Certificato di agibilità: quando serve?

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Il certificato di agibilità è necessario e deve essere rilasciato dalla Pubblica amministrazione solo per le nuove costruzioni (edificate cioè dopo il 30 giungo 2003) oppure in caso di ricostruzioni e/o sopraelevazioni totali o parziali o di interventi sugli edifici esistenti che possano incidere sulle condizioni di igiene e sicurezza. Nel caso del lettore, perciò, essendo l’acquisto avvenuto quattro anni fa, non vi era alcun obbligo di allegare all’atto di compravendita il certificato di agibilità (a meno che non ricorressero le circostanze sopra indicate e, cioè, ricostruzioni e/o sopraelevazioni totali o parziali o di interventi sugli edifici esistenti che possano incidere sulle condizioni di igiene e sicurezza), né il Comune avrebbe avuto alcun obbligo a rilasciarlo se gli fosse stato richiesto. D’altra parte, si può produrre in rogito, nel caso di edificio realizzato prima del 1° settembre 1967, in luogo degli estremi della licenza edilizia, una dichiarazione sostitutiva di atto notorio che attesti appunto che la costruzione dell’immobile risulti iniziata prima del 2 settembre 1967: sul certificato di agibilità la legge tace e ciò significa che l’allegazione di questo documento non è requisito richiesto a pena di nullità dell’atto o la cui mancanza possa in qualche modo incidere sulla validità della compravendita. Fatta questa premessa, il problema (per gli immobili costruiti in epoca non recente come il quello del lettore) è allora non se esista o meno il certificato di agibilità (che come abbiamo visto può legittimamente mancare senza che ciò produca di per sé effetti sulla validità del contratto o effetti risarcitori), ma se quello che è stato dichiarato in rogito corrisponda all’effettivo stato di fatto e di diritto dell’immobile. E, a tale fine, è evidente che ogni acquirente (soprattutto per gli immobili di costruzione ante 1967) deve prudentemente verificare prima dell’acquisto se l’immobile stesso corrisponda o meno alla proprie esigenze. Se, infatti, nel contratto definitivo si sia fatto riferimento all’immobile indicandone misure e ubicazione e, come spesso accade, si sia inserita la clausola con la quale si attesta che l’acquirente gradisce l’immobile nello stato di fatto descritto e se l’uso dell’immobile (uso autorimessa nel caso specifico) corrisponde all’accatastamento, è chiaro che successive lamentele (in ordine all’ampiezza del box ed alle difficoltà di manovra) non potranno avere alcuna rilevanza se tutto quello che è stato indicato nel rogito sia corrispondente al reale stato di fatto e di diritto dell’immobile acquistato. Infine, anche per quanto attiene al certificato di prevenzione incendi, l’attuale normativa non ne prevede il rilascio per autorimesse delle dimensioni di quella di un box per singola autovettura. Difatti, il rilascio del certificato prevenzione incendi è previsto solo per autorimesse, pubbliche o private, di superficie coperta superiore a 300 metri quadrati.

 

Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Angelo Forte

Inoccupato: posso avere l’esenzione dal ticket?

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Non hai mai avuto un posto di lavoro, né hai mai lavorato da autonomo. Per la legge sei un inoccupato, ossia una persona che non ha mai percepito alcun reddito in vita sua. Vieni in questo modo distinto dal disoccupato che, invece, è colui che, inizialmente assunto, ha poi perso il lavoro. Non è purtroppo una differenza solo terminologica. Ci sono diversi aspetti che distinguono le due categorie. La prima questione che balza agli occhi è che l’inoccupato non potrà mai avere la cosiddetta Naspi, ossia l’indennità di disoccupazione che spetta a chi perde il lavoro per una causa non dipendente dalla sua volontà (tipico caso è il licenziamento). Di fronte a tale svantaggio, spesso l’inoccupato si chiede: posso avere l’esenzione del ticket? Per lungo tempo la risposta è stata negativa. La legge infatti assegnava il beneficio solo ai disoccupati. Recentemente però una sentenza del Tribunale di Roma [1] ha ovviato a tale discriminazione. Vediamo come e in che termini.

