Solitudine e speranza di un Pubblico Ministero

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dalla pagina Facebook di Michele Ruggiero, Pubblico Ministero Trani

È davvero incredibile quanto talvolta ci si possa sentire soli nel fare il proprio dovere! 

Ad un Pubblico Ministero – il magistrato promotore di giustizia nel sistema penale italiano – capita spesso di avvertire questa sensazione di solitudine nel corso di processi particolarmente delicati: delicati come le verità che in quei processi si tenta di fare emergere, dapprima durante le indagini, poi nel corso del pubblico dibattimento.
Verità che spesso restano sullo sfondo, perché lì è bene che restino…
Verità che finiscono esse stesse sotto processo rischiando la più grave tra le condanne, quella all’oblio.

Un processo decisamente “delicato” è quello celebrato a Trani e concluso ieri…in primo grado.
Un processo ormai a tutti noto, a carico di agenzie di rating accusate di avere decretato e divulgato una serie di declassamenti e giudizi negativi nei confronti della ‘nostra’ Repubblica Italiana nel secondo semestre del 2011 ‘manipolando il mercato’, così calpestando la dignità del nostro Stato sovrano: perché – sia chiaro – subire continui declassamenti e stroncature come era capitato all’Italia in quello scorcio del 2011, passando agli occhi della comunità finanziaria internazionale per un Paese che avrebbe potuto non onorare i suoi debiti, era (ed è) una questione di dignità delle sue istituzioni e, prima ancora, del suo stesso popolo.

Una questione di “dignità nazionale”, anche se quelle stroncature fossero intervenute nel più rigoroso rispetto della normativa europea; figurarsi se, invece, si fosse dimostrato in un processo che quelle stroncature – sentenziate dai supremi giudici dei mercati, quali appunto le agenzie di rating – fossero maturate in spregio ai principi di legalità e trasparenza!

Ho condotto personalmente le indagini preliminari ed ho cercato di capire il come ed il perché di quella singolare sequenza di sonore bocciature: ad un magistrato, in fondo, non si chiede solo di sapere ma anche e, direi soprattutto, di capire.

Ho, dunque, iniziato ad investigare su quei ripetuti declassamenti decretati nei confronti dell’Italia e dell’Europa, misurandomi con la difficoltà di accertare fatti transnazionali complessi e maturati al di là dei confini del nostro Paese; all’esito delle indagini sono riuscito ad ottenere il rinvio a giudizio degli imputati. 
Iniziato, quindi, il processo dinanzi al Tribunale, ho seguito ogni singola udienza dibattimentale avvertendo, ogni volta, una profonda ed amara sensazione di solitudine.

Sì, ho detto solitudine: un sentimento che mi assaliva non solo durante le udienze – mentre mi scontravo contro un autentico esercito di esperti avvocati e blasonati consulenti ingaggiando una serrata battaglia tra mille eccezioni, repliche, opposizioni e discussioni – ma anche al termine di esse; ed era proprio alla fine di quelle maratone dibattimentali che quel sentimento si faceva più forte: forse perché lo Stato, tecnicamente parte lesa da quei reati e perciò legittimato a costituirsi parte civile per azionare una pretesa risarcitoria nei confronti degli imputati, non era sceso in campo a lottare a fianco del Pubblico Ministero?

Devo, comunque, ammettere che tutte le volte in cui quell’amara sensazione mi pervadeva, un pensiero in fondo assai semplice giungeva in mio soccorso facendomi compagnia: quello che, nonostante la sproporzione tra le forze in campo all’interno dell’aula d’udienza e nonostante quell’inspiegabile assenza processuale dello Stato, lì fuori c’era tutto un popolo silenzioso che sentivo straordinariamente vicino; uomini e donne che lottavano nel lavoro di ogni giorno, faticando e rischiando, soli anche loro, forse molto più di me. 

