La manifestazione “4 giorni a 5 stelle” fa tappa ad Aversa

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L'immagine può contenere: 10 persone, persone che sorridono

#4giornia5stelle La manifestazione “4 giorni a 5 stelle” prenderà il via giovedì 28 settembre 2017 da Giugliano in Campania (Napoli) dove in piazza Gramsci a partire dalle ore 19 ci saranno con il promotore dell’evento Salvatore Micillo anche Elio Lannutti, presidente Adusbef, famoso per le sue battaglie contro il potere bancario, i deputati M5S in Commissione Finanze : Daniele Pesco, Carla Ruocco e Carlo Sibilia. I convenuti parleranno di “Pmi, lavoro, commercio” insieme al consigliere regionale Luigi Cirillo e ai consiglieri comunali Nicola Palma e Vincenzo Risso.
Venerdì 29 settembre, l’appuntamento è ad Aversa (Caserta) ore 18,30, all’Arco dell’Annunziata a Porta Napoli (via Roma, n.18) per parlare di “ambiente e territorio” per discutere della legge ecoreati e del programma ambiente con Ferdinando Imposimato (presidente onorario aggiunto della Suprema Corte di Cassazione), Andrea Cioffi (Commissione Territorio), Vilma Moronese e Paola Nugnes (Commissione Ambiente), e i deputati Salvatore Micillo e Massimo De Rosa (Commissione Ambiente), dal consiglio regionale della Campania Vincenzo Viglione (Commissione Anticamorra) e Maria Muscarà (Commissione Trasparenza), Maria Teresa Imparato, segretaria regionale Legambiente, la Portavoce al Comune di Aversa Maria Grazia Mazzoni (Commissione Terra dei Fuochi). In caso di pioggia l’evento si terrà nella sala Cavallo del Comune di Aversa. Nel corso del dibattito si affronteranno i problemi locali quali roghi tossici, raccolta differenziata, indagini, sequestri ed incendi di rifiuti.
Sabato 30 settembre, in piazza della Pace, a Marano di Napoli, ore 19 si parlerà di “sicurezza locale” con i senatori Mario Michele Giarrusso (Commissione di inchiesta sul fenomeno delle mafie e sulle altre associazioni criminali) e Sergio Puglia (Commissione Lavoro), i deputati: Roberto Fico (Commissione Vigilanza Rai), Angelo Tofalo (Copasir), Salvatore Micillo, il consigliere regionale Vincenzo Viglione con gli attivisti del meetup di Marano.
Domenica 1 ottobre la “4 giorni a 5 stelle” si chiuderà in piazza Maione, a Villaricca di Napoli, dove dalle ore 19, si alterneranno negli interventi per parlare di “fondi europei, Europa e smart city” : l’europarlamentare Isabella Adinolfi, la senatrice Paola Nugnes, Salvatore Micillo, Luigi Gallo (Commissione Cultura Camera), il consigliere regionale Tommaso Malerba, i consiglieri locali Luigi Nave e Rosario Albano. Modera l’evento il direttore del web magazine “Il Punto” Vincenzo Perfetto. ————->>>>>>>>>>>>
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Vuoto a rendere: 0,3 centesimi a chi restituisce le bottiglie

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Torna il «vuoto a rendere», una pratica che in altri paesi europei ha avuto risultati positivi sull’ambiente e che ora viene reintrodotta in Italia (anche se per il momento in via sperimentale) grazie a un decreto del Ministero dell’Ambiente [1] pubblicato l’altro ieri in Gazzetta Ufficiale [2]. I consumatori che, dopo aver acquistato cassette di birra, di acqua minerale o di altri prodotti alimentari in imballaggi non riutilizzabili, riceveranno da 0,05 a 0,3 euro all’atto della restituzione delle bottiglie vuote al negozio.

Per il momento la reintroduzione del vuoto a rendere riguarderà solo quegli esercizi commerciali che vorranno aderirvi e, pertanto, è su base volontaria. Per cui spetterà al negozio informare previamente i clienti con appositi adesivi e indicazioni poste all’interno o all’esterno del locale. I tempi di restituzione dei vuoti a rendere potranno essere concordati di volta in volta. In generale, il servizio sarà disponibile per quei prodotti di volume compreso tra 0,20 e 1,5 litri, serviti al  pubblico da alberghi e residenze di villeggiatura, ristoranti, bar e altri punti di consumo.

Come funziona il nuovo «vuoto a rendere»?  Gli esercenti aderenti alla filiera versano una cauzione contestualmente all’acquisto dell’imballaggio riutilizzabile con diritto di rimborso della stessa al momento della restituzione dell’imballaggio vuoto. Ovviamente, il consumatore finale è il perno di questo meccanismo in quanto su di lui compete la restituzione dell’imballaggio vuoto.

Il valore unitario della cauzione è proporzionale al volume dell’imballaggio e ricompreso tra 0,05 e 0,3 euro.

La sperimentazione avrà una durata di 12 mesi. Essa ha l’obiettivo di prevenire la produzione di rifiuti di imballaggio e di favorire il riutilizzo degli imballaggi usati. Al termine della fase sperimentale si valuterà, sulla base degli esiti della stessa e sentite le categorie interessate, se confermare e se estendere il sistema del vuoto a rendere  ad  altri tipi di prodotto nonché ad altre tipologie di consumo.

note

[1] Decr. Min. Ambiente n. 142/17 del 3.07.2017.

[2] Gazz. Uff. n. 224 del 25.09.2017.

Rifiuti: come avere lo sconto sulla tassa

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Emergenza rifiuti: possibile ottenere un taglio dell’imposta sulla spazzatura e pagare solo il 20% del dovuto se non c’è stato il servizio di raccolta.

In generale le tasse vanno pagate a prescindere dalla qualità del servizio reso dallo Stato o dagli enti locali. Si pagano le tasse che finiscono alla sanità anche se ci sono le liste d’attesa al pronto soccorso; si paga l’imposta sugli immobili anche se le strade per arrivare a casa non sono illuminate e sono piene di buche; si deve versare il canone Rai anche se la televisione non fa più i programmi di una volta. Questo principio però non vale però per l’imposta sui rifiuti, quella che oggi si chiama Tari. Quando infatti il servizio è inefficiente e l’ambiente attorno ai cassonetti è tutt’altro che pulito e igienico, o ci sono ostacoli ad una agevole fruizione del servizio di raccolta della spazzatura, la legge riconosce la possibilità di avere dei benefici fiscali. In altre parole è possibile avere lo sconto sulla tassa rifiuti. A ricordarlo sono diverse sentenze e, da ultimo, una pronuncia della Cassazione di questa mattina [1].

