Quando non c’è visita fiscale?

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I casi di esclusione dalla visita fiscale del medico Inps: le gravi patologie e la giusta causa dell’assenza del lavoratore malato durante le fasce di reperibilità.

La legge prevede determinati casi di esclusione della visita fiscale da parte del medico dell’Inps. In tali ipotesi, dunque, il lavoratore in malattia non è tenuto a rispettare le fasce di reperibilità, durante le quali potrà uscire di casa non subendo alcuna conseguenza né sotto il profilo retributivo che disciplinare. Vediamo, dunque, in quali casi non c’è visita fiscale e, quindi, non bisogna rispettare gli orari della reperibilità.

Obbligo di reperibilità

Prima di stabilire le cause di esclusione dalla reperibilità, ricordiamo quali sono invece le fasce orarie durante le quali il lavoratore in malattia deve farsi trovare a casa dal medico fiscale per consentire il controllo delle sue condizioni di salute. In particolare egli deve farsi trovare presso l’indirizzo abituale o il domicilio occasionale durante tutta la durata della malattia, comprese le domeniche e i giorni festivi, nelle fasce orarie giornaliere seguenti:

  • lavoratori privati: dalle 10 alle 12 e dalle 17 alle 19 di ogni giorno, compresi domeniche e festivi;
  • lavoratori pubblici: dalle ore 9 alle13 e 15 alle 18 di ogni giorno compresi domeniche e festivi.

Eventuali diverse (più restrittive o più estensive) disposizioni stabilite dalla contrattazione collettiva sono in contrasto con le previsioni ministeriali e, quindi, inapplicabili.

Chi è escluso dall’obbligo della visita fiscale

Sono esclusi dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità, e quindi dalla visita fiscale, tanto i lavoratori del settore pubblico, quanto quelli del privato, in presenza delle seguenti cause:

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione, rilasciata dalle competenti strutture sanitarie, che attesti la natura della patologia e la specifica terapia salvavita da effettuare;
  • infortuni sul lavoro;
  • malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio;
  • stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta, che ha determinato una riduzione della capacità lavorativa, in misura pari o superiore al 67%;
  • ricovero ospedaliero;
  • assenza dovuta a giustificato motivo.

Con una recente circolare, l’Inps ha indicato tutte le situazioni patologiche che fanno scattare l’esonero dalla visita fiscale [1]. Queste sono:

  • Sindromi vascolari acute con interessamento sistemico;
  • Emorragie severe/infarti d’organo;
  • Coagulazione intravascolare disseminata e condizioni di shock-stati vegetativi di qualsiasi etiologia;
  • Insufficienza renale acuta;
  • Insufficienza respiratoria acuta anche su base infettiva (polmoniti e broncopolmoniti severe, ascesso polmonare, sovrainfezioni di bronchiectasie congenite, fibrosi cistica);
  • Insufficienza miocardica acuta su base elettrica (gravi aritmie acute), ischemica (infarto acuto), meccanica (defaillance acuta di pompa) e versamenti pericardici;
  • Cirrosi epatica nelle fasi di scompenso acuto;
  • Gravi infezioni sistemiche fra cui AIDS conclamato;
  • Intossicazioni acute ad interessamento sistemico anche di natura professionale o infortunistica non INAIL (arsenico, cianuro, acquaragia, ammoniaca, insetticidi, farmaci, monossido di carbonio, ecc.);
  • Ipertensione liquorale endocranica acuta;
  • Malattie dismetaboliche in fase di scompenso acuto;
  • Malattie psichiatriche in fase di scompenso acuto e/o in TSO;
  • Neoplasie maligne, in: 1) trattamento chirurgico e neoadiuvante; 2) chemioterapico antiblastico e/o sue complicanze; 3) trattamento radioterapico;
  • Sindrome maligna da neurolettici;
  • Trapianti di organi vitali;
  • Altre malattie acute con compromissione sistemica (a tipo pancreatite, mediastinite, encefalite, meningite, ecc.) per il solo periodo convalescenziale;
  • Quadri sindromici a compromissione severa sistemica secondari a terapie o trattamenti diversi (a tipo trattamento interferonico, trasfusionale).

 

Cosa si intende per terapie salvavita?

Per «terapie salvavita» si intendono le cure indispensabili a tenere in vita una persona, in certa misura indipendenti dalla qualità intrinseca del farmaco usato ad essere salvavita. Infatti, un farmaco potrebbe essere salvavita nei confronti di una determinata patologia, ma non esserlo più se somministrato in caso di patologia diversa, verso cui ha tuttavia indicazione d’uso e/o con altra posologia: ad esempio, un antibiotico può essere salvavita in un paziente con AIDS, mentre svolge il suo semplice ruolo antimicrobico non salvavita in un soggetto immunocompetente.

Cosa si intende per infortunio sul lavoro?

Per «infortunio sul lavoro» si intende un incidente subito dal lavoratore e durante l’orario di lavoro o durante il tragitto casa-lavoro (cosiddetto infortunio in itinere).