Fino ad oggi, chi è stato inoccupato ha sempre dovuto pagare le medicine, le analisi e le visite. Non ha mai potuto usufruire dell’esenzione del ticket. E ciò perché la legge stabilisce che l’esenzione spetta unicamente ai seguenti soggetti:

  • codice di esenzione E01: bambini con meno di 6 anni o anziani con più di 65, purché appartenenti a nucleo familiare con reddito lordo annuo inferire a 151,98 euro;
  • codice di esenzione E02: disoccupati e loro famigliari a carico, con reddito annuo inferiore a 8.263,31 euro o reddito annuo del nucleo inferiore a 11.362,05 euro (nucleo di 2 componenti con coniuge a carico); il limite è aumentato di 516,46 euro per ogni figlio a carico;
  • codice di esenzione E03: titolari di assegno o pensione sociale ed i loro familiari a carico;
  • codice di esenzione E04: titolari di pensioni al minimo over 60 ed i loro familiari a carico, con reddito annuo inferiore a 8.263,31 euro, o reddito annuo del nucleo inferiore a 11.362,05 euro (nucleo di 2 componenti con coniuge a carico); il limite è aumentato di 516,46 euro per ogni figlio a carico.

Secondo la sentenza in commento, la prima che affronta l’argomento, nel concetto di disoccupati vanno inseriti anche gli inoccupati a cui pure spetta quindi l’esenzione del ticket. E ciò perché con il Job Act si è previsto che «le norme nazionali o regionali ed i regolamenti comunali che condizionano prestazioni di carattere sociale allo stato di disoccupazione si intendono riferite alla condizione di non occupazione».

L’inoccupato che vuol quindi giovarsi dell’esenzione del ticket potrà far riferimento da oggi a questa sentenza. Ma non solo. C’è anche una circolare del Ministero del Lavoro che condivide questa interpretazione [2]; ciò, di fatto, finisce per eliminare ogni incertezza sul punto.

Il ministero si è trovato a dare la definizione di «condizione di inoccupazione» distinguendola dalla definizione di «stato di disoccupazione»; nella circolare è stato detto che è in condizione di non occupazione chi non svolge attività lavorativa, in forma subordinata, parasubordinata o autonoma, oppure chi, pur svolgendo tale attività, ne ricava un reddito annuo inferiore al reddito minimo escluso dalla imposizione fiscale. La legge [3] mira infatti a evitare l’ingiustificata registrazione come disoccupati di persone che non sono immediatamente disponibili a lavorare e, a tal fine, vincola la frizione di prestazioni di carattere sociale esclusivamente alla condizione di non occupazione. È evidente quindi che, per l’esenzione ticket, le Asl dovranno tenere conto della intervenuta modifica legislativa. Risultato: non conta più se il richiedente ha o meno svolto un lavoro in precedenza; egli infatti ottiene l’esenzione con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla domanda.

note

[1] Trib. Roma, sent. n. 1558/2017.

[2] Min. Lavoro circolare n. 5090/2016 che interpreta l’art. 19 co. 7 d.lgs. n. 150/15.

[3] Art. 19 co. 7 d.lgs. n. 150/15.

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Ventura, Tavecchio e il flop dell’Italia dei Mediocri: ecco da dove si dovrebbe ripartire