Oltre alle esenzioni sulla tassa rifiuti (di cui a breve parleremo) due sono, essenzialmente, i casi in cui si può godere di una riduzione sulla Tari:

  • in caso di cassonetto lontano dalla propria abitazione;
  • in caso di disservizi nel servizio di raccolta della spazzatura: la cosiddetta emergenza rifiuti, che ha spesso coinvolto molte città d’Italia, è una delle principali cause per ottenere uno sconto sulla Tari.

Vediamo singolarmente tutti i casi di esenzione e riduzione.

Riduzione della imposta sui rifiuti

Cassonetto della spazzatura distante da casa

A tutti piacerebbe avere il cassonetto della spazzatura sotto casa. Ma questo non è sempre possibile, specie nei quartieri particolarmente popolati dove, spesso, il punto di raccolta per diversi palazzi è unico e collocato in un posto centrale a tutti. Se però la propria zona non è servita da un cassonetto e questo dista diverse centinaia di metri, è possibile ottenere uno sconto. In base alla legge, infatti, quando il servizio di smaltimento dei rifiuti risulta inadeguato o carente, il contribuente ha diritto a una riduzione dell’importo da pagare fino al 60% (in pratica l’importo da pagare non può essere superiore al 40%). È proprio il caso di chi vive in un immobile distante dal servizio di raccolta di rifiuti. Sarà il regolamento del Comune a stabilire quale sia la distanza oltre la quale scatta la riduzione della Tari; quindi sarà bene leggerne il contenuto.

Mancata raccolta della spazzatura

Si ha invece diritto a una riduzione fino all’80% dell’imposta sui rifiuti (con pagamento del 20%) in caso di mancato svolgimento del servizio di gestione dei rifiuti: si pensi al caso di un Comune che sia in ritardo nel conferimento del mandato alla società di gestione di raccolta dei rifiuti o alle varie disfunzioni interne organizzative che abbiano procurato l’emergenza rifiuti.

Secondo la Cassazione, il grave e perdurante disservizio, anche se il Comune non ha alcuna colpa per il caos nella raccolta, consente di ottenere lo sconto in questione. Ciò che conta è infatti la disfunzione protratta nel tempo.

L’omissione nella raccolta dei rifiuti deve però aver generato una situazione di emergenza ambientale o un pericolo alla salute delle persone certificata dall’Asl.

Si tratta di un’evenienza tutt’altro che rara nelle nostre città, dove spesso si assiste a un vero e proprio collasso del sistema raccolta e gestione dei rifiuti, con accumulo di tonnellate di immondizia ai margini della strada, accanto ai cassonetti o vicino alle abitazioni dei contribuenti o, ancora, nelle zone verdi, provocando il proliferare di insetti, topi, esalazioni di cattivi odori e intollerabilità dell’aria, ecc.

Lo sconto sulla tassa rifiuti, in questo caso, non è un risarcimento né una sanzione nei confronti del Comune, ma serve solo a riequilibrare il rapporto fra la somma da pagare e i costi del servizio.

Per ottenere lo sconto sulla tassa rifiuti non è necessario provare di aver subito un effettivo danno alla salute o di essere rimasto con le finestre di casa chiuse per via della puzza; né bisogna munirsi di fotografie che ritraggono i topi presenti in strada o attorno all’edificio. Basta come detto una certificazione dell’Asl o di altre autorità sanitarie da cui si evince lo stato di pericolo – anche solo potenziale – per la salute pubblico. Insomma è sufficiente che servizio di raccolta della spazzatura non rispetti i basilari elementi che dovrebbero caratterizzarlo, anche per cause per le quali il Comune non ha alcuna colpa.

Grave violazione della disciplina

Stesso discorso per grave violazione della disciplina in materia di raccolta rifiuti. Si può ottenere anche qui una riduzione dell’80% con pagamento del residuo 20% dell’imposta sui rifiuti. Si pensi al caso in cui il servizio, benché effettuato, è stato svolto in modo non corretto (si pensi alla violazione della disciplina sulla raccolta differenziata) o non completo (come nel caso in cui la raccolta avvenga a singhiozzo). Anche questa ipotesi è tutt’altro che rara. Sono infatti assai frequenti sono i casi di violazione delle regole sulla raccolta differenziata da parte degli incaricati al servizio di raccolta dei sacchetti dell’immondizia, prima ancora che da parte dei cittadini.

Sciopero

L’ultimo caso in cui è possibile ottenere una riduzione dell’80% della Tari è l’interruzione del servizio di raccolta per scioperi o altri imprevedibili impedimenti organizzativi che abbiano causato una situazione dannosa o pericolosa per l’ambiente e le persone, riconosciuta – anche in questo caso – dall’autorità sanitaria.

Sconto per compostaggio

In alcuni Comuni è previsto uno sconto sull’imposta rifiuti fino a un massimo del 10% per chi ricicla gli scarti organici, facendo uso dei contenitori per la creazione del compost.

Tessera a punti

Altri Comuni rilasciano una tessera magnetica per la raccolta punti. Al raggiungimento di un determinato punteggio si può ottenere uno sconto sulla Tari. L’accredito dei punti avviene sulla base del comportamento virtuoso dell’utente nel momento in cui porta i propri rifiuti nei luoghi di riciclo comunali: i rifiuti vengono visionati e, a seconda del peso e del materiale conferito, viene assegnato un punteggio, caricato sulla tessera.

Altri sconti sull’imposta rifiuti

I regolamenti comunali possono prevedere ulteriori sconti e agevolazioni come nei seguenti casi:

  • abitazioni occupate da una sola persona;
  • casa vacanza: abitazioni cioè soggette ad un utilizzo discontinuo, limitato o stagionale e che, per gran parte dell’anno, restano inutilizzate e prive di occupanti. In tale ipotesi la ragione dell’esenzione dal pagamento dell’imposta sulla spazzatura si giustifica sulla base della minore produzione di rifiuti che l’immobile determina;
  • immobili occupati da soggetti che risiedono o dimorano all’estero, per oltre sei mesi all’anno;
  • fabbricati rurali ad uso abitativo;
  • immobili detenuti da Onlus ed enti assimilabili;
  • locali di culto;
  • locali commerciali la cui attività esercitata ha subito una forte riduzione a causa dell’apertura di cantieri pubblici;
  • nuclei familiari in condizioni disagiate;
  • situazioni di grave disagio per l’utenza;
  • contribuenti che smaltiscono una parte dei rifiuti in proprio, conformemente alla normativa, oppure che abbiano realizzato interventi tecnico-organizzativi comportanti una minore produzione di rifiuti.