Nell’infortunio sul lavoro occorso al dipendente, rientrano tutti gli incidenti causati da agenti aggressivi esterni tali da provocare danneggiamenti all’integrità psico-fisica del lavoratore come ad esempio sostanze tossiche, sforzi muscolari eccessivi o virus, eventi che possono danneggiare la salute del dipendente.

Cosa si intende per giustificato motivo?

Il giustificato motivo ricorre nelle seguenti ipotesi [2]:

  • forza maggiore: può essere costituito anche da una seria e valida ragione, socialmente apprezzabile;
  • situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore altrove (ad esempio un parente si trovava in fin di vita e necessitava di trasporto in ospedale);
  • concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici se si dimostra che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità.

Come farsi riconoscere l’esclusione dalla reperibilità?

Il dipendente che si trovi in una delle predette condizioni e voglia farsi riconoscere l’esenzione dalla visita fiscale deve inviare tutta la relativa documentazione medica, attestante la patologia, al datore di lavoro e all’Inps.

Assente alla visita fiscale: quale giustificazione?

Secondo la Cassazione [3] il lavoratore deve essere presente alla visita fiscale per consentire il controllo del suo stato di malattia. Sicché egli è passibile di sanzione anche se, assente, dimostri di essere comunque affetto dalla patologia indicata nel certificato medico. Pertanto la sanzione per il lavoratore assente durante le fasce di reperibilità può essere evitata soltanto con la prova, che spetta al lavoratore, di un ragionevole impedimento a rimanere a casa e non anche con quella della effettività della malattia.

note

[1] Circ. INPS 7 giugno 2016 n. 95.

[2] Circ. INPS 8 agosto 1984 n. 183.

[3] Cass. sent. n. 24681/2016.

Autore immagine: 123rf com

Visita fiscale per infortunio sul lavoro

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Mi sono infortunata sul luogo di lavoro e il mio medico mi ha dato 20 giorni di riposo dicendomi che non devo rimanere a casa per la visita fiscale, ma posso fare fisioterapia. È vero?

In generale l’assenza durante la fasce orarie della reperibilità per la visita fiscale è consentita per visiteprestazioni accertamenti specialistici oppure visite mediche generiche contemporanei alla visita fiscale, se si verifica l’impossibilità di effettuarle in orario diverso dalle fasce di reperibilità [2]. Il lavoratore che non può essere presente alla visita fiscale e deve allontanarsi dall’indirizzo comunicato durante le fasce di reperibilità per effettuare visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, è tenuto a darne preventiva comunicazione all’amministrazione che, a sua volta, ne dà comunicazione all’Inps. Tali visite devono essere comunque supportate da documentazione. Se per urgenza il malato non può inviare la previa comunicazione, può ugualmente uscire di casa, ma successivamente, oltre alla dimostrazione della visita o della prestazione specialistica, dovrà anche dimostrare l’urgenza e l’indifferibilità.

Ciò nonostante, nel caso di specie, il lettore non deve preoccuparsi. Infatti, per come chiarito già dall’Inps, la visita fiscale è esclusa nei casi di infortunio sul lavoro e malattia professionale.

In particolare, non c’è obbligo di rispettare le fasce di reperibilità nelle seguenti ipotesi:

  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita.
  • infortuni sul lavoro.
  • malattie per le quali è stata riconosciuta la causa di servizio.
  • stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta.

Leggi Quando non c’è visita fiscale

In tutti gli altri casi, il dipendente è tenuto, qualora debba assentarsi dal proprio domicilio (per esempio, in relazione all’effettuazione di una visita specialistica), ad avvisare solo la propria amministrazione, la quale successivamente provvederà a informare l’Inps.

Nel caso in cui il lavoratore malato sia assente alla visita fiscale, si dovrà presentare a visita ambulatoriale; in tal caso l’Ufficio medico legale dovrà comunque richiedere le motivazioni dell’assenza e, solo ove esse siano di carattere sanitario, valutarne le giustificazioni (con le stesse modalità tra dipendenti pubblici e privati).

note

[1] Cass. sent. n. 3921 del 20.02.2007.

Stop cartelle per debiti minimi, calcolo interessi obbligatorio

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Stop cartelle per debiti minimi, calcolo interessi obbligatorio, limiti pignoramento stipendio anche per lavoratori autonomi, prescrizione quinquennale dopo la notifica, cartelle nulle di diritto se prescritte: cosa propone il progetto di riforma del sistema di riscossione.

Modifiche in arrivo per il sistema di riscossione tramite ruolo: una proposta di legge [1], attualmente sotto esame della Camera dei Deputati, mira ad introdurre maggiori tutele per i contribuenti, prevedendo nuove disposizioni in materia di contenuto della cartella, limiti delle procedure esecutive, istanza di sospensione in autotutela, notifiche e prescrizione.

Si tratta, in gran parte, di norme che danno atto di tutele già ampiamente riconosciute dalla giurisprudenza (per esempio in materia di calcolo degli interessi o di prescrizione quinquennale delle cartelle non opposte), ma che necessitano, appunto, della certezza definitiva che solo la legge può conferire.