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Pensate davvero che i problemi ormai congeniti del Calcio italiano (e verrebbe da dire dell’Italia…) si risolvano cacciando Ventura e Tavecchio?
Se in campo mondiale non si riesce ad allestire una Nazionale decente dal 2006 non è certamente colpa di Ventura e Tavecchio. Il Calcio italiano avrebbe dovuto essere rifondato, prim’ancora che dall’eliminazione maturata a San Siro contro la Svezia, dall’estromissione subita in Sudafrica nel girone con Slovacchia, Paraguay e Nuova Zelanda…
Chiaramente sia Ventura che Tavecchio hanno enormi responsabilità. Il Ct per la caparbietà che ha dimostrato nel perseverare nei suoi sbagli tecnici e tattici. Il presidente federale perché ha voluto legare il suo destino a quello di questo allenatore e non ha saputo coglierne lo stato confusionale e l’isolamento in cui è caduto dopo il rovescio spagnolo di settembre. Se la scelta di Ventura, dopo l’europeo francese, è stata condizionata anche dal rifiuto di altri candidati, l’averlo confermato fino al 2020, appena qualche mese fa, costituisce un errore inemendabile per i vertici della Figc.
Ma dietro la disfatta “svedese” si stagliano il commissariamento delle Leghe di Serie A e B che dura da mesi, le riforme annunciate ma perennemente al palo e i troppi dirigenti calcistici, o sedicenti tali, evidentemente non adeguati a ciò che lo Sport-Business contemporaneo esige. La mediocrità elevata a sistema di comando può essere comoda per alcuni, ma alla lunga espone tutti a dolorose figuracce.
Il segnale di serietà e di responsabilità che Ventura e Tavecchio dovrebbero dare ora al Paese, facendo entrambi un passo indietro, sarebbe fondamentale anche per iniziare la risalita dal baratro.
Già, ma da dove si riparte?
Come sempre dalla base. E facendo cose semplici.
Anzitutto obbligando i club professionistici a investire una percentuale del fatturato (e non degli utili come prevede oggi la legge) nei settori giovanili. Realizzando strutture all’altezza dei tempi o, se non è chiedere troppo, all’avanguardia. Fare una seria politica di integrazione, almeno con lo “ius soli sportivo” (senza ricorrere a misure straordinarie, raffazzonate o in deroga). Ci vuole il coraggio che ha avuto la Germania, post Europeo 2000, nel coinvolgere le seconde e terze generazioni di immigrati, riconoscendo la cittadinanza italiana a chi se lo merita. Adottare, per converso, una rigida politica a favore dei calciatori eleggibili in Nazionale, in particolare dai settori giovanili. Dove non è consentito dalle norme europee occorre l’accordo tra i club che hanno un interesse comune e una regia federale. Dalla Figc, al di là dei centri di formazione che sta disseminando sul territorio, ci si deve aspettare un profondo rinnovamento nel processo di selezione delle rappresentative nazionali con due o tre centri di eccellenza nei quali allevare i giovani più promettenti (e non quelli raccomandati da amici e procuratori). Per questo servono staff tecnici multidisciplinari specializzati nella preparazione di ragazzi e ragazze e che lavorino con questo esclusivo obiettivo.
A livello di club la rifondazione non può prescindere poi dalla creazione di squadre B almeno da parte delle società di prima fascia sul modello spagnolo e dalla riduzione contestuale del numero di club professionistici (in molti casi senza le risorse economiche necessarie per condurre un’attività di alto livello). Finché le entrate che il sistema calcio italiano riesce a generare (meno di due miliardi a stagione) restano queste devono essere concentrate nei club che possono garantire qualità e organizzazione e non disperse a pioggia (per il resto c’è il Calcio Dilettantistico).
In quest’ottica e per quanto appaiano non direttamente connesse al tema Nazionale occorrono politiche governative per favorire la costruzione di stadi di qualità commisurati alle esigenze delle differenti piazze che incrementino il giro d’affari dei club e una più spinta managerializzazione delle aziende calcistiche.
Questi potrebbero essere alcuni dei provvedimenti da assumere se si vuole invertire il declino che ha ridotto la Serie A a quarta Lega europea e la Nazionale a triste spettatrice dei mondiali russi.

Ventura, Tavecchio e il flop dell’Italia dei Mediocri: ecco da dove si dovrebbe ripartire

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Wifi: come aumentare la potenza del segnale?

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Per un numero sempre crescente di persone, essere connessi è ormai diventata una necessità, tanto che indubbiamente il termine wifi oggi è diventato diffusissimo. L’esigenza di essere sempre connessi e la comodità del “senza fili” hanno fatto della wifi un fenomeno presente in quasi tutte le case dei cittadini ma certamente onnipresente in ufficienti pubblici, stazioni, esercizi commerciali, parchi, aeroporti ecc.

E mentre la Commissione Europea discute di banda larga proponendo il wifi gratis per tutti entro il 2020 ed hot spot gratuiti nei principali spazi pubblici dei centri urbani, spesso, nella quotidianità, ci si ritrova a combattere con la scarsa potenza del segnale. Così, ad esempio a seconda della propria postazione di lavoro o della propria localizzazione all’interno di uno spazio non si riesce a captare bene il segnale. Anche avendo la connessione più veloce del mondo il pc si rallenta, come anche tutti gli altri dispositivi connessi tramite wifi: smartphonetablet, stampanti, elettrodomestici, sistemi di allarme ecc.

Per ovviare al problema la strada più comoda, anche se a volte non risolutiva, è ricorrere a router in grado di diffondere, come amplificatori, il segnale. Ma tante volte, anche il ricorso ai router non è sufficiente.

Allora, come aumentare la potenza del segnale wifi?

Accanto ai rimedi per così dire tecnologici diretti ad aumentare la potenza del segnalece ne sono altri più casalinghi e rudimentali. Tra questi certamente il ricorso all’alluminio. Secondo moltissimi siti che si occupano di tecnologia, l’alluminio sarebbe in grado di amplificare il segnale wireless del modem o del router e convogliare il segnale nelle direzioni volute, evitandone un’inutile dispersione.