Come ottenere lo sconto sull’imposta rifiuti

Non ci sono termini massimi per richiedere lo sconto sul pagamento della Tari. La domanda, che va inoltrata al Comune in carta libera, può essere presentata in qualsiasi momento a mani, con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata. È molto importante motivare adeguatamente la richiesta. Di solito è possibile scaricare sul sito del Comune l’apposito modulo.

Esenzione dall’imposta sui rifiuti

Dopo aver visto i casi di riduzione del pagamento, vediamo invece i casi di totale esenzione. L’imposta sui rifiuti non è dovuta nelle seguenti ipotesi:

  • parti del condominio non utilizzate in via esclusiva (come l’androne e le scale di un palazzo);
  • locali o spazi che risultano inadoperabili, in quanto incapaci di produrre rifiuti;
  • locali in cui non si possono produrre rifiuti autonomamente (cantine, terrazze, balconi e solai);
  • locali in cui non risulta possibile produrre rifiuti per via di condizioni peculiari;
  • spazi scoperti, che sono pertinenza di un immobile soggetto all’imposta o viceversa a questo accessori, fatta eccezione per gli spazi scoperti operativi. Al contrario il posteggio coperto, posto sotto le fondamenta del palazzo, è soggetto a imposta.

Immobile non abitato

Spesso i contribuenti rivendicano il diritto a non pagare la spazzatura quando l’appartamento non è abitato, è sfitto o si tratta di casa vacanze che, durante il corso dell’anno, non viene utilizzata. Secondo però la Cassazione [2], per non pagare l’imposta sulla spazzatura non basta il semplice fatto che nell’immobile non vi siano occupanti o che non siano state attivate le utenze; bisogna, al contrario, che la non utilizzazione della casa sia indicata dal contribuente nella denuncia originaria o di variazione. «In base all’attuale normativa [3], la Tari è dovuta per il solo fatto della detenzione immobiliare, sicché le deroghe ammesse non operano per la mera situazione di fatto, ma soltanto ove questa sia indicata dal contribuente nella denuncia originaria o di variazione [4]». Del resto, la legge parla chiaro: la tassa sui rifiuti non è dovuta per le abitazioni tenute a disposizione per uso stagionale od altro uso limitato e discontinuo a condizione che tale destinazione sia specificata nella denuncia originaria o di variazione indicando l’abitazione di residenza e l’abitazione principale e dichiarando espressamente di non voler cedere l’alloggio in locazione o in comodato. Risultato: la Tari è dovuta per il semplice fatto di essere proprietari dell’immobile a prescindere dall’uso che uno ne fa, a meno che – come detto – si informi il Comune del mancato utilizzo con una variazione adeguata che possa consentire l’esonero in presenza di unità immobiliari che non producono spazzatura.

note

[1] Cass. sent. n. 22531/17 del 27.09.17.

[2] Cass. ord. n. 15044/2017 del 16.06.2017.

[3] Art. 62, co. 2, dlgs n.507/1993.

[4] Cass. sent. n. 3772/2013.

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Come le banche truffano i clienti

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Si sente spesso parlare di truffe e imbrogli delle banche. C’è chi ha le prove (lo ha raccontato alla nostra redazione Vincenzo Imperatore in una intervista pubblicata due anni fa in Trucchi delle banche italiane), c’è chi lo dice solo perché non vuole pagare e allora “ogni scusa è buona”, c’è chi infine è riuscito a vincere una causa contro il proprio istituto di credito e, quindi, fa da profeta al resto della nazione. Certo, quando si dice che le banche truffano i clienti si chiama in causa il penale ed, allora, è necessario dimostrare gli estremi del raggiro. Più facile è invece la prova del semplice illecito civile, quell’inadempimento contrattuale o quell’abuso rispetto al diritto dei consumatori che, tuttavia, non consente margini per sporgere querela ma, a tutto voler concedere, consente di liberarsi – all’esito di una causa – del debito. Ritornando all’intervista che abbiamo fatto a Imperatore, abbiamo appreso però che più di una pratica potrebbe definirsi borderline e integrare gli estremi del raggiro, tanto da far pensare a una “congiura” ordita dagli apici ai danni dei risparmiatori.  Quali sono questi irregolarità? Vediamo dunque come le banche truffano i clienti.

Come le banche truffano i clienti con il codice 72H e manovre su tassi di interesse

Si sa che le banche non possono modificare in modo unilaterale le clausole del contratto con il cliente che riguardano tassi di interesse

Fatta la legge, fatta la trappola. Cosa fanno le banche (secondo il racconto di Vincenzo Imperatore)? Quella che viene definita «Manovra massiva sui tassi di interesse». Massiva, addirittura. Che sarà mai?

Funziona più o meno così. I vertici dell’istituto di credito programmano, con largo anticipo (di norma, all’inizio del trimestre), un progressivo e millimetrico incremento dei tassi di interesse passivi. Aumenti minimi, ma che comportano grosse cifre per i forzieri della banca. Come difendersi? Bisogna avere una delle qualità che pochi correntisti hanno: la costanza. È quella che permette di leggere puntualmente gli estratti conto trimestrali con o senza calcolatrice (a seconda dell’abilità del correntista) per verificare se il saldo debitorio, con l’applicazione degli interessi, è quello corretto.

Sapete quanti italiani possiedono il dono della costanza? Appena il 3%. Solo 3 correntisti su 100 si rendono conto di questa manovra surrettizia e fraudolenta, peraltro solo dopo l’arrivo a casa degli estratti conto trimestrali, cioè con 90 giorni di ritardo, durante i quali, comunque, la banca ha succhiato dal conto come Dracula dalla giugulare. Questo 3% bussa alla porta della propria filiale (col pugno se il campanello non funziona) per chiedere spiegazioni. Oppure decide di scagliarsi contro il primo impiegato allo sportello, davanti alla fila dei clienti. Possibilmente alzando la voce, in modo che tutti capiscano.

Ecco il punto: immaginate la figura che fa la banca quando un cliente protesta ad alta voce perché si è sentito truffato. Se voi foste il cliente in coda, cosa pensereste? È proprio il vostro pensiero e quello degli altri che preoccupa l’istituto di credito. Quello che si chiama «rischio reputazionale», ossia che il proprio nome venga screditato pubblicamente. Tradotto: un fuggi-fuggi di clienti.

Ed ecco che si arriva alla parte di James Bond, al codice segreto: non è «007» ma è «72H». Non comporta licenza di uccidere – per carità – ma sì quella di truffare i clienti.

Quel codice equivale ad una riserva di denaro, disponibile presso tutte le filiali (dai 500 ai 10mila euro), da «regalare» (o meglio sarebbe dire, da restituire) al cliente alla prima contestazione, entro 72 ore, in modo da placarne l’ira. Insomma, un cliente calmo non crea dei problemi. E un cliente che non crea dei problemi è sempre un buon cliente.