Vediamo nel dettaglio tutte le proposte di modifica.

Ruolo e cartelle esattoriali più dettagliati a pena di nullità

Al fine di garantire la piena trasparenza dell’operato del concessionario e degli atti posti in essere, in armonia con i principi di buona fede e collaborazione sanciti dallo statuto dei diritti del contribuente si propone la modifica del contenuto del ruolo prevedendo, a pena di nullità, l’obbligo dell’indicazione analitica dei seguenti dati informativi:

  • il codice fiscale del contribuente;
  • la  specie del ruolo;
  • la data in cui il ruolo
  • diviene esecutivo;
  • il riferimento all’eventuale precedente atto di accertamento o altro atto presupposto nonché la motivazione, anche sintetica, della pretesa.
  • per i ruoli straordinari: l’indicazione dei presupposti di fatto e di diritto che giustificano il fondato pericolo per la riscossione;
  • l’indicazione analitica degli interessi maturati sino alla data di formazione del ruolo e di quelli successivi, in qualunque modo definiti, e i rispettivi criteri di calcolo
  • la specifica delle sanzioni applicate.

Analoghe prescrizioni vengono poi sancite anche in merito al contenuto della cartella di pagamento.

Atti successivi: intimazioni, preavvisi di fermo o ipoteca

Quanto agli atti successivi alla cartella di pagamento, si stabilisce che ogni atto della riscossione o della procedura esecutiva successivo alla cartella di pagamento contiene, a pena di nullità, l’indicazione analitica degli atti precedentemente notificati, anche antecedenti alla formazione del ruolo, e della relativa data di notificazione.

Stop cartelle per debiti inferiori a 129 euro

Si propone la modifica dell’attuale e anacronistico limite di valore alla possibilità di iscrivere a ruolo debiti (le vecchie « ventimila lire », valore fermo dal 1973) con un limite ben più ampio costituito dal triplo del contributo unificato di iscrizione a ruolo, dovuto nel processo civile, nel processo amministrativo e nel processo tributario. Tale descrizione, seppur troppo generica, dovrebbe riferirsi al contributo minimo di 43 euro, e quindi al limite minimo di debito pari a 129 euro (il triplo di 43).

Si limita, dunque, il ricorso alla procedura di riscossione mediante ruolo per crediti di modesta entità, indirizzando gli enti creditori verso procedure meno gravose per i contribuenti.

Più rateizzazioni, meno esecuzioni forzate

La proposta di legge in esame intende favorire il recupero dell’esposizione debitoria dei debitori iscritti a ruolo, evitando l’esecuzione forzata. Si chiarisce  un volta per tutte che la presentazione della richiesta di rateazione non costituisce in nessun caso riconoscimento del debito, consentendo pertanto di accedere al pagamento rateale senza alcuna rinuncia a far valere i propri diritti mediante ricorso al giudice (ad esempio, l’eventuale prescrizione del credito).

Inoltre, si modifica la disciplina che prevede l’accesso ad un nuovo piano di rateazionein caso di decadenza dalla precedente dilazione, sostituendo l’attuale condizione (pagamento di tutte le rate già scadute) con il pagamento di solo un terzo delle rate scadute; nonché, prevedendo la possibilità di concedere un numero di rate maggiore al numero di rate scadute (come previsto dalla norma vigente).

Chiarezza nel calcolo degli interessi

Particolare rilevanza assumono poi le modifiche relative alla misura degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo e degli interessi di mora. In particolare, si introduce, a pena di nullità del ruolo e degli atti successivi, l’obbligo di specificazione della misura degli interessi applicati e le modalità di calcolo, con divieto di anatocismo.

Sempre in materia di interessi, si  prevede che sulle somme il cui pagamento è stato rateizzato o sospeso  si applicano gli interessi al tasso legale annuo come determinato con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.

Eliminazione dei costi di notifica

In materia di notifiche, si preclude di addebitare al contribuente i costi del servizio di notificazione nei casi in cui l’ente creditore o il concessionario intendono avvalersi, per le notifiche, del servizio di posta elettronica certificata.

Limiti pignoramento stipendio lavoratori autonomi

Infine, in tema di pignoramento presso terzi, si estendono ai liberi professionisti elavoratori autonomi in genere i limiti di pignorabilità dei crediti previsti per i soggetti percettori di somme a titolo di stipendio, salario, o altre indennità relative al rapporto di lavoro o di impiego, o a titolo di pensione.

Sospensione delle cartelle anche in caso di prescrizione successiva

Sono previste modifiche alla disciplina della procedura di sospensione della riscossione al fine di ampliare le tutele del contribuente nei casi di atti e procedure esecutive illegittime poste in essere dall’agente di riscossione.

