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C’è poco da sorridere per Matteo Salvini dopo l’assoluzione nel processo Open Arms. La decisione del tribunale non gli consente di giocare la carta del “martire” e, al contrario, lo rende più vulnerabile. Non solo nei confronti di Giorgia Meloni, ma anche sul piano interno alla Lega.
Fino a questo momento, in caso di condanna, il partito si sarebbe compatto per difendere il suo segretario, presentandolo come una vittima della giustizia. Ora, invece, Salvini si trova davanti una realtà ben più complessa: malumori e frizioni crescenti all’interno della Lega, da Zaia a Fontana fino a Romeo, tutti pronti a sollevare obiezioni e dissapori. La Lega, infatti, è ormai ridotta ai minimi termini e l’unica prospettiva che sembra presentarsi per il vicepremier è quella di una continua gestione di tensioni interne.
Con il congresso federale previsto per l’inizio del 2025, Salvini dovrà affrontare un terreno minato: un partito che, senza il bastone della condanna a suo favore, potrebbe faticare a mantenere coesione e determinazione. L’assenza della figura del “martire” potrebbe rivelarsi, in effetti, il suo più grande ostacolo.