Questi rimedi sarebbero condivisi anche da alcuni ricercatori americani [1] che, in particolare, hanno verificato che le antenne dei router wifi e delle apparecchiature wireless in generale potrebbero diventare più potenti in termini di segnale attraverso l’uso di alcuni materiali capaci di riflettere il segnale. Secondo i loro studi, basterebbe una sorta di riflettore rivestito appunto di fogli di alluminio capace di incrementare la potenza del segnale. Infatti uno dei limiti degli apparecchi per il wifi sarebbe rappresentato dal materiale utilizzato per la loro costruzione: alcuni materiali producono un affievolimento del segnale. La costruzione di un modem o un router con all’interno un sottile strato di metallo, consentirebbe di potenziare di molto il segnale e ridurre gli inconvenienti e i rallentamenti che tutti conosciamo.

Nell’attesa che il sistema ideato dagli studiosi dell’Università di Washington per migliorare la potenza del segnale wifi venga messo a punto non ci resta che ricorrere ai sistemi – sicuramente meno tecnologici – dell’alluminio o della lattina della birra da collocare sull’antenna del modem in modo da creare un mini radar. Il tutto, ovviamente, oltre agli accorgimenti tecnici quali ad esempio l’utilizzo di tecnologie wifi aggiornate o la sostituzione dell’antenna omni-direzionale con una orientabile da rivolgere verso l’altro per migliorare il segnale.

note

[1] ricercatori di Dartmouth College, University of Washington.

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Illegittimi tutti i pignoramenti dell’Agenzia Entrate Riscossione

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L’Agenzia delle Entrate Riscossione si avvale di una particolare procedura di pignoramento di stipendi, pensioni e conti correnti, ordinando direttamente all’ente creditore di versare le somme a proprio favore, sulla base del credito vantato in relazione a cartelle esattoriali e avvisi di addebito (pignoramento art. 72-bis Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973).

L’atto di pignoramento di crediti verso terzi notificato dall’Agenzia Entrate Riscossione spesso si limita ad intimare genricamente il pagamento di una somma complessiva per“tributi/entrate” senza specificare a che titolo siano dovuti tali importi: non è infatti indicato se si tratta di imposte, multe, contributi previdenziali, altre sanzioni amministrative ecc.

Ebbene la mancata indicazione dettagliata dei crediti, della loro natura, degli importi, delle relative cartelle e delle date di notifica costituisce grave motivo di illegittimità del pignoramento, da contestare con opposizione agli atti esecutivi. Poiché nell’esecuzione forzata esattoriale gli unici atti che rendono edotto il debitore del contenuto del titolo esecutivo sono la cartella di pagamento ed eventualmente l’avviso di mora, è necessario quantomeno il riferimento a tali atti, i quali a loro volta indicano, specificandone la fonte e la natura, il credito per il quale si procede a riscossione.

E’ quanto affermato da una recentissima sentenza della Cassazione [1] che di fatto dichiara illegittimi tutti i pignoramenti di crediti verso terzi effettuati dall’Agenzia Entrate Riscossione, dato che tutti sono privi del dettaglio sui crediti oggetto di esecuzione forzata.

Il pignoramento presso terzi dell’Agenzia Entrate Riscossione è nullo se non è indicato il dettaglio dei crediti.

L’illegittimità del pignoramento discende dalla violazione del codice di procedura civile [2], secondo cui il pignoramento presso terzi deve contenere l’indicazione del creditoper il quale si procede.

L’Agente della Riscossione non ha poteri di fede privilegiata

Secondo la Suprema Corte, non vale a superare tale illegittimità, l’allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento: «Non può dirsi che le indicazioni sui crediti possano ritrarsi per relationem dal corpo dell’atto di pignoramento notificato. Non vi è infatti dimostrazione che con tale atto sia stato effettivamente notificato all’opponente anche l’elenco delle cartelle per cui si procede. In realtà non vi è alcuna ragionevole sicurezza che tale elenco facesse effettivamente parte dell’atto di pignoramento, posto che esso non reca alcun timbro di unione a tale atto, contiene una data apparente posteriore a questo, redatto su un documento separato rispetto a quello principale, è posto dopo la parte conclusiva ed è anche privo di alcuna autonoma sottoscrizione».

È stata quindi respinta la tesi di Equitalia, secondo la quale l’effettiva allegazione, all’atto di pignoramento, dell’elenco delle cartelle di pagamento per cui si procedeva non potesse essere posta in discussione, stante la fede privilegiata di cui godono i fatti accertati dal pubblico ufficiale.

L’atto di pignoramento presso terzi dell’Agenzia Entrate Riscossione non è un atto pubblico e non ha fede privilegiata.