A tal fine, oltre a ripristinare il termine di novanta giorni per l’accesso alla speciale procedura, si ampliano le fattispecie che consentono la presentazione dell’istanza, comprendendovi non solo tutti gli atti posti in essere dall’ente creditore ma anche tutti i casi di intervenuta prescrizionedecadenza o qualsiasi altra causa di inesigibilità del ruolo, anche intervenuta successivamente alla formazione del ruolo.

Inoltre, si stabilisce l’espressa impugnabilità del provvedimento con il quale si comunica al contribuente l’esito negativo dell’esame dell’istanza.

Si attribuisce così alla speciale procedura carattere complementare (e non più alternativo) al ricorso all’autorità giudiziaria, ampliando la tutela riconosciuta al contribuente.

Cartella prescritta annullata automaticamente

Si chiarisce che nel caso in cui la cartella di pagamento sia stata notificata dal concessionario oltre la decorrenza del termine di decadenza o prescrizione, senza che siano intercorsi atti interruttivi, le somme iscritte a ruolo sono annullate di diritto e considerate automaticamente discaricate dai relativi ruoli. Lo scopo è quello di evitare di costringere il contribuente a ricorrere all’autorità giudiziaria per ottenere una pronuncia di annullamento.

In tale ottica, si introduce altresì una forma di responsabilità diretta del concessionario che promuova un atto della procedura cautelare o esecutiva in forza di una cartella di pagamento per la quale sia già decorso il termine di prescrizione, obbligandolo a indennizzare il contribuente mediante il pagamento di una somma pari al triplo di quella, complessiva, per la quale ha agito in via cautelare o esecutiva.

Comunicazione debiti fino a 1000 euro

Infine, si prevede che in tutti i casi di riscossione coattiva di debiti fino a 1.000 euro , la comunicazione contenente il dettaglio delle iscrizioni a ruolo debba essere inviata mediante posta raccomandata anziché posta ordinaria.

Chiarimenti notifica cartelle

La proposta introduce chiarimenti in tema di notificazioni degli atti della procedura di accertamento e riscossione. Sia l’Agenzia delle Entrate Riscossione che gli enti creditori, infatti, in caso di notifica con il servizio postale, interpretano il termine loro riferito di decadenza o prescrizione, con la data di consegna al gestore del servizio postale e non con quello di consegna al destinatario.

La modifica che si propone, dunque, mira a risolvere il contrasto giurisprudenziale esistente sul punto, chiarendo che nei casi di notifiche a mezzo del servizio postale o di posta elettronica certificata, eseguite nell’ambito di procedure di accertamento e riscossione nonché cautelari o esecutive, ivi comprese le procedure amministrative connesse, i termini di decadenza e di prescrizione previsti per la notifica degli atti di accertamento, riscossione o esecutivi si intendono riferiti alla data di effettiva ricezione dell’atto da parte del contribuente e non alla data di consegna al servizio postale o al gestore del servizio di posta elettronica certificata.

Prescrizione cartelle non opposte

Si intende superare anche il conflitto giurisprudenziale in tema di prescrizione dei crediti portati da cartelle di pagamento non opposte.

Sul punto, infatti, vi è incertezza applicativa in conseguenza della oscillante giurisprudenza di merito e di legittimità, sebbene l’orientamento prevalente (sia in dottrina che in giurisprudenza) equipari il termine di prescrizione a quello già previsto dalla legge in relazione al credito iscritto a ruolo, escludendo l’applicazione alla cartella di pagamento non opposta del termine decennale di prescrizione proprio degli atti giudiziari passati in giudicato.

In mancanza di un accertamento giudiziale sulla fondatezza della pretesa, non vi è alcuna norma che consenta di ricondurre un tale effetto al comportamento della parte che decida di non impugnare l’iscrizione al ruolo.

Pertanto, uniformandosi alla maggioritaria interpretazione resa dalla giurisprudenza di legittimità e di merito, si introduce una disposizione di interpretazione autentica volta a chiarire che il termine di prescrizione dei crediti portati da cartelle di pagamento e dai successivi atti della riscossione o esecutivi è da intendersi equiparato in ogni caso altermine previsto dalla legge per il credito iscritto a ruolo.

note

[1] Proposta di legge n. 4042/2017: “Modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, in materia di riscossione mediante ruolo, e alla legge 24 dicembre 2012, n. 228, in materia di sospensione della riscossione delle somme iscritte a ruolo, nonché altre disposizioni di interpretazione autentica concernenti i termini per la notificazione degli atti e per la prescrizione dei crediti“.

Agnelli condannato a un anno di inibizione dal tribunale Figc.

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Un anno di inibizione e 20mila euro di multa. E’ questa la sanzione inflitta dal Tribunale federale nazionale della Figc al presidente della Juventus, Andrea Agnelli, per i rapporti non consentiti con i tifosi e la vicenda biglietti. “Non è fatto mistero che l’intero management fosse votato a ricucire i rapporti con gli ultras e ad addolcire ogni confronto con i club, al punto da favorire concretamente ed espressamente le continue richieste di agevolazioni così da rendersi disponibili a scendere a patti pur di non urtare la suscettibilità dei tifosi”, si legge nelle motivazione della sentenza. Al club bianconero è stata inflitta invece un’ammenda di 300mila euro, escludendo tuttavia la chiusura dell’Allianz Stadium come invece chiesto dal procuratore federale Giuseppe Pecoraro.

