QUESTA SI CHIAMA EMPATIA:

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«Immagina di essere nata femmina, tua madre ti ha messo al mondo e, insieme a tuo padre, hanno voluto chiamarti Imane, fede.

Immagina che mentre cresci capisci di avere una passione, la Boxe. Ti alleni, gareggi, vinci, hai un dono.

Sei molto forte ma crescendo noti che il tuo corpo non è come tutte quelle che ti circondano, e capisci che hai qualcosa di diverso. Un livello ormonale di testosterone più alto.

E non lo noti solo tu, ma te lo fanno notare ogni volta che sali sul ring misurandolo.

Immagina di esserti sentita sempre donna, di non aver mai modificato niente nel tuo corpo. Tra l’altro cresciuta in un paese dove la transizione è illegale, ma a te che importa? Sei donna e lo sai.

Immagina di gareggiare più volte, prenderti tutti quei pugni, cadere, rialzarti ed essere squalificata. Più volte, tante volte. Un sorriso, e si va avanti, sperando nella prossima.

Immagina di salire sul ring con una Irlandese, Kelly Herrington (tanto per citarne una) 1-0 per lei, la prima, la seconda, la QUINTA VOLTA. Hai perso ancora, ti sei presa i pugni più forti della tua vita e non sei riuscita a mettere nemmeno una volta k.o. quell’altra donna davanti a te che ti ha massacrato.

Eppure, lei non aveva tutto questo testosterone di cui parlano, nessuno si è chiesto come mai ti abbia battuto.

Immagina di essere squalificata perchè quella volta avevi un livello di testosterone più alto rispetto ai criteri richiesti.

Immagina di andare alle olimpiadi, anni di lavoro, di allenamento, di sacrifici, un sogno. Questa volta il livello di testosterone è nella norma, va tutto bene. E immagina poi di essere definita “Uomo algerino” dai giornali italiani. Di ritrovarti oggetto di un’ondata di odio e discriminazione di cui non volevi far parte e di essere chiamata trans, solo perchè per qualcuno non sei abbastanza donna.

Dai il primo pugno, circa 30 secondi, ancora non ti sei nemmeno caricata per il round. Vedi la tua avversaria andare all’angolo, piangere, dire che fa male. Sei confusa, certo che fa male, è un pugno, ne hai presi migliaia anche tu.

Il round finisce ancora prima di iniziare, ti dispiace, giorni prima sei stata inondata di polemiche, di dubbi, di ansie. Ti avvicini a lei, per salutare, per dare una mano, quella famosa solidarietà femminile. Ma no, tu non sei donna, non sai cosa sia. Infatti, ti gira le spalle, piange, se ne va e tu rimani lì, non sai che fare.

Che colpa hai?

Nessuna. Sei nata donna, con qualche anomalia, ma sei donna. Eppure per i politici italiani non lo sei, uomo algerino, trans.

Non vorrei entrare nel merito, mi dispiace per la Carini. Sicuramente il tormento mediatico ha avuto un grosso impatto. Però, dai, stiamo parlando di olimpiadi di Boxe, in cui ha partecipato una campionessa italiana chiamata Tiger, fiamme oro della Polizia di Stato, mica danza classica.

(Grazie a Monia Ben R’houma per questo testo bellissimo e pieno di empatia)»

Da Abolizione del suffragio universale

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