauto Franceschiello (come familiarmente e non per dileggio i napoletani chiamavano Sua Maesta Francesco II ) lo aveva messo a capo del suo governo nella vana speranza di riconciliarsi con la parte più moderata dei liberali. Garibaldi non sapeva che in effetti Don Liborio Romano aveva chiesto l’aiuto della camorra alla quale si doveva quindi in buona parte la sua accoglienza trionfale.

La camorra era una organizzazione di antiche e incerte origini: quando i Borboni tornarono sul trono nel 1815 (dopo la parentesi napoleonica) si riferirono proprio alla camorra che aveva salde basi popolari in Napoli per assicurarsi il trono contro le borghesia e la nobiltà, tutte più o meno intrise di idee liberali.

Quando i Garibaldini sbarcarono in Sicilia infatti gli ufficiali (nobili o borghesi) condussero le operazioni militari in modo debole e incerto, forse molti tradirono accordandosi con il nemico ( non si è mai saputo con certezza): così un potente esercito e una potente flotta furono sbaragliati da pochi volontari male armati e peggio addestrati.

Liborio Romano invece si era rivolto alla camorra e l’aveva convinta che, per sopravvivere, bisognava invece abbandonare i Borboni e mettersi dalla parte di Garibaldi.

Quando Garibaldi seppe che Liborio Romano era praticamente il capo della camorra andò su tutte le furie ma non potette fare niente. Chiese volontari per continuare la guerra ma i napoletani non se la sentivano di andare a combattere contro i loro fratelli che militavano nell’esercito borbonico: in seguito questi per poco non sconfissero, sul Volturno, i Garibaldini.

I Garibaldini entrati in Napoli intanto si stupivano: non avevano mai visto una città cosi grande e cosi diversa dalle proprie: se Napoli era Italia, chi poteva dubitarne, non certo i Garibaldini, era però una Italia abbastanza particolare.

Si mangiava anche cose diverse: non si usavano come dovunque le zuppe nelle quali bagnare il pane: c’erano i “maccheroni”. Si faceva la pasta con la farina, come per il pane, e invece di cuocerla in forno la si cuoceva nell’acqua: in grandi pentole per le strade si bolliva l’acqua nella quale veniva cotti i maccheroni che venivano mangiati così, semplicemente, senza condimenti, prendendoli con le mani dall’ alto, come si vede in certe illustrazioni di Pulcinella.
Furono graditi ai volontari di Garibaldi, giovani e di buon appetito, e poi si diffusero in tutta Italia e poi nel mondo: furono poi create tecniche di lavorazione specifiche e tanti condimenti per renderli più appetitosi.

Napoli appariva già un caso a parte: poi tante inchieste giornalistiche e parlamentari, poi le canzoni e il colera, i guappi, e la camorra, le pizze e le sfogliatelle: Napoli fa sempre notizie fino a questi giorni in cui tutti incollati alla TV a vedere i roghi delle immondizie si domandano perchè queste cose debbano avvenire solo a Napoli.

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Sconti Rc Auto – I vantaggi del DDL Concorrenza

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Il Ddl Concorrenza contiene numerose norme sulla RC Auto: in particolare è interessante analizzare gli sconti che le compagnie assicurative dovranno obbligatoriamente applicare in favore di tutti gli automobilisti italiani.

L’ Italia è infatti uno dei paesi con il costo Rc Auto tra i più alti d’Europa: grazie al Ddl Concorrenza invece finalmente vedremo calare i costi assicurativi!

Cosa cambia?

I vantaggi più interessanti previsti dal Ddl concorrenza sono:

  1. Riduzioni del premio in favore degli automobilisti virtuosi
  2. Cancellazione del tacito rinnovo Rc Auto
  3. Sconti che le compagnie assicurative dovranno applicare a tutti gli automobilisti che accettano il nuovo contratto.

Riduzioni del premio

Secondo i dati di Segugio.it il prezzo medio della polizza auto a Napoli è pari a 762,43€, mentre a Milano 406,90€.