Era per quella gente semplice e silenziosa, il Popolo Sovrano, che dovevo farmi coraggio, resistere ed andare avanti in quell’ardua battaglia giudiziaria.
Se è vero – come qualcuno ha detto – che è impossibile vincere contro chi non si arrende mai, è altrettanto vero che in questo processo sapevo per certo che non avrei perso mai, come non avrebbe perso mai il mio Paese silenzioso, perché non ci saremmo arresi mai.

A tutti i miei fratelli d’Italia, piccoli e grandi, dedico questo enorme sforzo, con l’amarezza di non avere raggiunto – per ora – l’obiettivo, ma con la serenità che mi deriva dall’intima consapevolezza di aver fatto il mio dovere, tutto e fino in fondo.

Quando ci si impegna tenacemente per realizzare quello in cui si crede, si intraprende un cammino ed il risultato finale non conta più, diviene solo un trascurabile dettaglio.

Tutta la vita è un cammino: dovremmo affrontarla con determinazione, entusiasmo e fiducia, animati dallo stesso spirito di chi partecipa ad una staffetta e, dopo aver percorso il proprio tratto, passa nelle mani di un altro il testimone e con esso la Speranza.
Siamo anelli di una catena, siamo parte di un Tutto.

Tap, Chicco Testa: “200 ulivi? E’ un grande progetto”. Cerno (L’Espresso): “Ulivi? Ci sono criminali che ci mangiano”

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di  | 31 marzo 2017

Confronto a L’Aria che Tira (La7) tra il manager Chicco Testa e il direttore dell’Espresso, Tommaso Cerno, sulla Tap, il gasdotto che porterà il gas naturale dal mar Caspio alle coste italiane. “Questo è un grande progetto” – osserva Testa – “perché ci consente di portare 9 miliardi di metri cubi di gas e l’impatto ambientale è praticamente zero. Si protesta per questi famosi 200 ulivi. In Puglia ce ne sono 60 milioni e negli anni passati sono stati esportati migliaia e migliaia di ulivi secolari verso le ville della Brianza, pagati 4-5mila euro cadauno e nessuno ha mai detto niente”. Poi accusa: “Il Sud non è abbandonato, ma si è auto-abbandonato per larghe parti. La Puglia 10 anni fa ha cancellato un investimento importantissimo nel porto di Brindisi, ora fa l’opposizione a questo progetto e quando si farà il collegamento alta velocità tra Napoli e Bari, vedrete quante ne salteranno fuori. Io ho fatto il presidente dell’Enel per 6 anni” – continua – “e non ho mai avuto un problema autorizzativo al Centro-Nord Italia, ma per fare la linea elettrica di collegamento tra la Campagna e la Puglia ci son voluti 20 anni per le solite cose: comitati locali, ricorsi al Tar, consigli di Stato”. Cerno annuncia l’inchiesta sulla Tap nel prossimo numero dell’Espresso e obietta: “Dobbiamo cominciare a capire cosa è veramente questa Tap. Il problema non è dato certamente dagli ulivi, ma dai criminali che da anni ci stanno mangiando sopra. Spieghiamo chi sono le persone dietro questo progetto hanno guadagnato già un sacco di soldi, quali sono le loro pendenze penali. Altro che 20 anni autorizzativi, qui sono 20 anni di galera a testa“. E aggiunge: “Come mai qui in Italia si parla di ulivi e non di chi c’è dietro, di come nasce questo progetto, delle società svizzere finte che l’hanno fatto partire con delle strutture finanziarie che non avrebbero consentito di aprire una salumeria e che oggi sono passati nelle mani di amici di oligarchi di mezzo pianeta? Vanno analizzati tutti gli affari internazionali” – continua – “e ovviamente in Italia ricompaiono tutti i soliti personaggi che abbiamo visto nei peggiori momenti della storia di questo Paese, soprattutto del Sud. Il problema degli ulivi è sacrosanto dal punto di vista ambientale, ma è una goccia insignificante nel disastro di ignoranza che questo Paese ha in maniera dolosa, perché la politica protegge tutto questo con interessi precisi