Secondo i giudici, l’atto di pignoramento presso terzi, anche quando è predisposto nelle forme previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 72-bis in tema di esecuzione esattoriale, ha la natura di atto esecutivo e, quindi, di atto processuale di parte. La fede privilegiata è riservata ai soli atti pubblici, sicché si rivela infondata l’affermazione secondo cui il pignoramento eseguito dall’agente di riscossione fa piena fede, fino a querela di falso, dell’attività compiuta per la sua redazione, inclusa l’effettiva allegazione dei documenti ivi menzionati.

Piena conferma di ciò si trae anche dalla norma secondo cui le funzioni demandate agli ufficiali giudiziari sono esercitate dagli ufficiali della riscossione.

In sostanza, nell’ambito dell’attività dell’ufficiale di riscossione, occorre distinguere il caso in cui egli esercita le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, rispetto alle quali assume la veste di pubblico ufficiale ed è conseguentemente dotato dei poteri di fidefacienza, dal caso in cui agisce quale operatore privato ed e’ quindi sprovvisto dei citati poteri.

Mentre la notificazione dell’atto di pignoramento costituisce funzione tipica dell’ufficiale giudiziario, sicché all’agente di riscossione che ad esso si sostituisce vanno riconosciuti gli stessi poteri, altrettanto non può dirsi per la stesura dell’atto medesimo, che non rientra fra le attribuzioni dell’ufficiale giudiziario, ma costituisce un atto di parte.

Consegue, dunque, che le affermazioni contenute nell’atto di pignoramento presso terzi predisposto dall’ufficiale di riscossione non godono, al pari di quelle contenute in un qualsiasi atto processuale di parte, di alcuna presunzione di veridicità fino a querela di falso.

Illegittimità del pignoramento di crediti presso terzi: principio di diritto

La Cassazione ha quindi enunciato il seguente importantissimo principio di diritto:

L’atto di pignoramento presso terzi eseguito dall’agente di riscossione ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, articolo 72-bis in sede di esecuzione esattoriale, sebbene preordinato alla riscossione coattiva di crediti erariali, non acquisisce per ciò stesso la natura di atto pubblico, ai sensi e per gli effetti degli articoli 2699 e 2700 cod. civ., conservando invece quella di atto processuale di parte. Consegue che l’attestazione ivi contenuta delle attività svolte dal funzionario che ha materialmente predisposto l’atto (nella specie, concernente l’allegazione di un elenco contenente l’indicazione delle cartelle di pagamento relative ai crediti posti in riscossione) non è assistita da fede pubblica e non fa piena prova fino a querela di falso, a differenza di quanto avviene quando l’agente di riscossione esercita – Decreto del Presidente della Repubblica n. 602 del 1973, ex articolo 49, comma 3, – le funzioni proprie dell’ufficiale giudiziario, ad esempio notificando il medesimo atto“.

note

[1] Cass. sent. n. 26519 del 09.11.2017.

[2] Art. 543 cod. proc. civ.

Acquisti su internet

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L’acquisto di prodotti tramite internet può presentare numerosi vantaggi, ma è comunque soggetto ad adempimenti di natura doganale e fiscale compreso l’eventuale pagamento di dazio, Iva e, ove richiesto, accise.

Pagamento di Dazi, IVA e Accise

Oltre il prezzo di acquisto l’acquirente, nel caso di merce proveniente da Paesi non appartenenti all’UE (es. Cina) può essere tenuto al pagamento di dazi, IVA.

Valore Dazio (*) IVA (*)
Fino a 22,00 € NO NO
da 22,01 € a 150,00 € NO SI
oltre 150,00 € SI SI

Il vettore che cura la spedizione potrebbe, inoltre, richiedere il pagamento di un importo come saldo per i servizi di trasporto ed espletamento delle formalità doganali resi dal corriere stesso.

L’acquisto di prodotti alcolici, profumi e acqua da toletta, è sempre soggetto a Dazi e IVA. Per i prodotti alcolici è dovuta anche l’accisa. Tale imposta è dovuta in Italia anche qualora i prodotti alcolici acquistati siano già stati immessi in consumo in un altro Stato UE. In tal caso è obbligato al pagamento dell’accisa il rappresentante fiscale nominato dal venditore comunitario autorizzato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli.

Non è consentito l’acquisto di tabacchi lavorati tramite internet se non sono già stati immessi in consumo in altro Stato membro dell’UE. In tale caso l’accisa è dovuta anche in Italia dal rappresentante fiscale designato dal venditore e autorizzato dall’Agenzia.