E poi, si tratta appena del 3%. Se l’altro 97% subisce, che problema c’è?

Ma il vero discorso che rivela Vincenzo Imperatore nell’intervista a La Legge per Tuttiparlando del codice 72H è quello della solita piaga italiana: con una somma di denaro si può fare tutto, come il mettere a tacere qualsiasi contestazione, evitando ai colpevoli le sanzioni dell’ordinamento. Basta pagare. Il cliente ringrazia. Due volte, se a Natale riceve il pacco dono, con panettone e spumante. Più è generosa la banca, più sta zitto il cliente.

Come le banche truffano i clienti con i titoli tossici

Altro che la penicillina: quando la banca vuole infilare dei titoli tossici non ci sono dei medicinali che tengano.

Ogni cittadino italiano che voglia investire in titoli, obbligazioni, azioni, ecc. è garantito da una legge europea chiamata “Mifid”. Ogni volta che un consumatore-investitore sottoscrive un contratto quadro per acquistare dei valori mobiliari, deve compilare un questionario in cui viene fotografato il suo “profilo di rischio” nonché viene presa consapevolezza delle sue conoscenze del mercato finanziario. In pratica, la banca deve acquisire informazioni su:

  • l’obiettivo dell’investimento del cliente (un rischio basso, con rendimenti ridotti oppure un rischio elevato con possibilità di guadagno più alte, ma anche più aleatorie);
  • quanto il consumatore è esperto e competente in materia di investimento, affinché sia sufficientemente informato, di volta in volta, prima della proposta di acquisto di ogni titolo.

Compilare il questionario è come andare dal compianto Mike Bongiorno: è una specie di quiz a risposta multipla, dove il cliente può dire:

Si”, “No ma li conosco”, “No e non li conosco”, “Non risponde”.

Facciamo un esempio? «Allegriaaa!»

Allora, attenzione amici ascoltatori: la domanda è questa per chiunque intenda effettuare investimenti, anche all’operaio che ha portato in banca solo 100 euro.

Hai mai investito in Fondi, gestioni patrimoniali o polizze assicurative?

  1. Si
  2. No, ma li conosco
  3. No, e non li conosco
  4. Non risponde.

Sulla base delle risposte fornite, verrà elaborato il profilo di rischio, con cinque diversi possibili risultati:

  • profilo cauto;
  • profilo prudente;
  • profilo bilanciato;
  • profilo dinamico;
  • profilo aggressivo.

Così, chi vuol investire solo in Bot, titoli di stato, rendimenti certi, avrà un profilo prudente; chi invece vuole acquistare derivati avrà un profilo aggressivo.

Qual è la risposta esatta, amici ascoltatori? Tutte. Perché il profilo di rischio èsistematicamente manipolato dal dipendente di banca delegato a compilare il questionario. Il quale, puntualmente, mette la «X», cioè la crocetta, su risposte diverse da quelle fornite dal cliente, in modo che risulti fuori un profilo più esperto di quello effettivo. Nei fatti in banca c’è una percentuale minima di profili cauti. Sono quasi tutti medio-esperti.

Torniamo alla gag:

«Lei ha mai investito, signor concorrente?»

«No».

«Risposta sbagliataaaa», pensa l’impiegato, che mette la crocetta sulla casella del “Si”.

Il concorrente, cioè il cliente, può però verificare la sua risposta in qualsiasi momento, andando in banca e chiedendo al «signor No» che gli venga esibito il proprio profilo di rischio: se questo non corrisponde a quello effettivo può pretendere che venga cambiato.

Ma perché tutto questo? Facile, ci spiega Imperatore. Con un profilo esperto, si possono rifilare al cliente titoli ad alto rischio, quelli «tossici» come si dice in gergo. Insomma, la spazzatura.

Come le banche truffano i clienti con il mutuo ipotecario

La legge stabilisce che, quando si chiede un finanziamento per l’acquisto di una casa (quello che si conosce come mutuo ipotecario) l’importo finanziabile non può superare l’80% del valore dell’immobile da acquistare e sul quale verrà poi concessa l’ipoteca. Se tale tetto viene superato, il mutuo è nullo.

Che significa? Che, da un lato, la banca si garantisce la possibilità di ottenere, con maggiore sicurezza, la restituzione delle somme date in prestito. E che, dall’altro, la famiglia non deve sostenere una spesa superiore alle proprie possibilità. In più, consente che, in caso di inadempimento, la vendita all’asta della casa possa coprire la perdita subìta dall’istituto di credito, senza che l’economia nazionale ne venga pregiudicata.

Questo in teoria. Ma, nella pratica, cosa succede?

Chi è a corto di soldi ma deve acquistare una casa dovrà chiedere un finanziamento il più vicino possibile al totale da pagare al venditore. La banca, come minimo, gli darà un abbraccio e stringerà con lui un tacito accordo per aggirare la legge. In che modo?

Di norma, prima di concedere un mutuo, l’istituto di credito delega un proprio perito per valutare il valore dell’immobile. Ebbene, tali perizie vengono artificiosamente gonfiate. Così, per esempio, se per acquistare una casa occorrono 100 mila euro e, per legge, la banca potrebbe concederne al cliente solo 80mila (cioè l’80% di 100mila euro), l’unico modo per erogare un prestito di 100mila euro è quello di far apparire il valore dell’immobile pari a 125mila euro (l’80% di 125mila è, infatti, 100mila).

Risultato: il cliente ottiene il finanziamento per tutto l’importo da versare al costruttore e la banca, a fronte di un prestito più ampio, consegue maggiori interessi e più utili.

Faccio fatica a pensare che c’erano funzionari di agenzia o di banca che erogassero mutui con soglie al di sotto dell’80%”, ci rivela Imperatore.

La magistratura, però, ci ha già messo del suo, stabilendo che, in questi casi, il contratto di mutuo è nullo

Secondo Vincenzo Imperatore, questa pratica è stata utilizzata a lungo dagli istituti di credito, specie tra gli anni ’80 e ’90, quando si faceva credito a chiunque, anche a chi non possedeva le condizioni economiche per sostenere le rate e l’integrale restituzione del prestito. Si finanziava tutto: l’acquisto, la ristrutturazione, il notaio. Il reddito del mutuatario, verificato dallo sportello, era presunto e non certo.

Con la crisi economica, però, molte famiglie, rimaste senza lavoro, si sono anche trovate nella condizione di non poter più restituire i soldi che avevano ricevuto dalle banche e hanno visto ipotecate vendute all’asta le proprie case proprio da chi, prima, aveva consentito loro di violare la legge.