MERDA AL POSTO DELL’OLIO DI OLIVA? ECCO I 7 “GRANDI MARCHI” SOTTO INCHIESTA A TORINO

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L’olio d’oliva spacciato per extravergine da 7 grandi marchi, alcuni recentemente acquisiti da gruppi stranieri. A scoprire il raggiro sono stati i carabinieri del Nas di Torino dopo le verifiche partite a seguito di una segnalazione di una rivista di consumatori alla procura torinese. Secondo le analisi eseguite a campione dai laboratori dell’agenzia delle Dogane e dei Monopoli su oli di note marche, il prodotto non era extravergine come invece pubblicizzato sulla bottiglia. Per questo il pm Raffaele Guariniello ha iscritto nel registro degli indagati una decina di rappresentanti legali di varie aziende per frode in commercio. Il magistrato ha anche informato il ministero delle politiche agricole. Nel mirino sono finite Carapelli, Bertolli, Sasso, Coricelli, Santa Sabina,Prima Donna e Antica Badia.

GIA’ UN ANNO FA QUALCUNO RACCONTO’ LA VERITA’ IN MERITO
La denuncia di Coldiretti – A favorire le frodi è certamente il record di importazioni con l’arrivo dall’estero nel 2014 di ben 666mila tonnellate di olio di oliva e sansa, con un aumento del 38% rispetto all’anno precedente. È quanto afferma la Coldiretti nel commentare l’indagine torinese: “Occorre fare al più presto luce per difendere un settore strategico del Made in Italy con l’Italia che – sottolinea la Coldiretti – è il secondo produttore mondiale di olio di oliva dopo la Spagna con circa 250 milioni di piante su 1,2 milioni, con un fatturato del settore è stimato in 2 miliardi di euro con un impiego di manodopera per 50 milioni di giornate lavorative”. L’Italia, continua Coldiretti, è però anche “il primo importatore mondiale di oli di oliva che vengono spesso mescolati con quelli nazionali per acquisire, con le immagini in etichetta e sotto la copertura di marchi storici, magari ceduti all’estero, una parvenza di italianità da sfruttare sui mercati nazionali ed esteri. Un comportamento che favorisce le frodi che vanno combattute anche con l’applicazione della disciplina del settore”.

Torino: Interviene per impedire le molestie su un’anziana

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TORINO – Ha dell’incredibile quanto accaduto ieri pomeriggio, poco prima delle 18, in zona San Salvario: un poliziotto, libero dal servizio, ha cercato di impedire che un gruppo di ragazzi continuasse a molestare un’anziana signora ed è stato aggredito brutalmente dal branco. Un pestaggio vile, alla luce del sole.

Il coraggioso intervento e l’aggressione
L’agente si trovava con il suo cane a passeggio in corso Vittorio Emanuele II angolo via Sant’Anselmo, quando ha notato un gruppo di persone con bottiglie di liquore in mano importunare un’anziana signora. Non appena è intervenuto in soccorso della donna, i giovani, cinque ragazzi e una ragazza, l’hanno circondato. Dopo le minacce sono passati all’azione: uno degli aggressori ha pestato la zampa al cane, mentre un altro ha provato a rubarglielo. Quando il poliziotto ha cercato di divincolarsi è stato preso a calci, pugni e schiaffi dal branco. Ad un certo punto l’agente è stato colpito anche con un bottigliata in testa, all’altezza dell’orecchio destro.