(*) L’aliquota di Dazio e IVA varia in funzione della merce che si sta importando. Maggiori informazioni sono disponibili su questo sito, alla pagina Home – Dogane – L’operatore economico – Tariffa doganale TARIC.

Applicazione di sanzioni per acquisto di merce contraffatta

L’acquirente finale che acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per la condizione di chi le offre o per l’entità del prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed in materia di proprietà industriale è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da 100 euro fino a 7.000 euro. Salvo che il fatto costituisca reato, qualora l’acquisto sia effettuato da un operatore commerciale o importatore o da qualunque altro soggetto diverso dall’acquirente finale, la sanzione amministrativa pecuniaria è stabilita da un minimo di 20.000 euro fino ad un milione di euro.
In ogni caso si procede alla confisca amministrativa delle cose.

Spese doganali: come funzionano

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Il commercio internazionale è un’attività che può essere esercitata non soltanto dalle imprese e dalle aziende del settore che svolgono il lavoro di import – export a livello professionale, ma anche dai singoli privati. Chiunque, infatti, specialmente al giorno d’oggi grazie agli strumenti informatici, alla tecnologia e ad internet, può con facilità decidere di procedere con l’acquisto di un bene, di una merce, di un capo, che sia prodotto fuori dal proprio paese, o dall’Unione Europea, e che da tale paese extra Europa venga spedito. L’acquisto naturalmente può essere dovuto a ragioni lavorative e d’impresa oppure a motivazioni personali (il prodotto non è venduto in Italia, si vuole pagare un prezzo inferiore per fare un regalo, magari per riuscire in questo modo a risparmiare un po’). È quindi importante conoscere le modalità non soltanto di spedizione dello stesso prodotto, ma anche le eventuali tasse ed imposte da pagare per evitare che il pacco venga fermato alla dogana e non venga recapitato al destinatario nei tempi e nelle modalità previste. Tra queste spese, rientrano anche le spese doganali: vediamo assieme come funzionano.

Spese doganali: cosa sono e a cosa servono

Ogni volta che si decide di importare un bene o prodotto, e quindi di farlo entrare nel nostro paese attraverso una spedizione dall’estero, ci sono dei costi da sostenere.

Quando si parla di spese doganali ci si riferisce a quelli che sono noti anche comunemente come dazi doganali, cioè quelle tariffe, previste per legge, il cui pagamento è previsto unicamente per le ipotesi di importazione da paesi che siano al di fuori dell’Unione Europea.

Occorre dunque tenere bene a mente che le spese doganali non vanno confuse con le spese di spedizione del pacco o dei pacchi, e nemmeno con le eventuali ulteriori tassazioni che possono gravare su quanto viene importato. L’imposta sul valore aggiunto, ad esempio, non sostituisce le spese doganali, ed anzi va calcolata dopo aver sommato il dazio alle spese complessive per la consegna, come vedremo. Il calcolo della spesa doganale da versare può inoltre effettuarsi preventivamente in autonomia rispetto all’arrivo della merce, e questa verifica ha notevoli risvolti sotto il profilo di un corretto sviluppo delle risorse economiche a disposizione, soprattutto se si è a capo di un’attività imprenditoriale, magari alle prime armi. Perchè è quindi importante sapere a quanto ammontano i dazi doganali da pagare?

Spese doganali: strategie aziendali preventive

Aldilà delle questioni pratiche legate al calcolo della cifra da versare e delle verifiche preventive da fare, essere a conoscenza del preciso ammontare della spesa doganale che dovrà versarsi non è un aspetto da sottovalutare, soprattutto sotto il profilo economico finanziario e strategico di un’azienda, magari di un’impresa agli inizi. A seconda di quale sia il prodotto e la tariffa del dazio applicabile, infatti, la cifra da sostenere per l’importazione potrebbe anche essere notevole, arrivando in alcuni casi a non essere per nulla vantaggiosa in un’ottica concorrenziale di mercato. Effettuare le dovute verifiche preventive quindi ha una valenza molto rilevante in relazione alla valutazione dei costi e dei ricavi di un bilancio aziendale, nel breve come nel lungo periodo.

È altresì importante considerare che i prezzi variano a seconda che la transazione commerciale intercorra fra privati oppure tra un commerciante ed un privato.

Spese doganali: strumenti e modi per calcolarle

Naturalmente è sempre regola di prudenza ricordare che i prodotti importati devono essere conformi agli standard della normativa europea e dotati dei certificati necessari per rendere legale l’importazione, perchè in caso contrario il pacco potrebbe essere sequestrato dagli uffici doganali.