Certo – ammette Imperatore – non si può dire che dietro questo sistema vi sia un disegno predefinito dagli istituti di credito, volto a lucrare più dalla vendita forzata degli immobili che dalla restituzione dei mutui. A chi mai piacerebbe fare causa nel nostro Paese e sostenere estenuanti e infinite, oltreché costose, procedure esecutive immobiliari?

Come le banche truffano i clienti su polizze e assicurazioni

Nel corso dell’intervista, Vincenzo Imperatore ci racconta un’altra pratica degli istituti di credito ai danni dei consumatori, meglio descritta nel suo libro «Così le banche imbrogliano il correntista: io so e ho le prove».

Le banche sono nate per la raccolta e l’erogazione del credito. Questa è la loro mission, la loro funzione primaria. Hanno anche un ruolo fondamentale nell’economia di una nazione, perché consentono alle aziende gli investimenti, le assunzioni, l’aumento del prodotto interno lordo, ma anche, nel piccolo, aiuta le famiglie ad acquistare una casa di proprietà, a far fronte agli impegni economici più urgenti, a sostenere le spese di istruzione per i figli, ecc. Insomma, si tratta di una vera e propria funzione sociale.

Eppure le banche hanno progressivamente abbandonato questa funzione, ritenuta non tanto redditizia, per spostarsi su altri settori economici più appetibili, come la vendita di prodotti finanziari, titoli e sperequazioni borsistiche.

In buona sostanza, succede questo.

Quando il cliente si presenta in filiale per chiedere un prestito, viene invitato a presentare la propria dichiarazione dei redditi o i bilanci dell’attività commerciale. Che, come spesso accade, non corrispondono alla situazione reale: senza peli sulla lingua, gran parte dell’Italia vive grazie al «nero», quindi i documenti inviati all’Agenzia delle Entrate non fotografano l’effettiva condizione economica del contribuente. Consapevole di ciò, e desiderosa di partecipare alla spartizione della torta, la banca inizia a storcere il naso e a far comprendere al cliente che, con quella dichiarazione dei redditi/bilanci, non è possibile erogare alcun prestito. Allora il consumatore si «scopre», fa presente di avere delle «liquidità non dichiarate». Così, inconsapevolmente, cade nella trappola.

La banca gli propone un investimento, una polizza vita, un fondo o l’acquisto di titoli in garanzia con appoggio su un conto corrente: tutti prodotti coi quali i bilanci delle banche si arricchiscono enormemente, più ancora dei semplici interessi sui prestiti. Insomma, si va al supermercato per compare la carne fresca e si esce fuori con un carrello pieno di altri articoli non necessari.

Certamente, in questi casi, per come spiegato dalla giurisprudenza, tutti i costi dei servizi aggiuntivi si sommano agli interessi praticati sul mutuo e se dal risultato escono fuori dei tassi oltre l’usura, si può ricorrere al giudice . Ma è sempre necessario pagare un avvocato e attivarsi in una causa dalla quale non si sa quando si potrà uscire.

Come le banche truffano i clienti con usura e anatocismo

Chi credeva che il capitolo «usura» sarebbe stato quello più calcato da VincenzoImperatore, nella sua arringa contro il sistema bancario italiano, si sbagliava. Si tratta, invece, di un fenomeno ormai fin troppo sfruttato, anche da chi ha fatto della lotta alle banche il proprio business. C’è una cannibalizzazione del fenomeno, ci rivela. L’usura è una pratica già sufficientemente accertata dalle aule dei tribunali civili e penali e le banche ci vanno caute, stanno molto attente al fine di cautelare la propria reputazione.

Insomma, occhio a quando si parla di usura, avverte Imperatore. Occorre affidarsi a professionisti seri e qualificati, non ad aziende che fanno 62milioni di euro all’anno solo in perizie. Anche queste sono truffe ai danni dei cittadini perché creano aspettative facendo sciacallaggio ai danni dei disperati. Chi acquista la perizia per il calcolo dell’usura ha l’illusione di aver risolto il proprio problema. E invece non è così. Perché dopo dovrà pagare un avvocato, il contributo unificato (cioè le tasse per avviare il giudizio), un consulente tecnico d’ufficio (che effettui i calcoli sul conto corrente per conto del giudice), le varie cancellerie per le copie degli atti giudiziari, l’eventuale esecuzione forzata, ecc. Tutto questo per vedere riconosciuto dal tribunale il diritto a non pagare solo gli interessi usurari, mentre invece il capitale andrà sempre restituito. Insomma, il gioco potrebbe non valere la candela. Ma questo non ve lo dirà nessuno tra quelli che, dalla vostra causa, trarrà beneficio economico. E il rischio è che, se si perde la causa, bisognerà anche pagare le spese legali alla controparte. Oltre al danno, la beffa, come si suol dire.

note

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Quando non c’è visita fiscale?

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I casi di esclusione dalla visita fiscale del medico Inps: le gravi patologie e la giusta causa dell’assenza del lavoratore malato durante le fasce di reperibilità.

La legge prevede determinati casi di esclusione della visita fiscale da parte del medico dell’Inps. In tali ipotesi, dunque, il lavoratore in malattia non è tenuto a rispettare le fasce di reperibilità, durante le quali potrà uscire di casa non subendo alcuna conseguenza né sotto il profilo retributivo che disciplinare. Vediamo, dunque, in quali casi non c’è visita fiscale e, quindi, non bisogna rispettare gli orari della reperibilità.

Obbligo di reperibilità

Prima di stabilire le cause di esclusione dalla reperibilità, ricordiamo quali sono invece le fasce orarie durante le quali il lavoratore in malattia deve farsi trovare a casa dal medico fiscale per consentire il controllo delle sue condizioni di salute. In particolare egli deve farsi trovare presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale durante tutta la durata della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi, nelle fasce orarie giornaliere seguenti:

  • lavoratori privati: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di ogni giorno, compresi domeniche e festivi;
  • lavoratori pubblici: dalle ore 9 alle13 e 15 alle 18 di ogni giorno compresi domeniche e festivi.

Eventuali diverse (più restrittive o più estensive) disposizioni stabilite dalla contrattazione collettiva sono in contrasto con le previsioni ministeriali e, quindi, inapplicabili.

Chi è escluso dall’obbligo della visita fiscale

Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità, e quindi dalla visita fiscale, tanto i lavoratori del settore pubblico, quanto quelli del privato, in presenza delle seguenti cause:

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione, rilasciata dalle competenti strutture sanitarie, che attesti la natura della patologia e la specifica terapia salvavita da effettuare;
  • infortuni sul lavoro;
  • malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio;
  • stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, che ha determinato una riduzione della capacità lavorativa, in misura pari o superiore al 67%;
  • ricovero ospedaliero;
  • assenza dovuta a giustificato motivo.