Gentiloni, ore di panico. Il ribaltone lo manda a casa:così cade (subito) il suo governo

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sabato 1 aprile 2017

1. TENETE IN CALDO LA TESSERE ELETTORALE PERCHE’ RENZI VUOLE VOTARE A NOVEMBRE
2. ARRIVARE A SCADENZA DELLA LEGISLATURA, PER MATTEUCCIO SIGNIFICA FINIRE BOLLITO E LA SUA ULTIMA TENTAZIONE E’ ANDARE ALLE URNE ALLA PRIMA DATA DISPONIBILE: IL 19 NOVEMBRE
3. PER ARRIVARE ALLO STRAPPO E FAR SALTARE GENTILONI, IL BULLETTO VUOLE DIMOSTRARE A MATTARELLA CHE NON C’E’ POSSIBILITA’ D’INTESA TRA LE FORZE POLITICHE PER RIFORMARE LA LEGGE ELETTORALE. PER FARLO HA GIA’ IN MENTE IL PIANO: ECCO QUAL E’ LA SUA STRATEGIA


Francesco Verderami per il “Corriere della Sera” da DAGOSPIA
Le elezioni a scadenza naturale sono un lusso che Matteo Renzi ritiene di non potersi permettere, perciò è in cerca di un escamotage che gli offra la via di fuga dalla legislatura. La prima data utile per andare alle urne è diventata il 19 novembre. L’ ultima trovata per arrivarci è farsi bocciare dal Parlamento una mozione sul Mattarellum.

Il documento sul modello elettorale scelto dalla direzione del Pd – ma che non piace nemmeno ai deputati e ai senatori del Pd – verrebbe presentato apposta per essere affossato. Servirebbe a certificare che non c’ è possibilità d’ intesa tra le forze politiche per riformare il sistema di voto.
Sarebbe il modo per giustificare il varo di pochi correttivi per venire incontro alle richieste del Quirinale, da dove si osserva con disincanto lo sfrenato tatticismo collettivo di quanti dovrebbero provarci a cambiare una legge che porta la firma della Consulta, e che invece nemmeno fanno finta. Il canovaccio non è destinato a mutare, sebbene l’ incontro tra Pd e Cinquestelle – rivelato da Repubblica – sembrava dovesse stravolgere il finale.

In realtà ognuno si attiene al proprio ruolo nel copione, che è stato infatti rispettato due settimane fa da Romani e Lotti, accolto dal capogruppo forzista nel suo studio al Senato subito dopo il voto con cui l’ Aula aveva respinto la mozione di sfiducia presentata contro il ministro dello Sport. Ogni partito si prepara ad ottenere parte di quanto chiede sulla legge elettorale, è la logica del compromesso. Resta una divergenza sulla tempistica dell’ approvazione, non una cosa da poco, visto che da quel momento ogni giorno sarebbe buono per andare alle urne.
E su questo punto Renzi è prigioniero di un’ ossessione che periodicamente riaffiora e che in questi giorni il portavoce della sua mozione per il congresso, Richetti, ha ripetuto ad alcuni compagni di partito: liberarsi dalle catene (e dagli impegni) del governo è un’ aspirazione e una necessità. Fino ad oggi ogni tentativo è stato vano, nonostante l’ ex premier fosse persuaso di poter andare alle urne già a giugno, «come mi aveva promesso Mattarella». Certo, se il Parlamento avesse prima approvato una legge elettorale. Perciò Renzi ha dovuto ancora spostare l’ appuntamento.

E siccome le assise del Pd stanno andando come lui voleva, ecco tornare il desiderio. Fosse possibile, il regalo se lo farebbe anche a settembre. Ma per votare il 24 di quel mese, le Camere andrebbero sciolte con decreto il 25 luglio, le liste andrebbero presentate nel week-end di ferragosto, la campagna elettorale andrebbe fatta sotto gli ombrelloni. Persino i fedelissimi, se il capo davvero ci provasse, sarebbero pronti a scommettere su un’ ennesima delusione.
È pronto a scommetterci anche D’ Alema, che infatti non si preoccupa di certi giochi di Palazzo, concentrato com’ è «su temi epocali, diciamo, come i destini del mondo nell’ era della globalizzazione», descritti in un libro redatto a quattro mani con il premio Nobel Stiglitz, e di cui sta preparando la presentazione.