L’importo della tassa doganale non viene lasciato al caso, ma è specificamente calcolato in base al tariffario integrato comunitario, con la previsione puntuale di varie percentuali da pagare, e che cambiano in relazione alla tipologia merceologica ed al valore della categoria di bene importato. L’aggiornamento delle percentuali è effettuato dall’agenzia italiana delle dogane e dei monopoli, ed il tariffario integrato comunitario (denominato con l’abbreviazione Taric) è verificabile sull’apposito sito internet dell’agenzia delle dogane. Non solo, ma attraverso un apposito programma, sempre disponibile online sul sito dell’agenzia delle dogane, è possibile effettuare una simulazione, inserendo i dati della merce che si vuole importare ed ottendendo così i dazi e gli importi previsti da pagare, a seconda della merce e della provenienza.

Una volta stabilito cosa si desidera acquistare ed accettate le condizioni di vendita ed il relativo prezzo della merce richiesto dal venditore, ci saranno altri costi da considerare. Oltre alle spese di spedizione, infatti, ed alle spese doganali, va calcolato anche il valore dell’imposta sul valore aggiunto (IVA). È importante tenere a mente che l’importo definitivo e quindi il prezzo finale saranno dati dalla somma di questi valori, e soprattutto non dimenticare che il calcolo dell’IVA viene fatto sulla cifra totale, comprensiva delle spese del dazio applicato.

Spese doganali: mezzi e modalità di pagamento

Per quanto riguarda il pagamento delle spese doganali, anzitutto, come abbiamo detto, la provenienza della merce deve essere diversa dai paesi dell’Unione Europea, per cui i dazi saranno applicati solo per gli altri Stati, come ad esempio Stati Uniti d’America o Cina; una volta arrivata la merce alla dogana, non va però considerato il momento preciso in cui la merce ed i prodotti entrano nel nostro paese. Il calcolo dell’importo viene in concreto fatto dagli addetti alla dogana, calcolando il dazio in relazione al valore della merce e della provenienza, ed in genere il valore del prodotto è indicato nella dichiarazione del venditore-esportatore, e si può ricavare dai documenti di accompagnamento (come ad esempio dalla fattura). Il pagamento avviene al momento del ritiro della merce da parte del destinatario, che nella maggior parte dei casi si serve di un corriere incaricato della spedizione. Il corriere prescelto consegnerà la merce, ed il valore complessivo del pagamento da effettuare includerà le spese per l’acquisto dal venditore, le spese di spedizione, l’IVA, ed il corrispettivo dazio da applicare.

2 novembre: il giorno dei morti e il significato della poesia ‘a Livella’ di Totò

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La Livella è la poesia di Totò più nota in assoluto, dopo il testo della celebre canzone Malafemmena. E ci insegna che la morte allinea ogni differenza sociale.

Antonio De Curtis, il principe della risata Totò, compose per il 2 novembre, il giorno dei morti, una poesia che poi si è rivelata un vero e proprio best seller letterario: ‘La Livella‘, infatti, ha dato il titolo alla raccolta di poesie di Totò più conosciuta e ancor oggi acquistata. Basti pensare che a Napoli è fiorito addirittura un mercato di versioni ‘taroccate’ del libricino del Principe De Curtis.

‘A Livella è dunque la poesia più nota di Totò, dopo il testo della celebre canzone ‘Malafemmena’. Di cosa parla e cosa significa?? Presto detto: è una poesia ambientata in un cimitero dove resta chiusa una persona, viva e assiste al litigio fra due morti: il povero Gennaro, netturbino e il marchcese ‘nobilissimo’. La morale è quella che la morte è, appunto, una ‘livella’ capace di appiattire ogni differenza sociale. Nel corso degli anni numerosi artisti hanno declamato la poesia, fra loro ricordiamo le versioni di Enzo Avitabile e Giacomo Rondinella.

Il testo della poesia ‘A livella’ di Totò
Ogn’anno, il due novembre, c’é l’usanza
per i defunti andare al Cimitero.
Ognuno ll’adda fà chesta crianza;
ognuno adda tené chistu penziero.
Ogn’anno, puntualmente,in questo giorno,
di questa triste e mesta ricorrenza,
anch’io ci vado, e con dei fiori adorno
il loculo marmoreo ‘e zi’ Vicenza.

St’anno m’é capitato ‘n’ avventura…
dopo di aver compiuto il triste omaggio.
Madonna! Si ce penzo,e che paura!,
ma po’ facette un’anema e curaggio.