Con una recente circolare, l’Inps ha indicato tutte le situazioni patologiche che fanno scattare l’esonero dalla visita fiscale [1]. Queste sono:

  • Sindromi vascolari acute con interessamento sistemico;
  • Emorragie severe/infarti d’organo;
  • Coagulazione intravascolare disseminata e condizioni di shock-stati vegetativi di qualsiasi etiologia;
  • Insufficienza renale acuta;
  • Insufficienza respiratoria acuta anche su base infettiva (polmoniti e broncopolmoniti severe, ascesso polmonare, sovrainfezioni di bronchiectasie congenite, fibrosi cistica);
  • Insufficienza miocardica acuta su base elettrica (gravi aritmie acute), ischemica (infarto acuto), meccanica (defaillance acuta di pompa) e versamenti pericardici;
  • Cirrosi epatica nelle fasi di scompenso acuto;
  • Gravi infezioni sistemiche fra cui AIDS conclamato;
  • Intossicazioni acute ad interessamento sistemico anche di natura professionale o infortunistica non INAIL (arsenico, cianuro, acquaragia, ammoniaca, insetticidi, farmaci, monossido di carbonio, ecc.);
  • Ipertensione liquorale endocranica acuta;
  • Malattie dismetaboliche in fase di scompenso acuto;
  • Malattie psichiatriche in fase di scompenso acuto e/o in TSO;
  • Neoplasie maligne, in: 1) trattamento chirurgico e neoadiuvante; 2) chemioterapico antiblastico e/o sue complicanze; 3) trattamento radioterapico;
  • Sindrome maligna da neurolettici;
  • Trapianti di organi vitali;
  • Altre malattie acute con compromissione sistemica (a tipo pancreatite, mediastinite, encefalite, meningite, ecc.) per il solo periodo convalescenziale;
  • Quadri sindromici a compromissione severa sistemica secondari a terapie o trattamenti diversi (a tipo trattamento interferonico, trasfusionale).

 

Cosa si intende per terapie salvavita?

Per «terapie salvavita» si intendono le cure indispensabili a tenere in vita una persona, in certa misura indipendenti dalla qualità intrinseca del farmaco usato ad essere salvavita. Infatti, un farmaco potrebbe essere salvavita nei confronti di una determinata patologia, ma non esserlo più se somministrato in caso di patologia diversa, verso cui ha tuttavia indicazione d’uso e/o con altra posologia: ad esempio, un antibiotico può essere salvavita in un paziente con AIDS, mentre svolge il suo semplice ruolo antimicrobico non salvavita in un soggetto immunocompetente.

Cosa si intende per infortunio sul lavoro?

Per «infortunio sul lavoro» si intende un incidente subito dal lavoratore e durante l’orario di lavoro o durante il tragitto casa-lavoro (cosiddetto infortunio in itinere).

Nell’infortunio sul lavoro occorso al dipendente, rientrano tutti gli incidenti causati da agenti aggressivi esterni tali da provocare danneggiamenti all’integrità psico-fisica del lavoratore come ad esempio sostanze tossiche, sforzi muscolari eccessivi o virus, eventi che possono danneggiare la salute del dipendente.

Cosa si intende per giustificato motivo?

Il giustificato motivo ricorre nelle seguenti ipotesi [2]:

  • forza maggiore: può essere costituito anche da una seria e valida ragione, socialmente apprezzabile;
  • situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore altrove (ad esempio un parente si trovava in fin di vita e necessitava di trasporto in ospedale);
  • concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici se si dimostra che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità.

Come farsi riconoscere l’esclusione dalla reperibilità?

Il dipendente che si trovi in una delle predette condizioni e voglia farsi riconoscere l’esenzione dalla visita fiscale deve inviare tutta la relativa documentazione medica, attestante la patologia, al datore di lavoro e all’Inps.

Assente alla visita fiscale: quale giustificazione?

Secondo la Cassazione [3] il lavoratore deve essere presente alla visita fiscale per consentire il controllo del suo stato di malattia. Sicché egli è passibile di sanzione anche se, assente, dimostri di essere comunque affetto dalla patologia indicata nel certificato medico. Pertanto la sanzione per il lavoratore assente durante le fasce di reperibilità può essere evitata soltanto con la prova, che spetta al lavoratore, di un ragionevole impedimento a rimanere a casa e non anche con quella della effettività della malattia.

note

[1] Circ. INPS 7 giugno 2016 n. 95.

[2] Circ. INPS 8 agosto 1984 n. 183.

[3] Cass. sent. n. 24681/2016.

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Visita fiscale per infortunio sul lavoro

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Mi sono infortunata sul luogo di lavoro e il mio medico mi ha dato 20 giorni di riposo dicendomi che non devo rimanere a casa per la visita fiscale, ma posso fare fisioterapia. È vero?

In generale l’assenza durante la fasce orarie della reperibilità per la visita fiscale è consentita per visiteprestazioni accertamenti specialistici oppure visite mediche generiche contemporanei alla visita fiscale, se si verifica l’impossibilità di effettuarle in orario diverso dalle fasce di reperibilità [2]. Il lavoratore che non può essere presente alla visita fiscale e deve allontanarsi dall’indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione che, a sua volta, ne dà comunicazione all’Inps. Tali visite devono essere comunque supportate da documentazione. Se per urgenza il malato non può inviare la previa comunicazione, può ugualmente uscire di casa, ma successivamente, oltre alla dimostrazione della visita o della prestazione specialistica, dovrà anche dimostrare l’urgenza e l’indifferibilità.

Ciò nonostante, nel caso di specie, il lettore non deve preoccuparsi. Infatti, per come chiarito già dall’Inps, la visita fiscale è esclusa nei casi di infortunio sul lavoro e malattia professionale.

In particolare, non c’è obbligo di rispettare le fasce di reperibilità nelle seguenti ipotesi:

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita.
  • infortuni sul lavoro.
  • malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.
  • stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Leggi Quando non c’è visita fiscale

In tutti gli altri casi, il dipendente è tenuto, qualora debba assentarsi dal proprio domicilio (per esempio, in relazione all’effettuazione di una visita specialistica), ad avvisare solo la propria amministrazione, la quale successivamente provvederà a informare l’Inps.

Nel caso in cui il lavoratore malato sia assente alla visita fiscale, si dovrà presentare a visita ambulatoriale; in tal caso l’Ufficio medico legale dovrà comunque richiedere le motivazioni dell’assenza e, solo ove esse siano di carattere sanitario, valutarne le giustificazioni (con le stesse modalità tra dipendenti pubblici e privati).

note

[1] Cass. sent. n. 3921 del 20.02.2007.