Grazie al Ddl Concorrenza saranno offerti sconti anche per gli automobilisti ‘virtuosi’ che risiedono nelle aree a più alta sinistrosità e con prezzi medi maggiori.

Finalmente buone notizie per le tasche degli automobilisti italiani!

Cancellazione del tacito rinnovo Rc Auto

I vantaggi dell’ abolizione del tacito rinnovo nelle Rc Auto sono evidenti:

  • non sei più legato alla tua vecchia assicurazione: la polizza scade in automatico ogni anno;
  • sei libero di cambiare compagnia assicurativa per accedere ai prezzi migliori, senza dare comunicazione di disdetta alla vecchia compagnia (prima la procedura prevedeva una comunicazione di disdetta scritta entro 15 giorni dalla scadenza della polizza).

Sconti obbligatori

Sono previsti, infine, una serie di sconti “obbligatori” determinati dall’ Ivass in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

  • Installazione scatola nera
  • Ispezione del veicolo o collocazione di un dispositivo che impedisce al guidatore di accendere il motore se ha bevuto troppo.

Trovato neonato in una stalla. Arrestati un falegname, una minorenne, tre extracomunitari ed un gruppo di pastori senza dimora.

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Il Natale come sarebbe raccontato oggi da giornalisti e Magistrati.

ANSA – 25 dicembre:::
L’allarme è scattato nelle prime ore del mattino, grazie alla segnalazione di un comune cittadino che ha notato strani movimenti nei pressi di una stalla.
Arrivati sul posto, gli agenti di polizia accompagnati da assistenti sociali, hanno trovato un bambino in precarie condizioni igieniche e tra gli escrementi di una mucca e di un asino, avvolto in uno scialle e depositato su una mangiatoia con vicino una bambina la quale dichiarava di essere la madre, tale Maria di Nazareth, appena quattordicenne.
Al tentativo della polizia e degli operatori sociali di far salire ragazza e bambino sui mezzi di soccorso, un uomo adulto successivamente identificato come Giuseppe di Nazareth, falegname precario, asseriva di essere il padre adottivo del bimbo, spalleggiato da alcuni pastori e da tre stranieri opponeva resistenza. Tutti i presenti sono stati identificati, mentre Giuseppe ed i tre stranieri risultati sprovvisti di documenti e di permessi di soggiorno, sono stati fermati.
Il Ministero dell’Interno e la Guardia di Finanza stanno indagando per scoprire il Paese di provenienza dei tre clandestini, nulla esclude che possano essere spacciatori internazionali, dato che erano in possesso di un ingente quantitativo d’oro e di sostanze sconosciute. Nel corso del primo interrogatorio, i tre si sono dichiarati diplomatici ed agire in nome di Dio, per cui non si escludono legami con Al-Qaeda o l’ ISIS.
Si prevedono indagini lunghe e difficili.
Un breve comunicato stampa dei servizi sociali, diffuso nella mattinata, si limita a rilevare che il presunto padre adottivo del neonato è un adulto di mezza età, mentre la presunta madre è adolescente. Gli inquirenti si sono messi in contatto con le autorità di Nazareth per scoprire quale sia il rapporto tra i due e se esistono a carico dell’uomo precedenti denunce per adescamento di minore o pedofilia. Nel frattempo Maria è stata ricoverata presso l’ospedale di Betlemme e sottoposta a visite sia cliniche che psichiatriche, dato che dopo aver dichiarato di aver avuto un figlio, afferma di essere ancora vergine. Il fatto poi che sul posto siano state rinvenute sostanze sconosciute non migliora certo il quadro. Pochi minuti fa’ si è sparsa la voce che anche i pastori presenti nella stalla potrebbero essere consumatori abituali di droghe. Pare, infatti, che affermino di essere stati costretti da un uomo con una lunga veste bianca e due ali sulla schiena, a seguire una cometa per recarsi nella stalla.
Il PM ha così commentato: “Non possiamo anticipare nulla, ma questa è senz’altro una inchiesta che punta molto in alto e che andrà avanti molto!”….

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