Renzi, che non può concedersi il lusso di arrivare a fine legislatura e perciò non può permettersi distrazioni, freme quotidianamente. E quotidianamente tocca a Gentiloni «cercare di tenerlo calmo».

Uno sforzo fisico e nervoso che il premier cerca di non trasmettere in Consiglio dei ministri, dove semmai ieri si è preso cura di «tre di noi che sono sotto pressione»: Lotti per le sue traversie giudiziarie, la Madia per la storia del plagio nella tesi di laurea, e Poletti per le sue sortite estemporanee. «Teniamo botta», ha detto per solidarizzare con i colleghi. Ma tra il muso lungo di Padoan e quello di Renzi, anche per Gentiloni le urne avrebbero un che di liberatorio.

CLAMOROSO – Juve-‘ndrangheta, condanna per Agnelli: Pecoraro chiederà 3 anni di inibizione!

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L’edizione odierna di Tuttosport rivela la richiesta di pena per il presidente della Juve Andrea Agnelli, in merito alla questione Juve-‘ndrangheta: Pecoraro sembra esserne fermamente convinto, visto che circola una voce romana secondo la quale la richiesta che farà il 26 maggio, in sede di Tribunale federale, sarà di tre anni di inibizione per il presidente della Juventus Andrea Agnelli: se fosse vera, una richiesta enorme che dovrebbe essere giustificata con prove clamorose e schiacchianti della continguità fra la società bianconera e la criminalità organizzata.

E’ un salto di qualità inquietante rispetto al solito “la Juve ruba”, perché se un tribunale dovesse dimostrare la veridicità dei collegamenti fra la Juventus e le mafie, allora bisognerebbe davvero scan dalizzarsi, approfondire, riflettere seriamente sulla questione in ogni sede. Ma fino ad ora non ci sono elementi concreti per fare quell’ associazione e ipotizzare una collaborazione con la ‘Ndrangheta è diverso che discutere di un rigore. Juve, reagisci!”

Il PD ci riprova: rispuntano i 97 milioni per la Ryder 

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venerdì 31 marzo 2017

Cup di Golf. Sapete dove?

Il sottosegretario dei Beni Culturali Dorina Bianchi annuncia la fidejussione entro Pasqua “nel dl Enti Locali o nel dlFiscale”. Lotti non smentisce, imbarazzo in Federgolf

Rogna privata, pubblica virtù. Da Renzi a Gentiloni il discorso non cambia: nelle varie dichiarazioni ai media la Ryder Cup di golf è una grande opportunità, ma poi – al chiuso del consiglio dei ministri e di palazzo Chigi – la competizione è una grana che passa di mano in mano, di ministero in ministero, senza che nessuno sia riuscito a trovare lo strumento e la finestra giusta per inserire la garanzia statale da 97 milioni di euro senza cui la Ryder Cup 2022 a Roma non si farà mai. Ora che il tempo stringe, il governo ha deciso di riprovarci. Ma, al contrario di quanto promesso alla Federgolf, non lo farà con un provvedimento ad hoc che è sintomo di trasparenza, bensì tenterà di infilare di nuovo la fidejussione altrove, in leggi che – neanche a dirlo- con lo sport non hanno nulla a che vedere. Tutto come prima, insomma.