Il procedimento sportivo nasce dopo l’inchiesta penale ‘Alto Piemonte‘ della Procura di Torino sulle infiltrazioni della ‘ndrangheta nella curva della Juventus. Agnelli, secondo l’accusa, ha favorito il bagarinaggio, partecipando a diversi incontri in violazione dell’articolo 12 del codice di giustizia sportiva. Il procuratore Pecoraro aveva chiesto due anni e mezzo di inibizione per il presidente bianconero e che la squadra giocasse due partite a porte chiuse. Tuttavia il Tribunale federale ha escluso che da parte della dirigenza juventina ci fosse la “consapevolezza” di trattare con soggetti malavitosi infiltrati nella tifoseria. “Tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati”, si legge nella sentenza.

Le motivazioni della sentenza – Il Tribunale federale nazionale della Figc parla di “gesti accondiscendenti posti in essere in favore della tifoseria che si ritiene siano stati quanto meno tacitamente accettati dalla Presidenza”. “In tale contesto devono, pertanto, essere inquadrate anche le condotte contestate ad Agnelli che nulla ha fatto per evitare il perpetrarsi di tali gravissime condotte”, prosegue il Tribunale Federale. Secondo il quale, inoltre, “non vi è agli atti alcuna delega formale attribuita al Dott. Calvo in ordine alle attività che si afferma siano state allo stesso delegate, né in atti emerge alcuna attività di controllo e di verifica effettuata da Agnelli in ordine all’operato dei soggetti delegati”. Pertanto il Tribunale ritiene che il presidente bianconero  “abbia agevolato e in qualche modo avallato o comunque non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite poste in essere da Calvo […] al dichiarato fine di mantenere rapporti ottimali con la tifoseria”.

“Non sapeva dei capi ultras ‘ndranghetisti” – Il Tribunale Figc esclude invece che Agnelli sapesse dell’appartenenza di alcuni capi ultras alla ‘ndrangheta. Nella sentenza si legge che non appena appresa la notizia della presunta appartenenza di alcuni soggetti a cosche illecite, “ogni contato ebbe immediato termine” tra la dirigenza e quella frangia della tifoseria. Il Tribunale non ritiene quindi “sufficientemente provato che una simile frequentazione fosse dotata della contestata “consapevolezza” riferita allo status di quei tifosi”.

“Confidavamo nel proscioglimento del presidente, ovviamente la sentenza ci delude, anche se ha ridimensionato le accuse della Procura. Ora non possiamo nascondere la delusione. Certamente presenteremo appello, ora parlerò della sentenza con il mio collega Chiappero e con il presidente Agnelli”, ha detto a LaPresse Franco Coppi, legale del presidente della Juventus.

In primo grado è stato inoltre condannato Francesco Calvo, ex capo marketing dei bianconeri e ora al Barcellona, a un anno di inibizione e 20mila euro di ammenda. Ma anche Stefano Marulla e Alessandro Nicola D’Angelo, due dirigenti tesserati, rispettivamente a un anno di inibizione e a un anno e 3 mesi di inibizione. Anche per loro un ammenda da 20mila euro.

Se trovate questo codice di 4 lettere sulla vostra carta d’imbarco, ecco cosa vi aspetta

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La sigla sta per “Secondary Security Screening Selection” e viene assegnata in maniera casuale: dunque, può capitare a chiunque di ritrovarsela

 

Apparentemente non desta alcuna preoccupazione. Eppure potrebbe, in un certo senso, rovinarci la partenza. I viaggiatori che trovino sulla carta d’imbarco il codice “SSSS”dovrebbero essere consapevoli di ciò a cui vanno incontro, ovvero ulteriori controlli e accertamenti in aeroporto. La sigla sta per Secondary Security Screening Selection” e viene assegnata in maniera casuale: dunque, può capitare a chiunque di ritrovarsela sul biglietto.

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Ecco ciò che potrebbe capitare: un accertamento approfondito sull’identità e uno sguardo, a fondo, ai bagagli. La procedura, secondo i funzionari della sicurezza Usa, permette di tracciare persone potenzialmente pericolose in ingresso o in uscita dagli Stati Uniti.

C’è un modo per evitare l’assegnazione di questo codice? Solitamente accade più di frequente a chi, entrando negli Usa, compra il biglietto pochi giorni prima della partenza, oppure lo paga in contanti e si “dimentica” di acquistare il ritorno. Questo genere di comportamenti desta preoccupazioni e sospetti su terrorismo e mette in moto la macchina della sicurezza. Salvi coloro che viaggiano abitualmente sugli aerei e chi compra la prima classe.