Stop cartelle per debiti minimi, calcolo interessi obbligatorio

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Stop cartelle per debiti minimi, calcolo interessi obbligatorio, limiti pignoramento stipendio anche per lavoratori autonomi, prescrizione quinquennale dopo la notifica, cartelle nulle di diritto se prescritte: cosa propone il progetto di riforma del sistema di riscossione.

Modifiche in arrivo per il sistema di riscossione tramite ruolo: una proposta di legge [1], attualmente sotto esame della Camera dei Deputati, mira ad introdurre maggiori tutele per i contribuenti, prevedendo nuove disposizioni in materia di contenuto della cartella, limiti delle procedure esecutive, istanza di sospensione in autotutela, notifiche e prescrizione.

Si tratta, in gran parte, di norme che danno atto di tutele già ampiamente riconosciute dalla giurisprudenza (per esempio in materia di calcolo degli interessi o di prescrizione quinquennale delle cartelle non opposte), ma che necessitano, appunto, della certezza definitiva che solo la legge può conferire.

Vediamo nel dettaglio tutte le proposte di modifica.

Ruolo e cartelle esattoriali più dettagliati a pena di nullità

Al fine di garantire la piena trasparenza dell’operato del concessionario e degli atti posti in essere, in armonia con i principi di buona fede e collaborazione sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente si propone la modifica del contenuto del ruolo prevedendo, a pena di nullità, l’obbligo dell’indicazione analitica dei seguenti dati informativi:

  • il codice fiscale del contribuente;
  • la  specie del ruolo;
  • la data in cui il ruolo
  • diviene esecutivo;
  • il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o altro atto presupposto nonché la motivazione, anche sintetica, della pretesa.
  • per i ruoli straordinari: l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano il fondato pericolo per la riscossione;
  • l’indicazione analitica degli interessi maturati sino alla data di formazione del ruolo e di quelli successivi, in qualunque modo definiti, e i rispettivi criteri di calcolo
  • la specifica delle sanzioni applicate.

Analoghe prescrizioni vengono poi sancite anche in merito al contenuto della cartella di pagamento.

Atti successivi: intimazioni, preavvisi di fermo o ipoteca

Quanto agli atti successivi alla cartella di pagamento, si stabilisce che ogni atto della riscossione o della procedura esecutiva successivo alla cartella di pagamento contiene, a pena di nullità, l’indicazione analitica degli atti precedentemente notificati, anche antecedenti alla formazione del ruolo, e della relativa data di notificazione.

Stop cartelle per debiti inferiori a 129 euro

Si propone la modifica dell’attuale e anacronistico limite di valore alla possibilità di iscrivere a ruolo debiti (le vecchie « ventimila lire », valore fermo dal 1973) con un limite ben più ampio costituito dal triplo del contributo unificato di iscrizione a ruolo, dovuto nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario. Tale descrizione, seppur troppo generica, dovrebbe riferirsi al contributo minimo di 43 euro, e quindi al limite minimo di debito pari a 129 euro (il triplo di 43).

Si limita, dunque, il ricorso alla procedura di riscossione mediante ruolo per crediti di modesta entità, indirizzando gli enti creditori verso procedure meno gravose per i contribuenti.

Più rateizzazioni, meno esecuzioni forzate

La proposta di legge in esame intende favorire il recupero dell’esposizione debitoria dei debitori iscritti a ruolo, evitando l’esecuzione forzata. Si chiarisce  un volta per tutte che la presentazione della richiesta di rateazione non costituisce in nessun caso riconoscimento del debito, consentendo pertanto di accedere al pagamento rateale senza alcuna rinuncia a far valere i propri diritti mediante ricorso al giudice (ad esempio, l’eventuale prescrizione del credito).

Inoltre, si modifica la disciplina che prevede l’accesso ad un nuovo piano di rateazionein caso di decadenza dalla precedente dilazione, sostituendo l’attuale condizione (pagamento di tutte le rate già scadute) con il pagamento di solo un terzo delle rate scadute; nonché, prevedendo la possibilità di concedere un numero di rate maggiore al numero di rate scadute (come previsto dalla norma vigente).

Chiarezza nel calcolo degli interessi

Particolare rilevanza assumono poi le modifiche relative alla misura degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e degli interessi di mora. In particolare, si introduce, a pena di nullità del ruolo e degli atti successivi, l’obbligo di specificazione della misura degli interessi applicati e le modalità di calcolo, con divieto di anatocismo.

Sempre in materia di interessi, si  prevede che sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso  si applicano gli interessi al tasso legale annuo come determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Eliminazione dei costi di notifica

In materia di notifiche, si preclude di addebitare al contribuente i costi del servizio di notificazione nei casi in cui l’ente creditore o il concessionario intendono avvalersi, per le notifiche, del servizio di posta elettronica certificata.

Limiti pignoramento stipendio lavoratori autonomi

Infine, in tema di pignoramento presso terzi, si estendono ai liberi professionisti elavoratori autonomi in genere i limiti di pignorabilità dei crediti previsti per i soggetti percettori di somme a titolo di stipendio, salario, o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, o a titolo di pensione.

Sospensione delle cartelle anche in caso di prescrizione successiva

Sono previste modifiche alla disciplina della procedura di sospensione della riscossione al fine di ampliare le tutele del contribuente nei casi di atti e procedure esecutive illegittime poste in essere dall’agente di riscossione.

A tal fine, oltre a ripristinare il termine di novanta giorni per l’accesso alla speciale procedura, si ampliano le fattispecie che consentono la presentazione dell’istanza, comprendendovi non solo tutti gli atti posti in essere dall’ente creditore ma anche tutti i casi di intervenuta prescrizionedecadenza o qualsiasi altra causa di inesigibilità del ruolo, anche intervenuta successivamente alla formazione del ruolo.

Inoltre, si stabilisce l’espressa impugnabilità del provvedimento con il quale si comunica al contribuente l’esito negativo dell’esame dell’istanza.

Si attribuisce così alla speciale procedura carattere complementare (e non più alternativo) al ricorso all’autorità giudiziaria, ampliando la tutela riconosciuta al contribuente.

Cartella prescritta annullata automaticamente

Si chiarisce che nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata notificata dal concessionario oltre la decorrenza del termine di decadenza o prescrizione, senza che siano intercorsi atti interruttivi, le somme iscritte a ruolo sono annullate di diritto e considerate automaticamente discaricate dai relativi ruoli. Lo scopo è quello di evitare di costringere il contribuente a ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di annullamento.