Questa volta la soluzione arriva addirittura dalla sottosegretaria ai Beni Culturali, Dorina Bianchi: “Perché la manifestazione è in linea col piano strategico per il turismo che abbiamo varato”. E mentre tutti aspettavano notizie dal ministero dello Sport di Luca Lotti, è toccato alla vice alfaniana di Dario Franceschini indicare la via per approvare le coperture economiche che ancora mancano: il Def, che dovrà essere presentato entro il 10 aprile, o magari il decreto enti locali. Gentiloni come Renzi, quindi. L’esecutivo dell’ex rottamatore, infatti, è stato il primo a provarci: prima aveva stanziato (di nascosto) 60 milioni di euro cash nel capitolo “giovani e sport” della legge di bilancio. Il motivo? La Ryder Cup 2022 sarà una grande occasione di sviluppo per tutto il movimento sportivo. Un successo a metà: ok al contributo, ma la garanzia era stata stralciata. Poi, con Gentiloni premier, è stata spostata nel dl Salva banche, con un emendamento a firma del senatore italo-americano Renato Guerino Turano. “Perché il torneo golfistico può promuovere l’immagine dell’Italia nel mondo”, aveva spiegato il parlamentare residente a Chicago, col suo italiano a stelle e strisce. Anche questa volta niente da fare. Trascorso un po’ di tempo, calmate le acque, il governo è pronto a tornare alla carica. Ma nella confusione generale – è scoperta di queste ore – in Parlamento è spuntato pure un ddl a firma di un parlamentare del Gruppo per le autonomie (e di un altro senatore estero, stavolta brasiliano), che riprende pari pari il testo già bocciato dell’emendamento Turano.
L’ANNUNCIO DELLA SOTTOSEGRETARIA – Sono passati quasi due mesi dall’ultimo, maldestro tentativo bocciato per inammissibilità dal presidente del Senato, Pietro Grasso. Un autogol, l’ennesimo, che aveva messo a rischio l’intera manifestazione, vista la scadenza fissata dalla società Ryder Cup Europe. La FederGolf del presidente Franco Chimenti è riuscita a scongiurare il pericolo più immediato, ottenendo altro tempo dagli inglesi, ma resta l’obbligo di fornire quanto prima quella copertura statale al progetto che gli organizzatori pretendono da qualche anno (dopo che la Francia per il 2018 ha avuto problemi con le sue garanzie private). Così nelle ultime settimane sono andati avanti i contatti tra ministero dello Sport e Federazione, per individuare lo strumento giusto. Ad annunciare in pompa magna la soluzione, però, è stato un altro dicastero: quello dei Beni Culturali e del Turismo (di qui la – presunta – competenza) di Dario Franceschini, con le dichiarazioni al quotidiano Il Tempo della sottosegretaria Dorina Bianchi. “L’ipotesi al vaglio è di inserire la fidejussione in uno dei prossimi decreti in arrivo: il dl enti locali oppure, più probabilmente, il decreto fiscale i cui effetti saranno ricompresi nel Def. Lo faremo a brevissimo”. Parole che, se seguite dai fatti, non potranno che generare nuove polemiche: giusto giovedì le risposte di Lotti alla Camera e l’incontro interlocutorio fra il presidente Chimenti e il Movimento 5 stelle avevano riacceso il dibattito con toni anche aspri sulla Ryder.