Arrestati i maghi della chiave bulgara: 85 colpi in pochi mesi

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I carabinieri hanno arrestato 28 persone in Italia e in Germania, tutti legate ad un gruppo criminale georgiano

Pubblicato il 25/09/2017

Erano così beffardi e sicuri di sé che un giorno, uscendo da un condomino appena derubato, hanno alzato il dito medio di fronte alle telecamere di sorveglianza, consegnando quel gesto di sfida all’impianto di registrazione. Ma con la loro spavalderia hanno collezionato una serie di errori, che hanno permesso ai carabinieri di identificarli e arrestarli. Con l’accusa di aver messo a segno almeno 85 furti in diverse regioni italiane, i carabinieri della compagnia di Chivasso hanno arrestato 28 persone in Italia e in Germania, tutte legate ad un gruppo criminale georgiano, specialisti in colpi con la chiave bulgara, in grado di aprire un gran numero di serrature e violare porte blindate in pochi minuti.

Dal dicembre 2015, la banda ha messo a segno una raffica di furti in abitazioni o uffici assicurativi nelle province di Torino, Savona, Alessandria, Cuneo e Pavia.

 

 

LE INDAGINI

Stando alle indagini, coordinate dal pm Roberto Sparagna, il gruppo criminale costituisce una diramazione locale del più ampio clan di Kutaisi, sorto nell’omonima città georgiana, attivo in tutta Europa nella commissione di reati contro il patrimonio. Nel corso delle indagini gli investigatori hanno scoperto a Reggio Emilia il deposito della banda, dove veniva stoccata la refurtiva prima di essere spedita in Georgia. All’interno dell’edificio c’era anche una sorta di «palestra dello scasso», dove i membri della banda si potevano allenare a migliorare i tempi di apertura delle serrature di porte e casseforti. Gli arresti, in considerazione della ramificazione del gruppo criminale, sono scattati in collaborazione con vari reparti territoriali e con lo Scip, il Servizio Cooperazione Internazionale di Polizia del Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Gli arrestati sono accusati a vario titolo di ricettazione e associazione per delinquere finalizzata al furto in abitazione.

Esonero Canone Rai: a chi spetta?

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I casi di esenzione dal pagamento dell’imposta sulla tv: non possesso di televisione e soggetti poveri.

Da quando il cosiddetto Canone Rai – ossia l’imposta sulla detenzione di apparecchi televisivi – viene riscosso tramite addebito in bolletta della luce, l’unico modo per non pagare è autocertificare all’Agenzia delle Entrate che, all’interno del nucleo familiare, c’è già una persona che sta pagando (ad esempio per un’altra casa di cui ha intestato il contratto della luce) o che, in casa, non si dispone di una televisione o di altro apparecchio atto a ricevere le onde tv. Al di là però dei casi di non addebito sulla bolletta della luce, esistono a monte delle ipotesi di esonero canone Rai: a chi spetta? L’esonero è concesso solo alle persone con ridotte capacità economiche, per come qui di seguito si vedrà. Brutte notizie, invece, per ciechi e anziani che stanno in ospizi: devono pagare il canone Rai anche i non vedenti e gli anziani ricoverati in case di riposo o di cura (per questi ultimi, un tempo, era prevista un’apposita esenzione che è stata ora cancellata). Ma procediamo con ordine e vediamo a chi spetta l’esonero del Canone Rai.

 

Non paga il canone Rai chi non possiede una televisione

A non pagare il canone Rai è, innanzitutto, chi non ha una televisione in casa. Per «televisione» si intende un apparecchio dotato di ricevere le onde della televisione. Questo significa che:

  • non paga il canone chi ha un monitor del computer o un tablet sul quale vede la televisione in streaming o i programmi sulla televisione via internet (come ad esempio Netflix);
  • paga invece il canone chi ha una televisione ma non la accende;
  • paga altresì il canone chi ha la televisione ma non riceve (o non vuol vedere) i canali Rai: l’imposta è dovuta sull’apparecchio e non sulla visione delle reti pubbliche;
  • paga l’imposta chi si trova in casa in affitto e l’apparecchio televisivo è di proprietà del padrone di casa. In tale ipotesi: a) se l’inquilino è intestatario del contratto di luce e presso l’immobile in questione è fissata la sua residenza, si vedrà addebitare il canone sulla bolletta elettrica; b) se il contratto della luce è intestato al padrone di casa, l’inquilino dovrà versare il canone con F24;
  • anche se l’apparecchio televisivo è unico, paga un distinto canone tv ogni persona che vive dentro l’appartamento se si tratta di soggetti non appartenenti allo stesso nucleo familiare. Ad esempio alcuni colleghi di lavoro o di università che dividono le stanze, devono pagare distinti canoni Rai a prescindere dal fatto che l’apparecchio sia stato comprato solo da uno di questi (a meno che non lo ha “chiuso” nella propria camera, rendendolo inaccessibile agli altri).

In questi casi, per non pagare il canone Rai devi inviare il nuovo modello di autocertificazione in via telematica all’Agenzia delle Entrate.