In tale ottica, si introduce altresì una forma di responsabilità diretta del concessionario che promuova un atto della procedura cautelare o esecutiva in forza di una cartella di pagamento per la quale sia già decorso il termine di prescrizione, obbligandolo a indennizzare il contribuente mediante il pagamento di una somma pari al triplo di quella, complessiva, per la quale ha agito in via cautelare o esecutiva.

Comunicazione debiti fino a 1000 euro

Infine, si prevede che in tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a 1.000 euro , la comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo debba essere inviata mediante posta raccomandata anziché posta ordinaria.

Chiarimenti notifica cartelle

La proposta introduce chiarimenti in tema di notificazioni degli atti della procedura di accertamento e riscossione. Sia l’Agenzia delle Entrate Riscossione che gli enti creditori, infatti, in caso di notifica con il servizio postale, interpretano il termine loro riferito di decadenza o prescrizione, con la data di consegna al gestore del servizio postale e non con quello di consegna al destinatario.

La modifica che si propone, dunque, mira a risolvere il contrasto giurisprudenziale esistente sul punto, chiarendo che nei casi di notifiche a mezzo del servizio postale o di posta elettronica certificata, eseguite nell’ambito di procedure di accertamento e riscossione nonché cautelari o esecutive, ivi comprese le procedure amministrative connesse, i termini di decadenza e di prescrizione previsti per la notifica degli atti di accertamento, riscossione o esecutivi si intendono riferiti alla data di effettiva ricezione dell’atto da parte del contribuente e non alla data di consegna al servizio postale o al gestore del servizio di posta elettronica certificata.

Prescrizione cartelle non opposte

Si intende superare anche il conflitto giurisprudenziale in tema di prescrizione dei crediti portati da cartelle di pagamento non opposte.

Sul punto, infatti, vi è incertezza applicativa in conseguenza della oscillante giurisprudenza di merito e di legittimità, sebbene l’orientamento prevalente (sia in dottrina che in giurisprudenza) equipari il termine di prescrizione a quello già previsto dalla legge in relazione al credito iscritto a ruolo, escludendo l’applicazione alla cartella di pagamento non opposta del termine decennale di prescrizione proprio degli atti giudiziari passati in giudicato.

In mancanza di un accertamento giudiziale sulla fondatezza della pretesa, non vi è alcuna norma che consenta di ricondurre un tale effetto al comportamento della parte che decida di non impugnare l’iscrizione al ruolo.

Pertanto, uniformandosi alla maggioritaria interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, si introduce una disposizione di interpretazione autentica volta a chiarire che il termine di prescrizione dei crediti portati da cartelle di pagamento e dai successivi atti della riscossione o esecutivi è da intendersi equiparato in ogni caso altermine previsto dalla legge per il credito iscritto a ruolo.

note

[1] Proposta di legge n. 4042/2017: “Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di riscossione mediante ruolo, e alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di sospensione della riscossione delle somme iscritte a ruolo, nonché altre disposizioni di interpretazione autentica concernenti i termini per la notificazione degli atti e per la prescrizione dei crediti“.

Agnelli condannato a un anno di inibizione dal tribunale Figc.

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Un anno di inibizione e 20mila euro di multa. E’ questa la sanzione inflitta dal Tribunale federale nazionale della Figc al presidente della Juventus, Andrea Agnelli, per i rapporti non consentiti con i tifosi e la vicenda biglietti. “Non è fatto mistero che l’intero management fosse votato a ricucire i rapporti con gli ultras e ad addolcire ogni confronto con i club, al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti pur di non urtare la suscettibilità dei tifosi”, si legge nelle motivazione della sentenza. Al club bianconero è stata inflitta invece un’ammenda di 300mila euro, escludendo tuttavia la chiusura dell’Allianz Stadium come invece chiesto dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro.

Il procedimento sportivo nasce dopo l’inchiesta penale ‘Alto Piemonte‘ della Procura di Torino sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva della Juventus. Agnelli, secondo l’accusa, ha favorito il bagarinaggio, partecipando a diversi incontri in violazione dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva. Il procuratore Pecoraro aveva chiesto due anni e mezzo di inibizione per il presidente bianconero e che la squadra giocasse due partite a porte chiuse. Tuttavia il Tribunale federale ha escluso che da parte della dirigenza juventina ci fosse la “consapevolezza” di trattare con soggetti malavitosi infiltrati nella tifoseria. “Tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati”, si legge nella sentenza.

Le motivazioni della sentenza – Il Tribunale federale nazionale della Figc parla di “gesti accondiscendenti posti in essere in favore della tifoseria che si ritiene siano stati quanto meno tacitamente accettati dalla Presidenza”. “In tale contesto devono, pertanto, essere inquadrate anche le condotte contestate ad Agnelli che nulla ha fatto per evitare il perpetrarsi di tali gravissime condotte”, prosegue il Tribunale Federale. Secondo il quale, inoltre, “non vi è agli atti alcuna delega formale attribuita al Dott. Calvo in ordine alle attività che si afferma siano state allo stesso delegate, né in atti emerge alcuna attività di controllo e di verifica effettuata da Agnelli in ordine all’operato dei soggetti delegati”. Pertanto il Tribunale ritiene che il presidente bianconero  “abbia agevolato e in qualche modo avallato o comunque non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite poste in essere da Calvo […] al dichiarato fine di mantenere rapporti ottimali con la tifoseria”.

“Non sapeva dei capi ultras ‘ndranghetisti” – Il Tribunale Figc esclude invece che Agnelli sapesse dell’appartenenza di alcuni capi ultras alla ‘ndrangheta. Nella sentenza si legge che non appena appresa la notizia della presunta appartenenza di alcuni soggetti a cosche illecite, “ogni contato ebbe immediato termine” tra la dirigenza e quella frangia della tifoseria. Il Tribunale non ritiene quindi “sufficientemente provato che una simile frequentazione fosse dotata della contestata “consapevolezza” riferita allo status di quei tifosi”.

“Confidavamo nel proscioglimento del presidente, ovviamente la sentenza ci delude, anche se ha ridimensionato le accuse della Procura. Ora non possiamo nascondere la delusione. Certamente presenteremo appello, ora parlerò della sentenza con il mio collega Chiappero e con il presidente Agnelli”, ha detto a LaPresse Franco Coppi, legale del presidente della Juventus.

In primo grado è stato inoltre condannato Francesco Calvo, ex capo marketing dei bianconeri e ora al Barcellona, a un anno di inibizione e 20mila euro di ammenda. Ma anche Stefano Marulla e Alessandro Nicola D’Angelo, due dirigenti tesserati, rispettivamente a un anno di inibizione e a un anno e 3 mesi di inibizione. Anche per loro un ammenda da 20mila euro.

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