LO STRUMENTO RESTA UN MISTERO – L’intervista inattesa è subito diventata un giallo. Dallo staff di Luca Lotti, ad esempio, non confermano né smentiscono: “Quello che il ministro aveva da dire lo ha detto ieri in Commissione”. Ovvero nulla: nella risposta all’interrogazione del deputato del Movimento 5 stelle, Simone Valente, il titolare dello Sport si era limitato a confermare il suo interesse personale, sottolineando l’importanza della manifestazione e il fatto che la garanzia fosse “a basso rischio”. Nessun riferimento a precisi strumenti normativi. Anche in Federazione non avevano ricevuto comunicazioni a riguardo: “Per noi l’importante è che arrivino le coperture che ci erano state promesse. Tocca al governo stabilire come” fanno sapere, senza nascondere un misto di sorpresa e di imbarazzo per il colpo di scena. E anche se il presidente del Coni, Giovanni Malagò, continua a dirsi “fiducioso” (“Prima si fa e meglio è, il 15 aprile è la deadline”), resta da capire la praticabilità della strada indicata dalla sottosegretaria. Il Def, infatti, è solo un documento di programmazione economica: una dichiarazione di intenti, che però non ha valore attuativo. Inserire la garanzia nel testo che per legge deve essere presentato entro il 10 aprile servirebbe solo a ribadire in maniera ufficiale l’impegno dell’esecutivo. Poi ci vorrà comunque un altro provvedimento. La Bianchi ha citato il decreto fiscale, su cui un tentativo è già andato a vuoto lo scorso novembre. O il decreto Enti locali, in arrivo nelle prossime settimane, su cui pure però potrebbe riproporsi la solita questione di legittimità. Contattata più volte da ilfattoquotidiano.it per chiarire il senso delle sue dichiarazioni, la sottosegretaria (impegnata al G7 della Cultura a Firenze) non ha voluto rispondere.
IL DDL “DORMIENTE” – Di certo, di tutto pare trattarsi fuorché di un provvedimento dedicato: sarebbe la soluzione più appropriata, ma il governo ha sempre cercato di evitare questa strada per non mettere la firma su una manifestazione non proprio ben vista dall’opinione pubblica in tempi di crisi (e anche forse per sfuggire a pericolose divisioni in parlamento, in caso di voto). Dopo l’ultimo episodio del Salva Banche, però, anche nell’esecutivo sembravano intenzionati a fare le cose per bene. Almeno così avevano assicurato alla stessa Federazione, spiegando che lo strumento doveva ancora essere individuato, ma che si sarebbe trattato di un “provvedimento ad hoc”. “E noi ci auguriamo che continui ad essere così, vogliamo che sia tutto trasparente”, commentano dalla FederGolf. Invece l’esecutivo pare più orientato ad insistere sulla tattica dell’imboscamento. A meno che all’ultimo momento non si decida di ricorrere ad un vero e proprio disegno di legge. A quanto apprende ilfatto.it, ce n’è uno già pronto, in Parlamento: depositato quasi di soppiatto un mese fa, in piena crisi da Dl Salva Banche, e da poco assegnato alla Commissione Istruzione e Beni Culturali  a Palazzo Madama. Lo firmano i senatori del Gruppo per le Autonomie Enrico Buemi e Fausto Guilherme Longo (eletto nella circoscrizione sudamericana), che hanno copiato e incollato in un ddl il testo che fu bocciato nell’emendamento Turano. Il mistero, insomma, si infittisce: decreti, emendamenti e disegni di legge, giovani, turismo e prestigio internazionale, ogni ragione sembra buona per le garanzie della Ryder Cup. Ma non è mai quella giusta.

BARCA DI LUSSO, VILLA, CONTANTI E BELLA VITA: CONDANNATO GENERALE DELLA FINANZA. UNO DI QUELLI CHE MANDA IN FALLIMENTO CHI LAVORA PER UNO SCONTRINO O PER UNA FATTURA COMPILATA MALE

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venerdì 31 marzo 2017

VENEZIA – Un vorticoso “giro” di denaro in contante, utilizzato per l’acquisto di immobili, ma anche di una lussuosa imbarcazione del costo di 450mila euro (poi rivenduta); il tutto gestito attraverso prestanomi, che in alcuni casi erano ufficiali e sottufficiali delle Fiamme Gialle, suoi stretti collaboratori.

Dalle carte depositate al processo Mose, che si aprirà il prossimo 22 ottobre, emergono nuovi ed incredibili particolari sull’attività del generale della Guardia di Finanza Emilio Spaziante, ora in pensione, già comandante interregionale dell’Italia centrale, e all’epoca ad un passo dal diventare comandante generale delle Fiamme Gialle.

Fatto arrestare il 4 giugno del 2014 dai pm Stefano Ancilotto e Stefano Buccini per aver fornito informazioni riservate sull’inchiesta al presidente del Consorzio Venezia Nuova, Giovanni Mazzacurati, in cambio di 500mila euro e la promessa di altri due milioni, ha già patteggiato 4 anni di reclusione, subendo la confisca di 4 milioni di euro. L’inchiesta a suo carico, iniziata a Venezia, è poi proseguita per competenza territoriale a Milano, dove si sta valutando la posizione dei suoi sottoposti che si prestarono a fargli da prestanome…

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