Non si paga il canone se, nel nucleo familiare, c’è già chi lo paga

Il canone Rai va pagato una sola volta per nucleo familiare – a prescindere dal numero di abitazioni possedute e dal numero di tv – a condizione che i componenti abbiano la stessa residenza nel medesimo luogo.

Pertanto:

  • se nella stessa abitazione ci sono 5 tv, si paga una sola volta il Canone Rai;
  • se moglie e marito hanno la stessa residenza nella medesima casa, ma uno dei due (o entrambi) è intestatario di un’altra abitazione (seconda casa) e in essa è attivata la luce, in essa non si dovrà pagare il Canone Rai. In buona sostanza, si prescinde dal numero di abitazioni possedute;
  • se però moglie e marito hanno la residenza in case differenti e in ciascuna di esse vi è un autonomo contratto della luce intestato l’uno al marito e l’altro alla moglie, bisogna pagare due Canoni. In buona sostanza, nel caso in cui i coniugi, pur avendo entrambi lo stesso domicilio perché conviventi sotto lo stesso tetto, hanno invece una residenza diversa, sono tenuti a pagare due distinti abbonamenti Rai;
  • se il figlio si distacca dai genitori e va a vivere da solo cambiando residenza deve pagare il proprio Canone Rai;
  • se il figlio si stacca dal nucleo familiare dei genitori deve pagare un proprio Canone Rai.

Non paga il canone Rai chi è povero

Non paga infine il Canone Rai chi ha ridotte capacità economiche. In particolare, le condizioni per avere l’agevolazione fiscale sono le seguenti:

  • bisogna avere almeno 75 anni di età entro il termine per il pagamento del canone di abbonamento Rai (attualmente il 31 gennaio e 31 luglio di ciascun anno). Chi, pertanto, ha 74 anni o meno non può usufruire dell’esenzione, anche se versa in condizioni economiche di disagio;
  • non bisogna dichiarare un reddito superiore a 6.713 euro annui (ossia 516,46 euro per 13 mensilità). In tale reddito è sommato anche quello del coniuge. Vuol dire che si deve tenere conto non solo del reddito del contribuente richiedente ma anche quello del marito o della moglie e se quest’ultimo guadagna bene, non si ha più diritto alla esenzione. Dunque la somma dei redditi dei coniugi non deve sforare i 6.713 euro. In verità, la legge di stabilità 2016 ha elevato tale limite a 8.000 euro, subordinando però l’efficacia della disposizione a un decreto ministeriale che ancora non è stato emanato. La modifica, dunque, non è ancora operativa e il limite di reddito resta, pertanto, ancora quello precedente (6.713 euro);
  • salvo il coniuge, il contribuente non deve convivere con altri soggetti titolari di un reddito proprio. Pertanto, per esempio, se il padre – in possesso delle condizioni di reddito sopra indicate – convive coi figli disoccupati e con la moglie, ha diritto all’esenzione. Se invece i figli hanno un lavoro, egli non ha diritto all’esenzione anche se il reddito proprio e quello della moglie è al di sotto del limite di 6,713 euro annui.

Come calcolare il limite di reddito per l’esonero canone Rai?

Onde ottenere l’esonero dal Canone Rai, come detto, non bisogna avere un reddito annuo superiore a 6.173 euro. A tal fine è necessario sommare il reddito del soggetto che chiede l’esenzione e quello del suo coniuge. Vanno conteggiati i redditi riferiti all’anno precedente a quello per il quale si intende fruire dell’agevolazione in esame.

Il reddito da tenere in considerazione ai fini di tale calcolo, onde poter godere dell’agevolazione fiscale in commento, è dato dalla somma:

– del reddito imponibile risultante dalla dichiarazione dei redditi presentata per l’anno precedente. Per coloro che sono esonerati dalla presentazione della dichiarazione, si assume a riferimento il reddito indicato nel modello Cud;

  • dei redditi soggetti a imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, quali, ad esempio, gli interessi maturati su depositi bancari, postali, Bot, Cct e altri titoli di Stato, nonché i proventi di quote di investimenti;
  • delle retribuzioni corrisposte da enti o organismi internazionali, rappresentanze diplomatiche e consolari e missioni, nonché quelle corrisposte dalla Santa Sede, dagli enti gestiti direttamente da essa e dagli enti centrali della Chiesa cattolica;
  • dei redditi di fonte estera non tassati in Italia.

Sono esclusi dal calcolo:

  • i redditi esenti da Irpef (ad esempio pensioni di guerra, rendite Inail, pensioni erogate ad invalidi civili);
  • i trattamenti di fine rapporto e relative anticipazioni;
  • il reddito della casa di abitazione principale e relative pertinenze; i redditi soggetti a tassazione separata.

Entro quando va inviata la richiesta di esenzione Canone Rai?

La richiesta va spedita o consegnata entro il 30 aprile dell’anno di riferimento, da parte di coloro che per la prima volta fruiscono del beneficio.

Come chiedere l’esonero dal Canone Rai?