‘O fatto è chisto, statemi a sentire:
s’avvicinava ll’ora d’à chiusura:
io,tomo tomo, stavo per uscire
buttando un occhio a qualche sepoltura.

“Qui dorme in pace il nobile marchese
signore di Rovigo e di Belluno
ardimentoso eroe di mille imprese
morto l’11 maggio del’31”.

‘O stemma cu ‘a curona ‘ncoppa a tutto
sotto ‘na croce fatta ‘e lampadine;
tre mazze ‘e rose cu ‘na lista ‘e lutto:
cannele,cannelotte e sei lumine.

Proprio azzeccata ‘a tomba ‘e stu signore
nce stava ‘n ‘ata tomba piccerella,
abbandunata, senza manco un fiore;
pe’ segno, sulamente ‘na crucella.

E ncoppa ‘a croce appena se liggeva:
“Esposito Gennaro – netturbino”:
guardannola, che ppena me faceva
stu muorto senza manco nu lumino!

Questa è la vita! ‘ncapo a me penzavo…
chi ha avuto tanto e chi nun ave niente!
Stu povero maronna s’aspettava
ca pur all’atu munno era pezzente?

Mentre fantasticavo stu penziero,
s’era ggià fatta quase mezanotte,
e i’rimanette ‘nchiuso priggiuniero,
muorto ‘e paura annanze ‘e cannelotte.

Tutto a ‘nu tratto, che veco ‘a luntano?
Ddoje ombre avvicenarse ‘a parte mia…
Penzaje:stu fatto a me mme pare strano…
Stongo scetato, dormo, o è fantasia?

Ate che fantasia; era ‘o Marchese:
c’o’ tubbo,’a caramella e c’o’ pastrano;
chill’ato apriesso a isso un brutto arnese;
tutto fetente e cu ‘nascopa mmano.

E chillo certamente è don Gennaro
‘o muorto puveriello ‘o scupatore.
‘Int ‘a stu fatto je nun ce veco chiaro:
so’ muorte e se ritirano a chest’ora?

Putevano sta’ ‘a me quase ‘nu palmo,
quanno ‘o Marchese se fermaje ‘e botto,
s’avota e tomo tomo, calmo calmo,
dicette a don Gennaro: “Giovanotto!

Da Voi vorrei saper, vile carogna,
con quale ardire e come avete osato
di farvi seppellir, per mia vergogna,
accanto a me che sono blasonato!

La casta è casta e va sì rispettata,
ma Voi perdeste il senso e la misura;
la Vostra salma andava sì inumata;
ma seppellita nella spazzatura!

Ancora oltre sopportar non posso
la Vostra vicinanza puzzolente,
fa d’uopo, quindi,che cerchiate un fosso
tra i vostri pari, tra la vostra gente”

“Signor Marchese, nun è colpa mia,
i’nun v’avesse fatto chistu tuorto;
mia moglie è stata a ffa’ sta fesseria,
i’ che putevo fa’ si ero muorto?

Si fosse vivo ve farrei cuntento,
pigliasse ‘a casciulella cu ‘e qquatt’osse
e proprio mo,obbj’…’nd’a stu mumento
mme ne trasesse dinto a n’ata fossa”.

“E cosa aspetti,oh turpe malcreato,
che l’ira mia raggiunga l’eccedenza?
Se io non fossi stato un titolato
avrei già dato piglio alla violenza!”

“Famme vedé! Piglia sta violenza!
‘A verità marché, mme so’ scucciato
‘e te senti; e si perdo ‘a pacienza,
mme scordo ca so’ muorto e so mazzate!

Ma chi te cride d’essere, nu ddio?
Ccà dinto, ‘o vvuo capi, ca simmo eguale?
Muorto si’tu e muorto so’ pur’io;
ognuno comme a ‘na’ato é tale e quale”.

“Lurido porco! Come ti permetti
paragonarti a me ch’ebbi natali
illustri, nobilissimi e perfetti,
da fare invidia a Principi Reali?”.

“Tu qua’ Natale, Pasca e Ppifania!!!
T”o vvuo’ mettere ‘ncapo ‘int’a cervella
che staje malato ancora e’ fantasia?
‘A morte ‘o ssaje ched”e? È una livella.

‘Nu rre,’nu maggistrato,’nu grand’ommo,
trasenno stu canciello ha fatt’o punto
c’ha perzo tutto,’a vita e pure ‘o nomme:
tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto?

Perciò,stamme a ssenti, nun fa”o restivo,
suppuorteme vicino, che te ‘mporta?
Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive:
nuje simmo serie. Appartenimmo à morte!”

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