Per chiedere l’esonero dal pagamento del Canone Rai è necessario presentare una dichiarazione sostitutiva, attestante il possesso dei requisiti per godere dell’agevolazione. Questa potrà essere:

  • spedita a mezzo del servizio postale in plico raccomandato, senza busta, al seguente indirizzo: AGENZIA DELLE ENTRATE – UFFICIO TORINO 1 S.A.T. – SPORTELLO ABBONAMENTI TV – 10121 – TORINO. Ai sensi dell’articolo 38, terzo comma, del DPR n. 445 del 2000, alla dichiarazione sostitutiva va allegata copia fotostatica non autenticata del documento di identità del sottoscrittore;
  • consegnata dall’interessato presso un ufficio dell’Agenzia delle Entrate. Gli indirizzi degli uffici locali sono consultabili sul sito www.agenziaentrate.gov.it.

Canone Rai: moglie e marito con residenza diversa pagano due canoni?

Come anticipato nel testo, si paga un unico Canone Rai, a prescindere dal numero di televisori posseduti e dagli immobili in cui essi sono allocati, a condizione di:

  • rientrare nel medesimo stato di famiglia;
  • che i coniugi abbiano la stessa residenza.

Se quindi moglie e marito hanno residenza diversa, in due immobili separati, devono pagare due volte il Canone Rai.

Il non vedente paga il Canone Rai?

Sì, non sono previste agevolazioni.

L’inquilino paga il Canone Rai?

Sì, anche se la tv è di proprietà del padrone di casa. Egli pagherà in bolletta se la luce è a lui intestata; se invece il contratto è intestato al padrone di casa, deve pagare con F24.

L’anziano in casa di cura paga il Canone Rai?

Sì, la precedente agevolazione è stata cancellata.

Se vedo Netflix sulla televisione collegata a internet pago il Canone Rai?

Sì. L’imposta si paga sull’apparecchio tv a prescindere dall’uso.

Se vedo Netflix sul monitor del computer pago il Canone Rai?

No, in questo caso il video del pc non è equiparato alla tv perché non è in grado di ricevere onde video.

Se vedo la tv in streaming su internet pago il Canone Rai?

No, a condizione che lo si faccia sul monitor e non su un apparecchio tv collegato a internet.

Se sono disoccupato ma mia moglie guadagna bene posso avere l’esonero?

No. I redditi dei due coniugi si sommano ai fini del calcolo dell’agevolazione fiscale.

Se ho diritto all’esonero del Canone ma mio figlio, che convive, lavora, devo pagare?

Sì. L’esonero è concesso solo a condizione che, a parte il coniuge, non convivano con il contribuente altri soggetti percettori di reddito. Se il figlio fosse stato disoccupato si sarebbe potuto godere dell’esonero.

Se non guardo la Rai devo pagare il canone?

Sì. L’imposta è sulla televisione e non sui canali.

Se faccio suggellare la televisione devo pagare il Canone Rai?

Sì. Il suggellamento è stato ormai eliminato come causa di esenzione dal pagamento del Canone Rai.

note

Autore immagine: 123rf com

Niente più scarico otturato con i rimedi fai da te a base di sale e bicarbonato. Scopriamoli insieme!

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Contro lo scarico lento e intasato ci sono degli ottimi rimedi fai da te che risolveranno il problema in pochi minuti. Sale e bicarbonato sono due ottime soluzioni che non solo libereranno lo scarico di lavandino, doccia o lavatrice, ma lo renderanno ancora più brillante. Vediamo come preparare in casa degli ottimi rimedi fai da te per liberare lo scarico otturato della cucina e del bagno.

scarico otturato
Fonte foto: https://it.pinterest.com/pin/746823550678645893/

Liberare lo scarico otturato della cucina e del bagno con metodi fai da te

Per lo scarico del lavandino della cucina o del bagno preparate una miscela di sale fino e bicarbonato nella stessa quantità. Versate i due prodotti nello scarico e aprite ogni tanto l’acqua corrente in modo da far scendere il composto verso i tubi.

Successivamente, chiudete il punto di scarico e far scorrere dell’acqua calda in modo da riempire il lavandino. Versateci dentro mezza bottiglia di aceto e dopo circa un minuto aprite il passaggio e fate scorrere il tutto lungo i tubi.

Per lo scarico della doccia, invece, mettete sale e aceto nel tubo di scarico, versate dell’acqua bollente e lasciate agire per un paio di ore. Inizierà così una prima reazione chimica che farà friggere il tutto.

Dopo un paio di ore, versate dell’aceto bianco e lasciate agire tutta la notte per ottenere un risultato ottimale. Al mattino fate scorrere dell’acqua corrente e vedrete che come questa non rimarrà nel piatto doccia. Se il lavoro è andato a buon fine, lo scarico è libero.

Per mantenere lo scarico pulito ed evitare ingorghi, ripetete questa operazione una volta a settimana utilizzando semplicemente dell’acqua calda senza l’aceto. In alternativa, fate bollire mezza bottiglia di aceto bianco e versate nello scarico lasciando agire per un paio di ore.

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